La mirabile “chiave corporale” del Buddhismo Theravada

pubblicato in: AltroBlog 0
La mirabile “chiave corporale” del Buddhismo Theravada

In questo corpo alto quattro cubiti, con le sue percezioni e pensieri,
c’è il mondo, l’origine del mondo, la fine del mondo e la via che
porta alla fine del mondo.

(Anguttara Nikaya, IV, 451 – © copyleft

Ora, qual è la Nobile Verità dell’origine della sofferenza? È la sete
di sensazioni, che provoca ulteriore rinascita e, unita al piacere e
al desiderio, ora qui, ora là, trova sempre nuovi appigli. Ma da dove
nasce questa sete e dove mette radici? Laddove nel mondo ci sono cose
dilettevoli e gradite, là sorge questa sete e si radica. L’occhio,
l’orecchio, il naso, la lingua, il corpo e la mente sono gradevoli e
dilettevoli: da essi questa sete nasce e in essi mette radici.

(Samyutta Nikâya – © copyleft

Sono svegli, sempre vividamente svegli i discepoli di Gôtama, con
l’attenzione cosciente rivolta costantemente, giorno e notte, al
corpo.

(Dhammapada, 299 – © copylef

Lo yakkha Sûciloma chiese: «Attaccamento, avversione e disgusto,
delizia ed orrore, da dove nascono? I dubbi che opprimono la mente –
come monelli che tormentano un corvo – da dove sorgono?». Il Buddha
rispose: «Attaccamento e avversione nascono da questo corpo; disgusto,
delizia ed orrore pure; i dubbi che opprimono la mente, come monelli
che tormentano un corvo, nascono dal desiderio, dall’io, come germogli
d’un albero di fico dei caprai; da lontano e distante sono connessi ai
piaceri dei sensi, come la liana è diffusa nella giungla.

(Sutta Nipâta, II, 5 – © copyleft

Monaci, tutto brucia. L’occhio brucia, l’orecchio brucia, il naso
brucia, la lingua brucia, il corpo brucia, la mente brucia. Bruciano
le forme visibili, bruciano i suoni, bruciano gli odori, bruciano i
sapori, bruciano gli oggetti tangibili. Brucia la coscienza e le
impressioni; così qualunque sensazione, piacevole, dolorosa, o, anche,
né piacevole né dolorosa, si produca in seguito all’impressione
sensoriale, anch’essa brucia. E in che senso brucia? Brucia del fuoco
dell’avidita, del fuoco dell’avversione, del fuoco dell’illusione. Vi
dico che brucia a causa della nascita, della vecchiaia e della morte.
Brucia per il dispiacere, per i lamenti, per i dolori, per l’angoscia,
per la disperazione.

(Âdittapariyâya-sutta – © copyleft

Proprio come la parola “carro” è solo un nome che definisce in che
modo un asse, delle ruote, stanghe e tavole sono assemblati insieme
con certe relazioni tra loro, ma in queste medesime parti, se prese
separatamente, non è ravvisabile alcun carro in senso assoluto; come
la parola “casa” è solo un nome che definisce in che modo il legno e
altri materiali sono stati montati con certe relazioni tra loro in uno
spazio determinato, ma in questi stessi materiali, se presi
separatamente, non è ravvisabile alcuna casa in senso assoluto; come
la parola “pugno” è solo un nome per definire la momentanea relativa
posizione tra il pollice e le altre dita della mano e come la parola
“albero” è solo un nome che definisce l’insieme di tronco, rami,
frasche, foglie ecc., ma in senso assoluto non esistono alcun pugno né
alcun albero; esattamente nello stesso modo le parole “essere vivente”
e “persona” non sono che nomi per definire il modo in cui il corpo, le
sensazioni, le percezioni e la coscienza sono assemblati e in
relazione tra loro, ma in questi stessi elementi dell’essere, se presi
separatamente, non è ravvisabile in senso assoluto alcun essere o
persona. In senso assoluto esistono solo nomi e forme e il mistero che
essi esprimono. Idee come “io” e “io sono” non sono affatto assoluti.

(Visuddhi Magga – © copyleft

Coloro che hanno perso la consapevolezza del corpo, hanno perso il
nibbâna. Coloro che non hanno perso la consapevolezza del corpo, non
hanno perso il nibbâna. Coloro che non si sono avvalsi della
consapevolezza del corpo, non si sono avvalsi del nibbâna. Coloro che
si sono avvalsi della consapevolezza del corpo, si sono avvalsi del
nibbâna.

Dopo aver udito ciò, un altro dei presenti, il bramino Jatukanni,
domandò: «Come il sole, che domina il mondo con la luce e il calore,
anche tu, maestro, sembri dominare il desiderio e il piacere. Io sono
poco intelligente. Come faccio a trovare e a comprendere il modo di
rinunciare a questo mondo in cui si nasce per invecchiare e morire?».
Il Buddha rispose: «Abbandona la sete di sensazioni. Osserva come,
lasciando andare il mondo, si trovi una profonda tranquillità. Non c’è
bisogno d’aggrapparsi né di rigettare nulla. Vivi nel presente senza
aggrapparti, e allora potrai andare in pace di luogo in luogo. C’è uno
stato di bramosia che entra nell’individuo e lo domina. Ma quando
questa se ne va, è come se dal corpo se ne andasse un veleno; allora
la morte non ti spaventerè più».

(Sutta Nipata, 11 – © copyleft perle.risveglio.net)

Se il meditante osserva l’impermanenza della sensazione – gradevole,
sgradevole o neutra che sia – nel proprio corpo, se ne osserva il
declino, lo svanire, la cessazione e osserva nel contempo l’abbandono
dell’attaccamento a tale sensazione, allora i condizionamenti nascosti
della sete di sensazioni vengono eliminati.

(Samyutta Nikaya, 36 – © copyleft

«Monaci, osservate senza intermissione la decadenza inerente a questo
corpo; stabilite bene di fronte a voi la concentrazione
sull’inspirazione ed espirazione, e permanete nell’osservazione
dell’impermanenza (aniccâ, anityâ) di tutte le cose composte. Coloro
che perdurano nell’osservazione del degrado insito nel proprio corpo,
abbandonano ogni tendenza passionale verso ciò che appare attraente.
Per colui la cui concentrazione sull’inspirazione ed espirazione è ben
fondata all’interno, la tendenza a pensare cose esteriori associate a
ogni forma di turbamento mentale non esiste più. Colui che mantiene la
messa a fuoco sull’impermanenza e il degrado di tutte le cose composte
abbandona l’ignoranza e dà spazio alla conoscenza».

(Itivuttaka, 85- © copyleft perle.risveglio.net)

Si svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama
la cui consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nel
Buddha. Si svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di
Gôtama la cui consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente
nel Dhamma. Si svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli
di Gôtama la cui consapevolezza, giorno e notte, è immersa
costantemente nel Sangha. Si svegliano stando sempre vividamente
svegli, i discepoli di Gôtama la cui consapevolezza, giorno e notte, è
immersa costantemente nel corpo. Si svegliano stando sempre
vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui consapevolezza,
giorno e notte, è immersa costantemente nella nonviolenza. Si
svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama le
cui menti si dilettano, giorno e notte, nello pratica della
meditazione.

(Dhammapada 296-301 – © copyleft perle.risveglio.net)

Inoltre, o monaci, quando un monaco cammina, si rende conto: “Sto
camminando”; quando è fermo, si rende conto: “Sono fermo”; quando è
seduto, si rende conto: “Sono seduto”; quando è disteso, si rende
conto: “Sono disteso”. E se a una cosa o all’altra si applica col suo
corpo, egli è perfettamente consapevole di ciò che succede. Che vada o
che venga, è cosciente di ciò che sta facendo; che guardi o distolga
lo sguardo, è cosciente di ciò che sta facendo; che si chini o si
alzi, è cosciente di ciò che sta facendo.

(Mahasatipatthana-sutta

«Ora, supponete che, su un basamento, vi sia un vaso pieno d’acqua
fino al bordo, tanto che i corvi possano bervi, e si faccia avanti un
uomo con un carico d’acqua. Pensate che troverebbe spazio in cui
mettere la sua acqua?». «No, signore». «Nello stesso modo, in chiunque
la consapevolezza immersa nel corpo è sviluppata, è perseguita, Mara
non può entrare, Mara non trova alcun appiglio».

(Majjhima Nikaya, 119 –

Quando contemplate il corpo tenendo l’attenzione sul corpo, non
dovreste nello stesso tempo intrattenere ogni sorta di idee a questo
proposito; lo stesso quando contemplate le sensazioni mantenendo
l’attenzione sulle sensazioni, dovreste percepirle senza intrettenere
delle idee; lo stesso vale per la contemplazione del cuore mantenendo
l’attenzione sul cuore e alla contemplazione dei pensieri mantenendo
l’attenzione sui pensieri. I pensieri dovrebbero essere solo oggetti
mentali e non dovreste lasciarvi andare ad alcuna associazione di idee
connessa ad essi. In questo modo, mettendo da parte le idee, la vostra
mente diverrà tranquilla e stabile su un punto solo. Allora entrerà in
uno stato meditativo senza pensieri discorsivi sperimentando gioia e
rapimento.

Fa’ di te stesso un’isola, fa’ di te stesso il tuo rifugio; non c’è
altro rifugio. Fa’ dell’evidenza la tua isola, fa’ dell’evidenza il
tuo rifugio; non c’è altro rifugio. E come ti trasformerai in in
un’isola e in un rifugio per te stesso? In questo modo: osserva e
contempla come il tuo corpo sia composto da tutte le forze
dell’universo. Ardentemente e coscientemente dirigi il corpo
trattenendo lo scontento per il mondo circostante. Nello stesso modo,
osserva e contempla le sensazioni del tuo corpo ed esercita lo stessa
fermezza ed autocontrollo verso la schiavitù dell’avidità o del
desiderio. Rendendoti conto che l’attaccamento al corpo e alle
sensazioni è un’ostruzione alla percezione della realtà, dimora nella
padronanza di te stesso e nell’ardente liberazione da quei legami. In
questo modo vivrai come un’isola per te stesso e come un rifugio per
te stesso. Chiunque si stabilizzi in questa contemplazione, rendendosi
un’isola con l’evidenza e rifugiandosi nella realtà, un tal persona
passerà dall’oscurità alla luce.

(Digha Nikaya, 16

«Molti venti diversi arrivano da ogni direzione. Alcuni sono tersi,
altri polverosi; alcuni sono caldi, altri freddi; ci sono tormente
impetuose e brezze sottili. Nello stesso modo le sensazioni sorgono
nel corpo, piacevoli, spiacevoli o neutre. Allorché il meditante le
percepisce come venti – che vengono e vanno, caldi o freddi, tersi o
polverosi, tormente impetuose o brezze sottili – egli le comprende
appieno e si libera dalla loro dipendenza. Comprendendo a fondo le
sensazioni egli vedrà oltre il mondo condizionato».

(Samyutta Nikaya

(Anguttara Nikaya I, 46) – © copylef

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *