La missione dei Bodhisattva – 1

pubblicato in: AltroBlog 0

La missione dei Bodhisattva – 1

liberamente tratto da “Il buddhismo e la Scienza dello Spirito”

di G. Burrini

(parte prima)

Il grande ideale del Bodhisattva risale al I secolo della nostra era, alla
formazione del Grande Veicolo buddhista (Mahâyâna). Secondo il buddhismo
primitivo infatti l’Illuminazione era privilegio di pochi, mentre dal I
secolo essa fu accessibile a tutti i fedeli, che così diventavano potenziali
Bodhisattva.

Chi è il Bodhisattva? Il Bodhisattva è un essere vivente che si
offre di attraversare una miriade di incarnazioni e di sperimentare tutti i
destini, per portare non tanto se stesso quanto gli altri all’Illuminazione.
Ciò fa di lui un cittadino del mondo celeste e di quello terreno. Di qui la
distinzione dei Bodhisattva in due grandi categorie:

1. i comuni Bodhisattva si incarnano sul piano umano in un corpo fisico
sottomesso alla trasmigrazione e vivono da santi asceti: votandosi alla
compassione e alla meditazione, essi ascendono il cammino bodhisattvico
dalla prima alla settima Terra spirituale, favorendo ogni volta il bene e la
felità delle creature. Appartiene potenzialmente a questa schiera ogni
seguace del Grande Veicolo, ma realmente vi fanno già parte i filosofi
Nâgârjuna, Asanga, Vasubandhu, il mistico ântideva, il patriarca Hiuan-tsang
e altri.

2. i Bodhisattva celesti, detti “Grandi esseri” (Mahâsattva) – quelli cui si
riferisce Rudolf Steiner – ascendono il cammino delle ultime tre Terre
spirituali, dalla ottava alla decima. Liberi dai debiti karmici contratti
nelle incarnazioni terrene, questi esseri sono esseri angelici e rivestono
“il corpo spirituale della Legge”, grazie al quale possono anche discendere
a livello fisico assumendo “corpi di metamorfosi” (nirmânakâya)

La missione di questi Bodhisattva celesti consiste nel soccorrere gli esseri
umani durante il sonno o la meditazione, ispirando loro la visione dei mondi
superiori, o nell’esaudire le preghiere dei devoti istillando nelle loro
anime il “pensiero dell’Illuminazione” (bodhicitta).

Nella loro infinita opera di salvezza i Bodhisattva si rivelano pazienti,
pronti ad attendere eoni su eoni prima di raggiungere il Nirvana. “I
Bodhisattva conoscono i pensieri e tutte le azioni degli esseri viventi:
sono come la luce del sole che brilla dappertutto; sanno dove conducono i
pensieri e le azioni degli esseri”; parlando con volto sorridente,
eccellono nel disperdere le false visioni da cui vengono illusi gli esseri
umani: le contrapposte visioni dell’eternalismo e del nichilismo, del
dogmatismo e della negazione.

Il cammino dei Bodhisattva procede lungo dieci tappe, coincidenti con le
dieci Terre Spirituali e le dieci Perfezioni (o Virtù), ma segue due vie
maestre: la saggezza (prajñâ) e la compassione (karunâ), che conducono da un
lato all’onniscienza e dall’altro a quel vasto moto di carità che si
concretizza nel rinviare sempre il Nirvana completo, finché l’ultimo degli
esseri viventi non sia stato salvato. Per questo viene detto
nell’Insegnamento di Vimalakîrti: “La madre dei puri Bodhisattva è la
Saggezza, il padre è la Compassione: le Guide del mondo nascono da tali
genitori”

Le antiche Scritture buddhiste ci hanno lasciato un solo nome di Bodhisattva
celeste, quello di Maitreya (“l’Amorevole”), ma i testi sacri del Grande
Veicolo, quindi tutta l’iconografia e la devozione popolare che a esso si
ispirano, hanno aggiunto altre figure di Bodhisattva celesti, tra i quali
possiamo ricordare: Mañjurî (“Bello per splendore”), Avalokitevara (“il
Signore dallo sguardo misericordioso”) e Vimalakîrti (“l’Immacolato”).

Maitreya è il Bodhisattva destinato a rinascere sulla Terra fra 2500 anni
come prossimo Buddha. Attualmente dimora nel cielo degli dèi Tushita e, in
attesa della sua ultima incarnazione terrena, giunge in sogno ai devoti
ispirando loro pensieri spirituali. E’ tradizionalmente raffigurato di
colore giallo zafferano con i capelli raccolti a chignon, secondo l’uso
ascetico indiano. La tradizione buddhista fa del Bodhisattva Maitreya
l’ispiratore spirituale dell’idealismo Yogâcâra, inaugurato dai fratelli
Asanga e Vasubandhu. Asanga fu elevato alla prima Terra spirituale proprio
da un atto di grazia di Maitreya, che gli comunicò le strofe del
Madhyântavibhanga (“La discriminazione fra il medio e gli estremi”);
Vasubandhu, udendo queste strofe, penetrò a sua volta in una condizione
meditativa assai vicina alla prima Terra.

– La sfera dei bodhisattva secondo Rudolf Steiner –

La comunità celeste dei Bodhisattva, dei maestri spirituali dell’umanità, si
identifica con la Saggezza eterna. “Il Bodhisattva va considerato come il
grande maestro, incarnazione della sapienza, che percorre tutte le civiltà
incarnandosi nei modi più diversi. […] Nelle sommità delle regioni
spirituali si ritrova una serie di Bodhisattva, ognuno dei quali è il
maestro, per una certa epoca, non solo degli uomini, ma anche di esseri che
non discendono sul piano dell’esistenza fisica”

. Oltre al Buddha, dice Steiner, “si possono considerare come incarnazioni
di un Bodhisattva anche altre individualità di grandi maestri”. R. Steiner
riconosce tale rango,
oltre che ai sette Rshi e al Buddha, anche a Zarathustra, Ermete, Sciziano,
Mosè, Elia, Abramo, Ezechiele, Orfeo e altri. Questi Bodhisattva inviati
della Saggezza sono principalmente le Guide o i maestri delle sette epoche
di civiltà post-atlantidee. Aggiunge Steiner nel Vangelo di Luca:

“I Bodhisattva che passano al grado di Buddha sono in grado di redimere gli
uomini sulla Terra, per quanto riguarda lo spirito, mediante la saggezza. Ma
essi non sarebbero mai in grado di redimere l’uomo intero, perché l’uomo
intero può essere redento soltanto se il suo organismo viene penetrato non
solo dalla saggezza, ma anche dall’ardente forza dell’amore. Fu appunto
missione del Cristo redimere le anime mercé il torrente di amore che egli
riversò sulla Terra. Compito dei Bodhisattva e dei Buddha fu di portare al
mondo la saggezza dell’amore; compito del Cristo fu di portare all’umanità
la forza dell’amore. E’ necessario fare questa distinzione”.

L’evento di Palestina – l’Incarnazione del Logos – segna secondo
l’antroposofia una svolta grandissima sia sul piano terrestre sia su quello
spirituale, dunque anche entro la sfera dei Bodhisattva. Il Cristo inaugura
infatti “una nuova saggezza misterica”. Di fronte al pubblico teosofico
riunitosi a Monaco per assistere alla pièce di E. Schuré, I figli di
Lucifero, R. Steiner ripete più volte che il Cristo non è un maestro, un
Bodhisattva, un messaggero della saggezza: “egli […] è vita, una vita che
si riversa nelle altre entità le quali per effetto di ciò diventano i
maestri. […]

Il Cristo è piuttosto oggetto dell’apprendere che soggetto
dell’insegnare”. Di qui la nuova, grandiosa immagine del Cristo come
centro spirituale dei Bodhisattva: il Cristo, infatti, è venuto a fondare un
nuovo ordine, a trasformare il sette in dodici, a fare delle sette guide
dell’umanità, dei sette “figli di Lucifero” i dodici Bodhisattva, i dodici
“fratelli del Cristo”, preposti al compito di favorire negli uomini la
comprensione della portata umano-cosmica dell’evento del Golgota.
“Il Cristo era apparso sulla Terra, ma proprio al suo tempo erano
limitatissime le possibilità di comprenderlo. Bisognava provvedere alle
epoche venture, facendo rivivere tutte le forme della sapienza affinché
venissero poste a poco a poco al servizio della comprensione del Cristo.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *