La morte 2 – Claudio Capolino

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La morte 2

di Claudio Capolino

“La Morte “

(AUTORI VARI)

– Come proteggere il Defunto –

Posso capire lo shock che deve essere stato per voi la morte tragica
di vostra moglie. Ma ora siete un ricercatore e un sadhak (nota: colui
che pratica lo yoga – fine nota) della verità e dovete elevare la
vostra mente oltre le reazioni normali degli esseri umani e veder le
cose sotto una luce più vasta e grande.

Ma chi va oltre la visione esteriore, sa che tutto quello che succede
nel progresso dell’anima ha un suo significato, una sua necessità, un
suo posto nella serie di esperienze che la stanno guidando verso la
svolta decisiva in cui si può passare dall’ignoranza alla luce. Costui
sa che qualsiasi cosa succeda nella provvidenza divina è per il
meglio, anche se alla mente può sembrare altrimenti.

Considerate vostra moglie come un’anima che ha oltrepassato la
barriera tra due stati di esistenza. Aiutate il suo viaggio verso il
riposo con pensieri calmi e invocate per questo l’aiuto divino. Il
dolore mantenuto troppo a lungo non aiuta ma ostacola il viaggio
dell’anima scomparsa. Non rimuginate sulla vostra perdita ma pensate
solo al suo benessere spirituale.

Come dovrebbe essere ricevuta la notizia di una morte, soprattutto
quando si tratta di un parente stretto?

Dicendo al Signore supremo: “Sia fatta la tua volontà”, e rimanendo
più quieti che si può, Se la persona scomparsa è una persona amata,
concentrate il vostro amore, in pace e tranquillità, su quella
persona, poiché è ciò che può aiutare maggiormente colui o colei che
sono dipartiti.

Se al momento della morte l’essere vitale è attaccato nel mondo vitale
da entità o da forze ostili, è possibile che esso cerchi rifugio da
qualche parte?

Sì, è per questo motivo che in tutti i Paesi e in tutte le religioni,
dopo la morte di qualcuno, si raccomanda che per un periodo di almeno
sette giorni il deceduto sia oggetto di ricordo concentrato. Poiché
quando pensate a lui con affetto (senza alcun turbamento interiore,
senza piangere, senza alcune di quelle passioni struggenti),se
riuscite a stare calmi, la vostra atmosfera diviene una specie di faro
per lui; quando è attaccato da forze ostili (parlo dell’essere vitale
e non dell’essere psichico che sta raggiungendo il proprio riposo) può
darsi che egli si senta completamente perso, che no sappia cosa fare e
si trovi in grande difficoltà, così egli vede, per affinità, la luce
di coloro che lo stanno pensando con affetto e si precipita da loro.

Succede comunemente che una formazione vitale, una parte dell’essere
vitale della persona che è defunta (o qualche volta tutto l’essere
vitale, se esso è ben organizzato) si ripari nell’aura, nell’atmosfera
delle persone, o di una particolare persona, che lo hanno amato. Vi
sono persone che portano sempre con sé una parte del vitale di
qualcuno che è scomparso. Questa è la reale utilità delle cosiddette
cerimonie funebri, che altrimenti non hanno senso.

E’ possibile aiutare le anime scomparse con l’affetto o attraverso
mezzi occulti, se se ne ha la conoscenza. L’unica cosa che non si
dovrebbe fare è trattenerle con il nostro dolore o i nostri desideri,
o attraverso qualsiasi altra cosa che le trattenga alla dimensione
terrena oppure ostacoli il loro viaggio verso il luogo di riposo.

– La morte non è una soluzione alle Difficoltà –

La morte non è la soluzione, al contrario. La morte è un goffo e
meccanico ritorno al cerchio senza fine delle esistenze, e ciò che non
si è realizzato in una vita lo si deve fare nella successiva, e di
solito in circostanze molto più difficili.

La morte non è proprio ciò che si crede che sia. Ci si aspetta dalla
morte la quiete neutrale di un riposo incosciente. Ma per ottenere
quel riposo ci si deve preparare.

Quando si muore si perde solamente il corpo, e allo stesso tempo le
possibilità di relazione e di azione nel mondo materiale. Tutto ciò
che appartiene al mondo vitale non scompare con la sostanza materiale,
e tutti i vostri desideri, attaccamenti e brame persistono con un
senso di frustrazione e delusione, e tutto ciò vi impedisce di
ottenere la pace che vi aspettavate. Per avere una morte serena e
senza problemi, ci si deve preparare. E l’unica preparazione efficace
consiste nell’abolizione dei desideri.

Per tutto il tempo che possediamo un corpo dobbiamo agire, fare
qualcosa, lavorare; ma se lo facciamo semplicemente perché deve essere
fatto, senza ricercare il risultato o volere che sia in questo o quel
modo, allora diveniamo progressivamente distaccati e ci prepariamo
così ad una morte tranquilla.

Sappiate di sicuro che commettere suicidio è l’azione più assurda che
un uomo possa compiere; poiché la morte del corpo non significa la
morte della coscienza e ciò che vi preoccupava quando eravate vivo
continua a preoccuparvi quando siete morto, senza però la possibilità,
che si può avere da vivo, di distrarre la propria mente.

– La conquista della paura della morte –

E dopo tutto, se si deve abbandonare il proprio corpo per qualche
ragione, ed avere poi altri corpi, non sarebbe meglio far divenire la
morte una cosa magnifica, felice, entusiastica, invece di renderla una
sconfitta ripugnante? Le persone che si aggrappano alla vita, che
tentano in ogni modo possibile di rimandare la fine anche solo di un
minuto o due e che danno un esempio di terribile agonia, fanno così
perché non sono coscienti della loro anima….

Quindi la conclusione è: Mai desiderare la morte Mai volere la morte
Mai temere la morte

In ogni circostanza, abbiate la volontà di superare voi stessi.

In generale, forse il più grande ostacolo che impedisce il progresso
dell’uomo è la paura – paure di varie nature, innumerevoli,
contraddittorie, illogiche, irragionevoli e spesso irrazionali. Di
tutti i tipi di paura la più sottile e la più ostinata è quella della
morte. Ha radici profonde nel subcosciente e non è facile rimuoverla
da lì.

Naturalmente questa paura è costituita da parecchi elementi mischiati
assieme: lo spirito di conservazione, la preoccupazione della
preservazione personale in modo da assicurare la continuità della
coscienza,

l’indietreggiare davanti all’ignoto, l’inquietudine generata da ciò
che non si può prevedere e calcolare e forse, dietro a tutto ciò,
nascosto nelle profondità delle cellule, l’istinto che la morte non è
una cosa inevitabile e che, se certe condizioni vengono soddisfatte,
essa può essere conquistata; benché, in realtà, la paura stessa sia un
grande ostacolo a questa conquista. Poiché si può conquistare
solamente ciò che non si teme, e chi teme la morte è già stato vinto
dalla Morte.

Come liberarsi da questa paura? Ci sono parecchi metodi che possono
essere usati. Ma innanzitutto sono necessarie alcune nozioni
fondamentali per aiutarci nel nostro tentativo. La prima cosa e la più
importante è sapere che la vita è unica e immortale. Solo le forme,
innumerevoli, sono transitorie e fragili. Si deve instillare nella
mente, in modo sicuro e durevole, questa conoscenza e, per quanto è
possibile, si deve identificare la propria coscienza con la vita
incessante che è indipendente da qualsiasi forma ma si manifesta in
tutte le forme. Ciò dà la base psicologica indispensabile da cui
affrontare il problema, poiché il problema esiste.

Anche se l’essere interiore è sufficientemente illuminato da essere
superiore alla paura, la paura rimane però ancora nascosta nelle
cellule del corpo, oscura, spontanea, sfuggente alla ragione, spesso
quasi incosciente.

E’ in queste oscure profondità che si deve scoprirla, afferrarla e
proiettare su di essa la luce della coscienza e della certezza.

La vita non muore; ma le forme si dissolvono, ed è questa dissoluzione
che la coscienza fisica teme. E, tuttavia, la forma cambia
costantemente e non v’è nulla che impedisca a questo cambiamento di
divenire progressivo. Solo questo cambiamento progressivo può fare in
modo che la morte non sia più inevitabile. Ad ogni modo, è un compito
difficile da realizzare e richiede condizioni che pochi possono
soddisfare. Inoltre, il metodo per conquistare la paura della morte
muterà secondo la natura del caso e lo stato della coscienza. Questi
metodi possono essere classificati in quattro gruppi principali,
ciascuno composto di un grande numero di varianti; ma, in realtà,
ciascuno deve sviluppare il proprio metodo.

Il primo metodo fa riferimento alla ragione. Si può dire che nelle
attuali condizioni del mondo, la morte è una cosa inevitabile; un
corpo che è venuto alla luce morirà necessariamente, prima o poi, e in
quasi tutti i casi la morte viene quando deve venire, e non si può
sollecitare né ritardare la sua ora. Chi la desidera può doverla
aspettare a lungo, e chi la teme può esserne colpito improvvisamente a
dispetto di tutte le precauzioni prese. L’ora della morte sembra
essere fissata inesorabilmente, eccetto che per alcuni che possiedono
dei poteri di cui la razza umana in generale non dispone. La ragione
insegna che è assurdo temere una cosa che non si può evitare.

L’unica cosa è accettare l’idea e fare tranquillamente del proprio
meglio, giorno per giorno, ora per ora, senza alcuna preoccupazione
per ciò che accadrà. Questo metodo è molto efficace quando viene usato
da gente intellettuale abituata ad agire secondo le regole della
ragione. Ma avrà minore successo nelle persone emotive che vivono
sulla base dei sentimenti e sono dominate da essi.

Dovrebbero darsi al secondo metodo, il metodo dell’introspezione.
Aldilà di tutte l emozioni, nelle silenziose e tranquille profondità
del nostro essere, c’è una fiamma che arde costantemente, il fuoco
della coscienza psichica. Andate alla ricerca di questa luce,
concentratevi su di essa, poiché è dentro di voi.

Con una volontà perseverante la troverete sicuramente. Non appena
entrate in essa, vi risvegliate al senso dell’immortalità. Sentite che
avete sempre vissuto e che vivrete per sempre. Divenire completamente
indipendenti dal vostro corpo; l’esistenza cosciente non dipende da
esso. Questo corpo è solo una delle molte forme transitorie attraverso
le quali avete manifestato voi stessi. La morte non è più
l’estinzione, è solo una transizione. Allora la paura scompare
immediatamente e avanzate nella vita con la calma sicurezza di un uomo
libero.

Il terzo metodo è per coloro che hanno fede in un Dio, il loro Dio,
colui al quale hanno dato se stessi completamente. Essi appartengono a
lui integralmente. Tutti gli avvenimenti della loro vita sono
un’espressione della volontà divina ed essi li accettano, non
semplicemente in tranquillo abbandono, ma con gratitudine. Poiché sono
convinti che qualsiasi cosa succeda loro sia per il proprio bene.

Essi hanno una fede mistica nel loro Dio e nella relazione personale
che intrattengono con lui. Hanno completamente ceduto la loro volontà
alla sua e sentono il suo invariabile amore e la sua costante
protezione, del tutto indipendenti dai casi della vita e della morte.
Hanno l’esperienza costante d’essere ai piedi del loro amato
nell’assoluto abbandono di sé, o d’essere tra le sue braccia e di
godere di una sicurezza perfetta. Non c’è più posto nella loro
coscienza per la paura, l’ansia o il dubbio: tutto ciò ha lasciato
posto a una calma e incantevole beatitudine. Ma non tutti hanno la
fortuna d’essere dei mistici.

Infine ci sono quelli che sono nati guerrieri. Non possono accettare
la vita così com’è. Sentono pulsare in sé il proprio diritto
all’immortalità, un’immortalità integrale e su questa terra.
Possiedono una specie di intuitiva consapevolezza che la morte è solo
una cattiva abitudine e sembrano essere nati con la determinazione di
conquistarla. Ma questa conquista significa una lotta terribile contro
un esercito di crudeli e astuti assalitori, una lotta che dev’essere
combattuta costantemente, ogni minuto, per così dire. Solo colui che
ha uno spirito indomabile dovrebbe tentare. Questa battaglia ha
parecchi fronti: avviene su parecchi piani che si intersecano e si
completano l’un l’altro.

La prima battaglia da ingaggiare è più formidabile: è la battaglia
della mente contro una suggestione che è collettiva, potente,
schiacciante, irresistibile, una suggestione basata su migliaia di
anni di esperienza, su una legge della natura che non sembra ancora
aver avuto nessuna eccezione. Essa si traduce in questa ostinata
asserzione: E’ stato sempre così, non può essere altrimenti; la morte
è inevitabile ed è pazzia sperare che ci debba essere qualcosa
d’altro. Il concerto è unanime e fino ad ora anche l’erudito più
lungimirante ha osato a stento sollevare una nota di dissenso o una
speranza per il futuro. Per quanto riguarda le religioni, molte basano
il loro potere d’azione sul fatto della morte e asseriscono che Dio
volle che l’uomo morisse, poiché lo creò mortale.

Molte religioni fanno della morte una liberazione, a volte una
ricompensa. La loro ingiunzione è: inchinati alla volontà del supremo,
accetta senza ribellione l’idea della morte e avrai pace e felicità.
Ma a dispetto di tutto ciò la mente deve rimanere ferma nella sua
convinzione e sostenere una volontà che mai si pieghi. Ma per chi sia
deciso a conquistare la morte queste suggestioni non hanno effetto e
non toccano la certezza che si basa su una profonda rivelazione.

La seconda battaglia è la battaglia dei sentimenti, la lotta contro
tutto l’attaccamento a ciò che uno ha creato, a ciò che uno ha amato.
Come risultato di un assiduo lavoro, qualche volta al costo di
un’immensa fatica, avete costruito una casa, una carriera, un’opera
sociale, letteraria, artistica, scientifica o politica, avete formato
un ambiente di cui siete al centro, e dipendete da esso almeno tanto
quanto questo dipende da voi.

Siete circondato da tutto un gruppo di persone, parenti, amici,
compagni di lavoro; e quando pensate alla vostra vita, essi occupano
nel vostro pensiero quasi tanto spazio quanto il vostro sé, a tal
punto che se dovessero improvvisamente esservi tolti, vi sentireste
perso, come se fosse scomparsa una parte molto importante del vostro
essere. Non si chiede di abbandonare tutte queste cose, dal momento
che esse contribuiscono, almeno in gran parte, la base del vostro
essere, il traguardo della vostra esistenza.

Ciò che deve essere abbandonato è l’attaccamento a queste cose,
cosicché possiate sentirvi capaci di vivere senza di esse, o piuttosto
che possiate essere pronti, se vi lasceranno, a ricostruirvi una nuova
vita in nuove circostanze. E tutto questo accade in continuazione
poiché tale è la conseguenza dell’immortalità. Questo stato significa
essere capaci di organizzare ed eseguire ogni cosa con la massima cura
ed attenzione e tuttavia essere liberi dal desiderio e
dall’attaccamento; poiché, se si desidera sfuggire alla morte, non ci
si deve legare a nulla di perituro.

Dopo i sentimenti vengono le sensazioni. Qui la lotta è spietata e gli
avversari formidabili. Essi sono consapevoli della più piccola
debolezza in voi e colpiscono ovunque siate esposti. Le vittorie
ottenute sono transitorie e la stessa battaglia deve esser combattuta
ripetutamente e a tempo indefinito. Il nemico che credevate di aver
conquistato si rialza nuovamente per colpirvi. Si deve avere un
carattere forte e allenato, un’instancabile resistenza per essere
capaci di attraversare tutte le sconfitte, la delusione, il rifiuto,
lo scoraggiamento, e l’immensa fatica quando ci si trova sempre in
contraddizione con l’esperienza quotidiana e gli avvenimenti sulla
terra.

E ora veniamo alla battaglia più implacabile, la battaglia nella
materia, quella che è combattuta nel corpo: poiché essa procede senza
rinvio o tregua. Inizia con la nascita e può finire solo con la
sconfitta di uno dei due belligeranti: vale a dire, la forza di
trasformazione e la forza di dissoluzione.

Dico con la propria nascita, poiché in effetti i due movimenti sono in
conflitto dal momento esatto in cui si viene al mondo, anche se il
conflitto diviene cosciente e intenzionale molto tempo dopo. Infatti,
tutte le indisposizioni, malattie, malformazioni, e anche gli
incidenti, sono il risultato dell’azione della forza di dissoluzione,
mentre invece la crescita, lo sviluppo armonioso, la resistenza
all’insorgere delle malattie, la cura, il ritorno al normale
funzionamento, tutto lo sforzo fatto per il progresso sono dovuti
all’azione della forza di trasformazione.

In seguito, quando la coscienza è sviluppata, la battaglia diviene
deliberata, e si tramuta in una frenetica gara di rivalità tra i due
movimenti contrari, trasformazione o morte, per chi deve raggiungere
il traguardo per primo. Questo significa uno sforzo incessante, una
concentrazione costante per far scendere la forza della rigenerazione,
per aumentare il potere di ricettività a questa forza nelle cellule,
per combattere passo dopo passo, da punto a punto contro l’azione
devastante delle forze di distruzione e disintegrazione, e sottrarre
al loro influsso tutto ciò che può rispondere all’impulso ascendente,
per illuminare, purificare e stabilizzare; è una battaglia oscura e
ostinata, molto spesso senza apparenti risultati, senza segni evidenti
di vittorie che sono vinte parzialmente e hanno esito incerto; giacché
il lavoro deve essere fatto continuamente, ciascun passo in avanti è
molto spesso scontato con un regresso da qualche altra parte e ciò che
è stato un certo giorno può essere rovinato il giorno successivo. In
verità la vittoria può essere sicura, certa e duratura solo quando è
una vittoria totale. Tutto ciò richiede tempo, molto tempo e gli anni
trascorrono inesorabilmente aumentando la resistenza delle forze
avverse.

Costantemente la coscienza resta vigile come una sentinella nella
trincea. Non si deve cedere, mai cedere, costi quel che costi, senza
un tremito di paura né un allentarsi della vigilanza, mantenendo
un’incrollabile fede nella missione da compiere e nell’aiuto dall’alto
che vi ispira e sostiene. E la vittoria è di chi è più tenace.

C’è ancora un altro modo di conquistare la paura della morte. Ma è
alla portata di così pochi, che è menzionato solo come nota
informativa. Consiste nell’entrare nel dominio della morte
deliberatamente e coscientemente mentre si è ancora in vita; e poi
ritornare da quella regioni al corpo fisico, entrarvi e continuarvi il
corso dell’esistenza materiale con piena conoscenza. Ma, per far
questo, si deve essere un iniziato.

– L’Immortalità –

Riguardo all’immortalità essa non può essere se c’è attaccamento al
corpo – poiché è solo vivendo nella parte immortale di s, che non è
identificata con il corpo, e facendo scendere la sua coscienza e la
sua forza nelle cellule che l’immortalità può realizzarsi. Parlo
naturalmente di mezzi yogici. Ora gli scienziati ritengono che sia
possibile (per lo meno teoricamente) scoprire mezzi fisici attraverso
i quali la morte possa essere superata, ma significherebbe solo un
prolungamento dell’attuale coscienza nel corpo attuale. A meno che non
ci sia un cambiamento della coscienza e un cambiamento delle funzioni
corporee, sarebbe un ben piccolo successo.

Se gli uomini non morissero, il loro corpo con l’età diverrebbe inservibile?

Ah! No. Vedi le cose dal lato sbagliato. Essi non possono morire se il
loro corpo non si degrada. E’ proprio perché il loro corpo deperisce
che essi muoiono. E’ perché il loro corpo diviene inutilizzabile che
essi muoiono. Se essi non morissero, il loro corpo non dovrebbe
divenire inutilizzabile. E’ proprio il contrario. E’ precisamente
perché il corpo decade, declina e finisce con un completo degrado che
la morte diviene necessaria. Ma se il corpo seguisse il movimento
progressivo dell’essere interiore, se avesse lo stesso senso del
progresso e della perfezione che ha l’essere psichico, per esso non
sarebbe necessario morire. Un anno dopo l’altro non deve
necessariamente portare solo più deterioramento: è solo un’abitudine
della natura, solo un’abitudine di ciò che accade attualmente.

Ed ‘ proprio questo la causa della morte. Si può ben prevedere, al
contrario, che il movimento verso la perfezione, che è all’origine
della vita, possa continuare sotto un’altra forma. Ho già detto che
non si può prevedere una crescita fisica ininterrotta, poiché si
dovrebbe cambiare l’altezza delle case dopo un certo tempo! Ma questa
crescita in altezza può essere trasformata in una crescita in
perfezione: la perfezione della forma. Tutte le imperfezioni della
forma possono essere, un poco alla volta, corrette, tutte le debolezze
rimpiazzate dalla forza, tutte le incapacità dall’abilità. Perché
dovrebbe essere così? Non si pensa in questo modo perché si ha
l’abitudine di vedere le cose altrimenti. Ma non c’è alcuna ragione
perché non debba essere così…

Si deve esser in grado di mantenere l’armonia e la bellezza fino alla
fine. Non c’è ragione per cui si debba avere un corpo che non abbia
uno scopo di essere e di esistere, e per cui esso non divenga più
buono a nulla. Non essere più buono a nulla è esattamente ciò che lo
fa scomparire. Si può avere un corpo che cresce di perfezione in
perfezione. Ci sono molte cose nel corpo che fanno dire:

“Se fosse così! Ah! Mi piacerebbe che fosse così” (Non parlo del
carattere, poiché lì ci sono così tante cose che devono essere
cambiate; parlo dell’aspetto fisico). Si vede qualche disarmonia nel
corpo e si dice: “Se questa disarmonia sparisse come sarebbe meglio.”
Ma perché non si crede che lo si potrebbe fare? Se si guarda al fatto
in un modo proprio oggettivo – non con quella specie di attaccamento
che uno ha per la propria piccola persona, ma proprio in un modo
oggettivo – si guarda a se stessi, come se si guardasse ad un’altra
persona e si dice: “Ma questa cosa non è assolutamente in armonia con
quella”, e se si guarda ancora più da vicino diventa molto
interessante: si scopre che questa disarmonia è l’espressione di un
difetto nel carattere. E’ perché nel carattere c’è qualcosa di
distorto e di non armonioso, e nel corpo quella cosa è riprodotta da
qualche parte. Tentate di accomodarla nel corpo, ma scoprite che per
risalire alla fonte di questa disarmonia fisica, dovete cercare il
difetto nel vostro essere interiore. Poi iniziate a fare il lavoro e
il risultato è ottenuto.

Non avete idea fino a che punto il corpo sia plastico! Ma da un altro
punto di vita, direi che esso è terribilmente rigido e questa è la
causa per cui si deteriora. Tuttavia, tutto questo succede perché non
sappiamo come utilizzare il nostro corpo. Non sappiamo, quando siamo
ancora freschi come germogli, come raggiungere una rigogliosa,
magnifica, perfetta fioritura. E invece di dire a noi stessi con
un’aria piuttosto avvilita:

“E’ un peccato, le mie braccia sono troppo sottili”, oppure “le mie
gambe sono troppo lunghe” o “la mia schiena non è diritta”, oppure “la
mia testa non è armoniosa”, dovremmo dire: “Deve essere diverso, le
mie braccia devono essere proporzionate, il mio corpo armonioso, ogni
forma in me deve esprimere una maggiore bellezza”, e così si riuscirà.

E si riuscirà e lo si saprà perseguire nella vera volontà, che è
persistente, tranquilla, che non è impaziente, non si preoccupa per
l’apparenza del difetto ma continua il lavoro tranquillamente,
continuando con calma a volere così, a cercare la ragione interiore, a
scoprirla, a lavorarvi con energia. Immediatamente non appena si nota
un piccolo tarlo nero da qualche parte, che non ha un aspetto
grazioso, che forma una piccola macchia sgradevole e disgustosa
afferratelo, fatelo uscire, gettatelo via e sostituitelo con luce e
chiarezza. E dopo un certo tempo scoprirete: “Ma questa disarmonia che
avevo sul viso sta scomparendo; questo segno di brutalità,
d’incoscienza che c’era nella mia espressione, sta andandosene.” Così
dopo dieci anni non vi riconoscerete più.

Voi siete tutti, qui (all’Ashram); materia giovane; dovete sapere come
approfittarne – e non per ragioni egoistiche, stupide e meschine, ma
per amore della bellezza, per il bisogno d’armonia.

Non ci può essere l’immortalità del corpo senza la realizzazione
supermentale; la potenzialità è presente nella forza yogica e gli yogi
possono vivere 200 o 300 anni, o più, ma non ci può essere un vero
principio d’immortalità senza la realizzazione supermentale.

Il cambiamento della coscienza è la cosa necessaria e senza di esso
non ci può essere la realizzazione fisica. Ma la pienezza del
cambiamento supermentale non è possibile se il corpo rimane così come
è, schiavo della morte, della malattia, della disgregazione, del
dolore, dell’incoscienza e di tutti gli altri risultati
dell’ignoranza. Se tutto questo deve rimanere, la discesa della
supermente non è così necessaria – per un cambiamento della coscienza
che porti l’unione mentale spirituale con il divino è sufficiente il
sovramentale; anche la mente superiore è sufficiente. La discesa
supermentale è necessaria per un’azione dinamica della verità nella
mente, nel vitale e nel corpo. Questo implicherebbe, come risultato
finale, la scomparsa dell’incoscienza del corpo che non sarebbe più
soggetto alla disgregazione e alla malattia.

Significherebbe che il corpo non sarebbe più soggetto ai meccanismi
abituali attraverso i quali giunge la morte. Se un cambiamento del
corpo dovesse avvenire, dovrebbe avvenire secondo la volontà
dell’essere che lo abita. Ciò (non l’obbligo di vivere 3000 anni,
poiché anche questo sarebbe una schiavitù) costituirebbe l’essenza
dell’immortalità fisica. Tuttavia, se uno volesse vivere 1000 anni o
più, supponendo che ne avesse la siddhi (realizzazione) completa, non
dovrebbe essere impossibile.

L’immortalità è uno dei possibili risultati della realizzazione
sperimentale, ma non è un risultato obbligatorio e non significa che
ci sarà un eterno e indefinito prolungamento della vita così com’è.
Questo è quel che molti credono che avverrà, cioè che rimarranno ciò
che sono, con tutti i loro desideri umani, e l’unica differenza sarà
che lo soddisferanno eternamente; ma non varrebbe la pena disporre di
una tale immortalità, e non passerebbe molto tempo prima che le
persone si stanchino di essa.

Vivere nel divino e avere la coscienza divina è in sé l’immortalità;
riuscire anche a divinizzare il corpo e a renderlo uno strumento
adatto per le opere divine e alla vita divina sarebbe solamente
l’espressione materiale dell’immortalità.

*****

Riferimenti:

tratto da:

pubblicato da “Domani” – trimestrale in lingua italiana di yoga
filosofia e cultura

Sri Aurobindo Ashram . Pondicherry 60500 – India

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