La morte ed il suo meccanismo – di Guido Da Todi – Parte quarta e fine

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< La morte ed il suo meccanismo >

– Parte quarta e fine –

(di Guido Da Todi)

Nella lettera che precede bisogna considerare due fatti; essa parla del
Devachan, raggiunto dall’anima, quando la medesima ha superato i due cicli
intermedi: il piano astrale ed il piano mentale inferiore. Inoltre, si
riferisce alle sensazioni devachaniche della gran massa degli ego.

Ripetiamo, definitivamente, che l’anima evoluta, una volta “oltre il velo”,
entra in diretto rapporto con il suo Maestro di Raggio, con la Gerarchia dei
poteri Planetari e Solari e diviene una cosciente forza attiva a favore
dell’evoluzione del Piano. La reincarnazione avviene in modo spontaneo; ma,
è voluta, prima del tempo, ed eseguita ad arte, solo da coloro che abbiano
distrutto il corpo causale, alla quarta Iniziazione. I genitori di una
simile anima sono, quasi sempre, degli Alti Iniziati, che procreano secondo
le regole dell’Unione Esoterica.

Per quanto riguarda un’anima normale, essa segue la normale prassi. Se è
mediocremente evoluta, seguirà gli effetti dell’attrazione verso la materia,
come sono descritti nella lettera del Maestro K.H..

Cioè, l’arco delle energie dell’attività devachanica essendo esaurito, dopo
un lungo soggiorno nel mondo superiore, essa cadrà lentamente in uno stato
di amnesia generale ed, infine, vi sarà il tuffo nella materia.

Se, invece, l’ego è evoluto, sentendo approssimarsi il periodo di una nuova
incarnazione, collaborerà con le forze in atto della natura, che agiscono,
invece, forzando, nel caso precedente; sceglierà i genitori adatti a lui, il
periodo propizio astrologicamente alla sua incarnazione ed attuerà la
“tecnica” dell’anima, per immergersi nella materia. In risonanza con
l’attimo in cui la madre ospita il germe materno, metterà in movimento
vibratorio i tre atomi ultimi che conserva nel suo corpo causale.

Circonderà l’unità mentale di una placenta di energia del piano mentale
concreto; avvolgerà l’atomo astrale di un abbozzo rudimentale di corpo
astrale; e, durante i nove mesi di gravidanza, circonderà l’atomo eterico
ultimo di sostanza eterica. Tra i sette chakra in embrionale costruzione,
darà maggior palpito vibrante a quello che sarà particolarmente attivo,
durante la sua vicina incarnazione e che lo disporrà nel ritmo evolutivo
umano che gli compete. I genitori fisici offrono soltanto il materiale
adatto alla manifestazione, nel piano della materia.

A questo proposito, accenniamo, brevemente, che la responsabilità di una
madre e di un padre, in senso occulto, è vitale nei riguardi dell’ego che
essi attraggono nel piano oggettivo, tramite la loro unione.

Un ego comincia a prendere possesso, secondo le conoscenze esoteriche, della
propria personalità, dai dieci anni in poi. E, con cicli che vanno di dieci
anni in dieci anni, accentua, radicalmente, il rapporto con la materia. Fino
ai dieci anni (ma, in particolar modo, quando l’ego crea, istintivamente, i
tre corpi di manifestazione, da poco prima il concepimento materno), la
madre è pienamente, responsabile non solo della costruzione fisica
dell’essere, ma, anche del miglioramento di quella emotiva e mentale.
L’ego, così, maturato da una lunga esperienza devachanica, riprende a
percorrere lo stesso Sentiero che aveva lasciato alla precedente
incarnazione, e dallo stesso punto.
Continua il viaggio dell’anima……

Tutto ciò che circonda l’uomo, sia di materiale, che di spirituale, poggia
il proprio divenire e la propria manifestazione sulla legge che gli indiani
chiamano del “karma”, o di causa ed effetto. In fisica il fenomeno risulta
più svelato:”..ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria..”.

Il karma, nel suo aspetto metafisico, è la legge di movimento, innata in
tutte le cose. Lo studioso entra, solitamente, nel campo delle conoscenze
esoteriche, presumendo che le medesime gli diano il segreto di potersi
liberare da ogni giogo e gli insegnino a penetrare in uno stato essenziale
di una non meno specificata inerzia divina.

Gradualmente, invece, l’occultismo gli mostra, tramite lo studio dei
fenomeni archetipici, che un qualsiasi tipo di staticità cosmica è
illusorio; e gli comunica la gioia sottile e spirituale che l’azione pura
dona alle medesime Vite “oltre il velo”. In ciò, adottando il metodo di
porlo innanzi alla constatazione di leggi inflessibili e non originate, che
formano il sub-strato necessario all’Essere. Il karma è la principale di
queste leggi.

Tutto è movimento, quindi. Non esiste separazione ideale tra l’energia e la
materia; o, se volete, tra il cielo e la terra. La materia è spirito
cristallizzato; lo spirito è materia rarefatta. Lo sguardo di un discepolo
possiede, quindi, una qualità che l’occhio comune non ha. Quella della
continuità di coscienza. Per cui, se la sfera di incidenza delle sue
esperienze si trova ad essere circoscritta dal piano solido, egli lo vede
quale conseguenza di causali energetiche precedenti ad esso; oppure,
coesistenti, ma ignote.

Se, invece, le sue conquiste spirituali gli permettono di vivere nella sfera
“oltre il velo”, egli sa che non solo i suoi atti energetici sbocceranno,
nel piano della vita oggettiva, sotto forma di situazioni fluide, o di cose
oggettive, ma che lo stesso mondo che, ora, considera estremamente raffinato
è il risultato di altri piani più sottili.

Questa catena è karma.

Quindi, noi, dal nostro punto di vista umano, siamo un anello di una intera
catena. Il nostro presente è frutto di un passato e causa di un futuro. Sia
l’abitudine che l’uomo possiede di considerare il karma in funzione
parossisticamente sua, sia l’abitudine a volere antropomorfizzare le Grandi
leggi della vita, hanno creato un’estrema pesantezza di concetti
sull’argomento e delle forti distorsioni della verità.

La sostanza luminosa della Legge deve essere percepita solo dalla singola
anima degli studenti; i grandi Istruttori si sono sempre rifiutati di dare
una definitiva forma concettuale ad essa. Ciò, perché, a rigor di termini,
il karma è il movimento cosmico e, come dicemmo, non si può fissare in
qualunque forma statica quel che, per propria natura, non vi si adatta.

Per comprendere il karma bisogna studiarlo attraverso i suoi effetti;
Parabrahaman si manifesta solo attraverso le leggi universali, che si
enucleano nelle Divinità Cosmiche, Solari, Planetarie. Ciò che esiste dietro
di Esse appare (intraducibile per il profano) allo sguardo attonito
dell’Iniziato.

È, allora, in tal senso, che studieremo la Legge, fidando nella comprensione
intuitiva dello studente, che noi consideriamo, sempre, un collaboratore.

Inizio e fine. Terribili parole che sono i chiodi del Cristo-umanità;
circolo concluso, in cui l’aspetto razionale del nostro io continua a
volersi imprigionare. Come vorremmo che tutti coloro che seguono la verità
esoterica spezzassero questa loro tendenza a voler limitare, con il numero
delle loro dieci dita, l’infinito raggio della Trascendenza Universale!
Sembrerà paradosso quanto diremo; ma, il karma, che è la legge della
razionalità cosmica, o, quella di causa ed effetto, può venir compreso
soltanto dall’irrazionalità divina del nostro spirito.

Difatti, se noi tentassimo di spiegare al lettore gli effetti, sia
profondamente metafisici (e che lo hanno inserito nella attualità della vita
presente), sia più grossolani, in cui gioca la sua parte di anima incarnata
e, nel farlo, risalissimo a remote cause planetarie, solari, cosmiche, non
faremmo altro che rendere più sottili e più tenaci i legami che lo avvincono
alla sua prigionia mentale.

Non è così che il problema del karma va affrontato. La domanda – “..e
prima?” – continuerebbe a percuotere il cervello del richiedente. Prima
delle esperienze Planetarie? Prima di quelle Solari? Prima di quelle
Cosmiche?

Dal presente capitolo speriamo, profondamente, che sprizzi la fiammata, la
quale valga a bruciare, o, a neutralizzare il corpo mentativo dello studente
e gli faccia assaporare, anche per un attimo, il luminoso sorriso
dell’Angelo Solare; il quale gli mostrerà le cose, quali sono; ma,
dall’altezza del suo Super-ego.

Nella vita non v’è un prima; non v’è un dopo. Ma, un eterno presente. L’idea
del tempo e dello spazio, come l’uomo comune è abituato ad accettare, non
appartengono al corredo concettuale di un Iniziato. Questi movimenti –
puramente astratti – acquistano una distorsione ed una pesantezza naturali,
solo quando sono filtrati dal cervello fisico dell’uomo. Portiamo un esempio
che servirà a chiarire la situazione.

Immaginiamoci un individuo che si trovi a vivere la sua vita, inserito in un
orario di ufficio, in un orario di famiglia, nel ritmo inflessibile del
giorno e della notte, della veglia e del sonno. Per lui “l’entità domani” è
qualcosa di certo, di vero e di tangibile. Per lui, adesso, sono le quattro
del pomeriggio e due ore lo separano dalle sei; non v’è dubbio.

Per lui, ora si trova in questa stanza, in questo paese e, per raggiungere
un altro ambiente, di un altro paese, dovrà creare uno sforzo fisico di
movimento, in cui il binomio tempo e spazio si fonderanno e si dimostreranno
evidenti, oggettivi, da sormontarsi. L’uomo medio, in effetti, è invischiato
(non ritmato) dal senso del tempo e dello spazio.

Ora, consideriamo un altro uomo. Un montanaro, che si trovi alle pendici di
un’altissima montagna. L’acutezza del suo sguardo gli permetterà di
penetrare le asperità della stessa, fin presso la vetta; se egli non può
guardare più in su, ciò non significa che la cima non esista, in quello
stesso attimo, a portata di mano, assieme alle altre cose che lo circondano.
Così è per colui di cui parlammo prima.

Il fenomeno-vita lo circonda, rappresenta la montagna che si erge davanti a
lui, nella regione dell’eterno presente. Se egli, a causa della sua
immaturità animica, della sua miopia interiore è costretto a starsene sempre
con il capo tuffato in un cespuglio, che chiama “ora e qui”, mentre palpa,
con la mano brancolante, un altro cespuglio, posto poco più su, e lo chiama
“dopo e là”, non significa che, teoricamente, non potrebbe staccarsi
dall’illusione e vedere tutta la montagna, in un solo colpo d’occhio.

Intendiamoci bene. Non vogliamo abolire la realtà del ritmo tempo-spazio;
ma, solo, darle un’altra dimensione. Entrare, cioè, nell’amplesso universale
del settimo Raggio, quello del Cerimoniale, schiavo di nessuno, al di fuori
della legge.

Il fisico Einstein, con la sua scoperta, ha ridotto la massa identica
all’energia, stabilendo che, man mano ci si avvicina alla velocità della
luce, i parametri del tempo e dello spazio vengono deformati.

Da tal punto di vista, con l’atmosfera resa cristallina e respirabile, si
può considerare, a tutt’agio, il fenomeno del karma. Quale, cioè, una legge
che incornici ed inquadri, in ritmi sempre più ampi, la libertà
dell’esistenza universale; non già che la schiacci e coercisca in fattori
minuti, o, vasti, di prigionia ambientale e spirituale.

Ogni azione è karma. E la legge è talmente meticolosa ed inflessibile che
basta la rivelazione di una piccola verità occulta per darne l’idea. Tutti
gli insetti nocivi, ad esempio, che, purtroppo, l’uomo conosce, e lo
tormentano da secoli, a partire dalla cavalletta, che distrugge i raccolti,
sino a giungere alla spietata zanzara delle notti estive, sono l’immancabile
cristallizzazione e materializzazione di meschini pensieri di critica, di
fastidio, di odio che l’umanità emanò, in passato.

Si racconta, ancora, che un giorno un uomo si presentò a Buddha e Gli disse
che, durante le sue meditazioni, vi era sempre qualcuno, o qualcosa che lo
veniva a disturbare. Buddha, allora, gli rivelò che egli, in passato, si era
divertito a interrompere le concentrazioni di alcuni yogi, per leggerezza,
ed ora ne pagava le conseguenze.

Insomma, pensiamo che lo studente ci verrà in aiuto, intuendo l’intreccio
fittissimo che costituisce la rivelazione della legge del karma. Nulla è
dovuto al caso. La natura aborre il vuoto. Non esiste karma di armonia,
oppure di disarmonia; ma, una legge improrogabile di causa e di effetto, che
si perpetua in modo infinito, generale e capillare.

Le radici della legge si sperdono nell’immenso mare dell’assolutezza
superiore. Riguardano l’uomo, ma non solo lui. Vi è il karma degli animali,
del mondo vegetale, del mondo minerale; vi è il karma degli angeli, delle
razze e delle nazioni. Una legge inflessibile, necessaria allo sviluppo
delle cose e che, quando la scrutiamo, nel suo aspetto rarefatto, fa
emergere una sola natura, con certezza: la sua razionalità universale.
Quando, invece, la vediamo, nelle sue angolosità più evidenti, ne estraiamo
la rivelazione di minute componenti, ravvicinate alle abitudini dell’uomo.

Il nostro stesso Logos Solare ha spalancato le porte all’attuale creato, per
raggiungere una meta karmica, composta dai complessi frammenti di cause che
risalgono a quando Egli Medesimo era Logos Planetario. Lo stesso vale per i
Pianeti Sacri; lo stesso per la nostra Terra. Nessuno sfugge alla legge.

Ma, sia il Dio, che l’uomo hanno addirittura bisogno di essa! Superata la
fase dell’immaturità spirituale, per la quale l’uomo, una volta ” morto”,
desidera rifugiarsi in un illusorio e caldo giaciglio spirituale, popolato
di angeli, dopo un’oculata educazione alle leggi del ritmo eterno e
dell’esoterismo, egli entra a far parte della Gerarchia Divina del Pianeta.
Come in un alveare dorato, ivi regna la costruzione, la creazione,
l’ispirazione a sempre più vasti piani evolutivi; l’uomo diventa simile al
Dio che l’ha creato; e crea.

Non solo: ma, il morso del simbolico serpente dorato, che già spinse Adamo
ed Eva (l’eterno dualismo) a sentirsi, potenzialmente, simili all’assoluto,
gli inocula un dolcissimo ed irresistibile desiderio a manifestarsi, a
realizzare l’incommensurabile che gli arde in cuore. Egli, da allora, non
può farne a meno.

Questa è la sete che provano gli stessi Adepti, in tutto simile alla sete
del Logos Solare, che non cessa, per un attimo, l’atto della manifestazione.
E, se, prima, il neofita rifuggiva il karma e cercava di slacciarsi da esso,
ora lo ricerca, lo fissa, lo perfeziona e vi si lega.
A tal punto, lo studente potrà chiedere:

” Ma, Buddha stesso non venne a liberare l’uomo dalle reincarnazioni?”.

No. Buddha venne per liberare l’uomo dal giogo delle reincarnazioni
involontarie e di coercizione. Buddha venne a tramutare l’uomo, da semplice
effetto di quella legge, a legge stessa.

Nessuno, neppure Buddha, ha il potere di liberare l’uomo dalla necessità
cosmica a manifestarsi. Dove sarebbe, allora, la meravigliosa sublimità di
ogni Iniziato della Gerarchia Bianca, che suggella, continuamente, il suo
supremo patto d’anima con la terra, rinunciando a secoli di Nirvana, e si
inserisce nella missione finale di rimanere nell’umanità, sino alla
salvazione finale?

È evidente che il processo reincarnativo di un Adepto risulta ben differente
da quello di un comune mortale. Per un Adepto, inserirsi in un simile atto
di servizio al mondo è pura gioia, pura necessità, sublime manifestazione;
per un essere umano è il preludio ad una vita di dolore. Quando l’Adepto
raggiunse il rapporto integrale con i tre Signori di Raggio, Egli divenne
Uno con Loro!

Non è il caso di parlare di oblio, mentre Egli si immerge nella materia; né
di ricordo, mentre risale la corrente del fiume divino. Cosa deve
dimenticare, Lui, se è divenuto ciò di cui dovrebbe ricordarsi? Quindi,
risulta chiara, ora, la ragione per cui il Maestro Koot Humi disse, una
volta (Lettere dei Maestri): “..la reincarnazione è un fatto improrogabile,
nella natura. Lo stesso Buddha dovrà reincarnarsi, a suo tempo..”. Ma –
aggiungiamo noi – con effetti ben diversi da un uomo comune! Perché non sarà
soltanto Buddha a reincarnarsi; ma, il Logos, con Lui…

Ecco, quindi, perché il piano personale si riallaccia al Piano Cosmico. Ecco
perché la reincarnazione, come la subisce l’uomo, non ha i postulati adatti
per rappresentare la vera rivelazione del karma reincarnativo, quale non
solo è atteso, ma, desiderato dal Dio. Non basta dire che lo spirito, per
una ineluttabile legge ritmica, si immerge, come sostanza monadica, dopo
esperienze molto rarefatte, nei mondi elementali e preludenti il fisico, nel
regno minerale, nel vegetale, nell’animale; e, qui, raggiunge
l’individualizzazione, passando nell’umano.

Non basta dire che l’elementare precarietà delle sue conoscenze primordiali
lo spingono a creare una catena di effetti, che lo conducono a fare
esperienze delittuose, per comprendere la virtù; a fare esperienze virtuose,
per incorporare la santità. La legge emerge. Di fronte ad essa, dice Helena
Petrowna Blavatsky, bene e male non esistono; ma, solo l’irrefrenabile
potere dell’espressione.

Possiamo, però, delineare a sufficienza questa legge, dal punto di vista
animico. Difatti, le Iniziazioni servono a farcela meglio comprendere. Vi è
un karma singolo, che riunì l’uomo alla sua tribù; egli partecipò, allora,
al karma comune. Le tribù formarono le sottorazze; le sottorazze, le razze
madri. Le razze madri, i periodi di globo, ecc.. Quando l’uomo giunge ai
bordi del Sentiero, si distacca, lentamente, dal karma ambientale, di razza,
e torna alla sua primordiale originalità.

Questo momento è delicato. I Maestri lo prevedono. Ed è il momento in cui il
richiamo dell’Angelo Solare crea un’acuta nostalgia nel neofita. Le
abitudini della società non lo soddisfano più. La vita delle cose naturali
non lo attrae. Sopravvengono i simbolici quaranta giorni nel deserto. La
solitudine, se non materiale, comunque spirituale, circonda il discepolo. Ed
è una lezione che deve superare; lezione prevista dalle prove del Sentiero.
Frammenti karmici continuano a colpirlo, con forza veemente, finché, dopo la
tempesta, il suo Spirito affiora nel “Regno del Silenzio”.

La Voce del Silenzio parla. Il karma personale è esaurito. Ora, egli si
accingerà ad innestarsi nel karma planetario. Gran tripudio, codesto!
Meravigliose nuove lezioni egli impara. La lezione dei “siddhi”, o, dei
poteri, eredità diretta di Shamballa; l’esperienza dolcissima del bacio
occulto dei Fratelli di Gerarchia. L’amplesso con il Re del Mondo. L’inizio
del secondo Sentiero. Vi è un terzo Sentiero; ma, è prematuro parlare di
esso. Basta accennare che un terzo tipo di karma appare.

Ne consegue che è illusorio parlare in termini di esaurimento di karma;
anche se gli Istruttori esoterici hanno esortato il discepolo in questa
direzione. È chiaro che le parole di un Adepto vanno comprese; ed è chiaro,
anche, che l’Adepto si rivolge, spesso, a singoli gruppi di studenti che,
effettivamente, debbono esaurire un ciclo karmico, a che, nel sottinteso,
possano penetrare in una sfera di attività superiore.

Sfera di attività che, di solito, l’Adepto lascia intravvedere, senza
entrare in particolari, che appesantirebbero di altre inutili ricerche la
mente del discepolo.

tratto da lista Sadhana > it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana

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