La morte ed il suo meccanismo
– Parte seconda –
(di Guido Da Todi)
Cari amici,
accludiamo la seconda parte del saggio su .
Le informazioni contenute qui di seguito fanno parte dell’ampia letteratura
tradizionale dell’occidente metafisico (a partire da Helena Petrowna
Blavatsky ed Alice A. Bailey).
I (riflesso dei ) sono ampiamente
famigliari ad ogni studioso dell’ignoto.
Vengono chiamati – e’ vero – gli , ma ogni praticante
di Meditazione Trascendentale sa che non esiste morte, e sa che la pratica
dell’introspezione misteriosofica estende la sua coscienza quotidiana ad
essi, in un eterno presente infinito.
Ogni tipo di umanita’ ha considerato, con reverente rispetto, < l'orizzonte
che sta oltre >; ne’, mai alcun uomo evoluto ha dubitato – in fondo a se’
stesso – dell’immortalita’ del Divino Abitante di ogni organismo
individuale.
Prova ne sono testi, come l’egiziano , che determinano un
confine – sia pur irregolare – alle dimensioni del alla
vita materiale.
Quanto noi affermiamo, quindi, non venga preso come dogma di fede cieca.
Esso rappresenta semplicemente la sintesi degli insegnamenti – catalogati ed
ordinati – di quanto e’ distribuito in molti libri di studio,
sull’argomento.
Ed ecco, finalmente, la regalita’ di una pratica sperimentale sul cosmico,
quale rappresenta il Kriya Yoga.
Nella continuita’ del Metodo risiede lo sviluppo delle capacita’
individuali, che permettono al kriyaban di realizzare – da se medesimo – la
verita’ degli a quello materiale.
Un sincero abbraccio solare a tutti!
Guido
* La morte ed il suo meccanismo * (seconda parte)
Analizziamo, allora, il caso dell’uomo, di fronte al fenomeno della morte.
Non trattiamo di incidenti violenti, in cui l’io viene sbalzato oltre la
quinta dello scenario della vita relativa, in modo improvviso.
Si tratta di cause volute da un karma antico, e che hanno soddisfazione solo
in tal senso. L’anima, quasi avesse subito un elettro-shock, si trova in
condizioni nuove, dall'”altra parte” e, dopo una faticosa e, spesso,
dolorosa assuefazione, si riassesta nell’ordine e nell’equilibrio e segue il
destino comune ad ognuno.
Tre sono i tipi di personalita’ umane, che esistono sul pianeta, al giorno
d’oggi. Furono analizzate, brevemente, nel saggio precedente, sui chakras:
il lemuriano, che ha in funzione soltanto i chakras sotto il diaframma e,
parzialmente, quello del plesso solare;
l’atlantideo, il cui ritmo biopsichico nasce dalla radice occulta del suo
plesso solare, e di cui il centro del cuore e’ appena funzionante;
l’ariano, che ha il centro del cuore in movimento ed in fase evolutiva
ascendente, ma, che, gia’, volge le forze istintive a manifestarsi
attraverso i centri del capo.
Questa triplice divisione si rivela della massima importanza all’atto
decisivo della morte.
L’anima ha raggiunto il vertice dell’esperienza, avendo immerso nel lago
della vita il remo della personalita’ ed avendone frugato il fondo.
Ora, sta per riporlo in barca. Il movimento accade, nella maggior parte dei
casi, meccanicamente. Ed ogni morte, nella maggior parte dei casi, puo’
considerarsi un comando meccanico dell’anima, proprio come, senza cognizione
diretta, essa, durante l’evoluzione, mette in movimento gli organi del corpo
e controlla il subconscio ed il conscio della propria psiche.
Cio’ non significa che il fenomeno di cui parliamo non avvenga in maniera
mirabile e armoniosa, in tutti i suoi particolari. E’ un istinto superiore,
quello che guida l’anima, proprio come un istinto divino guida le api a
cercare il polline, la farfalla ad uscir dal bozzuolo, i castori a
costruirsi la casa.
Ripetiamo: il fenomeno della fusione tra il volere dell’anima e la
consapevolezza del cerebro fisico, di cui essa si avvale, avviene soltanto
da parte di iniziati. Costoro, abituati ad avere la “continuità di
coscienza” per molti anni, durante la vita, avevano sciolto i legami con il
corpo fisico, e, anche se il fatto era ignorato dagli stessi intimi, nella
notte lavoravano, sapendolo, assieme al proprio Guru, nei mondi invisibili;
e, naturalmente, abbandonavano, a volonta’ e quando la necessita’ lo
richiedeva, il corpo fisico, anche durante il giorno.
Dopo avere esaurito la missione terrena, essi decidono di non ritornare piu’
nel loro corpo; avvisano i cari, e l’ultimo volo lascia la spoglia inerte,
sul giaciglio.
E’ il caso di quelli yoghi che hanno dato l’ora esatta della loromorte ai
discepoli.
Solitamente, l’uomo medio, che muore di morte naturale, o, complicata da
malattie (che servono a rosicchiare, con piu’ celerita’, il legame karmico
che li lega alla terra), presagisce la fine.
E’ il momento in cui l’anima sta agendo, istintivamente, nella direzione
fatale. Essa, accentuando il diapason del suo ritmo musicale innato, mette
in vibrazione sottilissima i nadis (vedi il saggio sul corpo eterico ed i
chakras) che, a milioni, formano la fitta intrecciatura energetica del corpo
eterico.
La vibrazione, allora, si riflette nella controparte densa degli stessi
nadis: il sistema nervoso.
Quando questo contatto tra corpo eterico e aspetto denso e’ avvenuto, la
Scienza Esoterica sa che mancano poche ore, o, pochi giorni, in genere, alla
morte.
V’è il caso in cui il fenomeno si ritragga, alle Origini, e non avvenga. Lo
noteremo piu’ in la’.
Il sistema nervoso, percorso da una insolita corrente di energia, la
trasmette a quello endocrino che, come abbiamo visto, nelle sette principali
ghiandole (pineale, ipofisi, tiroide, timo, pancreas, surrenale, gonadi) e’
la solidificazione obiettiva dei sette chakras maggiori. E nasce un
fenomeno, appena intravisto dalla scienza medica ufficiale, da parte dei
suoi più intuitivi membri, ma, secolarmente, conosciuto da quella esoterica:
le ghiandole secernono un liquido biologico e tossico che, attraverso la
corrente sanguigna, penetra in tutto l’organismo. Tale liquido ormonico e’
venefico ed e’ il vero generatore del trauma chiamato “coma”.
Il corpo eterico intraprende lo sforzo di distaccarsi da quello fisico denso
ed una lotta, chiaramente significata dal coma, si determina tra le vite
sottili che coordinano i corpi invisibili dell’uomo e la vita della
rudimentale coscienza, chiamata dell’organismo.
Inoltre, quell’altra vasta coscienza misteriosa, l’Elementale della terra
(da non confondersi con il Logos Planetario) tende a riassorbire in se’ la
propria particella, esotericamente “prestata” all’uomo, e costituita dalla
sostanza materiale.
Il coma e’ la lotta, quindi, tra tutto cio’ che di fisico esiste nell’uomo
ed il comando inflessibile dell’anima.
A volte, come accennammo, tali forze convergenti rimandano al futuro
l’opposizione reciproca. E’ il caso del coma neutro, che tanto spavento
evoca attorno ad un letto di malato, creduto, li’ li’, per andarsene; ma,
che cessa, senza complicazioni.
La scienza ufficiale accetta e convalida l’esistenza di questi due tipi di
coma.
Nel caso del processo letale, il movimento prosegue.
I due primi chakras che vengono corrosi dall’acido della Grande Amica sono
quelli dietro gli occhi; gli ultimi due, sono quelli connessi con i polmoni.
Sino a quando questi non vengono, definitivamente, trattati dalla Natura,
l’anima puo’ essere tenuta ancora in contatto con il mondo delle apparenze.
Il massaggio clinico al cuore, la respirazione artificiale sono metodi
allineati, in modo inconscio, ai chakras dei polmoni.
Giunge, pero’, il momento definitivo. La vibrazione, scaturita da lontane
regioni animiche, raccolta dal mirabile strumento di ricezione che e’ il
corpo eterico, racchiusa nel sistema nervoso, estesa nel liquido ormonico
venefico e ripercossa in tutto l’organismo, nella lotta tra l’anima
elementale del corpo denso e le forze vive degli organismi sottili, distacca
l’eterico, ridotto ad una coerente sfera luminosa, da ogni sua controparte
solida.
L’anima rimane in esso. Ed entra in attivita’ <la triplice
evoluzione> de genere umano, che noi conosciamo.
Coloro che postulano ogni propria attivita’ sul piano puramente emotivo,
fluiranno nel mondo della quarta dimensione, esalando se stessi, nel globo
eterico, dal plesso solare; coloro che hanno in funzione il chakra del
cuore, useranno lo stesso, come “foro d’uscita”: i più evoluti del genere
umano adopereranno la sutura parietale del capo, per prendere possesso del
mondo oltre il velo.
Molti veggenti, davanti ad un letto di morte, hanno veduto (ed i casi sono
centinaia) il globo di luce eterica sollevarsi a pochi metri di altezza, su
colui che era appena morto e, indi, sparire. Impropriamente, lo hanno
scambiato per l’anima.
La morte avviene quando si spezza il filo sottile argenteo che lega il corpo
eterico al corpo denso. Questo filo, di natura quadrimensionale, e, quindi,
non sottoposto ad un computo metrico tridimensionale, e’ la garanzia, se
rimane saldo ed integro, del ritorno nel corpo di ogni yoghi, mentre egli,
durante la meditazione, va in estasi; e’ la garanzia del ritorno nel corpo
di tutti coloro che, durante la notte, vanno in quelle regioni che, alla
morte, abiteranno definitivamente.
V’è un legame magnetico tra il corpo fisico e la sostanza eterica. La
cremazione, una volta garantita in maniera indiscussa l’effettiva morte
fisica, e’ il sistema piu’ adatto per far si’ che l’anima, spesso
intorpidita, indolenzita, ancora dormiente si stacchi dall’attrazione innata
verso il suo veicolo; nella maggiore, circondato da persone piangenti,
affrante, che immergono il defunto in una atmosfera di tristezza e di
sconforto. Il fuoco distrugge ogni residuo materiale inutile, e non da’,
ovviamente, dolore agli organismi energetici che adopera l’anima, mentre
l’aiuta ad avvicinarsi ad una visione più accosta al Reale.
Il processo descritto sin qui – cioe’, quello che riguarda il puro e
semplice distacco dell’anima, ancora racchiusa nei suoi corpi sottili, dal
piano della forma – e’ chiamato, secondo i termini esoterici, di
. Non solo simbolicamente, ma, anche, materialmente, l’Ego
“restituisce” il corredo fisiologico che Gea, la terra, gli aveva
“prestato”, o “per diritto, dato”.
L’anima, ora, si trova in un mondo sconosciuto, eppure istintivamente
conosciuto.
A tal punto vogliamo sottolineare un concetto molto importante.
Illettore ispirato comprenderà che l’immensa Luce, con la quale si trova
ancora in contatto indiretto il disincorporato, e’ di natura, sia personale,
da una parte, che universale, dall’altra.
I termini: Luce, Reale, Angelo Solare, Supremo, Assoluto sono, spesso,
ripetuti, dagli spiritualisti, senza una vera cognizione di cosa
significhino. Si ha l’intuito che tali termini rappresentino la meta ultima
dell’evoluzione; rappresentino cio’ che di piu’ giusto esiste nella vita,
cio’ che spetta a tutti, giunti alla beatitudine universa.
Se, da un lato, l’astratto fa del bene a menti troppo concrete che
intraprendono il Sentiero dell’Evoluzione, a lungo andare, il medesimo
diventa una lama a doppio taglio.
Termini come : la Realta’ Una, l’Assoluto, la Luce, ostacolano, quando
l’anima e’ matura, la necessita’ che lo spirito ha di fondere, in un monismo
sostanziale, ogni binomio e di recuperare l’aureo splendore della
perfezione, nella definizione formale, oggettiva.
Ecco perché, raggiunte le migliori condizioni, dopo la morte, da parte
dell’anima, a che essa constati personalmente il vero Disegno Divino, la
medesima si trova di fronte a particolari aurei, a realta’ evidenti e
nominali e non piu’ a qualcosa di sfuggente e di astratto.
Se essa e’ povera di esperienze reincarnative, il colore smorto del primo
cerchio che dovra’ superare, nell’al di la’, o, il mondo astrale, la
deludera’ di molto. Essa dira’, come pare abhbia fatto Oscar Wilde: “Non v’è
esperienza piu’ noiosa della morte! Aiutate Oscar Wilde”.
E’ il momento in cui inizia un secondo processo: quello di .
L’anima, nel suo corpo eterico, e’, ora, nella Luce, priva di organismo
denso.
A seconda della sua evoluzione, sara’, subito, del tutto desta, o, in uno
stato letargico, simile a quello che precede il risveglio mattutino dell’io.
Il senso del tempo e dello spazio iniziano ad allentare i legami e si
unificano in un’unica natura: tempo e spazio si mostrano in qualità di
.
Secondo le tre linee evolutive principali, il disincarnato inizia a
sfoltire e smaltire la speciale sostanza umida (in senso occulto) del suo
corpo astrale. Prosegue, percio’, il processo di . Tutto
quello che di pesante esisteva, nei desideri umani, viene, dalla Natura,
virilmente e decisamente consumato. Ma, tutto nei limiti di un arco
armonioso di durata.
Il Alice A. Bailey, in uno dei suoi trattati, asserisce che, per l’ottanta
per cento, le descrizioni dei mondi ove il disincorporato va a stabilirsi,
dopo la sua morte fisica, sono state, in passato, e per lo piu’, errate. E,
questo, per varie ragioni: una, e’ dovuta al fatto che si e’ data
l’illusione della persistenza del tempo e dello spazio, in quei luoghi,
quali, usualmente, si considerano.
Un’altra e’ dovuta al fatto che si e’ troppo meticolosamente insistito a
descrivere regni e “cerchi” del mondo astrale, offrendo l’impressione che
quel regno fosse un reame eterno della Natura Ascosa.
Ora, i veri occultisti sanno che il mondo astrale inizio’ ad essere creato,
durante l’epoca atlantidea, dai miasmi genetico-emotivi di quella razza
N.d.a.: argomento di futuro sviluppo). Inoltre, il mondo astrale e’ una
tappa intermedia che il disincorporato incontra prima di stabilizzarsi nel
piano mentale. Esso e’ troppo fluido ed umido, esotericamente parlando,
perche’ lo si possa prendere in considerazione, traducendo la sua natura nel
fisso e secco vocabolario della descrizione umana e verbale.
E’ un mondo di dolore e di annebbiamento, in cui vagano quelle anime che
sono unite ancora alla terra, ma, non la possono raggiungere, e vengono
attratte dal cielo, che, pure, non possono ancora padroneggiare, perche’ non
completamente purificate. E’da questa cerchia negativa che provengono tutti
quei messaggi di sconforto e di dolore (se reali..), ospitati nelle sedute
medianiche. E’qui che Ulisse vide la madre e i suoi compagni d’avventure, i
quali gli confessarono che il piu’ povero dei mendicanti sulla terra era
invidiato da un Re, nel mondo dell’Ade.
Comunque, ben presto, il corpo astrale viene eliminato ed il disincorporato
possiede soltanto il corpo mentale. Dovra’ distruggere anch’esso, per
sentirsi radioso – ma, pur sempre, limitato – nel corpo causale (N.d.a.: i
corpi sottili dell’uomo saranno oggetto di prossimi saggi).
Difatti, quest’ultimo, viene, soltanto, distrutto, per legge, mentre si e’
in piena e completa incarnazione sulla terra, tramite un’iniziazione
spirituale.
Superato il girone del “purgatorio”, l’io inizia a gioire di una felicita’
che mai aveva gustato in terra. Non esiste tempo, ne’ spazio, che lo
imprigionino. Il passato gli si mostra, nella sua pienezza; recupera i
ricordi delle incarnazioni precedenti e scorge una lunga strada simbolica,
davanti a se’, che gli rivela, per ampie linee, il suo futuro e le vite che
lo aspettano. Egli incontra tutti gli affetti che credeva scomparsi per
sempre; si riunisce a coloro che lo avevano preceduto nel viaggio
misterioso; inizia a comprendere la natura dei meravigliosi mondi angelici,
in piena attivita’ creativa, nell’attuazione del Piano Gerarchico. Ed
acquista la facolta’ di realizzare che tale visione e’Potere.
E’ interessante constatare che il processo di accostamento e di
realizzazione che si sta attuando in lui e’ esattamente quello che il
discepolo, o, lo yoghi, conquistano, coscientemente, senza l’aiuto di
Sorella Morte, con le varie tecniche di meditazione.
Se l’anima e’ sviluppata, essa incontra, dopo la morte, il Maestro ed entra,
definitivamente, nell’Ashram, per, mai, abbandonarlo. Se l’anima non e’
sviluppata, pur riuscendo ad ottenere un pieno contatto con il proprio
Angelo Solare, dopo aver eliminato – come tutti gli ego – anche il suo corpo
mentale inferiore, rimarra’ in una estatica contemplazione di una Luce
indistinta, il cui mistero potra’ penetrare, molto più avanti, sul Sentiero
dell’evoluzione, dopo varie incarnazioni successive.
Comunque, l’evoluzione e’ sempre una conquista. Ed ogni sensazione provata
nel Devachan e’ di una tale intensità, che supera ogni lontana
immaginazione.
Dal testo “Les premiers Enseignements del Maîtres “- editions Adyar –
Paris – 1924 – (datatio dal 1881 al 1883) e pubblicato da C. Jinarajadasa,
ex presidente della Società Teosofica mondiale, traduciamo una lettera, che
descrive le condizioni post mortem dell’anima. Essa e’ diretta a Mr. Sinnet,
noto studioso di esoterismo e direttore dell’allora esistente quotidiano
“Pionier”, da -si crede – uno degli Adepti che Helena Petrowna
Blavatsky, autrice della e fondatrice, con Olcott, della
stessa Societa’ Teosofica.
“..Perché supporre che il Devachan sia uno stato monotono, per il solo fatto
che un certo momento di sensazione terrestre viene, indefinitamente,
perpetuato – prolungato, per cosi’ dire – attraverso i secoli? Non e’, non
puo’ essere cosi’: cio’ si dimostrerebbe contrario ad ogni analogia ed in
opposizione alla Legge degli Effetti, per la quale i risultati sono
proporzionati alle energie antecedenti.
Per ben cogliere il concetto, tenete presente che le cause hanno due campi
di manifestazione: l’oggettivo ed il soggettivo. Le energie piu’ grossolane,
quelle che agiscono negli strati di materia piu’ pesanti e piu’ densi, si
manifestano nella vita fisica; ed hanno per risultato le nuove personalita’
di ogni nascita, compresa nel gran ciclo dell’individualità che evolve.
(continua)
tratto dalla mailing list Sadhana
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