La musica de mondi 2
da La Musica della Natura e la Natura della Musica
di Caterina Galli
La Musica al vertice del mondo
Addentriamoci, con tali premesse tecniche, in uno studio più approfondito della storia, principalmente filosofica e culturale, della musica e dei suoi utilizzi che il più delle volte possono essere attribuiti a scopi religiosi, mistici e metafisici.
La filosofia è un linguaggio universale che nasce dallo stupore di fronte al mondo e, come tale, è un atteggiamento innato in ogni uomo. È ad essa che l’uomo attribuisce il compito di unificare tutto il sapere. Alla musica, a sua volta, è stato definito il ruolo di un’arte differente dalle altre: è un’arte-scienza, che racchiude in sé (forse) il mistero dell’universo.
Mitologia e misticismo della musica attraverso le civiltà antiche.
La musica è vista con occhi diversi da una all’altra cultura, ma c’è da rilevare che, in qualunque caso, essa è sempre stata considerata come uno dei più alti gradi di conoscenza e, come tale, tenuta in grande considerazione.
In generale la musica riesce a racchiudere un sapere (sia materiale che metafisico), che ci aiuta a comprendere la realtà in cui viviamo e a conoscere le leggi dell’universo, anzi, in alcuni casi di antiche civiltà, la musica è identificata come creatrice dell’universo stesso, Bene supremo, purezza e fonte ancora inesplorata di conoscenza.
1. La tradizione indiana.
Vi sono, infatti, culture filosofiche come quella indiana, per la quale l’universo è stato creato da una primigenia tesi, fatta di principi musicali, dalla quale poi il mondo si discosta gradualmente. La musica è identificata come simbolo di Bene e Verità, mentre il mondo (sua antitesi) come Male. Per tale motivo essa, come noi la conosciamo, non è considerata dagli indiani come rivelatrice di una conoscenza più ampia, bensì come una “conoscenza di una non conoscenza” del mondo che ci circonda e dei suoi misteri. L’unica via di salvezza è il tentativo, attribuito alla filosofia, di negare il mondo terreno e tendere nuovamente alla musica pura, creatrice del tutto.
La teoria musicale indiana si fonda su 7 suoni intonati (gli svara) e 3 scale musicali fondamentali (i grama). Attraverso i diesis e i bemolle si creano diversi “modi” (i raga). Ogni grama e ogni raga ha una connotazione relativa al proprio stato emotivo e alla propria intellettualità.
Il significato filosofico della musica, che nella tradizione dell’India classica è la decisiva chiave di lettura del mondo, si rende chiara nella tavola delle connessioni tra gli svara e la realtà. In ogni giorno si rispecchia un’era del mondo, un elemento della natura, un connotato sessuale, un corpo celeste.
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Secondo i testi della tradizione induista che trattano dell’origine del mondo, si legge che prima di esso, anzi, prima dell’esistenza stessa, era presente un ente ideale, una pura potenza luminosa e trasparente, quale il suono. Nella fase dell’universo prima del tempo, però, la musica non è ancora linguaggio comunicabile come la parola, bensì essa è perfetta e inudibile in quanto non scandita dal tempo, in quanto ancora inesistente.
Nel momento in cui compare per la prima volta la paura, ecco allora che il suono si offusca e nasce il linguaggio articolato nel discorso, il parlato umano. Dunque la parola non è altro che l’unione, la sintesi tra suono e tempo.
Diversamente, per una seconda narrazione, esiste solo un universo buio e pieno di suono, un suono chiaro, diffuso e aperto, che si può identificare con la vocale A.
Una certa materia, ancora fluida e indistinta, inizia a formarsi e ad essere visibile. La sua visibilità oscura il suono, il quale diviene più cupo (vocale U). Infine, durante la creazione, la materia si fa solida, la luce brucia il buio e il suono si spegne, riducendosi a solo brusio (consonante M). L’eternità viene oscurata dal tempo.
Le tre lettere AUM formano una sillaba sacra, che nella tradizione diventa OM, simbolo di sintesi dell’universo nato dalla musica.
2. La tradizione egiziana.
Nell’antica civiltà egizia era di particolare rilievo il mito della creazione del mondo. Un mito nel quale la musica è protagonista in qualità di creatrice, non del mondo in assoluto, ma come di uno dei possibili modelli.
Fra i simboli fondamentali dell’antico Egitto c’è l’udjat (anche chiamato occhio di Ra), una parola che significa occhio di suono.
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Il mito narra che Seth (dio del male), strappa un occhio a Horus (il dio falco), il quale, privato del suo organo essenziale, cade a pezzi. Thot (dio della sapienza), vuole ricostruire il corpo di Horus per ridargli la vita, quando si accorge della mancanza dell’occhio, senza il quale l’opera rimarrebbe incompiuta. Nel cercarlo viene colpito da una musica misteriosa, che lo riporta fino alla parte ultima del corpo di Horus. Thot si accorge che la musica proviene dall’occhio, o meglio, l’occhio era la fonte di tutta la musica esistente.
In altri termini, si comprende che, per gli antichi egizi, tutta la realtà era effettivamente vivente e che la musica ne era l’essenza intima: il substrato.
Quando essa si trova nel suo luogo “naturale”, ovvero intrinseca nelle cose, non può essere udita, proprio perché essa è là dove deve essere e ne rispecchia l’armonia assoluta. Per tale motivo la musica-suono, come si sente nel reale, rappresenta trauma, disordine o addirittura morte, proprio perché essa viene sottratta dall’organismo vivente per essere diffusa nel mondo.
In conseguenza di ciò, la musica veniva utilizzata nei riti funebri come un richiamo alla vita, come tentativo di ricordare ai presenti l’esistenza del piano spirituale.
L’essere vivente, in conclusione, è la parte visibile, la rappresentazione materiale del suono stesso.
E come avrebbe avuto origine il mondo, secondo l’antico Egitto?
Probabilmente dalla Parola, ovvero, dalla musica. Gli egizi si riferivano ad un grido, ad una risata articolata su 7 note musicali crescenti, appartenenti al dio Thot. Da questi scoppi di risa nascono 7 realtà divinizzate (quali la terra, il destino, il giorno, la notte ecc…).
Il numero 7 è un modello simbolico e mistico di perfezione e il suo utilizzo veniva praticato sia nelle arti musicali, sia in astronomia, che in alchimia e nei calendari.
Infine, chi avrebbe creato Thot, creatore del mondo?
Sempre secondo la mitologia egizia, egli si sarebbe autocreato, per cui la musica creerebbe se stessa. Infatti, essendo gli uomini e il mondo, immagine della musica, e fatti di musica stessa, ogni qual volta l’essere umano compone musica sulla terra, essi imitano la divinità riproponendo all’infinito l’atto della creazione.
3. Platone.
La teorizzazione della sublime ed eterna musica posta al vertice del mondo è racchiusa nel racconto del mito di Er, posto a conclusione del decimo libro della Repubblica.
Conversando con Glaucone, Socrate esordisce raccontando la storia di un giovane valoroso che per disgrazia morì in guerra. Dopo dieci giorni vennero raccolti i corpi dei caduti e il corpo di costui apparve intatto, al che venne raccolto e portato a casa per poterlo seppellire. Dopo dodici giorni egli ritornò in vita e riferì ciò che aveva visto “di là”, in particolare “una luce simile all’arcobaleno che tiene insieme tutta la circonferenza del cielo”.
Il guerriero risorto raccontò del suo particolare viaggio tra la vita e la morte, rappresentando nei dettagli la struttura dell’universo:
“ […] alle estremità del cielo è sospeso il fuso di Ananke, la divinità che rappresenta la Necessità, per il quale girano tutte le sfere.
Il fusaiolo è formato da otto vasi concentrici, messi uno dentro l’altro, e ruotanti in direzioni opposte. Su ogni cerchio stà una Sirena, che emette un’unica nota, e le diverse Sirene tutte insieme producono ruotando un’armonia. Gli otto fusaioli rappresentano gli otto cieli concentrici della cosmologia antica, nell’ordine pitagorico: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna. Il fuso gira sulle ginocchia di Ananke”.
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Il Fuso della Necessità. A: uncino: B: stelo; C: cocca; D: fuso; E: cercine del fuso
Infine Platone scrive che, essendo otto i circoli e otto le Sirene, da tutte sorge un’unica armonia come quella dell’ottava, che si considera composta di otto estremi e sette intervalli, cosicché la potenza delle Sirene è associata alle note, che rendono l’ottava l’accordo perfetto e gli intervalli fra una e l’altra sono disposti secondo l’ordine che esse osservano.
Essendo questa la rappresentazione di una realtà suprema si può dire, quindi, che essa sia il modello universale di ogni musica terrena.
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