Dopo due giorni di vita un bambino è in grado di riconoscere le note e accorgersi delle stonature.
Lo dimostra uno studio del San Raffaele di Milano
L’orecchio musicale si sviluppa con il tempo, ascoltando e riascoltando i grandi capolavori da
Mozart a Chopin, oppure è innato? Da una ricerca italiana dellUniversità Vita-Salute San Raffaele e
della divisione di neuroscienze dellIstituto scientifico San Raffaele di Milano, pubblicata sulla
rivista internazionale Proceedings of the national academy of sciences arriva la risposta. La musica
è già scritta nel cervello umano: a due giorni di vita un neonato è già in grado di riconoscere le
note e di accorgersi delle stonature.
Gli scienziati hanno studiato con la risonanza magnetica funzionale lattività del cervello in 18
neonati nelle prime 48 ore di vita, quando lesperienza uditiva alla musica è ancora minima o nulla.
Hanno presentato ai bimbi, attraverso delle piccole cuffie, brani di musica classica tratti da
autori come Mozart, Schuman, Schubert, Chopin. Il risultato? Nell’emisfero destro, specializzato in
funzioni che permettono, per esempio, di decodificare il tono, il timbro, la melodia, larmonia
della musica, si attivavano gli stessi sistemi neurali presenti e attivati negli adulti esposti da
tempo alla musica. Sottoponendo i bambini allascolto degli stessi estratti di musica resi però
dissonanti o alterati nella struttura, non si attivava più lemisfero destro, bensì entravano in
gioco strutture dellemisfero sinistro, quello deputato al ragionamento e alla comprensione del
linguaggio.
Questa scoperta evidenzia che già dalla nascita è presente unarchitettura neurale e una
specializzazione emisferica per l’elaborazione di processi musicali. Afferma Daniela Perani, docente
di psicologia fisiologica presso lUniversità Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice dello studio:
«È un piccolo tassello in più che aggiunge conoscenze sulle origini e lo sviluppo di questa capacità
universale degli esseri umani. Il cervello è evoluto in modo tale da possedere sin dalla nascita
quelle strutture necessarie allelaborazione di funzioni complesse come la musica. Senza questa
evoluzione non avremmo percepito, compreso e nemmeno prodotto quei capolavori in note che
rappresentano uno dei massimi livelli delle possibilità del cervello umano».
www.pnas.org/content/early/2010/02/17/0909074107.abstract
Francesca Gambarini – ok-salute.it
23 febbraio 2010
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