La musica emoziona, se suona un umano

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La musica emoziona, se suona un umano

di Marco V. Principato

giovedì 10 luglio 2008

Roma – Uno studio condotto dal Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences (MPIPF)
ha dimostrato che esistono differenze rilevanti nella percezione della musica eseguita
elettronicamente e la stessa musica suonata da un professionista umano.
Lo studio, condotto dal dottor Stefan Koelsch e colleghi, ha tratto le proprie conclusioni
dall’esecuzione e dall’analisi di una serie di performance tutte selezionate nel repertorio
classico. Durante l’esecuzione dei pezzi sono stati registrati i segnali provenienti dal cervello e
i valori di conduttività elettrica della pelle riscontrati su venti diversi soggetti, nessuno dei
quali era né musicista né suonatore di alcuno strumento.

Durante lo studio i cervelli dei volontari, monitorati con apposite interfacce, hanno evidenziato
con chiarezza la propria attività, reagendo ad esempio ad accordi inattesi o cambi di tonalità. Il
che – secondo gli studiosi – sta ad indicare che i cervelli stavano recependo la “grammatica
musicale”.

All’atto della somministrazione degli stessi pezzi, eseguiti però da musicisti piuttosto che da
computer, i segnali dei cervelli sono risultati più intensi e definiti: “È stato interessante per
noi rilevare che le reazioni emozionali agli accordi inattesi erano molto più forti quando venivano
eseguiti con espressione musicale. Ciò dimostra come i musicisti possano amplificare il responso
emozionale su determinati accordi, proprio grazie alle loro performance e spiega come il nostro
cervello reagisce alle performance di altri individui”, spiega il dottor Koelsch.

Dallo studio è emerso, dunque, che all’ascolto dei professionisti i cervelli sono stati più
ricettivi nella ricerca del “significato musicale”, di quel feeling che emerge da una sonata
eseguita da un pianista reale. “Tutto ciò è molto simile al meccanismo secondo il quale il cervello
risponde alla percezione di un linguaggio ed al relativo significato – spiega Koelsch – I risultati
evidenziano che le risposte del cervello all’esecuzione di un pianista che suoni con espressione
sono molto più significative ed emozionali, anche se chi ascolta non conosce la musica”.

Si tratta dunque di una panoramica che evidenzia come il cervello umano risponda con segnali precisi
e selettivi alle sollecitazioni acustiche melodiche, una dinamica percettiva a volte messa in dubbio
– specie in circostanze come quella scatenata del recente caso I-doser – portando a conclusioni di
impassibilità emozionale che potrebbero rivelarsi affrettate.

Marco Valerio Principato

Fonte: Coscienza.org

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