Secondo un gruppo di scienziati della Uppsala University le composizioni melodiche possono essere
inquadrate nella distribuzione di Lévy, una legge che descrive diversi fenomeni naturali, tra cui il
moto delle particelle in un fluido o in un gas
di SANDRO IANNACCONE
26 marzo 2016
FA BATTERE forte il cuore. Fa piangere, ridere, tremare, cantare a squarciagola. Eppure, per il
monocolo della scienza, la musica non è che la successione di onde meccaniche che si propagano
nellaria, raggiungono le nostre orecchie, vengono convertite in segnali elettrici e infine arrivano
al cervello. E che, come ha di recente appuntato unéquipe di ricercatori della Uppsala University
sulle pagine della rivista Europhysics Letters, si possono studiare con modelli fisico-matematici
comunemente usati per descrivere scenari completamente diversi, sia naturali sia artificiali. Come,
per esempio, il moto turbolento di particelle in un liquido o in un gas, i cambiamenti del prezzo
delle azioni, lattività sismica di una certa regione o, addirittura, le abitudini alimentari degli
animali al pascolo.
Gli autori del lavoro, lingegnere Gunnar A. Niklasson e la musicista Maria H. Niklasson, hanno
studiato, in particolare, la distribuzione degli intervalli melodici in due concerti classici (Il
Concerto per due violini in D minore, secondo movimento di Bach e il Concertino in D maggiore,
op. 15 di Kuchler) e in due canzoni folk, scoprendo che questi possono essere modellizzati, dal
punto di vista matematico, dalla cosiddetta distribuzione di Lévy. Per intervallo melodico si
intende la distanza tra due suoni prodotti consecutivamente; la distribuzione di Lévy, come
accennato in precedenza, è una funzione matematica inventata dallomonimo scienziato francese usata
per caratterizzare e descrivere unampia gamma di fenomeni, naturali e non.
Il nostro lavoro, ha ammesso Gunnar Niklasson, indica che cè una certa comunanza tra la musica e
alcuni fenomeni naturali. Linterpretazione di questa comunanza è però una questione più filosofica
che scientifica. I fenomeni descritti dalla distribuzione di Lévy, per esempio il moto di
particelle in un fluido, sono caratterizzati dalla successione di passi lunghi e corti: trasposta
nella musica, questa proprietà comporta che ci siano molti intervalli melodici piccoli (solo una o
due note di distanza tra suoni consecutivi) e pochi intervalli melodici ampi (fino a venti note di
distanza). E, ancora, che tali intervalli si distribuiscano come una sorta di campana stretta e
con code molto lunghe.
Secondo lanalisi dei ricercatori, altre differenze nella distribuzione degli intervalli melodici
potrebbero riflettere i diversi stili, generi musicali e compositori. E i risultati della ricerca
potrebbero essere utilizzati per migliorare gli algoritmi che compongono musica: La musica generata
al computer, spiega Niklasson, rappresenta, per ora, una porzione molto piccola dellintera
offerta musicale. Ma in futuro potremmo pensare di incorporare i nostri risultati negli algoritmi di
composizione e di analisi automatica della musica. Staremo a vedere. O, meglio, ad ascoltare.
iopscience.iop.org/article/10.1209/0295-5075/112/40003
www.repubblica.it/scienze/2015/09/04/news/dai_padri_ai_figli_la_paura_per_la_matematica_e_ere
ditaria-122218515/
www.repubblica.it/scienze/2014/07/14/news/l_algebra_diventa_musica-91563962/
da repubblica.it/scienze
Lascia un commento