La pace della mente 2

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LA PACE DELLA MENTE 2

(parte seconda)

del Dr. Mario Rizzi

21 LETTERE PER CONOSCERE LA MENTE
E COME CONTROLLARLA

La Pace della Mente – 2

E’ POSSIBILE COMPRENDERE LA MENTE?

Per qualunque uomo o donna che abbia il dono, o la sventura, di possedere
una mente avida di sapere, è della più grande importanza ottenere tutte le
informazioni che desidera, affinché, quando le esigenze dell’intelletto sono
soddisfatte, il cuore possa parlare.
Max Heindel

Analizzare il comportamento della mente umana è certamente uno dei compiti
più complessi che l’uomo possa affrontare.

Diversamente dall’indagine scientifica, fatta su un oggetto esterno, che può
essere sempre con­dotta con un certo rigore, l’analisi della mente, portata
avanti con l’ausilio della stessa mente, crea una serie di problematiche.
L’osservatore e l’osservato non occupano più due posizioni spa­zialmente
separate ma coesistono sia nel tempo che nello spazio, ciò, ovviamente, non
permette quella obiettività di osservazione che sarebbe altamente
auspicabile.

Per questi motivi, da millenni vi sono stati uomini che hanno pensato,
parlato e scritto sul modo in cui essi interpretavano i processi mentali. Di
certo il più antico trattato sull’argomento è la Bhagavad Gita, fu compilato
in India e tratta di fatti risalenti al periodo anteriore di mille anni alla
nascita di Gesù Cristo. In questo trattato si racconta di una battaglia, dei
protagonisti e delle varie problematiche che essi incontrano. Questa
battaglia è simbolica perché non viene condotta verso nemici esterni bensì
verso quelli “interni” (vizi, passioni, desideri, ecc.), che ostacolano ed a
volte impediscono una normale evoluzione della natura umana.

La Baghavad Gita inizia così: “La mente cieca disse, o chiese a sé stessa in
introspezione: I miei fi­gli, le cattive, seducenti tendenze mentali e dei
sensi, opposte alle pure tendenze mentali discri­minative, radunatesi nella
sacra pianura del campo di battaglia della Vita, desiderosi di darsi
bat­taglia psicologica o morale, che cosa fecero?”.

Appare chiaro come la materia trattata sia non soltanto di ordine
psicologico, ma anche morale e spirituale e come, per gli Indù, i processi
mentali rivestano da millenni un indubbio interesse. Si pensi che la mente
comune, ovvero non educata, viene da loro definita come “la scimmia pazza
che ci governa”.

La mente, a tutti gli effetti, è soltanto uno strumento che l’uomo dovrebbe
poter usare a sua di­screzione, con l’adozione dei pensieri voluti e la
rimozione di quelli non desiderati. Spesso, in­vece, i pensieri trovano la
loro origine nei meccanismi mentali relativi al recupero dei ricordi, alla
associazione delle idee ed ai riflessi condizionati. Questi meccanismi sono
talvolta così po­tenti da costringere l’uomo a deviare dai pensieri che
stava intrattenendo a favore di quelli portati in superficie dai processi
accennati. A causa di questi fenomeni l’uomo stesso diviene
strumenta­lizzato dalla sua mente e, consapevolmente o meno, si ritrova a
seguire delle linee di pensiero, e d’azione, che non sempre gli sono
congeniali.

Questo non è certo un problema specifico dei nostri tempi, le seguenti
parole di San Paolo ben illustrano la difficoltà di agire nella direzione in
cui si pensa sia giusto muoversi: “Io non riesco a capire neppure ciò che
faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora,
se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi
non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in
me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del
bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che
voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non
sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (Romani 7:15).

Il notevole uso di tranquillanti, che viene fatto nelle nazioni più
progredite, dimostra chiaramente come la padronanza dei processi mentali
presenta delle notevolissime carenze. Questo dimostra che la ricerca, e la
rimozione, delle cause che stanno alla base delle disfunzioni non è facile e
che la mente ha ancora tanti segreti e particolarità che rimangono da
scoprire.

CHI DICE “IO” DENTRO DI NOI?

La risposta dei Kahunas (1)

Nel libro “The Secret Science at Work”, si può trovare una serie di
informazioni assai utili per comprendere la costituzione dell’uomo, e dei
suoi processi mentali, nell’interpretazione data dai Kahunas, gli sciamani
di un popolo, ora estinto, che abitava le isole Hawaii.

Uno degli elementi fondamentali nella dottrina dei Kahunas è la convinzione
che nei mondi invi­sibili esistono degli esseri spirituali ad un livello
evolutivo superiore, uguale ed inferiore a quello dell’attuale umanità. In
accordo con l’insegnamento comune a tante altre Scuole di pensiero, l’uomo
non viene considerato un corpo più o meno pesante, bensì un essere
spirituale che vive in quel corpo.

Questo essere spirituale, ovvero colui che dice “io” dentro di noi, nella
dottrina dei Kahunas, non è solo. Gli fanno compagnia un essere meno evoluto
(detto sé-inferiore) ed uno, molto più evo­luto di lui, che potremmo
ravvisare nell’Angelo custode dei Cristiani o nel Sé-spirituale degli Indù.
Pertanto, secondo questa dottrina, in ogni corpo umano, convivono tre
“esseri”, a diverso livello evolutivo ed ognuno di essi svolge delle
funzioni ben definite, ovvero:

– Il Sé-superiore, è la scintilla divina in noi. Tra i tre è l’essere più
evoluto, autorevole, giusto e fi­dato.

– Il sé-intermedio, è la sede del ragionamento logico e razionale; è quello
con cui noi ci identifi­chiamo quando pensiamo “io”.

– Il sé-inferiore, è la sede delle emozioni e della memoria.

Il sé-inferiore è il fedele servitore degli altri due ed è intimamente
connesso con il sé-intermedio come se ne fosse il fratello minore. Questa è
la sede dove avvengono i processi di memorizzazione e nascono le emozioni
(amore, odio, paura, ecc.). Talvolta le emozioni possono essere così intense
da coinvolgere il sé-intermedio a tal punto da fargli perdere il controllo.

Il sé-inferiore ragiona in modo assai limitato, essendo il suo grado di
evoluzione inferiore a quello del sé-intermedio il quale, a sua volta, è
assai più limitato del Sé-spirituale. Il modo di ragionare del sé-inferiore
potrebbe essere paragonato a quello degli animali domestici; come essi può
infatti pro­vare tristezza, rabbia, paura e fame. Ha però il vantaggio di
avere come ospite un essere a lui supe­riore (il sé-intermedio) che dovrebbe
costituire una guida saggia e sicura.

Sempre secondo i Kahunas il sé-intermedio dovrebbe aiutare il sé-inferiore a
crescere, a diventare meno istintivo e più umano. Nello stesso modo il
Sé-Spirituale, se ne accettiamo la guida, può aiutare noi (sé-intermedio) a
progredire nella nostra evoluzione spirituale. Secondo loro, la cosa
peggiore che possa capitare al sé-intermedio è quella di scendere al livello
del sé-inferiore e di condividerne i selvaggi istinti animali. Non vi è un
peggior spettacolo di un sé-intermedio che, dimenticata la sua posizione di
guida e insegnante, scende al livello del sé-inferiore per condivi­derne
l’odio, gli istinti e le insondabili paure.

La risposta della psicanalisi

Lo spunto iniziale da cui è partita la psicanalisi è stato dato da un
collega di Freud (1859-1939), il dottor Breuer, il quale, tra il 1880 e il
1881, riuscì a liberare una malata di paralisi facendole ri­cordare, sotto
ipnosi e per molte sedute, il momento in cui il problema si era instaurato.
Freud, molto interessato a questo approccio terapeutico, inizio a
collaborare con Breuer e le loro espe­rienze furono pubblicate in un
trattato dal titolo “Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici”.

Fin dall’inizio del loro lavoro compresero che nella mente vi sono dei
processi subconsci e per­tanto sconosciuti ed il fatto che una emozione che
non può essere scaricata (fuga, lotta, ecc.) può creare dei blocchi che
appariranno in un secondo tempo come disturbi di cui non si comprendono le
ragioni.

Secondo Freud anche le tematiche presentate dai sogni nascono nel subconscio
ed è perciò possi­bile analizzarli per scoprirne le origini e da queste
risalire alla fonte del disturbo attuale.

Verso il 1920 Freud fece una revisione delle sue teorie, diede importanza
all’aggressività, all’odio, all’ambivalenza e, ciò che più conta, definì
come, secondo lui, era strutturata la persona­lità psichica di una persona.
Questa personalità appariva formata da tre enti autonomi e distinti:

– il Super-io (parte di cui non siamo consapevoli e rappresenta la fonte
delle esigenze morali),

– l’Io-cosciente (la parte che ragiona quando siamo svegli),

– l’Es (la parte istintiva, subconscia).

Tutte queste sco­perte e speculazioni teoriche portarono Freud a
considerare le nevrosi, o pro­blemi mentali, come espressioni di conflitti
sorti tra l’Io e qualche impulso istintivo (per Freud prevalentemente
sessuale) che all’Io appaiono incompati­bili. Proprio per questa ragione
I’Io ha impedito loro sia di salire alla coscienza e perciò di realizzarsi
fisicamente mediante un processo tecnicamente definito come “rimozione”.

La risposta di Emil Couè

Emil Couè (1857-1926), che potrebbe essere definito come “il padre delle
terapie suggestive”, considerava l’uomo come suddiviso in un Io-primo,
cosciente, di fron­te all’Io-secondo, il non cosciente o subconscio.

Egli scrisse: “Questo Io-secondo non dorme mai e si occu­pa di tutto ciò che
l’Io-primo gli propone. Egli è il guardiano della nostra memoria, ed appena
noi gli chiediamo qualche cosa che la memoria ha messo da parte, egli la
ritrova senza il minimo sforzo. Ma egli dimora in stanze così lontane che è
difficile mettersi in rapporto con lui e comuni­cargli ciò di cui abbiamo
bisogno. Pare che il mi­glior momento sia quello in cui il nostro Io-­primo
non è di servizio; il momento cioè in cui si sta per prendere sonno, ed il
momento che segue immediatamente il risveglio” (2).

Secondo il Couè l’Io-primo è colui che gestisce i vari ragionamenti
necessari per la vita quoti­diana mentre l’Io-secondo ha invece a sua
disposizione tutto il materiale che abbiamo accumulato nella nostra mente
(ricordi, traumi, desideri non risolti, frustrazioni, ecc.). E’ assai
importante ri­cordare che questo Io-secondo non è catalogabile come morale o
immorale; è soltanto la somma di tutte le nostre tendenze, dei nostri
istinti e dei nostri desideri profondi. Egli non conosce le convenzioni
morali o religiose, così come accade per un bambino piccolino i suoi
interessi sono centrati soltanto a soddisfare il più rapidamente possibile i
bisogni primari, siano essi fisici o sen­timentali.

E’ notevole come le definizioni utilizzate dal Couè ci richiamino quelle
date dai Kahunas, nell’Io-primo ritroviamo infatti le caratteristiche
proprie del sé-intermedio e nell’Io-secondo quelle del sé-inferiore.

E’ anche interessante una definizione data da Alice Baird nei riguardi del
subconscio; definizione che si adatta perfettamente sia all’Io-secondo del
Couè che al sé-inferiore dei Kahunas. Ella disse: “Nella casa, così poco
nota della nostra vita, non nel sottosuolo come molti credono, ma in stanze
lontane che noi visitiamo raramente, dimora un Essere misterioso, metà genio
(poiché può compiere cose meravigliose) e metà schiavo (perché realizza
senza opposizione), ciascun pensiero e ciascuna indicazione che gli facciamo
pervenire” (2).

La risposta di San Paolo

Per San Paolo, l’uomo è costituito da un corpo di carne, un’anima (mente,
intelligenza) ed un corpo spirituale. Ne cita l’esistenza quando scrive: “Il
Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è
vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del
Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto
questo! (1 Tess 5,23-24).

Egli precisa che: “Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e
poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo
uomo viene dal cielo (1 Cor 15,46-47).

Ed aggiunge anche che la resurrezione della carne non avverrà con il corpo
fisico ma con quello spirituale: “Questo vi dico, o fratelli: la carne e il
sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può
ereditare l’incorruttibilità (1 Cor 15,50).

La risposta dell’esoterismo

Per l’esoterismo il mondo in cui viviamo si compone di una sostanza
primordiale che, diventando sempre più densa, ha assunto la configurazione
di ciò che noi chiamiamo “materia”. Siamo pertanto in un universo in cui la
parte più sottile (Spirito) convive ed interpenetra la materia più
grossolana.

Nel passaggio da Spirito a materia, questa sostanza assume sette gradi o
stati in cui diventa sempre più densa. Partendo dal piano della materia più
densa ed andando verso quella più sottile troviamo il piano “astrale” e
quindi quello “mentale”. L’uomo, sperimenta con il corpo fisico il piano
mate­riale, con le emozioni e passioni quello astrale e con i pensieri
quello mentale. Pertanto il suo vero Sé o Ego, si localizza nei piani al di
sopra di questi tre.

L’uomo, nella sua realtà ultima, viene considerato come una “Monade” o
scintilla del fuoco divino che San Paolo chiama “spirito”. Questa particella
di divinità, per poter fare delle esperienze di auto­consapevolezza,
altrimenti impossibili, si veste di materia sempre più grossolana e perde
coscienza della sua reale e divina identità.
Ciò che dice “io” nell’uomo è la sua personalità, ovvero la sua coscienza
focalizzata nel corpo fi­sico, astrale e mentale. Il Vescovo Leadbeater
disse: “Se noi pensiamo l’Ego come il vero uomo, allora la personalità è la
mano che egli introduce nella materia allo scopo di poterci lavorare ed
all’Antakarana, come al suo braccio”. L’Antakarana è il “Ponte” o
“Arcobaleno” che collega l’uomo spirituale alla sua personalità.

La personalità (3)

Qui vorrei richiamare la vostra attenzione sull’ori­gine ed il significato
del termine “personalità”. Esso deriva dal vocabolo latino persona, che
significa maschera. Que­sto è esattamente ciò che la personalità è, una
maschera del vero Sé; semplicemente assumiamo tre rivestimenti o veicoli per
sperimentare o rispondere agli stimoli nei tre mondi della materia; fisico,
emotivo (o astrale) e mentale.

Se non avessimo questi rivestimenti o veicoli non potremmo rispondere a
questi mondi. E’ esatta­mente come se indos­saste una bella veste di seta
(il corpo mentale) e, su quella, un più pesante so­prabito (il corpo
emotivo) e, in aggiunta a quello, un largo e massiccio mantello (il corpo
fisico). Ognuno di questi vi limita. Ognuno di essi nasconde il vostro vero
Sé. Ognuno di essi vi rende più difficile espri­mervi quali veramente siete.
Rende anche più difficile agli altri conoscere il vostro vero sé.
Noi non siamo il nostro corpo (4)

Ora, la tragedia realmente grande avviene quando ve­niamo così limitati,
così racchiusi entro questi rivestimenti o veicoli o maschere, che prendiamo
ad identificarci con essi; quando diciamo: “Ho fame”, “sono stanco”,
pen­siamo di essere realmente affamati o stanchi, invece di comprendere che
è solo il corpo fisico ad essere affamato e stanco.

Ovviamente dobbiamo provvedere a che riceva cure appropriate, ma non che sia
viziato… Noi non siamo i nostri corpi come non siamo le nostre macchine.
Gli uni e le altre sono veicoli che usiamo.

Facciamo lo stesso errore identificandoci con le no­stre emozioni. Diciamo:
“Sono arrabbiato” o “Sono triste”. Voi non divenite mai arrabbiati o tristi,
può divenirlo il vostro corpo emotivo, ma non voi. Ciò può essere ap­plicato
anche al mondo del pensiero o mentale.

Il corpo e l’uomo… (5)

La scelta tra il bene ed il male non do­vrebbe essere difficile, perchè
quelli che vo­gliono seguire il Maestro hanno deciso di fare il bene ad ogni
costo. Ma il corpo e l’uomo sono due cose differenti, e ciò che l’uomo vuole
non è sempre quello che il corpo desi­dera.

Quando il tuo corpo desidera qualche cosa, sosta e rifletti se tu veramente
desideri quella cosa. Per­chè tu sei Dio (il tuo Sé-spirituale, N.d.R.), e
vuoi soltanto quello che Iddio vuole; ricerca, pertanto, nelle profondità
del tuo essere per trovare Dio in te stesso, e per udire la Sua voce che è
la tua voce. Non confondere i tuoi corpi con te stesso, né il corpo fisico,
né l’astrale, né il mentale. Ciascuno di questi pre­tenderà di essere il Sé,
allo scopo di ottenere quanto desidera. Ma tu devi conoscerli tutti e
conoscere te stesso quale loro padrone.

Quando vi è un lavoro da compiere il cor­po fisico vuol riposare, andare a
passeggio, mangiare o bere; e l’uomo che non sa dice tra sé: “lo voglio fare
queste cose e debbo far­le”. Ma il savio dice: “Questo che desidera non sono
io, e bisogna che aspetti un poco”. Sovente, quando si presenta l’occasione
di aiutare qualcuno, il corpo suggerisce subito: “Quanta fatica sarà per me,
lasciamo che al­tri lo faccia” Ma l’uomo risponde al suo cor­po: “Tu non mi
ostacolerai nel compiere un’o­pera buona”.

Il corpo è un animale al tuo servizio: il destriero sul quale cavalchi.
Perciò trattalo bene e abbine cura; non strapazzarlo e nutri­lo
convenientemente, soltanto con cibi e be­vande pure, e mantienilo sempre
scrupolosa­mente pulito, libero dalla più piccola macchia di sudiciume.
Perchè senza la per­fetta nettez­za e la perfetta salute del corpo non
potrai compiere l’arduo lavoro di preparazione, non potrai sopportare lo
sforzo incessante che esso richiede. Ma devi essere sempre tu che padroneggi
quel corpo e non il contrario.

Conclusione

Arrivati a questo punto, della nostra breve panoramica, possiamo constatare
come punti di vista as­sai diversi concordanti sulla complessità della
struttura psichica dell’uomo; struttura in cui si ravvi­sano almeno tre
parti principali:

1) una componente spirituale che, per la maggioranza dell’umanità, è
contattata solo raramente; l’esoterismo la colloca nei tre mondi più sottili
al di sotto di quello più sottile di tutti che è il Regno di Dio. E’ la
luminosa fonte di tutto ciò che di buono e bello l’uomo può fare e pensare,

2) una mente razionale, che utilizziamo tutti i giorni; è la parte che
utilizza in prevalenza l’emisfero sinistro del cervello; l’esoterismo ne
colloca le funzioni nel corpo mentale,

3) una mente subconscia, sede degli istinti e della memoria, di cui molte
informazioni sono assai difficili da reperire (rimozioni, complessi, ecc.).
E’ la parte che utilizza in prevalenza l’emisfero de­stro del cervello;
l’esoterismo ne colloca le funzioni nel corpo astrale o emotivo. Da essa
scaturi­scono le nostre paure ed i nostri comportamenti “cattivi”, siano
essi, egoistici, crudeli, ecc.

Con questa panoramica concludiamo lo studio della mente nei suoi aspetti più
esoterici che psicolo­gici. Da questo momento, lasceremo questi aspetti
alla rubrica “La Luce dell’Anima” ed inizieremo lo studio dei processi
mentali da un punto di vista più psicologico.

LA PAROLA PARLATA

La più grande creatrice di malcomprensioni è la lingua dell’uomo. Non conta
ciò che diciamo ma come e quando, misura perciò le tue parole con il metro
della cortesia, del sentimento e della gratitudine.

Il tatto e la delicatezza non toglieranno mai l’Ego dal suo piedistallo.
L’interesse, in una conversazione, si basa sul far sentire importante il
nostro interlocutore e rimpiazzando il dire con il chiedere.

Meno cose diciamo e meno dovremo pentirci. La natura sapeva ciò che faceva
quando ci diede due orecchie ed una sola lingua. Una lingua incontrollata,
anche una sola parola sbagliata, può distruggere la felicità di una intera
vita.

Per prevenire l’atteggiamento critico, sarcastico o ironico:

– invita le critiche, dai i meritati riconoscimenti,

– riconosci subito i tuoi errori e non esitare mai a dire: “Mi dispiace”.

Trova un accordo il più presto possibile, ogni momento di ritardo non farà
che aggiungere legna al fuoco della discordia. Per concludere ecco una serie
di regole per fattiva conversazione:

– guarda in faccia il tuo interlocutore,
– sii un buon ascoltatore,
– non interrompere,
– sii comprensivo,
– modula il tono di voce,
– evita sgradevoli riferimenti al passato,
– dai consigli solo quando ti sono richiesti,
– applaudi ciò che gradisci ed ignora ciò che non ti piace,
– custodisci le tue parole e le tue parole custodiranno te.
S. L. Katzoff

Riferimenti bibliografici

1) Max Freedom Long, The secret science at work,
De Vorss & Co. Publisher, Santa Monica, CA, UA.
2) Emil Couè, Il dominio di sé stessi,
Edizioni Blu International Studio, Borgofranco d’Ivrea (1990).
3) Eunice e Felix Layton, Teosofia, pag. 32,
Casa Editrice Astrolabio, Roma (1967)
4) Ibid. pag. 33.
5) Alcione, Ai piedi del Maestro, pag. 12
Edizioni Adyar, Settimo Vittone (TO), (1996).

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