La pace interiore è la via della compassione

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La pace interiore è la via della compassione

del Dalai Lama

Tenzin Ghiatso, XIV Dalai Lama nato nel 1935 in un piccolo villaggio
dell’Amdo a due anni fu riconosciuto come XIV Dalai Lama,
Capo Temporale del Tibet. A sedici anni assunse il pieno potere, cercando per
nove anni un compromesso con il governo cinese. Nel marzo del 1959,
in seguito all’invasione del Tibet, fu costretto a fuggire da Lhasa,
seguito da pi di 100.000 profughi. Dopo un drammatico viaggio arrivò
in India dove ottenne asilo politico. Dal 1960, Tenzin Gyatso vive a Dharamsala,
nell’India settentrionale, dove svolge un’instancabile attivit in difesa
del suo popolo e della preservazione della sua cultura. S.S. il Dalai Lama
ha praticato la politica della non-violenza, un’attitudine che lo ha portato
ad essere insignito del Premio Nobel per la Pace, nel dicembre 1989,
primo cittadino asiatico a ricevere tale riconoscimento.
Da decenni instancabilmente viaggia per il mondo per trasmettere
il Dharma e per sostenere la causa del popolo tibetano. Nonostante la fama
che lo circonda e i suoi grandi meriti ama definirsi e firmarsi molto
semplicemente: Tenzin Gyatso, monaco buddhista.

Un estratto degli appunti della conferenza pubblica tenutasi a Nantes il 15 agosto 2008

Dalai Lama: Alcune persone sono venute qui per curiosità o solo per dare un occhiata mentre altre sono venute qui con delle aspettative. Il che non è realistico perché io non ho nulla di speciale da offrire, io semplicemente offro la mia esperienza. Qualcuno pensa che il Dalai Lama detenga poteri miracolosi. Si sbaglia, io non ho nessun potere miracoloso né dal punto di vista fisico, né mentale, né emozionale. Per gli stessi motivi siamo tutti esseri senzienti. E quando io penso a me stesso mi considero null’altro che un essere umano, non un buddhista o un tibetano. Semplicemente un essere umano.

Ognuno di noi dovrebbe considerare se stesso semplicemente come un essere umano. Sento dire certe volte io sono un buddhista, sono un tibetano, in questo modo creiamo barriere artificiali fra di noi. Sia che siate buddhisti o tibetani, cristiani o musulmani, credenti o non credenti, di qualsiasi religione, intendo rivolgermi invece a tutti, ed intendo dire che occorre porre le condizioni per una vera pace. Sono venuto qui anche per rispondere alle vostre domande, perché sia le domande che le risposte possono rivelarsi molto utili come fonte di nuove idee. Di base tutti gli esseri senzienti hanno le medesime caratteristiche, oggi parliamo di come realizzare la pace esteriore a partire da quella interiore senza innalzare delle barriere tra di noi.

Ciascuno di noi desidera le stesse cose che desiderano tutti, questo è l’argomento del giorno. Tutti noi abbiamo il sentimento dell’io. Anche se non lo abbiamo sempre presente, o non lo possiamo sempre comprendere, o non possiamo sempre rendercene conto, da qui, dal sentimento dell’io, si sprigiona il desiderio che genera la sofferenza. Tutti hanno il diritto di desiderare una vita felice e priva di sofferenza. Ma nello stesso tempo tutti vanno incontro ad enormi difficoltà.

Di massima possiamo distinguere due categorie di sofferenza: la prima di tipo fisico, come la malattia, la vecchiaia, ad esempio qualcuno ha difficoltà di udire, di muoversi… tutto ciò genera sofferenza. La seconda categoria, la più importante, è la sofferenza mentale. Ad esempio possiamo non avere nessun problema di tipo fisico, possiamo possedere tutte le ricchezze, o per lo meno non avere problemi di ordine finanziario ma mentalmente essere afflitti da troppi dubbi, da troppe incertezze, da troppe preoccupazioni, il che genera stress ed è fonte di solitudine e di depressione.

Da qui sorge la paura, l’invidia, da qui si genera la rabbia. Perciò a livello mentale possiamo riconoscere che esiste un infelicità molto più profonda, molto più radicata.

La disponibilità materiale, anche attraverso i farmaci, può vincere la sofferenza di ordine fisico ma il potere della ricchezza, connesso allo stress, non potrà mai di per sé portare alla pace interiore. Talvolta più ricchezza è sinonimo di più preoccupazioni, è generatore di ipocrisia. Da cui scaturisce ancor più stress e depressione. Pertanto la soddisfazione mentale non dipende tanto dalla disponibilità di beni materiali ma dalla nostra pace interiore.

Talvolta possiamo osservare delle persone che possiedono davvero poche cose ma sono felici. Il comfort, la vita agiata, è in grado di soddisfare i nostri desideri contingenti. Ma lo sviluppo dell’attitudine interiore deve guidare il comportamento esteriore. Non dimentichiamo che siamo in grado di ottenere grossi successi verso la sofferenza fisica: siamo in grado di tollerare anzi di vincere il dolore fisico, ma non quello mentale. Viceversa le persone a livello mentale restano più colpite, la sofferenza mentale è in grado di abbattere le capacità intellettuali, precipitando la persona in una spirale di preoccupazioni, stress e depressione. Ma dobbiamo renderci conto che tutto ciò è fondamentalmente creato dalla mente umana.

Principalmente esistono due tipi di emozioni: negative e positive. Le seconde, se sorrette dalla calma, dalla tranquillità fanno scaturire la pace interiore. Queste sono le emozioni della compassione e del perdono. Perché le stesse persone che vi hanno creato problemi potranno trovare pace dalla compassione e dal perdono. Viceversa le emozioni negative sono molto nocive per la pace mentale. Sono le emozioni distruggenti. Sono la rabbia e l’odio. Queste creano conseguenze dal punto di vista fisico e azioni dannose, per questo motivo le chiamiamo azioni distruttive.

Ora parliamo della pace interiore: cos’è la pace interiore? L’intelligenza è un arma a doppio taglio che può creare stress e depressione. La maggior parte dei problemi di cui soffriamo sono fabbricati dalla nostra intelligenza. Non dimentichiamo le due categorie di emozioni: quelle distruttive (la collera e l’ira) e quelle positive (la compassione ed il perdono). Il dolore interiore deriva dalla nostra incapacità di gestire le nostre emozioni negative. Ma la pace interiore non equivale all’assenza di violenza. E’ la pace che non deriva dalla paura, altrimenti non sarebbe pace vera. E’ l’abitudine a trovare soluzioni positive alle contraddizioni. E’ un senso di comprensione dei problemi altrui e di rispetto dei diritti dell’altra persona. Ricordiamoci quanto siamo felici quando qualcuno ci viene a dare una mano. Così se noi cerchiamo di risolvere i problemi esteriori con la pace, con la calma interiore, quella che deriva dalla conoscenza profonda, allora siamo in grado di risolvere qualsiasi conflitto.

Ora dobbiamo considerare che tutto è interdipendente, i problemi globali dell’ambiente, o dell’economia. Quindi realizziamo il massimo rispetto per gli altri come parte di noi stessi, la compassione deriva dal riconoscimento degli stessi diritti e delle stesse esigenze per tutti gli esseri senzienti. Iniziando dalla famiglia, dalla comunità che ci è più vicina, dalla nostra città, dal nostro Paese e via sempre per dimensioni più ampie. Un mio amico mi ha riferito che è arrivato al punto di considerare la famiglia come zona di pace. Così sì rivolgeva all’altro: se vuoi litigare dobbiamo uscire fuori, uscire dalla zona di pace. In questo modo i litigi cessavano. La pace interiore è la via della compassione. Significa trovare il modo pacifico di risolvere il conflitto. La vita degli altri è preziosa come la nostra.

Sviluppare comprensione ed altruismo significa trovare la soluzione ragionevole dei problemi. Se osserviamo la realtà in modo globale ci rendiamo conto che siamo tutti interdipendenti. Le cose stanno proprio cambiando.

Un amico tedesco disse che quando era giovane gli avevano messo in testa che ogni francese era un nemico. Ora Germania e Francia sono praticamente unificate. Le cose cambiano, siamo di fronte ad una nuova realtà. La realtà collettiva è molto più importante di quella individuale ed è molto più importante pensare a sei miliardi di persone come un enorme famiglia. Ora parliamo di compassione, la compassione è un fatto biologico. E’ necessaria per sopravvivere. Se tutte le madri non si prendessero cura dei loro figli questi non sopravvivrebbero. In alcuni casi non c’è bisogno di alcun affetto, come per esempio per le tartarughe. Comunque gli esseri umani prima ancora della loro nascita sono completamente dipendenti dagli altri, dall’amore e dalla cura della propria madre fino dalle prime ore di vita.

Gli esperimenti scientifici sulle scimmie, separate dalle madri, hanno mostrato che quelle cresciute senza l’affetto della madre diventavano isteriche ed avevano paure di tutto. Viceversa quelle cresciute dalle loro madri erano sempre giocose e creative. La cura degli altri è un fatto biologico. Quello della cura della madre e degli altri è un bisogno degli altri. Il primo aspetto della compassione è la cura, la compassione è un emozione fisica oltre che un fatto biologico, che aiuta la mente a rimanere più forte, con meno paure. Pensiamo al rapporto fra infermieri – medici e pazienti che devono prendersi cura di quest’ultimi. I primi mostrano vera dedizione e preoccupazione, mentre i medici talvolta possono rivelarsi dei grandi esperti delle proprie discipline scientifiche, ma finiscono spesso per preoccuparsi troppo dell’aspetto scientifico a discapito di quello affettivo. Fino adesso abbiamo analizzato vari problemi, ma se ci rendiamo conto che alcuni problemi sono fuori dal nostro controllo e non possiamo farci niente perché allora dovremmo preoccuparcene? I problemi sorgono quando al posto della compassione le persone hanno la sensazione di essere sfruttate dagli altri. Qui nascono i problemi.

Un famoso scienziato mi disse: quando un soggetto sviluppa della rabbia, inevitabilmente tutto quello che vede gli appare in modo negativo, ed il 90% delle sensazioni negative che avverte dipendono unicamente da proiezioni mentali. E succede così per tutto ciò che gradiamo oltre modo. Allora dov’è la realtà? Se ci rendiamo conto di essere avvolti dall’ignoranza ci rendiamo conto anche che il nostro approccio è illusorio, perchè non conosce la realtà, perché tramite la rabbia non possiamo vedere la realtà vera. Per investigare oggettivamente la nostra mente dobbiamo essere calmi.

[…]

Abbiamo visto che la compassione e l’altruismo sono il carburante del nostro benessere interiore e la scienza ci conferma che questo comportamento ci rinforza pure il sistema immunitario. Crescendo, il fattore biologico della compassione, che ci ha circondato nei primi anni di vita diminuisce. A quel punto dobbiamo far uso della compassione utilizzando la ragione, dobbiamo allenarci tramite una educazione alla saggezza. Occorre più formazione, più istruzione come fattori chiave dello sviluppo mentale uniti alla compassione. Per sviluppare la pace mondiale occorre il disarmo esterno, per lo meno non entrare in conflitto. Ma per realizzare la pace esteriore dobbiamo realizzare il disarmo interiore. Come hanno fatto la Francia e la Germania che hanno unificato le forze. E l’unione Europea dovrebbe spostarsi più ad est comprendendo i territori della ex unione sovietica facendo diventare Mosca una delle capitali così non scoppierebbero i conflitti, come quello della Georgia. Ma anche l’Africa e la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo otterrebbero grandi benefici grazie alla realizzazione di processi di unificazione. Siamo tutti sullo stesso pianeta, questo lo dobbiamo sempre tenere presente. E dobbiamo pensarci come una famiglia intera, perciò dobbiamo cercare la pace nella pace.

Domanda: Gli animali hanno un anima?
Dalai Lama: Non lo so.
Ci sono diversi concetti di anima, il buddhismo non accetta l’esistenza dell’anima come entità separata dal corpo. Tuttavia essi possiedono ugualmente il senso dell’io, che potete chiamare o meno anima.

Domanda: perché ha scelto la via monastica come cammino verso la felicità?
Dalai Lama: anche i laici possono raggiungere la felicità. Nel buddhismo i monaci detengono comunque dei vantaggi, se potete seguirla la via monastica è comunque la migliore per il raggiungimento della felicità. Per il laico questo è un cammino più complesso perchè deve spendere più energie, nel lavoro, nella famiglia etc. tutto ciò può sviluppare più attaccamento oltre a sottrarre tempo. Mentre teoricamente la via monastica rappresenta un grande cammino verso l’illuminazione. Negli ultimi duemilaseicento anni di storia sono emersi grandi maestri dal Tibet, dalla Corea, dal Giappone, dalla Cina, dallo Sri Lanka, dall’India e la maggior parte di essi erano monaci.

Domanda: è sicuro che è la non violenza l’arma più idonea per difendere il buddhismo tibetano dall’intolleranza cinese?
Dalai Lama: Certo. Lo penso al 100%. La violenza non è il modo di risolvere i conflitti, solo il dialogo porta frutti. La forza non risolve i problemi porta solo sofferenza, e la forza militare in special modo non risolve certo i problemi. Il secolo scorso è stato un secolo di guerra e di violenza con milioni di persone morte per la guerra. Invece molti cambiamenti, pensiamo all’unione europea, sono venuti non per la violenza ma per la comprensione, per il dialogo, per la caduta delle barriere. Questo deve essere il secolo del dialogo per trovare delle soluzioni ragionevoli.

Domanda: si arrabbia anche lei qualche volta?
Dalai Lama: Sì certo! Per questo dobbiamo stare attenti

Osservazioni finali: ricordiamoci dei due punti che abbiamo precedentemente menzionato: le emozioni costruttive (compassione e perdono) e distruttive (odio e rabbia). Chi trova d’interesse questi due punti ci pensi e li realizzi nella propria vita quotidiana.

NOTA: Questi sono solo appunti, presi a mano e scaricati sul computer subito dopo gli insegnamenti, in cui non riusciamo certo a darvi una trascrizione esatta di ciò che ha detto Sua Santià nella conferenza pubblica, in cui ha parlato in inglese. Pertanto vi preghiamo di scusarci se vi sono errori o incomprensioni. Quello che qui trovate non sono certo le parole esatte della traduzione di Andrea Capellari, in quanto sarebbe stato impossibile riuscire a seguirlo in tutto il suo discorso.

Luciano Villa e Alessandro Tenzin Villa (www.sangye.it)

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