LA PARTICELLA DI DIO?

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LA PARTICELLA DI DIO?

A cura di Andrea Boni

da scienzaespiritualita.blogspot.com/

“PISA. C’è molto di Pisa nel viaggio alla scoperta dell'”universo bambino” che si sta compiendo al
Cern di Ginevra. Un viaggio che potrebbe portare un premio Nobel sotto la torre pendente. Da qualche
giorno, infatti, all’interno del Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle più potente
della storia, si stanno scontrando fasci protonici a 7.000 miliardi di elettronvolt, un livello
energetico mai raggiunto prima. I microscopici fuochi di artificio che scaturiscono dalle
collisioni, hanno l’obiettivo di riportare piccoli frammenti di materia alle condizioni
immediatamente successive al Big Bang, precisamente una frazione di miliardesimo di secondo dopo
l’esplosione che generò l’universo. A capitanare uno dei quattro esperimenti collegati all’attività
di LHC è il professor Guido Tonelli, 59 anni, ordinario di Fisica generale all’Università di Pisa e
collaboratore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). Da circa un anno Tonelli è
responsabile di Compact Muon Solenoid (Cms), un progetto al cui interno lavorano 3.600 persone, tra
scienziati, tecnici e ingegneri.

Le leggi della fisica che studiamo oggi, infatti, sono relative a un universo freddo e vecchio di
13,7 miliardi di anni, che non ha più niente in comune con il cosmo appena nato: “Dopo il Big Bang
le temperature erano molto elevate e di conseguenza c’erano più particelle di quelle attualmente
conosciute – prosegue il fisico – Le più pesanti, infatti, necessitano di grandi quantità di energia
e per questo oggi sono scomparse”. LHC promette di riportare indietro le lancette dell’orologio e di
trovare queste particelle scomparse, utili per svelare molti dei misteri del cosmo: “Prima di tutto
cerchiamo il bosone di Higgs, un elemento che permetterebbe di capire come mai le particelle
elementari hanno masse così diverse tra loro – spiega Tonelli – Poi c’è la materia oscura, una forma
del tutto nuova di sostanza: non la vediamo (perché non emette luce), ma attraverso le osservazioni
siamo in grado di dire che rappresenta circa un quarto dell’universo e che tiene insieme enormi
ammassi di galassie”. Infine, LHC potrebbe confermare (o smentire) le recenti teorie
extradimensionali: “Noi viviamo in un mondo a quattro dimensioni (le tre dello spazio più il tempo
ndr) ma in origine forse, ce n’era qualcuna in più e con LHC lo scopriremo – spiega Tonelli – Gli
elevati livelli di energia all’interno dell’acceleratore potrebbero consentire l’apertura di varchi
su dimensioni sconosciute. Ovviamente, parliamo di spazi e tempi estremamente ridotti, per cui
sarebbe possibile prelevare soltanto piccole particelle di materia, niente di più. Ma se l’ipotesi
fosse confermata, vi sarebbero sviluppi interessanti”. Per questi e altri motivi, il nome dello
scienziato pisano-lunigianese sembra essere finito nella lista dei candidati al Nobel per la fisica.
(Il Tirreno, 7 Aprile 2007)”.

Questi esperimenti sono sicuramente interessanti, tuttavia sarebbe importante comprendere questi
fenomeni anche attraverso la Scienza fornita all’interno dei Veda e della Filosofia del Samkhya e
della Bhagavad Gita in particolare, dove viene descritto come la materia sia una manifestazione
dell’energia Divina che si manifesta a partire dall’elemento etere (akasha).

L’elemento akasha descritto dall’antica filosofia Samkhya, probabilmente la più antica del genere
umano, è tradotto variabilmente nelle lingue europee moderne con i termini di ‘spazio’ e di ‘vuoto’.
Per le caratteristiche peculiari del vuoto quanto-meccanico potremmo utilizzare questa stessa
definizione anche per il termine akasha della filosofia Samkhya, che indica un contenitore (composto
di prakriti, materia, seppur sottile, essendo uno dei pancabhuta), per l’appunto “vuoto” avente la
potenzialità-disponibilità massima di manifestare tutto ciò che diventa fenomeno (dall’etere
infatti, secondo il Samkhya, derivano tutti gli altri bhuta, ovvero l’aria, il fuoco, l’acqua e la
terra). L’elemento akasha, insieme a tutti gli altri elementi, sono di fatto energie del
parampurusha, l’Essere che si situa ontologicamente al di là di materia, spazio e tempo. Si veda a
tal riguardo Bhagavad Gita VII.4:

“Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente,
intelligenza e falso ego – questi otto elementi distinti da Me,
costituiscono la Mia energia materiale”.

Quando si manifestano i fenomeni secondo il Samkhya? Quando nel vuoto o nello spazio si situa
l’osservatore, il purusha. Qui varrebbe la pena di citare la famosa teoria, poi dimostrata ed
accettata dalla scienza, del Principio di Indeterminazione di Heisenberg del 1928, secondo il quale
un fenomeno non si può precisamente determinare in quanto l’osservatore – osservandolo – lo
modifica; da qui appunto l’enunciazione del ‘Principio di Indeterminazione’. Similmente, nella
filosofia e psicologia Samkhya si evidenza che quando il purusha – con la sua coscienza e capacità
di osservazione – penetra nella prakriti o dimensione empirica, il primo impatto che questi ha è con
lo spazio ed è nello spazio – nell’interazione con la coscienza – che si manifesta la materia con la
sua specifica forma empirica, definita in termini moderni come massa, proprio come nel concetto del
vuoto quanto-meccanico postulato dal dottor Corbucci o dall’”etere” di Todeschini. Il purusha si
carica di massa, quindi manifesta il corpo materiale, a seguito dell’impatto con akasha (lo spazio,
il vuoto).

Che la massa si origini da questo spazio-vuoto nell’interazione con la coscienza dell’osservatore è
ciò che postula anche la Fisica moderna; infatti, affinché le onde energetiche si trasformino in
particelle subatomiche è necessario l’impatto con l’osservatore. Rimangono onde se non vengono
osservate e diventano particelle, dunque si caricano di massa, quando invece sono osservate. Con il
linguaggio della Fisica moderna diversi fisici oggi spiegano che esse attingono massa dal vuoto
quanto-meccanico; nella filosofia Samkhya si afferma che il purusha si riveste di materia (massa)
nel suo impatto con la prakriti nella forma di akasha, ed è da questo impatto che si genera il
Tempo. Quest’ultimo ha infatti influenza solo sulla massa, ma non sul purusha. Il purusha non è
eterno perché dura tanto nel Tempo, bensì perché non ha niente a che fare con esso. Né con lo
Spazio: il purusha è definito pura coscienza (cit), a-temporale e a-spaziale. Si veda a tal fine
Bhagavad Gita II.12:

“Mai ci fu un tempo in cui non esistevamo,
Io, tu e tutti questi re, e in futuro mai nessuno di noi cesserà di esistere”.

Secondo la filosofia Samkhya, quando la prakriti è allo stato non manifesto (a-vyakta) i guna,
ovvero le sue energie strutturanti, sono come forze contrapposte che si annullano reciprocamente
producendo una stasi. Quando invece la coscienza (purusha) osserva la prakriti, queste forze si
attivano generando i fenomeni materiali e rimangono in moto fino a che non si produce lo stato di
kaivalya, ovvero la liberazione del purusha dalla prakriti così come descritta negli Yoga-sutra di
Patanjali. Kaivalya consiste nel processo attraverso il quale il purusha si libera dalla massa che
ha sviluppato per tornare ad essere puro purusha, puro brahman o puro atman.

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