di autore sconosciuto
(prima parte)
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I pionieri della pranoterapia
Hippolite Baraduc, medico francese, forte della certezza che, da ogni essere vivente si sprigiona
un’energia, che in alcuni casi riesce ad essere visibile, cercò con ogni mezzo possibile di
fotografarla.
Ponendo una lastra fotografica in relazione a un campo elettrostatico, iniziò i suoi esperimenti con
dei piccoli animali, ottenendo delle fotografie nelle quali si evidenziavano delle aureole formate
da strisce chiare e scure. Erano gli anni che andavano dalla fine del 1800 all’inizio del 1900 e gli
strumenti erano molto rudimentali, inoltre il colore non era ancora stato utilizzato.
Infine nel 1907, immortalò qualcosa che pensò di aver individuato come l’anima umana, mentre lascia
il corpo. Fotografò suo figlio diciannovenne, già composto nella bara e alcuni mesi dopo, anche sua
moglie, con una serie di scatti, intervallati fra loro. Dalla prima all’ultima foto si evidenziarono
delle macchie energetiche, che man mano coprirono completamente il corpo della defunta. A parte la
rudimentale camera fotografica, aveva anche inventato un apparecchio in grado di misurare l’energia
biologica, irradiata dai corpi, che definì “biometro”. Questi era uno strumento estremamente
semplice, costituito da un ago sospeso a un filo, sotto un sottile schermo di vetro.
Quando allo schermo si avvicinava una mano, lo strumento si muoveva in senso rotatorio, permettendo
di misurare il flusso energetico dei soggetti sottoposti all’esperimento.
– Scetticismo acritico –
I ricercatori che si ritengono facenti parte della “scienza ufficiale”, in contraddizione
all’atteggiamento tenuto nei confronti della paranormalità, di cui è sempre stata negata l’evidenza,
ancora una volta si sono espressi mostrando la loro mancanza di senso critico obiettivo, che li
avrebbe dovuti almeno indurre a riflessioni o ricerche di comparazioni più accurate.
Non ammettendo le limitazioni della conoscenza scientifica, hanno mosso contro Baraduc una serie di
accuse e contestazioni, che per il biometro si sono articolate sul fatto che l’attrezzatura non
fornisce dati scientifici, poiché l’oscillazione potrebbe essere frutto di un fenomeno
psicocinetico.
Ne consegue che quando serve loro i fenomeni paranormali esistono, quando invece non servono allora
sono frutto, sempre secondo loro, di mera fantasia. Per le fotografie dell’aura o dell’anima,
invece, è stato detto che Baraduc era probabilmente un sensitivo, mentre alcuni lo hanno accusato di
essere sotto l’influenza del suo stesso dolore, per la morte del figlio e della moglie, quindi
incapace di obiettività. I più maligni invece, che aveva trovato un modo per truccare le fotografie.
Ma con uno spirito di curiosità più accurato, altri studiosi avrebbero potuto approfondire le sue
ricerche e capire che se veramente era “sensitivo”, questo comunque non inficiava i risultati,
semmai apriva nuovi quesiti.
E questo at teggiamento preconcet to che ha impedito di far sì che ad ogni risultato ottenuto in
campo bioenergetico, non sia stato dato seguito. In effetti se voci autorevoli e altisonanti si
levano per distruggere un evento, o una persona, di solito ci riescono. Quello che è difficile
capire, è il motivo per cui lo fanno, anche se volendo usare lo stesso metro di paragone che usano
questi “scienziati accreditati” si potrebbe dire che hanno degli interessi troppo grandi in gioco e
temono di perdere credibilità e potere.
Comunque coloro che hanno preso in considerazione le ricerche forse primitive, ma genuine di
Hippolite Baraduc, (pur se pochi numericamente, talvolta derisi e ostacolati) non si sono certo
fermati, permettendoci di scoprire un po’ delle possibilità che ciascun essere umano è in grado di
sviluppare.
Dal guaritore, al pranoterapeuta e infine al bio- naturopata, si sono affermati dei principi di cui
nessuno può ormai negare l’evidenza, se non a parole, ma sono parole che ormai si perdono nel vuoto
e lo dimostra l’affermazione in ambito sociale, non solo della pranoterapia, ma di tutte le medicine
naturali.
– Cenni storici –
A tutt’oggi pochi sanno che anche la pranoterapia è stata sottoposta ad una ferrea ricerca
scientifica e che i risultati ottenuti sono confortanti, ma come accade spesso nella ricerca, i
passi iniziali sono stati mossi soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada ove i risultati non si
sono fatti attendere:
Il dr. Bernard Grad, biologo della McGill University del Canada, utilizzò il pranoterapeuta Oskar
Estabany per effettuare numerose sperimentazioni sui vegetali, in particolare i chicchi d’orzo, per
cui alcuni flaconi vennero riempiti di una soluzione di cloruro di sodio all’1% sterile. Metà dei
flaconi furono trattati con la pranoterapia e l’altra metà restò invariata. Le piantine vennero
innaffiate in parte con la soluzione trattata ed in parte con quella non trattata ed infatti le
piantine che si abbeverarono alla soluzione trattata con la pranoterapia, crebbero più rigogliose.
L’elettrochimico Douglas Dean, membro dell’Istituto di Psicologia Umanistica del Newark College of
Engineering del New Jersey, riprese in esame gli esperimenti di O. Estabany e riscontrò che la
soluzione trattata aveva subito un mutamento della distanza dei legami idrogeno-ossigeno, che sono i
legami di una molecola d’acqua con quelle che si trovano attorno ad essa, e appurò che tale
modificazione si mantenne inalterata anche dopo tre anni di distanza dall’esperimento, per cui
riprodusse l’esperimento con un altro sensitivo ottenendo lo stesso risultato.
Il dr. B. Grad del Canadà sperimentò la pranoterapia su topolini da laboratorio: utilizzando 300
cavie, di cui 100 trattate con pranoterapia da Estabany, 100 trattati da una persona non
pranoterapeuta e 100 non trattati da alcuno. I risultati diedero modo di constatare che le ferite
dei 100 topolini trattati con la pranoterapia si rimarginarono e guarirono molto più velocemente
degli altri due gruppi di 100 topolini ciascuno, inoltre il gozzo di alcuni topolini, prodotto
artificialmente, fu guarito prima con la pranoterapia di quello provocato agli altri curati con le
terapia mediche classiche.
A New York la dr.ssa Krieger, della scuola infermieri, utilizzò Estabany per influenzare
l’emoglobina (il pigmento di sangue che serve a trasportare ossigeno). In ben 16 pazienti da lui
trattati si riscontrò che il fermento sanguigno aumentò in maniera considerevole. Suor Justa Smith,
sperimentatrice laureata in biochimica e preside della facoltà di scienze naturali del Rosary Hill
College di Buffalo (N. Y.) utilizzò anch’essa Estabany per sperimentare su un soggetto con campioni
di tripsina e vi riscontrò una crescita abnorme, come se la tripsina fosse stata sottoposta a un
enorme campo magnetico.
Ma anche in Italia, soprattutto negli ultimi anni, non sono mancati gli studiosi seri che hanno
voluto sperimentare e in particolare a Milano i ricercatori Alberto Ansaloni – Patrizia Vecchi – E.
Eberle, hanno prodotto modificazioni della VES indotte da campi bioenergetici umani, sperimentando
presso il Centro di Ricerche di Bioclimatologia Medica dell’Università degli Studi di Milano. La
sperimentazione in sostanza è stata effettuata su campioni di sangue umano in pipette, in relazione
alle sostanze colloidali presenti nel sangue e da ciò si è evidenziata che la velocità della
sedimentazione si è modificata.
L’esperimento è stato poi riprodotto alcuni anni dopo, ma al posto del sangue umano, è stata
utilizzata dell’acqua nella quale erano presenti sostanze colloidali dell’oro, per verificare se
avrebbe potuto realizzarsi un processo chimico analogo alle prime sperimentazioni. Tale esperimento
ha comportato l’intervento di 50 soggetti pranoterapeuti e 50 soggetti non pranoterapeuti, ciascuno
dei quali ha ripetuto due volte lo stesso esperimento, portandolo perciò al valore di 100
sperimentazioni, aggiungendo 100 campioni di acqua che non ha subito trattamento alcuno.
In sintesi:100 campioni trattati da pranoterapeuti, 100 cambioni da non pranoterapeuti e 100
campioni in bianco (non trattati) e i risultati ottenuti hanno messo in evidenza che la bioenergia
ha agito variando la struttura della miscela del colloide trattato, rispetto a quello sviluppato in
assenza di bioenergia, producendo anche l’effetto insospettabile di modificare la colorazione
dell’acqua.
Sulla Rivista MINERVA MEDICA – vol. 77 – edita il 7 Aprile 1986, è stato pubblicato un intero volume
di ricerca e sperimentazione pranoterapeutica di cui vi fornisco alcuni accenni: dall’esame
istologico di tessuto disidratato mediante la pranoterapia (il termine usato dai pranoterapeuti è:
mummificazione) e dalle risultanze ottenute nel Laboratorio di Antropologia – Dipartimento di
Biologia Animale – Università degli studi di Torino dai ricercatori dr. E. Rabino Massa e dr. M.
Reddavid, si evidenziano le similitudini con i tessuti prelevati da mummie egiziane studiate dagli
stessi ricercatori.
Quadri istologici di parenchima epatico (fegato) di coniglio dopo trattamento pranico studiati dal
dr. A. Donna, primario del Servizio di Anatomia e Istologia Patologica dell’Ospedale Provinciale di
Alessandria, hanno evidenziato un ritardo altamente significativo nella comparsa dei fenomeni
putrefattivi.
Pranoterapia e rilievi teletermografici, condotti dal dr. P. Trapani – Primario radiologo del
Dispensario Centrale di Igiene Sociale di Torino, lo hanno portato a concludere che le mani del
pranoterapeuta presentano una ipertermia che non si verifica nelle mani dei non pranoterapeuti.
Inoltre le zone trattate mostrano una costante in aumento di ipertermia, anche indipendentemente da
sensazioni soggettive di calore.
Sempre il dr. A. Donna ha effettuato esperimenti di esposizione pranica in larve di Tenebrio Molitor
ed ha concluso suggerendo ulteriori ricerche e valutazioni, ma ponendo comunque in evidenza
un’azione obiettivamente valutabile sui tempi della metamorfosi delle larve. Ma anche a Napoli e più
precisamente nell’Ospedale Monaldi vi è un’equipe medica capeggiata dal dr. Gerardo Ciannella,
vice-primario pneumologo, che sta operando nella direzione della ricerca e più precisamente
sperimentando con la teletermografia, riportando dei risultati come quelli già pubblicati a Torino.
In buona sostanza e per dovere di verità, questi dati, di cui ho presentato solo alcuni accenni,
sono del tutto incrontrovertibili e chiunque può, se lo desidera, riprodurli in laboratorio, senza
che intervenga il fattore suggestione o l’effetto placebo.
Il segreto è rivelabile, la sua ricetta è minima: buona volontà, spirito di una sana curiosità volta
solo alla ricerca ed ai benefici che ne potrebbero derivare, ed infine, ma soprattutto: obiettività
di giudizio.
– Conoscere i pranoterapeuti –
Pranoterapeuti si nasce o si diventa?
Questa è una delle domande più frequenti che pongono le persone che si avvicinano alla pranoterapia;
la seconda é: ma lei ci crede a quello che fa?
Dare una risposta ad entrambe le domande è giusto, anche se la seconda si risolve da sé. Infatti
nessuno vi dirà mai che non crede in quello che fa, è quindi scontato che per i più svariati motivi:
ci crede.
Noi ovviamente stiamo parlando di persone serie, non di ciarlatani, perché in questo caso ci
troveremmo di fronte a persone che credono soltanto in un solo ed unico sistema di vita: vivere
sulla pelle e sulle disgrazie altrui.
La prima domanda è più composita, articolata, quindi merita una risposta in tal senso ed eccovela:
E’ possibile nascere già predisposti a sviluppare la pranoterapia, ma è anche possibile diventare
persone che si sono accorte, ad un certo punto della propria esistenza, di essere dei veri e propri
“portatori o donatori di energia”.
Alcuni di essi, fin da bambini si sono sentiti ripetere che avevano le mani “calde” e che quando le
posavano su una parte del corpo, ci si sentiva meglio, altri si sono sentiti ripetere che in loro
presenza si percepiva una sensazione di tranquillità, di benessere dello spirito e di conseguenza
del corpo, addirittura in alcuni casi questo induceva al sonno.
Altri invece si sono accorti in un certo momento della propria esistenza, (per motivi molto diversi
fra ogni soggetto) di avere disturbi a cui nessun medico o analisi clinica, era in grado di dare
risposta e approdati ,solo alla fine della loro ricerca, alla pranoterapia, hanno trovato qui la
risposta al loro malessere, imparando a gestirlo, superandolo e trasformando questo in vera e
propria donazione pranica.
In sintesi tutti i pranoterapeuti sono persone per le quali esiste una sensibilità particolare, che
li fa simili agli artisti e che quindi li predispone ad una ricettività individuale, per la quale
sono spesso in grado di percepire la sofferenza fisica di chi li attornia e si sentono
istintivamente portati a porre le proprie mani (veicolo della pranoterapia) sulle zona in cui la
malattia ha la sua radice e la sua manifestazione.
Ma tutti, indifferentemente, per diventare buoni pranoterapeuti, non si debbono fermare
semplicemente a questa predisposizione naturale, ma debbono approfondire la ricerca, sottoponendosi
a verifiche e studio. Infine debbono accettare le stesse norme che sono vigenti in ogni tipo di
terapia, sia essa farmacologica che naturale, mantenendo intatta la loro peculiarità naturali, che
li fa donatori di “energia”
– Da guaritore a bionaturopata –
Nella società tecnologica e super specializzata un ritorno alla natura è ciò che ci vuole, ma è
necessario che l’incontro con la stessa sia motivo di benessere e non di inutile perdita di tempo.
Motivo per cui l’incontro con un operatore del settore medicine naturali oggi deve significare
soprattutto: professionalità.
Negli ultimi anni si è passati dal semplice guaritore di campagna, che imponeva le mani in forma
spontanea, secondo il proprio esclusivo giudizio,o utilizzava metodi empirici tramandatigli
attraverso la memoria generazionale, al pranoterapeuta, che non si limita ad imporre le mani, ma
dopo aver valutato caso per caso, ricorrendo anche all’ausilio o al consiglio di un medico amico,
sceglie come, quando e per quanto tempo sviluppare la terapia, e pur tenendo conto dei meccanismi
della spontaneità del flusso energetico, segue metodi molto affini a quelli utilizzati in medicina.
Dal pranoterapeuta si sta passando oggi al bionaturopata. La nuova figura di operatore è già in fase
di strutturazione, poiché contiene in sé gli elementi che l’hanno preceduta: il guaritore e il
pranoterapeuta, che sono certamente cresciuti in esperienza e conoscenza, quindi non possono
accontentarsi più delle proprie doti naturali e istintuali, senza sentire la necessità di affinarle
e soprattutto di gestire al meglio capacità che altrimenti restano latenti e non manifeste.
Il bionaturopata è perciò colui che, pur se già un esperto in medicine naturali, si arricchisce di
nuova esperienza, grazie soprattutto all’acquisizione di conoscenze e tecniche tali, che gli
permettano di fare ricorso a più metodologie curative insieme, in modo che i pazienti possano
ottenere maggior qualità di intervento e di risultati.
Inoltre un operatore culturalmente più pronto ad affrontare le problematiche della salute, poiché
arricchito di conoscenza, ha maggiori possibilità di incontrarsi nella collaborazione con i medici
ed essi stessi avranno maggior disponibilità ad accettare un operatore più culturalmente preparato,
con il quale sarà più facile il dialogo e il confronto.
Il tutto farà sì che siano proprio i pazienti coloro che si potranno avvantaggiare nel migliore dei
modi da questa nuova evoluzione, poiché garantiti da una maggior sensibilità professionale. Come si
diventa bionaturopata
…
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