La pratica ideale: un’altra costruzione mentale

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La pratica ideale: un’altra costruzione mentale

di J. Kabat Zinn

Naturalmente quanto si è detto nel capitolo precedente a sua volta non è
che un’opinione, dunque in un certo senso un’idealizzazione. È facilissimo
idealizzare il concetto di pratica, tanto più quello di « mia pratica
personale », o farsi idee di stati mentali speciali da raggiungere e poi
restare incastrati per anni in quelle idee e in quegli ideali di pratica
senza vedere che anch’essi, a loro volta, sono costruzioni mentali belle e
buone.

Perché anche ritrovarci bloccati più e più volte è ancora e soltanto
pratica, finché non siamo disposti a capirlo e a lavorarci sopra,
praticando di continuo il lasciar andare, con gentilezza incrollabile verso
noi stessi. Una cosa è praticamente sicura: qualunque cosa facciamo o
pensiamo ci bloccheremo più e più volte, perché è questa la natura della
mente sottosviluppata e allo stato brado.

La nostra mente riesce a fabbricarsi problemi e costruzioni di ogni genere,
continua a raccontarsi storie sull’« io » a cui poi di volta in volta
reagisce; dunque una volta entrati in meditazione faremo con la meditazione
quel che facciamo con tutto il resto nella vita, se non di più. E naturale;
e non è necessariamente un problema! Come tutte le costruzioni e le
proliferazioni-mentali, anche questa fa semplicemente parte del panorama
della pratica. La sfida è una sfida enorme e interessante; è rimanere
consapevoli anche se ci blocchiamo, oppure recuperare la consapevolezza più
velocemente possibile dopo aver lasciato andare la mente per conto proprio
ed essere caduti preda delle nostre innumerevoli, tenaci abitudini
governate dall’insicurezza, dalla paura e dalla distrazione.

Non è un ideale: è un compito duro. Richiede un atteggiamento che
ribadisca che non esiste altro tempo se non l’adesso, qualunque cosa
accada, per quanto combattuti e turbati ci si possa sentire. Semplicemente
non c’è altra, migliore occasione di questa per risvegliarci; non c’è altro
migliore momento, mai, nel quale essere consapevoli. E quindi, come si usa
dire: « Ora o mai più ». Alla lettera. Scegliendo l’« ora » ci apriamo a
esso e dimoriamo nella consapevolezza stessa. Ora possiamo agire,
spontaneamente, nel panorama del momento presente, a partire proprio da
quella dimensione dell’essere e del conoscere, nel modo più puro e più
semplice, incarnando l’interezza e la saggezza, arrivandoci non con il
pensiero o con le costruzioni mentali, ma perché l’interezza e la saggezza
sono già la nostra essenza, il nostro h2o, la nostra vera natura, solo
che continuiamo a dimenticarcelo, purtroppo per noi e per il nostro
potenziale di risveglio.

La Grande Via non è difficile
per coloro che non hanno preferenze.
Quando amore e odio sono entrambi assenti
tutto diventa chiaro e manifesto.

[…]

Se desideri percorrere l’Unica Via
non disprezzare neanche il mondo dei sensi e delle idee. Di fatto,
accettare tutto questo pienamente è una cosa sola con l’Illuminazione.
Seng Ts’an, Terzo patriarca Zen (ca. vii secolo d.C.), Versi sulla mente
della fede (Hsin-hsin ming)

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