Corpo e mente non sono due mondi separati, ma sono due parti, in continua influenza reciproca, di un
tutt’uno: l’uomo nella sua unità somato-psichica. In ambito medico è ormai largamente condivisa
l’idea che il benessere fisico abbia una sua influenza su sentimenti ed emozioni e che a loro volta
questi ultimi abbiano una certa ripercussione sul corpo. Non a caso il vecchio concetto di malattia
intesa come “effetto di una causa”, è stato sostituito con una visione multifattoriale secondo la
quale ogni evento (e quindi anche una affezione organica) è conseguente all’intrecciarsi di molti
fattori, tra i quali sta assumendo sempre maggior importanza il fattore psicologico.
Si ipotizza inoltre che quest’ultimo, a seconda della sua natura, possa agire favorendo l’insorgere
di una malattia, o al contrario favorendone la guarigione. La psicosomatica è quella branca della
medicina che pone in relazione la mente con il corpo, ossia il mondo emozionale ed affettivo con il
soma (il disturbo), occupandosi nello specifico di rilevare e capire l’influenza che l’emozione
esercita sul corpo e le sue affezioni. In passato si parlava di psicosomatica riferendosi ad essa
solo in relazione a quelle malattie organiche la cui causa era rimasta oscura e per le quali (quasi
per esclusione) si pensava potesse esistere una “genesi psicologica”.
Oggi al contrario si parla non solo di psicosomatica, ma di un’ottica psicosomatica corrispondente
ad una concezione della medicina che guarda all’uomo come ad un tutto unitario, dove la malattia si
manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio, e che presta
attenzione non solo alla manifestazione fisiologica della malattia, ma anche all’aspetto emotivo che
l’accompagna. Secondo quest’ottica è possibile distinguere malattie per le quali i fattori
biologici, tossico-infettivi, traumatici o genetici hanno un ruolo preponderante e malattie per le
quali i fattori psico-sociali, sotto forma di emozioni e di conflitti attuali o remoti, sono
determinanti. In questo senso l’unità psicosomatica dell’uomo non viene persa di vista e i sintomi o
i fenomeni patologici vengono indagati in modo complementare da un punto di vista psicologico e
fisiologico. Secondo quest’ottica si potrebbe affermare che ogni malato è psicosomatico e
addirittura in un caso estremo, si potrebbe sostenere che anche una frattura o un trauma fisico
potrebbero avere un’origine psicosomatica in quanto potrebbero essere letti come espressione di
possibili disagi psicologici.
Come esempio emblematico per questo concetto ci si potrebbe riferire al caso di quelle persone che
vanno incontro ad “incidenti ripetuti” e per i quali non può essere invocata come giustificazione
solo la sfortuna, oppure ci si potrebbe riferire a quelle malattie o quei processi che seguono, a
breve distanza di tempo, alcune situazioni ambientali a grande risonanza affettiva quali il
pensionamento, i lutti, le delusioni sentimentali o nel campo lavorativo. Si parla di psicosomatica
non solo come prospettiva con la quale guardare l’evento patologico, ma anche in relazione a sintomi
somatici fortemente connessi alle emozioni e in relazione alle cosiddette vere e proprie malattie
psicosomatiche. Per quanto riguarda i sintomi psicosomatici, essi, pur non organizzandosi in vere e
proprie malattie, si esprimono attraverso il corpo, coinvolgono il sistema nervoso autonomo e
forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di stress.
In genere tali sintomi hanno una durata di tempo limitata, cessano con il cessare dell’elemento
scatenante e non presuppongono una lesione d’organo. Al contrario, sono considerate vere e proprie
malattie psicosomatiche quelle malattie alle quali classicamente si riconosce una genesi psicologica
(o quantomeno in buona parte psicologica) ed in cui si viene a realizzare un vero e proprio stato di
malattia d’organo con segni indiscutibili di lesione. Quali sono i disturbi e le malattie
psicosomatiche? La varietà dei modelli interpretativi consente solo in modo approssimativo di
elencare e classificare le malattie e i disturbi psicosomatici. In ogni caso le malattie che
storicamente sono state sempre interpretate come psicosomatiche sono l’ipertensione arteriosa,
l’asma bronchiale, la colite ulcerosa, l’ulcera gastro-duodenale e l’eczema.
Ultimamente questo elenco si è andato via via infoltendo fino a comprendere: – i disturbi
dell’alimentazione che si evidenziano intorno ai due eccessi rappresentati dall’anoressia e dalla
bulimia con conseguente obesità; – le malattie e i sintomi psicosomatici a carico del sistema
gastrointestinale dove tra le malattie organizzate c’è, oltre alla colite ulcerosa e all’ulcera
gastro-duodenale, la rettocolite emorragica, mentre tra i disturbi psicosomatici sono presenti la
gastrite cronica, l’iperacidità gastrica, il pilorospasmo, il colon irritabile o spastico, la
stipsi, la nausea e il vomito, la diarrea (da emozione, da “esami”) – le malattie e i sintomi
psicosomatici a carico del sistema respiratorio ad esempio la già citata asma bronchiale, la
sindrome iperventilatoria, la dispnea, il singhiozzo; – le malattie e i sintomi psicosomatiche a
carico del sistema cardiovascolare ad esempio le aritmie, le crisi tachicardiache, le coronopatie
(angina pectoris, insufficienza coronarica, infarto) l’ipertensione arteriosa essenziale, la cefalea
emicranica, la nevrosi cardiaca, le algie precordiali; – le malattie e i sintomi psicosomatici
relativi al sistema cutaneo ad esempio la psoriasi, l’eritema pudico (rossore da emozione), l’acne,
la dermatite atopica, il prurito, la neurodermatosi, l’iperidriosi, l’orticaria, la canizie, la
secchezza della cute e delle mucose, la sudorazione profusa; – le malattie e i sintomi psicosomatici
relativi al sistema muscoloscheletrico ad esempio la cefalea tensiva, i crampi muscolari, il
torcicollo, la mialgia, l’artrite, dolori al rachide (cervicale e lombo-sacrale), la cefalea nucale;
– le malattie e i sintomi psicosomatici relativi al sistema genitourinario ad esempio dolori
mestruali, disturbi minzionali, enuresi, impotenza; – le malattie e i sintomi psicosomatici relativi
al sistema endocrino ad esempio ipopituitarismo, iper o ipotiroidismo, ipoglicemia, diabete mellito.
Come si spiega l’insorgere del sintomo o della malattia psicosomatica? Esistono molti modelli
interpretativi che cercano di spiegare l’insorgenza del sintomo o della malattia psicosomatica.
Nell’interpretazione energetica di Reich si parte dall’assunto che tutti i processi biologici
seguano il binario di carica e scarica per cui da una tensione meccanica, si passa ad una carica
elettrica, ad una successiva scarica elettrica e ad una conseguente distensione meccanica. Quando la
scarica viene impedita tutto l’organismo vive in uno stato di carica senza sfogo; se questa
condizione diventa uno stato cronico, si forma a livello psichico una corazza caratteriale e a
livello fisico una corazza muscolare. Queste ultime finiscono così per esercitare una continua
operazione di controllo delle emozioni e per diventare una potente struttura di difesa da esse. In
questa prospettiva i disturbi organici e quelli psichici sono riconducibili alle corazze in cui si
esprime la sovraccarica cronica.
Un secondo modello interpretativo, quello di Bikow, ritiene al contrario che responsabile di una
patologia sia un legame associativo scorretto tra uno stimolo e i meccanismi di reazione che
coinvolgono le strutture cerebrali superiori, il cui cattivo condizionamento si ripercuote sulle
strutture corticali e sui centri vegetativi con conseguente risposta organica patologica. Seguendo
l’ipotesi dell’analisi esistenziale secondo cui lo psichico esprime la modalità con cui un corpo è
nel mondo, Boss ritiene che la malattia esprima o l’unica modalità con cui il corpo si apre e si
relaziona al mondo, o le modalità escluse, che non esprimendosi in un vissuto globale si annunciano
patologicamente. Da questo punto di vista le regioni del corpo co lpite dalla malattia appartengono
alla relazione con il mondo patologicamente interrotta o esasperata. Ciò che determina la malattia
corporea non è quindi una somatogenesi o una psicogenesi o una interazione tra le due, ma è un
alterazione del rapporto tra il soggetto e il mondo.
All’interno di una ipotesi gestaltica, Weizsächer ritiene che per la piena comprensione di un
fenomeno patologico occorre riferirsi agli avvenimenti della sfera corporea percepiti come
trasformazioni fisiche, a quelli della sfera psichica espressi da pensieri, sogni, fantasie, e a
quelli della sfera sociale che si traducono in rapporti e interazioni con gli altri. Seguendo
un’impostazione di tipo più fisiologico, Cannon ritiene che le malattie psicosomatiche siano dovute
allo stress, ossia a risposte emozionali troppo intense o troppo a lungo mantenute che mettono in
moto risposte fisiologiche o psicologiche il cui scopo è quello di attenuare lo stress. Il
comportamento messo in atto può essere di “attacco” o di “fuga” secondo Cannon, o di “adattamento”
secondo Selye. Quando gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera la capacità di
risposta, allora si è esposti ad una vulnerabilità nei confronti della malattia dovuta ad un
abbassamento delle difese dell’organismo.
Nemiah, al contrario, partendo dalla constatazione che il paziente psicosomatico presenta
un’incapacità di descrivere con precisione i propri sintomi, un’incapacità ad individuare sensazioni
affettive e distinguerle tra loro, un’inadeguatezza tra esplosioni emozionali e corrispettivi stati
affettivi interni, rigidità, distacco e disarticolazione nella postura e nelle mimica, ha ipotizzato
che a causa di fattori genetici o di difetti dello sviluppo esisterebbe una carenza di connessioni
neuronali tra le aree del sistema limbico, deputate alla rielaborazione delle pulsioni e degli
affetti, e le aree corticali, sede delle rappresentazioni consce, dei sentimenti e delle fantasie.
Ne consegue che le stimolazioni delle pulsioni non vengono elaborate a livello corticale, ma deviate
sull’ipotalamo che genera stimolazioni troppo intense e prolungate a carico del sistema vegetativo.
In conclusione si può affermare che le malattie somatiche sono quelle che più strettamente
realizzano uno dei meccanismi difensivi più arcaici con cui si attua una espressione diretta del
disagio psichico attraverso il corpo. In queste malattie l’ansia, la sofferenza, le emozioni troppo
dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel soma (il
disturbo); non sono presenti espressioni simboliche capaci di mentalizzare il disagio psicologico e
le emozioni, pur essendo presenti, non vengono percepite. In genere il paziente psicosomatico si
presenta con un buon adattamento alla realtà, con un pensiero sempre ricco di fatti e di cose e
povero in emozioni. Per meglio chiarire si tratta di un paziente che difficilmente riferisce
sentimenti quali rabbia, paura, delusione, scontentezza, insoddisfazione. Spesso si tratta di
pazienti che hanno difficoltà a far venire alla luce emozioni, che separano dalle cose ogni elemento
di fantasia .
Tutte le loro capacità difensive tendono a tener lontani contenuti psichici inaccettabili, a costo
di distruggere il proprio corpo. In questo senso una persona, incapace di accedere al suo mondo
emotivo, potrebbe non percepire rabbia, frustrazione o stress per una difficile condizione
lavorativa e neppure immaginare una possibile connessione tra la sua ulcera e le emozioni o i
vissuti relativi al suo lavoro. Anche se tali caratteristiche non sono sempre presenti in assoluto
in quelli che presentano una patologia psicosomatica, sembra comunque permanga sempre in queste
persone una parte dell’io che tende a funzionare in questo modo
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