11 febbraio 2019
Una complessa analisi statistica su modelli di attività cerebrale in persone sia coscienti sia in
uno stato di incoscienza di diversa entità, dall’anestesia allo stato di minima coscienza allo stato
vegetativo, indica che lo stato cosciente è caratterizzato da una ricca dinamica fra modelli
differenti di attività del cervello (red)
da lescienze.it/mente-e-cervello
Specifici modelli dinamici di attività cerebrale potrebbero essere indicativi dello stato di
coscienza, o di differenti situazioni in cui essa è assente. È la conclusione tratta sulla base di
studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI ) effettuati da ricercatori dellInstitut National de
la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) francese, dellUniversità di Parigi Saclay e di altri
istituti di ricerca internazionali, che firmano un articolo su Science Advances.
La coscienza è apparentemente perduta e recuperata ogni giorno durante il sonno, inoltre può essere
abolita transitoriamente con farmaci e, in modo temporaneo o permanente, a causa di lesioni
cerebrali. Ciascuno di questi casi comporta cambiamenti differenti nella funzione cerebrale, nel
comportamento e nella neurochimica; finora però non si è riusciti a identificare marcatori
dellattività cerebrale affidabili che indichino la presenza o lassenza di coscienza, in grado per
esempio di rivelare la presenza di coscienza nei casi in cui ci potrebbe essere una coscienza
nascosta (si pensi al caso della sindrome locked-in, in cui la presenza di una coscienza integra è
testimoniata solo dalla capacità di rispondere ai comandi muovendo le palpebre o gli occhi, gli
unici organi che il paziente è ancora in grado di controllare).
Da tempo gran parte dei neuroscienziati ritengono che la coscienza non possa essere spiegata in
termini di descrizioni statiche delle funzioni cerebrali, ma che essa sia un processo dinamico in
cui lattivazione di differenti aree viene coordinata in funzione di un ambiente in continuo
cambiamento.
Athena Demertzi e colleghi hanno registrato i dati fMRI di 159 soggetti, alcuni di questi erano
pazienti sani in anestesia e altri erano pazienti con diagnosi effettuata sulla base di test
comportamentali standardizzati – di sindrome della veglia non responsiva (dizione più aggiornata di
stato vegetativo), in cui possono aprire gli occhi ma non mostrano movimenti volontari, o in uno
stato di minima coscienza (MCS), in cui mostrano anche altri comportamenti potenzialmente indicativi
di consapevolezza.
Analizzando in 42 regioni cerebrali chiave il segnale che indica il livello di ossigenazione (e che
riflette il livello di attività dei neuroni), gli autori hanno scoperto quattro differenti modelli
di attività e coordinazione tra aree del cervello: il modello 1, molto complesso, anche
spazialmente, mostrava una coordinazione a lunga distanza e una notevole efficienza di comunicazione
tra le aree cerebrali e si manifestava con la massima frequenza in persone sane e consapevoli. Il
modello 4, allopposto, mostrava una bassa coordinazione fra le aree ed era molto più evidente e
frequente nei pazienti con sindrome della veglia non responsiva. I modelli 2 e 3 avevano
caratteristiche intermedie di complessità e di coordinazione fra aree.
Quando si è coscienti, le regioni cerebrali comunicano ampiamente, mostrando connessioni sia
positive che negative (coerenza, C; colore rosso e blu rispettivamente), che facilita lo scambio di
informazioni in modo efficiente. Durante lo stato di coscienza, questo modello può essere
abbandonato per altri, ma poi il cervello torna a questa modalità. Al contrario, nello stato di
incoscienza, le regioni cerebrali diventano meno attive e soprattutto non non si connettono tra loro
(coerenza C intorno allo zero, colore verde), di fatto impedendo lo scambio di informazioni fra
aree. (Cortesia E. Tagliazucchi & A. Demertzi)
Lelemento caratterizzante dello stato di coscienza non era però la stabilità di uno di questi
modelli di attività, e in particolare del modello 1, ma al contrario nella probabilità che in un
dato lasso di tempo il cervello passasse dal modello 1 ai modelli 2 e 3, per tornare poi al modello
1, con solo brevi e occasionali puntate verso il modello 4. Ciò suggerisce che la coscienza sia in
primo luogo definita dalla capacità di riorganizzare dinamicamente le reti di comunicazione
cerebrale.
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