di Pema Chodron
Traduzione di Paola Guidetti
(Tratto da Awakening Loving-kindness,
Shambhala Publications, Boston 1996, pp. 111-
122.)
Lasciar andare è rinunciare a chiudersi e a
tenere lontana la vita. Si può dire che è lo stesso
che aprirsi agli insegnamenti del momento presente.
Riusciamo a farlo se ci rendiamo conto che
abbiamo già esattamente ciò di cui abbiamo bisogno
in ogni momento. Lasciare andare è rendersi
conto che il desiderio di rimanere in un mondo
piccino e protetto è insano. Quando iniziamo a
sentire quanto è vasto il mondo e quanto sono
grandi le nostre potenzialità di sperimentare la
vita, allora capiamo realmente cosa sia il lasciare
andare.
Quando sediamo in meditazione, sentiamo il
nostro respiro mentre esce e abbiamo la sensazione
di voler essere aperti al momento presente.
Poi la nostra mente vola via dietro ogni genere di
storie, di pensieri e di immagini, e allora diciamo
a noi stessi “pensieri”. Lo diciamo con gentilezza
e precisione. Mentre lasciamo andare, è rinuncia,
è imparare a lasciare andare il trattenere e a
lasciare andare il respingere.
Il fiume scorre veloce giù dalla montagna e
poi d’un tratto rimane bloccato da grossi massi e
tronchi d’albero. L’acqua non riesce più ad andare
avanti malgrado la sua enorme forza ed energia.
Rimane semplicemente bloccata in quel
punto. È ciò che capita anche a noi. Rimaniamo
bloccati allo stesso modo.
Lasciare andare alla fine dell’espirazione,
lasciando andare i pensieri, è come spostare uno
di quei grossi sassi, così che il fiume possa continuare
a scorrere, così che la nostra energia e la
nostra forza vitale possano continuare a evolvere
e ad andare avanti. Non dobbiamo, per paura di
ciò che ci è sconosciuto, accumulare questi
massi, queste barriere, che in pratica dicono “no”
alla vita.
Così, lasciare andare è vedere chiaramente
come noi ci tiriamo indietro, come ci chiudiamo,
come teniamo lontane certe cose, e poi è imparare
ad aprire. È dire sì a tutto ciò che ci viene
messo nel piatto, a tutto ciò che bussa alla nostra
porta.
Come riuscire a farlo ha a che fare col venire
in contatto con i nostri limiti, con i nostri ostacoli.
C’è una storia di un gruppo di persone che
si arrampicano verso la cima di una montagna. La
montagna è ripida. Arrivate a una certa altezza
due persone guardano giù e rimangono congelate
dalla paura. Non riescono ad andare oltre. Altri
vanno più su ridendo e scherzando, ma man
mano che la salita si fa più ripida, alcuni si spaventano
e si fermano. Così proseguendo verso
l’alto, molti incontrano il loro limite e si fermano.
Quelli che arrivano in cima sono felici di avercela
fatta.
La morale della storia è che in realtà non fa
alcuna differenza dove incontriamo il nostro limite,
ma “incontrarlo”, confrontarsi con esso, è la
cosa importante.
La vita è un viaggio ininterrotto in cui di
continuo ci confrontiamo con il nostro limite. È a
quel punto che, se siamo persone che vogliono
vivere, cominciamo a farci domande del tipo:
“Perché sono così spaventato? Cos’è che non
voglio vedere? Perché non posso andare più
avanti di così?”.
Le persone che nella storia sono arrivate in
cima non sono gli eroi del giorno.
Semplicemente non temono l’altezza.
Incontreranno altrove il loro limite. Quelli che si
sono fermati giù in basso non sono i perdenti.
Semplicemente si sono fermati prima e così
hanno imparato prima ciò che era necessario
imparare.
Comunque, prima o poi, ognuno è destinato
ad incontrare il suo limite.
In meditazione, creiamo una situazione in
cui c’è molto spazio e possibilità di vedere con
chiarezza e perciò incontriamo più facilmente i
nostri ostacoli.
Come lavoriamo con questa tendenza a bloccarci
e a rifiutare di fare un altro passo verso ciò
che non piace o che è ignoto? Se il nostro limite,
il nostro ostacolo è come un grosso muro di pietra
con una porta, come possiamo imparare ad
aprire quella porta e ad andare oltre, cosicché la
vita diventi un processo di crescita, in cui si
diventa sempre più flessibili e privi di timore?
Ogni volta che sentiamo che abbiamo incontrato
il nostro ostacolo, e siamo spaventati e bloccati,
possiamo riconoscerlo, se siamo abbastanza
aperti da vedere ciò che sta accadendo. È già un
segno della nostra vitalità il fatto che riusciamo a
vederlo in modo chiaro e vivido.
Invece di pensare che abbiamo sbagliato,
possiamo riconoscere il momento presente e il
suo insegnamento. Possiamo ascoltare il messaggio,
che consiste nel fatto che semplicemente
stiamo dicendo “no”.
Allora, le istruzioni non sono di farsi avanti a
testa bassa per sistemare tutta la faccenda, ma di
ammorbidirsi, di mettersi in contatto col nostro
cuore e sviluppare un atteggiamento di generosit
à e di empatia verso noi stessi. Il viaggio del
risveglio è un viaggio in cui di continuo ci si trova
a confrontarsi con grosse sfide e proprio in quei
momenti si impara ad ammorbidirsi e ad aprirsi.
In altre parole, ciò che ci paralizza è qualcosa
che ha a che fare con l’irrigidimento e il rifiuto.
E il lasciare andare, la rinuncia a quell’atteggiamento,
consiste semplicemente nel sentire nel
cuore quello che sta accadendo, lasciare che ciò
che sta accadendo tocchi il cuore.
Ti ammorbidisci e provi empatia per la situazione
un po’ difficile in cui ti trovi e per la comune
condizione umana. Ti ammorbidisci al punto
che puoi stare veramente lì seduto in compagnia
di quelle sensazioni o sentimenti di disagio e permettere
che essi ti ammorbidiscano ancora di
più.
Tutto il viaggio del lasciare andare, o meglio
dell’iniziare a dire sì alla vita, è prima di tutto
rendersi conto che ci si è scontrati col proprio
limite, che tutto in noi sta dicendo no, e allora, a
quel punto, cominciare ad ammorbidirsi.
Questa è ancora un’altra opportunità di sviluppare
affettuosa gentilezza nei nostri confronti,
il che si trasformerà poi in un giocoso senso di
libertà.
Lascia un commento