LA SCELTA DELLE RELAZIONI AFFETTIVE 1-2-3-4

pubblicato in: AltroBlog 0

LA SCELTA DELLE RELAZIONI AFFETTIVE 1-2-3-4

Tratto da ‘Dall’Eros all’Amore’ di Marco Ferrini

1. LA SCELTA DEL PARTNER

La coscienza è la causa di tutto ciò che ci succede, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore.
Essa influenza e determina anche le nostre relazioni ed i nostri incontri. Questi infatti sono
imprescindibilmente orientati dalle vibrazioni che emaniamo, dai nostri contenuti psichici e dai
desideri inconsci. Interroghiamoci dunque sulle conoscenze che facciamo lungo il percorso della vita
e chiediamoci perché incontriamo certe persone sul nostro cammino piuttosto che altre. Dobbiamo
premettere che gli incontri non sono mai casuali, il fenomeno delle sincronie è stato studiato da
tutte le grandi personalità fra le quali anche K. G. Jung. Krishna nella Bhagavad-gita (XIII.22)
spiega in modo preciso come ciascun essere si muova secondo i guna, le sottili caratteristiche
energetiche sue proprie, incontrando individui che ugualmente subiscono spinte inconsce. Quando si
incontrano sono ignari di essere gestiti da istanze che non vedono e si convincono d’aver fatto
scelte libere, creative ed originali. Durante i primi incontri, la prima settimana, il primo mese,
il primo anno, non emergono tutte le tendenze latenti. Le tre energie della natura materiale: tamas,
sattva e rajas, sono distribuite in maniera diversa nei vari individui, per cui le loro tendenze
saranno le più svariate da una persona all’altra.

Se si sviluppa una conoscenza abbastanza approfondita di queste componenti, si capiscono i tipi
psicologici comprendendo con chi possiamo avere una maggiore partnership, ma soprattutto una più
costruttiva ed evolutiva relazione. Se entriamo in situazioni conflittuali a causa di scelte
affettive superficiali, perché siamo stati attratti da caratteristiche prive di valore profondo, ci
troveremo ad affrontare grossi ostacoli sul cammino della crescita spirituale e ci accorgeremo
presto d’aver firmato cambiali in scadenza per acquistare la nostra dose di sofferenza. Tenendo
conto delle diverse esigenze e maturità, le relazioni intime debbono essere orientate verso lo
sviluppo di una consapevolezza sempre più elevata e verso quelle modalità che facilitano il nostro
percorso di crescita interiore. Le persone che vivono con maturità la loro vita sono estremamente
caute ed oculate nella scelta delle relazioni affettive. Per instaurare rapporti armoniosi occorre
conoscere l’armonia. Dell’individuo che incontriamo dobbiamo essere in grado di notare la
composizione dei guna ed il tipo psicologico ad essi sotteso: una persona può essere fortemente
rajasica, l’altra può esserlo solo in parte ed avere una forte componente sattvica, oppure tamasica.
È bene essere dotati di un know how che consenta di scorgere, nell’interlocutore, le caratteristiche
davvero preminenti a discapito di quelle superficiali e trascurabili. Nella cultura moderna,
consumistica e materialistica, l’attenzione nella ricerca del partner è orientata alla marca delle
scarpe, della felpa, del cellulare o al costo del fuoristrada. Ma quando il vostro partner, la sera,
scende dall’auto per entrare in casa, toglie le scarpe, sfila la felpa e spegne il cellulare: cosa
vi rimane di lui? Se due persone cominciano ad avere rapporti intimi, le loro capacità di
valutazione si abbassano vicino allo zero e la loro unione, che viene descritta come romantica, si
rivela piuttosto un’attivazione di manierismi, dipendenze e condizionamenti.

L’attrazione, su questo piano, è paragonabile all’azione di un magnete nei confronti del materiale
ferroso. Non si tratta di qualcosa di magico, ma di dinamiche dettate da una legge naturale. Le
leggi naturali hanno un’immensa utilità sul piano fisiologico, per la conservazione della vita e la
sopravvivenza della specie, ma debbono essere integrate ad una conoscenza e visione superiore per
sfociare nella costruzione di rapporti saldi, profondi, realmente e durevolmente appaganti, mirati
alla realizzazione piena delle istanze più profonde dell’essere. Ogni individuo si trova al suo
proprio livello evolutivo. Lo scopo primario di ogni essere è quello di elevarsi, attraverso
l’esercizio della virtù e della conoscenza, fino ad unirsi al Divino. Questo è l’obiettivo dello
Yoga autentico e di tutte le religioni: ascendere fino alla comunione con il trascendente e con Dio.
Se siamo in grado di percepire la realtà spirituale nel nostro orizzonte, potremmo scegliere di
sviluppare rapporti con persone che ci aiutino a realizzare meglio questa dimensione, a raggiungerla
il più rapidamente possibile, e nel frattempo saremo in grado di risolvere le eventuali relazioni
problematiche attivate nel passato, in un momento in cui forse eravamo ciechi ai valori esistenziali
più alti.

Le persone si pongono nei confronti della vita a seconda delle proprie componenti psicologiche
influenzate dalle caratteristiche dei guna e dal karma, per cui ognuno segue la corrente creata dal
risultato delle proprie tendenze ed azioni. Essendo che l’universo appartiene ad un disegno dinamico
in continuo mutamento, i guna ed il karma sono fattori modificabili con un impegno individuale
quotidiano, attraverso le proprie azioni, l’alimentazione, la preghiera, la dedizione a scopi
ideali, la volontà e, ancora più importante, la compagnia di persone situate in un percorso
spirituale evoluto che possano esserci di guida e ispirazione. Nel momento in cui due individui si
incontrano è importante valutarne le tendenze più spiccate, per comprendere se la loro unione potrà
essere di beneficio ad entrambi o se, piuttosto, saranno nocivi l’uno per l’altro. Ogni individuo è
un pianeta a sé, con le sue forze, il suo percorso esistenziale e le sue lacune, quindi in ogni
relazione le componenti in gioco sono moltissime e debbono essere conosciute da chi vuole fare un
viaggio consapevole. Per accedere alla conoscenza delle dinamiche relazionali il primo grande passo
consiste nell’approfondito studio di se stessi, nel desiderio di conoscere le proprie inclinazioni e
necessità. Contestualmente sarà opportuno attivare un processo per il risveglio, per la centratura
in sé, per l’incontro con la propria natura spirituale ed il mantenimento dei nuovi equilibri
acquisiti.

Le nostre attuali tendenze patologiche sono la conseguenza di scelte antiche, ma sono anche la causa
degli ostacoli che troveremo sulla via del raggiungimento degli ottenimenti futuri; risulta pertanto
necessario lavorare profondamente sul nostro carattere per sconfiggere sia le tentazioni che ci
assediano dall’esterno, sia le passioni che ci spingono dall’interno. Non è difficile cadere vittime
degli stereotipi, degli schemi di pensiero patologici, fissi, bloccati in una recita senza fine e
sempre uguale e se stessa, il difficile è uscirne. La distorsione del pensiero si esplica nelle
parole, la cui conseguenza è l’agire. La ripetizione sistematica di azioni dà luogo alle abitudini
che strutturano il carattere, generano pulsioni e desideri dello stesso segno producendo un ciclo
senza fine (samsara). Quel che è stato fatto nel passato tende ad imporsi e a ripetersi in maniera
schematica, come un copione imparato a memoria, conseguenza di quella legge psicologica che è la
coazione a ripetere, nel bene e nel male. In questo modo le azioni più perverse, degradanti e
morbose, così come le più nobili e virtuose, diventano di attuazione spontanea in forza del suddetto
meccanismo che trasforma gli atti in abitudini. Dall’accurata analisi delle esperienze precorse,
delle compagnie scelte nel passato, possiamo giungere ad avere indicazioni importanti sul nostro
attuale modo di pensare e sui nostri desideri, al fine di modificarli ed orientarli opportunamente
verso il raggiungimento del completo successo nella vita: la realizzazione spirituale.

2. L’AMORE COME STRUMENTO DI EVOLUZIONE E DI SUPERAMENTO DEI CONFLITTI

Le persone si incontrano, come dei ruscelli, e per alcuni tratti, anche lunghi, fanno la strada
insieme condividendo la stessa corrente del karma. Quello che è importante sapere è che l’uomo ha la
facoltà di ergersi al di sopra di esso, delle proprie tendenze, del proprio destino e modificarli
nella comprensione, nelle intenzioni e nell’impostazione di vita. Ho testimoniato molte situazioni
conflittuali e ho raggiunto la profonda convinzione della necessità di una mediazione, di affetto
reciproco, di reciproca attenzione. Occorrono sicuramente molta pazienza, tolleranza e la
determinata volontà di aiutare l’altro a superare i propri limiti. Affetto vero significa andare
incontro ai bisogni degli altri, prendere in seria considerazione ogni loro effettiva necessità e
favorire quanto più possibile il loro sviluppo psicologico, intellettuale e spirituale. Se amiamo
una persona sarà per noi spontaneo cercare di stimolarla a crescere, ad ascendere ad una visione
superiore e a prendere in mano le redini della propria esistenza, perché amare veramente significa
proprio sostenere l’altro nel processo di recupero della sua vera identità che è costituita di piena
consapevolezza spirituale, di eternità e beatitudine.

Ma non è assolutamente detto che l’altro provi il desiderio di modificare certe sue posizioni,
magari piuttosto cercherà di minare le nostre, perché molta gente ritiene che la spiritualità e la
fede siano malattie da curare. Le persone si aiutano tanto meglio quanto più abbiamo nei loro
confronti distacco emotivo, perché tutto ciò col quale ci identifichiamo alla fine ci controlla e ci
inibisce. Sono importanti l’affetto, la benevolenza e il desiderio intenso di aiutare e sostenere,
ma nel momento in cui ci infatuiamo di una persona, in cui la vogliamo fare nostra e sviluppiamo
sempre più forti l’attaccamento e il senso di possesso, nella stessa misura diminuiscono le nostre
capacità di intervento, di trasformazione e di gestione della relazione. E’ l’amore che trasforma in
modo palese e duraturo, ma solo quando è libero dagli inquinamenti della libido, del possesso e del
godimento. Quando correggiamo o redarguiamo severamente qualcuno, toccandolo proprio nelle sue
caratteristiche più problematiche, dobbiamo aver prima avuto l’intelligenza e la sensibilità di
fermarci un attimo a riflettere sulle nostre motivazioni e sui nostri sentimenti.

Fare delle critiche in una fase di conflittualità, in stato di collera, di attaccamento o di
egoismo, oppure per ripicca o per mantenere una posizione di supremazia verbale o emotiva, trasforma
quasi sempre la persona in un opponente o addirittura in un nemico. Se invece è stato intimamente
appurato che la motivazione è benevolente, affettuosa e priva d’ego, l’atteggiamento e il risultato
saranno ben diversi. Occorre stare molto attenti al concetto diffuso di “lo faccio per il tuo bene”,
perché il desiderio di cambiare qualcuno è raramente a beneficio dell’altro, nella maggior parte dei
casi il problema è che la persona, così com’è, non risponde alle nostre aspettative o non ci piace.
Amare è voler aiutare gli altri ad evolvere verso una consapevolezza spirituale della vita ma senza
imporsi, perché l’amore dona una totale libertà ed è privo di qualsiasi tentativo di manipolazione.

3. LA SUBLIMAZIONE DELL’INTIMITA’

Una delle tensioni principali che possono nascere all’interno della coppia si verifica quando uno
dei due soggetti, ricercando la pace e la gioia dello spirito, perde appetito ed interesse per i
rapporti sessuali. La cultura moderna tende ad ingenerare la convinzione che il bisogno di sesso
equivalga a quello dell’aria, dell’acqua o del cibo, ma le grandi tradizioni spirituali ci
testimoniano una realtà ben diversa. Reprimere gli impulsi sessuali genera nevrosi, ma in chi? Solo
in coloro che non hanno ancora la visione e l’accesso ai piaceri superiori. Fino a che una persona
non è capace di sostituire qualcosa di meno elevato con qualcosa di più nobile, non può bruscamente
tagliare i ponti a un’energia che è abituata a fluire senza ostacoli. Dal momento in cui la mente
umana viene illuminata da una visione più ampia ed elevata, tutti gli atteggiamenti condizionanti
che in precedenza avevano prodotto attaccamenti e dipendenze, vengono gradualmente superati e
trasformati dalla pratica delle virtù, della conoscenza spirituale (jnana) e del distacco emotivo
(vairagya) verso tutto ciò che non è utile al processo evolutivo. In questo modo il soggetto
acquisisce una visione etica dell’uomo e del mondo dalla quale diviene impossibile prescindere nel
pensiero quanto negli atteggiamenti. Non esiste un’inconciliabilità a priori tra rapporti intimi tra
coniugi e vita spirituale.

L’attività sessuale ha un suo compito e una sua funzione fino ad un certo livello evolutivo,
raggiunto il quale il percorso spirituale trascende quelle necessità che solo allora scopriamo
essere state mere proiezioni della mente. Bloccare la propria spinta passionale non è salutare, è
piuttosto innaturale. Il processo di perdita d’interesse nei confronti delle componenti fisiche deve
avvenire da sé, in modo armonico e permettendo l’accesso a piaceri superiori che porteranno a grandi
trasformazioni. La regolazione sociale dei rapporti intimi è tutelata dall’istituzione della
famiglia e dunque del matrimonio. Tale regolamentazione mira principalmente a limitare e contenere
in un ambito più ristretto l’attività sessuale, proprio perché questi bisogni fino ad un certo
stadio evolutivo sono ritenuti vitali, importanti da soddisfare, e dunque le persone sono invitate a
sviluppare tali rapporti in una struttura socialmente e religiosamente protetta. Ma quella
protezione, quella istituzione fatta essenzialmente per regolare gli impulsi, ha la funzione di
permettere la crescita individuale fino a trascendere le ragioni stesse per cui la famiglia era
stata formata.

In altri termini, l’istituzione del matrimonio dovrebbe essere considerata come un contenitore che
permetta una zona di evoluzione protetta, fino al momento in cui il livello raggiunto sarà così
elevato che essa potrà essere trascesa. Secondo la tradizione alla quale ci riferiamo, l’uomo non è
fatto per rimanere nei limiti dell’esistenza fisica, per appiattirsi sulla sola dimensione del
corpo, ma piuttosto per riconoscere, scoprire e realizzare la propria natura spirituale, la quale
per esprimere la propria gioia, creatività e amore ha tutti i poteri (siddhi) ad essa connessi.
Dipende dalla persona se preferisce degradarsi o elevarsi; si deve lasciare all’individuo la libertà
di gestire la propria sfera sentimentale, il proprio investimento affettivo, se in eros o in amore.
Dobbiamo dare a tutti l’opportunità di muoversi secondo il proprio livello evolutivo, sperando ed
incoraggiando ognuno a guardare verso la trascendenza. Occorre una grande lungimiranza e capacità
adattiva da parte dell’intelligenza per non turbare gli altri e non essere a nostra volta da loro
turbati. Affinché il nostro comportamento non crei anche seppur sottili imposizioni sui nostri
interlocutori, è necessario essere molto cauti nel comunicare le nostre scoperte evolutive e il
risveglio della nostra coscienza, per non indisporre, non turbare e non incorrere in atteggiamenti
che tramuterebbero un gesto d’amore in una forzatura. Essere in grado di percepire dimensioni
superiori permette di essere saldi in questa nostra visione; ciò non significa demonizzare o svilire
la realtà fisica e nemmeno coloro che vi si dedicano interamente negando ogni ipotesi di realtà
ulteriore.

4. L’IDEALE DELL’AMORE COME FORZA TRASFORMATRICE

L’umanità ha conosciuto diverse figure esemplari, le più grandi, quelle che hanno lasciato un segno
nella storia del mondo, sono quelle che erano animate dall’amore più elevato e questo le ha dotate
di una forza trasformatrice straordinaria. Se invece l’amore che fa da propulsore è ad un livello
meno puro, è misto con altri sentimenti, la capacità trasformatrice diminuisce sensibilmente e
agisce solo su coloro che sono più predisposti alla correzione. Nella filosofia indiana esiste una
dottrina della trasformazione chiamata parinama-vada, che può agire anche in senso involutivo. Il
dharma è una forza immane, ineluttabile, ineffabile, onnipervadente che sospinge verso l’evoluzione,
ma non è l’unica forza in campo, c’è anche la volontà umana. Solo quando la volontà umana si allea
alle forze evolutive del dharma, la personalità si armonizza e segue la sua strada di ascesa
interiore senza più incorrere in inciampi e frustrazioni. Da Buddha a Cristo a Krishna, tutti i
grandi hanno convenuto nel dire che la vita incarnata è dolore, ma esso si placa se il soggetto
sviluppa un buon rapporto con la propria guida interiore e se si collega al dharma. In questo modo
le difficoltà diminuiscono visibilmente, finché la crisi per eccellenza, che è la morte, cessa di
essere motivo di spavento e diventa la consapevole occasione di transizione verso un’esistenza
superiore.

La vita, infatti, non abbisogna del corpo fisico per manifestarsi, per godere o soffrire delle
proprie esperienze, è piuttosto vero il contrario. Nel sogno ad esempio si vivono numerose
situazioni a seconda di quelle che sono le componenti oniriche, indipendentemente dal corpo fisico.
Una relazione ideale dovrebbe fluire tra anima e anima, nella consapevolezza della propria natura
spirituale, e progredire dall’attrazione (ratim) allo sviluppo di intensità e gusto (ruci) nel
relazionarsi, per poi passare a priti, ovvero allo sviluppo dell’affetto ed infine all’amore che si
manifesta nel desiderio di servire e di far piacere all’altro ma che, nel suo stadio più evoluto,
trascende un rapporto a due di tipo egoico e avvicina al bene universale, all’amore totale, ad una
relazione che mette in contatto con l’universo, le creature, il creato e il Creatore. Nel processo
evolutivo s’incontrano frequentemente sia gli ostacoli posti dagli altri, sia quelli creati dai
brandelli della nostra vecchia personalità, dalle nostre precedenti abitudini ed antichi
attaccamenti. Ma in quanto espansioni di Dio non corriamo mai definitivamente il rischio di perderci
o rimanere soli, possiamo in ogni momento e in ogni circostanza risvegliare le nostre capacità
creative superiori connesse alla natura spirituale che ci permettono di agire in maniera oculata e
seminare bene per il nostro futuro attraverso la gestione sana di desideri, pensieri e parole.
Queste capacità e facoltà latenti che noi tutti possediamo, si rinforzano o si indeboliscono a
seconda dell’impostazione etico-morale che diamo alla nostra vita e in base al modello che scegliamo
per scolpire la nostra personalità ed esistenza. Non sono sufficienti formule già fatte applicate
astrattamente all’insieme delle persone; le autentiche evoluzioni non possono essere altro che
individuali, non sono dunque semplicemente il frutto di un’adesione acritica ad una fede o
denominazione religiosa, bensì l’esito di sforzi personali ben coordinati, costanti e determinati di
chi anela alla luce, alla gioia, alla libertà e all’amore.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *