La SCIENZA della VITA secondo F. CAPRA

pubblicato in: AltroBlog 0
La SCIENZA della VITA secondo F. CAPRA

di Elsa Nityama Masetti e Vincent Gambino

25-6-2008

Istruzione all’ecologia: imparare a leggere e scrivere ecologico. Fritjof Capra chiarisce in
quest’intervista che cosa intende per sostenibilità – parola abusata nel campo, come molte altre.
Operativamente ci dice Capra non dobbiamo aggiungere niente o darci da fare vistosamente. Il punto
sta anzi nella non interferenza con l’abilità sistemica della vita a sostenere se stessa.

Sei un fisico e un teorico sistemico noto a livello internazionale, che cosa ti ha spinto a
diventare un attivo ecologista e il fondatore del “Centre for Ecoliteracy”(un Centro per
l’istruzione all’ecologia n.d.t.). Qual è lo scopo, l’obbiettivo principale di questo Centro?
Di fatto sono uno scienziato e uno scrittore di scienza, e lavoro anche come educatore e attivista
ambientale. La mia formazione è quella di un fisico e ho passato vent’anni facendo ricerca nella
fisica teoretica delle alte energie. Quale scrittore di scienza, mi sono occupato di un’indagine
esplorativa del cambiamento fondamentale relativo alla visione del mondo, che sta, da qualche tempo,
avanzando nella scienza e nella società, e delle implicazioni sociali di questa trasformazione
culturale. Al fine di connettere i cambiamenti nella scienza con il più ampio mutamento dei modi di
vedere e dei valori nella società, mi son dovuto spingere oltre la fisica e cercare una più aperta
struttura concettuale. In questo modo la mia ricerca è slittata dalla fisica alle scienze della
vita. Contemporaneamente, durante gli anni 80, mi sono coinvolto nell’attivismo ambientalista. Ho
fondato un’organizzazione chiamata Centre of Ecoliteracy che promuove la cosiddetta “educazione per
un vivere sostenibile” nelle scuole primarie e secondarie.

Puoi descriverci la tua idea di una società sostenibile?
E’ stata fatta un bel po’ di confusione sui concetti di sostenibilità, anche all’interno dei
movimenti ambientalisti stessi. Una comunità sostenibile è usualmente definita come quella che è in
grado di soddisfare i sui bisogni e le sue aspirazioni senza diminuire le possibilità delle
generazioni future. Si tratta di un’esortazione morale, molto importante. Ci ricorda la nostra
responsabilità nel passare a figli e nipoti un mondo con maggiori opportunità di quello che abbiamo
ereditato. In ogni modo, questa definizione non ci dice niente su come costruire una comunità
sostenibile. Ciò di cui abbiamo bisogno è una definizione operativa della sostenibilità ecologica.
La chiave di tale definizione operativa è la realizzazione che non abbiamo bisogno di inventare
comunità umane sostenibili da zero, ma possiamo modellarle dagli ecosistemi in natura, che sono
comunità sostenibili di piante, animali, e microrganismi. Dal momento che l’eccezionale
caratteristica della biosfera è la sua inerente abilità a sostenere la vita, una comunità umana
sostenibile deve essere progettata in maniera tale che le sue modalità di vita, di portare avanti
gli affari, l’economia, le sue strutture fisiche e tecnologiche non interferiscano con l’abilità
inerente in natura a sostenere la vita.

Aggacciandosi a queste tue riflessioni, quale sarà il compito dell’educazione nel futuro?
Tale definizione di sostenibilità implica che il primo passo, nel nostro sforzo per costruire delle
comunità, deve essere quello di diventare ”ecologicamente letterati”, per es., comprendere i
principi dell’organizzazione che gli ecosistemi hanno sviluppato per sostenere la rete della vita.
Nelle decadi a venire la sopravvivenza dell’umanità dipenderà dalla nostra alfabetizzazione
ecologica (saper leggere e scrivere in modo ecologico) – la nostra abilità a comprendere i principi
base dell’ecologia e del vivere in accordo con essi.
Questo significa che l’ecoalfabetismo (l’istruzione ecologica) deve diventare una capacità critica
di politici, dirigenti d’affari, professionisti di ogni settore, e dovrebbe essere la parte più
importante a tutti i livelli – dalla scuola primaria, alla secondaria fino all’università,
e nelle specializzazioni, i seminari formativi professionali.
Il Centre of Ecolitercy promuove il saper leggere e scrivere ecologico nelle scuole primarie e
secondarie. Negli ultimi dieci anni io e i miei colleghi abbiamo sviluppato una pedagogia speciale,
che chiamiamo “educazione al vivere sostenibile”. Offre un approccio esperienziale, partecipativo e
multidisciplinare per istruire all’ecologia.

Molti dei principi del concetto contemporaneo di ecologia sono anche parte di ciò che tu chiami
antica saggezza, qualcosa che era presente nelle società rurali e nelle tradizioni spirituali
monastiche. In un certo senso noi come specie abbiamo posseduto un profonda comprensione
dell’intreccio della vita e delle sue interconnessioni, anche se non abbiamo ancora evoluto un
linguaggio appropriato per spiegarla… Puoi dirci, allora, qual è questa saggezza al nucleo
dell’ecologia?
Imparare dall’esperienza diretta della natura vivente è un modo per diventare ecologicamente colti.
Un altro modo è imparare dalla conoscenza dei popoli indigeni, che, a turno, hanno acquisito la loro
saggezza dalla natura. Al Centre of Ecoliteracy perseguiamo ambedue questi metodi. Il nocciolo degli
insegnamenti sull’ecologia, la saggezza della natura, devono anche essere visti come i fatti
fondamentali della vita – per esempio, che gli scarti di alcune specie sono cibo per altre; che la
materia si ricicla continuamente nella rete della vita; che l’energia alla guida dei cicli ecologici
proviene dal sole; che la diversità assicura una buona elasticità(flessibilità); che la vita, dai
sui primordi – più di tre bilioni di anni fa, non ha portato avanti il pianeta con la lotta, il
combattimento ma attraverso l’utilizzo di connessioni.

Uno dei soggetti ricorrenti dei tuoi libri è quello dei “sistemi viventi”. Potresti spiegarci a che
cosa si riferisce la visione di tali sistemi e come applicarla alla vita di tutti i giorni?
Tutti i sistemi viventi sono unità integrate le cui proprietà non possono essere ridotte a quelle
delle loro parti (più piccole). Sebbene ogni sistema vivente possa essere suddiviso in porzioni, la
natura dell’intero è sempre diversa dalla mera somma delle sue parti. La teoria dei sistemi, perciò,
implica un nuovo modo di vedere il mondo e un nuova modalità di pensare, conosciuta come “pensiero
sistemico”. Significa pensare in termini di relazioni, modelli e contesti. Il pensiero sistemico è
stato portato a un nuovo livello durante gli ultimi vent’anni, con l’evolversi della teoria della
complessità, un nuovo linguaggio matematico e un rinnovata serie di concetti per descrivere la
complessità dei sistemi viventi.

Il pensiero sistemico e l’ecologia: qual è il collegamento e in che modo si corrispondono?
La teoria dei sistemi viventi è la più appropriata, tra le strutture scientifiche, per l’ecologia.
Questa teoria sta emergendo pienamente solo ora, ma trova le sue radici in diversi campi della
scienza che si sono evoluti durante la prima metà del secolo ventesimo – la biologia degli
organismi, la teoria generale dei sistemi e la cibernetica. In natura abbondano degli esempi di
sistemi viventi. Ogni organismo è un sistema vivente. Parti di organismi – ad esempio le foglie, o
le cellule – sono ancora sistemi viventi. Nel mondo vivente, troviamo dei sistemi che s’inseriscono
l’uno nell’altro.

A proposito dello studio della materia e della forma, qual è la differenza tra questi due approcci
ai fini della comprensione della natura?
Il pensiero sistemico implica uno spostamento di attenzione dagli oggetti alle relazioni. Non è
facile, per noi, comprendere le relazioni, perché è qualcosa che va contro la tradizionale impresa
scientifica della cultura occidentale. Nella scienza, così ci hanno insegnato, le cose si misurano e
si pesano. Le relazioni, però, non possono essere pesate e misurate; hanno bisogno di essere
mappate. Quando rilevi delle relazioni, scoprirai che certe loro configurazioni si manifestano
ancora ed ancora. Questo è ciò che prende il nome di modelli. Lo studio delle relazioni ci conduce
allo studio dei modelli.
E qui scopriamo la tensione che ha caratterizzato, in modo particolare, la scienza e la filosofia
occidentale attraverso i secoli. E’ la tensione tra i due differenti approcci alla comprensione
della natura, lo studio della materia e quello della forma. Lo studio della materia comincia con la
domanda: «di che cosa è fatta/o?». Questo conduce alla nozione di componenti fondamentali, di
blocchi costituenti; alla misurazione e alla quantificazione. Lo studio delle forme chiede: «Qual è
il modello?». E questo conduce alle nozioni di ordine, organizzazione, relazioni.
Queste sono tendenze investigative molto diverse tra loro, che sono state in competizione durante
tutta la nostra tradizione scientifica e filosofica. Per la maggior parte del tempo, lo studio della
materia – delle quantità e dei costituenti – è stato dominante. Ma nei decenni più recenti
l’emergere del pensiero sistemico e della teoria della complessità ha portato lo studio della forma
– dei modelli e delle relazioni – di nuovo alla ribalta.

Il pensiero sistemico ci porta a una comprensione della natura che non è soltanto “scientifica”,
mette in connessione i differenti aspetti della vita sociale e della cultura umana; quali sono
quindi i modelli a cui ci adattiamo? Come ci poniamo in connessione con l’intreccio (rete) della
vita?
I sistemi viventi includono degli organismi individuali come anche le comunità d’organismi. Queste
possono essere dei sistemi sociali – una famiglia, una scuola, un villaggio – o degli ecosistemi. La
teoria dei sistemi ci dice che tutti i sistemi viventi condividono una serie di proprietà e principi
d’organizzazione comuni. Ci dice anche che siamo tutti immersi nei processi e nei modelli del mondo
naturale.

Questa nuova comprensione dei modelli, delle connessioni e delle relazioni ci fornisce conoscenza e
contribuisce ad accrescere la nostra coscienza, ma per applicare le nostre scoperte abbiamo bisogno
di volontà al fine di seguire questa via…Hai dei suggerimenti pratici da darci? Se dovessi
consigliare i nostri lettori, secondo la tua esperienza, qual è attualmente la cosa più importante
da fare, in cui coinvolgersi, a livello spirituale, culturale, economico e politico?
Negli ultimi anni si è formata una coalizione globale di ONG (organizzazioni non governative)
intorno ai valori basilari della dignità umana e della sostenibilità ecologica. Questa coalizione,
conosciuta come il movimento di giustizia globale, è l’esempio di un nuovo tipo di movimento
politico che è tipico della nostra era dell’Informazione.
Grazie al loro uso mirato di internet, le ONG della coalizione sono capaci di stare in rete le une
con le altre, condividere informazioni e mobilitare i loro membri con una velocità senza precedenti.
Come risultato le nuove ONG a carattere globale sono emerse quali attori politici effettivi,
indipendenti dalle tradizionali istituzioni nazionali e internazionali. Costituiscono un nuovo tipo
di società civile globale. Questa società globale non solo organizza campagne politiche, ma include
anche una rete di studiosi, istituti di ricerca, casse di risonanza di pensiero, e centri di
apprendimento. La loro caratteristica comune è che portano avanti le loro ricerche e il loro
insegnamento all’interno di una struttura specifica di valori centrali condivisi. Oggi ci sono
dozzine di queste istituzioni di ricerca e apprendimento in ogni parte del mondo. Per maggiori
dettagli è possibile consultare l’ultimo capitolo di La Scienza della Vita (Rizzoli Bur Scienza
2004). Oggi la domanda non è più: “da dove posso cominciare?” ma “a quale organizzazione o comunità
potrei prender parte?”

Quanto il mondo accademico e ufficiale è aperto alla direzione di cui parli?
Le istituzioni di ricerca e apprendimento della società civile operano ampiamente fuori dalle
istituzioni accademiche correnti, dalle organizzazioni d’affari e dalle agenzie governative. Alcuni
dei loro ricercatori operano ancora nel sistema universitario tradizionale, ma la maggior parte
trova più efficace lavorare presso istituzioni alternative indipendenti.

Pensi che allo scopo di costruire una società sostenibile sia importante diventare più coinvolti
nella comprensione di sé?
Scienza e Conoscenza, vorresti commentare la loro connessione più praticabile?
La nuova comprensione di sé di cui abbiamo bisogno per vivere in modo sostenibile è comprendere il
nostro ruolo come membri della Famiglia Terrestre (il significato originale della parola Greca
“Oikos”, la radice di “Ecologia”). Questa comprensione ci è fornita dalla scuola filosofica
conosciuta come “ecologia profonda”, fondata dal Norvegese Arne Naess agli inizi degli anni
settanta. Naess ha fatto una distinzione fondamentale tra ecologia “superficiale” e “profonda”.
L’ecologia superficiale è antropocentrica. Guarda agli umani come al di sopra, o al di fuori della
natura, come la sorgente di tutti i valori, e attribuisce solo un valore strumentale o d’uso alla
natura. Un’ecologia approfondita non separa gli umani dal loro ambiente naturale, e nient’altro che
vi appartenga. Non vede il mondo come una collezione di oggetti isolati ma piuttosto come una rete
di fenomeni fondamentalmente interconnessi e interindipendenti. L’ecologia profonda riconosce dei
valori intrinseci a tutti gli esseri viventi e vede gli umani soltanto come un particolare anello
dell’ordito della vita.

Tanti dei paradigmi della nuova scienza sembrano avvicinarsi molto alla spiritualità orientale. Di
fatto tu sei stato un apripista con Il Tao della Fisica (Adelphi 1989). Non è troppo semplicistico
trovare sempre delle analogie?
Una profonda consapevolezza ecologica è, in fondo, consapevolezza spirituale o religiosa. La parola
“religione”, dal Latino religare, si riferisce all’esperienza umana fondamentale dell’essere
connessi con tutta la natura, di appartenere all’universo. Il senso di connessione, di relazione,
d’interdipendenza sono concetti fondamentali dell’ecologia; e il senso di connessione, il
relazionarci, appartengono anche all’essenza dell’esperienza religiosa.
La consapevolezza ecologica, quindi, è spirituale nella sua essenza più profonda, e, così, non desta
sorpresa che la nuova visione della realtà emergente, basata su una profonda consapevolezza
ecologica, consista nella cosiddetta “filosofia perenne” della tradizioni spirituali, sia che si
parli del misticismo cristiano, di quello buddista o della filosofia e cosmologia presente in molte
tradizioni indigene.

Guardando ai risultati del convegno internazionale di Kyoto qual è la tua impressione su tali summit
e la loro possibilità di aiutare davvero ad arginare il disastro ecologico odierno? Sei rimasto
disilluso o questo evento ha confermato le tue perplessità?
Credo che gli incontri internazionali come quelli di Kyoto, l’Earth Summit e simili siano cruciali
nel sostenere lo scambio d’idee riguardanti la transizione verso un futuro sostenibile, per formare
coalizioni e per decidere strategie efficaci. Qualche volta mi scopro disilluso dai lenti progressi
che si fanno a questi incontri, ma non mi lascio immobilizzare dalle paure e dalle delusioni. Seguo
l’indicazione del politico teorico italiano Antonio Gramsci: “Abbiamo bisogno del pessimismo
dell’intelletto e dell’ottimismo della volontà”

Approfondire e connettersi
www.ecoliteracy.org

da www.scienzaeconoscenza.it

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *