La scienza dello stress

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La scienza dello stress: che cos’è, perché esiste, e perché a volte è troppo

Perché ci accompagna da sempre? Che percorsi segue, nel cervello, e perché alcune persone ne
sembrano immuni? Le origini di una naturale risposta alle situazioni difficili, che a volte sfugge
di mano.

01 AGOSTO 2019 | ELISABETTA INTINI

Sotto pressione: lo stress è una risposta di emergenza che ha l’obiettivo di ristabilire
l’equilibrio perduto.

Che stress! Una delle espressioni più ricorrenti nel linguaggio comune indica, in biologia, la
naturale risposta a uno stimolo che minaccia il benessere fisico o psicologico. In quantità ridotte,
questa reazione è indispensabile: ai nostri antenati serviva per percepire la presenza dei
predatori. Ma oggi, a scatenare lo stress sono scadenze, bollette, ingorghi nel traffico: situazioni
non di vita o di morte, ma che possono condurre a uno stato di agitazione cronica che può
compromettere la salute cardiovascolare, e causare ansia o depressione.

LA PRIMA VOLTA. Il termine stress fece il suo esordio negli studi di psicologia nel 1936, quando un
medico austriaco, Hans Seyle, iniziò a osservare le risposte fisiologiche dei ratti ad alcuni
stimoli poco piacevoli come freddo, farmaci o eccessivo esercizio fisico. A prescindere dal tipo di
scocciatura, e anche nei casi in cui avessero ricevuto semplicemente un’iniezione di fisiologica,
gli animali manifestavano una serie di reazioni tipiche che furono classificate come “stress”: un
termine mutuato dalla fisica dei materiali che indicava una risposta non specifica a uno stimolo
negativo. Un tentativo di adattamento a un fattore di disturbo, volto a generare un nuovo
equilibrio.

LE ORIGINI NEL CERVELLO. Dal punto di vista neurologico, si entra in una situazione di stress quando
l’amigdala, un gruppo di strutture cerebrali che gestisce le emozioni e in particolare la paura,
percepisce un pericolo e invia un segnale all’ipotalamo, una struttura che controlla l’attività
endocrina e molti meccanismi autonomi dell’organismo.

Esso rilascia un mix di ormoni, come adrenalina e cortisolo, che influenzano i sistemi endocrino,
nervoso e immunitario in due modi specifici. Una prima cascata di ormoni, l’asse simpatico-midollare
del surrene, attiva attraverso l’adrenalina la risposta di attacco o fuga, caratterizzata
dall’aumento del ritmo respiratorio e del battito cardiaco, e dalla liberazione di fonti energetiche
che preparano l’azione muscolare.

Una seconda risposta ormonale, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, mantiene il corpo in uno stato di
allerta prolungata attraverso il rilascio di una serie di messaggeri chimici di natura proteica (i
neuropeptidi) che agiscono direttamente anche sui meccanismi di neurotrasmissione cerebrale. Si
pensa che sia proprio per questa ragione, che lo stress eccessivo può causare ansia e depressione.

Se in dosi eccessive, lo stress può diminuire la nostra abilità di predire e percepire nuovi
stimoli pericolosi, perché rende meno flessibili e adattabili.

REAZIONI PERSONALI. Se il meccanismo di base è uguale per tutti, ciascuno risponde diversamente.
L’esperienza aiuta a trovare le migliori risposte a una situazione stressante: ecco perché la
gestione dei fattori stressogeni migliora con l’età.

Alcune particolari esperienze contribuiscono allo sviluppo di una carenza di stress, che in alcune
situazioni può essere pericolosa perché incide sulla valutazione del rischio: per esempio, chi ha
subito esperienze traumatiche durante l’infanzia (come abusi e violenze fisiche, o la mancanza di
una casa) da adulto tende a mostrare minori livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) in risposta
agli eventi avversi. Molte ricerche collegano questa apparente “insensibilità fisiologica” a una
maggiore propensione al consumo di sostanze e allo sviluppo di dipendenze.

Anche lo stress dei genitori può influire sulla risposta dei figli alle situazioni stressanti, sia
attraverso gli ormoni trasmessi al feto dalla madre, sia per alcune modificazioni chimiche di
cellule uovo o spermatozoi (un fenomeno ben dimostrato, finora, soprattutto nei ratti).

All’estremità opposta della forbice si trova chi combatte lo stress derivante da esperienze
traumatiche estreme come guerre, rapimenti, torture, malattie gravi: il disturbo post traumatico da
stress, che solo negli USA interessa 7 milioni di persone, costringe chi ne è colpito a rivivere
nella mente l’evento stressogeno e il disagio che ne consegue, e rende ipervigili anche agli allarmi
ingiustificati.

Se una cosa vi provoca ansia, probabilmente provare a rilassarvi non servirà, perché siete in uno
stato di arousal, ossia di attivazione: funziona meglio invece, provare a trasformare
quell’eccitazione negativa in eccitazione positiva, in carica adrenalinica. Può sembrare
controintuitivo, ma si tratta di una tecnica nota, detta di rivalutazione cognitiva.

COME RISPONDERE?

Se tralasciamo le strategie distruttive come eccedere con l’alcol o con il cibo o negare che esista
un evento stressante, esistono molti metodi efficaci di combattere lo stress, a cominciare dalla
psicoterapia, e continuando con lo sport praticato regolarmente o la meditazione.

Altri approcci prevedono di affrontare direttamente il fattore stressogeno, per esempio con una
migliore organizzazione della lista delle cose da fare giornaliera, o l’interruzione di una
relazione “tossica”.

NE SOFFRONO ANCHE ALTRI ANIMALI? L’uomo non è l’unica creatura funestata dallo stress: una recente
indagine che ha coinvolto oltre 4000 padroni di cani ha rivelato che almeno la metà dei quadrupedi
ne soffriva. Alcuni sintomi sono più evidenti (guaiti, brividi, tentativi di fuga), altri meno
(aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna). Come per l’uomo, alcuni eventi scatenano
lo stress in acuto (le visite dal veterinario), altri, come l’ansia da separazione dal padrone, lo
prolungano nel tempo.

Di stress cronico possono soffrire anche gli animali nei parchi zoologici, con conseguenze sul loro
sistema immunitario, sulla crescita e sulle facoltà riproduttive. Alcuni animali lo manifestano con
attività ripetitive: i trichechi strofinano le zanne contro i bordi delle piscine, i pappagalli si
staccano le piume; altri portano all’esasperazione comportamenti che manifesterebbero di norma in
natura, come la caccia e il pattugliamento del territorio.

da focus.it

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