La sonoluminescenza: un fenomeno fisico affascinante

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La sonoluminescenza: un fenomeno fisico affascinante

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È possibile che una luce rimanga accesa senza corrente? Fantascienza o fisica? Scopriamo insieme il
fenomeno fisico della sonoluminescenza

Antonella Ravizza – 25/10/2023

Non vi è mai capitato di vedere deboli flash di luce che durano anche per qualche ora, senza alcuna
alimentazione di corrente? A me è capitato recentemente con delle lucine per gli addobbi natalizi,
con una particolare forma di stella, e ciò mi ha spinto a cercare di capire quale misterioso
fenomeno fisico ci fosse alla base: lucine accese senza corrente!?! Non mi sembrava possibile, ma
due lucine di una fila di circa 20, restavano accese per qualche ora dopo aver tolto la corrente.
Segue una possibile spiegazione.

Che cos’è la sonoluminescenza

Già dai primi anni trenta del XX secolo si osservò un fenomeno molto particolare e interessante che
fu battezzato sonoluminescenza, ma solo dal 1988 si incominciò a studiarlo con ricerche mirate. Il
termine deriva dalla fusione di due parole latine: sonus e lumen, che appunto significano suono e
luce.

Il fenomeno può verificarsi con una piccola bolla di gas immersa in un liquido che, collassando
velocemente, emette luce (detta sonoluminescenza a bolla singola SLBS) oppure con più bolle
(sonoluminescenza a bolle multiple SLBM). Più precisamente, quando una bolla di gas viene eccitata
dalla propagazione di ultrasuoni, può trasformare una frazione di energia sonora in luce. Gli
ultrasuoni, quando passano in un liquido, provocano la formazione, la crescita e il collasso di
microscopiche bolle. Le loro oscillazioni possono provocare notevoli temperature e pressioni, simili
a quelle che si osservano nelle esplosioni. Per una certa gamma di valori di alcuni parametri
fisici, come la temperatura del bagno o l’ampiezza di oscillazione della pressione, o la quantità di
gas sciolto nel liquido o il raggio della bolla, si verifica una emissione di radiazione
elettromagnetica che cade nella banda del visibile e dell’ultravioletto.

Quello che noi osserviamo è l’emissione di un flash di luce; e tutto questo si ripete regolarmente
alla frequenza acustica di eccitazione (anche 25 mila volte al secondo) e anche per tempi molto
lunghi, di diverse ore. Ciò che appare ad occhio nudo, nel laboratorio oscurato, è un puntino
luminoso di colore bluastro al centro del piccolo risonatore di vetro (è stato definito “stella in
un bicchiere”). È bene precisare che gli ultrasuoni sono onde meccaniche sonore con frequenza di
vibrazione superiori a quelle mediamente udibili dall’orecchio umano. La frequenza di riferimento è
20kHz. L’ultrasuono è ciò che è al di là del suono udibile.

Osservazioni e prove sperimentali

Le prime osservazioni del fenomeno della sonoluminescenza risalgono al 1933 con l’osservazione di
una lastra fotografica annebbiata dall’immersione in un liquido che era stato agitato dagli
ultrasuoni. Un anno dopo all’università di Colonia riuscirono a riprodurre una luce nell’acqua,
molto debole ma visibile, usando appunto gli ultrasuoni. I due studiosi cercarono di dare una
spiegazione al fenomeno osservato, immaginando che fosse un fenomeno di tipo elettrico, causato dal
moto delle bolle, ma non approfondirono l’argomento a causa dello scarso interesse generale. Le SLBM
sono difficili da studiare, perché emettono luce per pochi nanosecondi (un tempo brevissimo) e sono
in continuo movimento.

Nel 1988 si iniziò ad applicare la teoria allo studio del moto acustico in una singola bolla. Una
SLBS è più facile da studiare perché è stazionaria, può essere stabile e incandescente per diversi
minuti, quindi è possibile studiare non solo la bolla, ma anche la luce emessa. Il fenomeno,
comunque, non è ancora molto noto e intorno ad esso si sono formate molte teorie che non riescono
però a spiegare in modo completo le proprietà della sonoluminescenza. Ad esempio la teoria dell’onda
d’urto è basata sul fatto che la bolla resti sferica. In questo caso la luce potrebbe essere
prodotta da due diversi meccanismi: le alte temperature causate dal riscaldamento adiabatico della
bolla provocano la formazione del plasma e la ricombinazione delle molecole provoca l’emissione
luminosa oppure le alte temperature provocano una produzione di un plasma relativamente freddo che
emette luce per un processo chiamato Bremsstrahlung (a causa delle collisioni tra elettroni produce
uno spettro molto vasto).

La teoria della formazione di jet è in opposizione alla precedente: la bolla, mentre collassa, non
resta sferica e deformandosi produce al suo interno un cilindro di acqua detto jet che può viaggiare
anche a 2500 km/h producendo, al momento della sua uscita dalla bolla, emissione di radiazione
elettromagnetica anche nello spettro visibile (luminescenza). La teoria della solidificazione ad
alte pressioni è simile alla teoria delle onde d’urto, mentre la teoria dell’emissione indotta da
collisione è totalmente nuova: quando due molecole del gas contenuto nella bolla collidono o si
avvicinano, inducono un cambiamento nei dipoli di entrambi; sono la formazione e il rilassamento di
questi dipoli a causare l’emissione della luce. C’è chi suppone invece che la luminescenza possa
essere un fenomeno di vuoto quantistico e c’è chi parla anche di fenomeni di fusione nucleare. In
effetti, così come la temperatura superficiale del Sole (meno di 6000° C) nasconderebbe temperature
molto superiori presenti nel suo nucleo, si potrebbe pensare che le temperature previste per le
bolle della sonoluminescenza ne caratterizzassero solo un guscio periferico: nel loro nucleo si
sarebbero potute registrare temperature sufficienti a promuovere, in presenza delle giuste specie
chimiche, processi di fusione nucleare. A questo punto mi chiedo: ma le mie lucine di Natale, si
saranno veramente accese per il fenomeno della sonoluminescenza?

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Dai quanti all’Universo a 26 dimensioni
Antonella Ravizza
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