La Teoria dell’origine virale delle malattie

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La Teoria dell’origine virale delle malattie

di Arthur M. Baker – Estratto da Exposing the Myth of the Germ Theory

a cura del College of Practical Homeopathy, 2005 – Traduzione di Gianluca Freda

In origine la parola “virus” significava veleno e il termine “virulento” voleva dire velenoso. Oggi
intendiamo per virus una entità submicroscopica e “virulento”, in generale, significa contagioso. La
medicina moderna utilizza il termine “virus” per indicare una microscopica forma di vita capace di
infettare le cellule e a cui viene pertanto attribuita la responsabilità di molte delle nostre
malattie.
Nell’immaginario popolare, il virus è una forma di vita in grado di parassitare ogni altra forma di
vita, inclusi gli animali, le piante e i saprofiti (funghi e batteri).
Nella descrizione delle infezioni virali, ai virus vengono attribuiti comportamenti quali
“iniettarsi”, “incubare”, “essere in latenza”, “invadere”, avere uno “stadio attivo”,
“impadronirsi”, “riattivarsi”, “mascherarsi”, “infettare”, “assediare” ed essere “devastanti” e
“mortali”.
La teoria medica convenzionale sostiene che i virus nascono da cellule morte che essi stessi hanno
infettato. Il virus “si inietta” nella cellula e le “ordina” di riprodurlo, fino al momento in cui
la cellula esplode per lo sforzo. I virus sono a questo punto liberi di cercare altre cellule in cui
ripetere il processo, infettando così l’intero organismo.
Tuttavia i virologi ammettono che i virus, pur avendo natura peculiarmente organica, non possiedono
metabolismo, non possono essere replicati in laboratorio, non possiedono alcuna caratteristica degli
esseri viventi e, in realtà, non sono mai stati osservati vivi!!

I “virus vivi” sono sempre morti

Il termine “virus vivo” indica semplicemente quei virus creati dalla coltura di tessuti viventi in
vitro(cioè in laboratorio), dai quali si possono ottenere trilioni di virus. Ma proprio qui sta il
punto: anche se alcune colture da laboratorio vengono tenute vive, nel corso del processo si
verifica un massiccio ricambio cellulare ed è dalle cellule morenti che vengono ottenuti i “virus”.
Essi sono comunque morti o inattivi, poiché non possiedono né metabolismo né vita e non sono altro
che molecole di DNA e proteine.
I virus contengono acido nucleico e proteine, ma mancano di enzimi e non possiedono una vita propria
poiché mancano dei prerequisiti fondamentali della vita, e cioè dei meccanismi di controllo
metabolico (che perfino i batteri “inferiori” possiedono). Il Guyton’s Medical Textbook riconosce
che i virus non hanno nessun sistema riproduttivo, nessuna capacità di locomozione, nessun
metabolismo e non possono essere riprodotti in vitro come entità viventi.

Il legame con i mitocondri
Poiché i “virus” non sono vivi, essi non possono agire in nessuno dei modi che vengono loro
attribuiti dalle autorità mediche, tranne che come unità funzionali del nostro normale materiale
genetico all’interno del nucleo cellulare o del nucleo mitocondriale interno alla cellula.
I mitocondri sono organismi viventi, uno dei molti diversi organelli (piccoli organi) presenti
all’interno delle cellule del nostro corpo. I mitocondri hanno grosso modo la dimensione dei batteri
e sia gli uni che gli altri possiedono un proprio DNA e un proprio metabolismo.
I mitocondri metabolizzano glucosio ricavandone molecole di ATP, che sono energia pronta per l’uso a
cui il corpo può attingere quando ce n’è bisogno. Cosa ha a che fare questo con i “virus” in quanto
tali? Tutto, come capirete fra un momento.
Chiunque abbia studiato citologia (struttura delle cellule) sa bene che la stragrande maggioranza
delle forme di vita presenti all’interno della cellula è rappresentata dai mitocondri, i creatori
della nostra energia.
I semplici protozoi monocellulari possiedono al proprio interno fino a mezzo milione di mitocondri.
Le cellule umane ne hanno meno: dalle poche centinaia presenti nelle cellule sanguigne ai 30.000 e
più delle cellule dei tessuti muscolari maggiori. Poiché l’intero corpo umano possiede dai 75 ai 100
trilioni di cellule, ciascuna delle quali contiene, mediamente, migliaia di mitocondri, devono
esserci quadrilioni o quintilioni di mitocondri all’interno del nostro sistema.
Quando una cellula muore, essa viene rimpiazzata da una cellula figlia nata dal processo della
mitosi, mentre la cellula esausta viene disintegrata dai lisosomi, i potenti enzimi intracellulari
autodistruggenti e autodigerenti, che frammentano i componenti cellulari in particelle ultra-minute
affinché il corpo possa prontamente riciclarle o espellerle come scarti.

Ogni giorno, da 300 milioni fino a oltre mezzo trilione di cellule del nostro corpo muoiono (a
seconda del nostro livello di tossicità) e ognuna di esse contiene in media dai 5.000 ai 20.000
mitocondri. Quando le cellule muoiono esse vengono autodistrutte dai loro stessi lisosomi, ma i
nuclei e i genomi dei mitocondri sono protetti assai meglio rispetto ad altri organelli e
protoplasmi cellulari e spesso non si decompongono completamente.
Genomi e nuclei sono microscopici contenitori di informazioni genetiche, consistenti in DNA o RNA
che agisce come centro di controllo e immagazzinamento del “progetto” stesso della cellula. In
quanto tali essi sono per i mitocondri e le cellule ciò che il cervello è per il nostro corpo. Ogni
cellula e ogni mitocondrio contengono questo materiale genetico che è la zona più protetta della
cellula (grazie alla sua guaina proteica a doppi lipidi), proprio come il nostro sistema nervoso è
la parte più vitale e protetta della nostra fisiologia (grazie alla colonna vertebrale e al cranio).
Alla morte della cellula i mitocondri vengono frammentati dai lisosomi, ma non sempre in modo
completo, a causa della loro doppia membrana protettiva. Ed è qui che la spiegazione diventa
interessante.
Secondo il Guyton’s Textbook of Medical Physiology un virus può definirsi come una parte minuta di
materiale genetico (detto genoma) le cui dimensioni equivalgono a circa un miliardesimo di quelle
della cellula. Il genoma è circondato da una protettura detta capside che è di solito una guaina
proteica a doppi lipidi ed è composta di due membrane (quasi identiche alla membrana cellulare) che,
per inciso, rappresentano l’ossatura stessa del nucleo mitocondriale.

Le foto dei “virus” scattate col microscopio elettronico mostrano che le loro membrane sono
irregolari e frastagliate, a volte semplici porzioni di uno strato, a volte di uno strato e di parte
del secondo, il che concorda con l’azione autodigerente dei lisosomi, nel momento in cui il loro
lavoro di frammentazione delle scorie cellulari è ancora parziale e incompleto. Pertanto, questa
descrizione di un “virus” è virtualmente identica a quella di ciò che resta dei genomi dei
mitocondri cellulari.
In breve, i virus sono resti di materiale vivente e alcuni testi di fisiologia ipotizzano che essi
siano il residuo di cellule esauste. I lisosomi che disintegrano la cellula morta a volte non
riescono a frammentare questi “virus”, circondati dalla membrana protettiva a doppi lipidi.
E’ sorprendente che i ricercatori non riescano a riconoscere questi corpi per ciò che sono in
realtà: generico materiale mitocondriale esausto, soprattutto frammenti di DNA e RNA.

I “virus” non sono microrganismi
Anche se le autorità mediche attribuiscono erroneamente a questi inerti residui cellulari il
carattere della vita e della malignità, i microbiologi riconoscono che i virus sono in realtà
frammenti morti di DNA rivestiti di una membrana lipido-proteica, pur non riuscendo a comprendere la
loro origine.
In realtà i genomi sono meccanismi di controllo, ma non microrganismi come l’establishment medico
vorrebbe farci credere, e questi cosiddetti “virus” non sono altro che frammenti senza vita di
generico materiale mitocondriale. Per questo motivo i virus non possono provocare malattie, a meno
che non si accumulino come impurità che inquinino le cellule, i tessuti e la circolazione nel corso
del ricambio cellulare.
I virus sono quindi genomi morti, provenienti da cellule disintegrate, la cui membrana cellulare non
è stata completamente frammentata dai lisosomi. I genomi non presentano alcuna caratteristica di
vita e sono semplici particelle di materiale acido nucleico, di norma riciclati attraverso la
fagocitosi o espulsi come scorie.
Le fotografie dei presunti virus che “si iniettano” all’interno della cellula mostrano in realtà la
cellula che letteralmente inghiotte il virus o scoria proteinacea. Si forma allora un’incavatura,
detta invaginario, e il materiale organico viene circondato dalla sostanza cellulare che poi si
richiude, formando uno “stomaco” improvvisato, in cui il virus scompare. Lo “stomaco” si riempie
allora di potenti enzimi lisosomici che digeriscono il materiale organico, frammentandolo in
amminoacidi o acidi grassi per il riciclaggio o l’eliminazione.

Questo processo è una caratteristica della fisiologia cellulare nota come fagocitosi (letteralmente
“divorazione di cellule”); è un normale processo di ingestione cellulare e digestione enzimatica di
batteri, scorie di tessuti e altre cellule erratiche.
I virus non sono altro che materiale organico inerte, completamente privo di qualsiasi
caratteristica di vita e che nessuno ha mai visto in azione. Le fotografie che asseriscono di
mostrare i virus in azione sono vere e proprie frodi: ciò che mostrano in realtà è un ordinario
processo fisiologico di fagocitosi che avviene innumerevoli volte ogni giorno all’interno del corpo.

E’ da ricordare che secondo i testi di virologia e microbiologia i virus presentano le seguenti
caratteristiche, che sono incompatibili con la vita:

1) I virus non possiedono metabolismo. Non possono elaborare il cibo o il nutrimento e dunque non
possiedono strumenti per formare energia. Sono solo un contenitore, o schema di informazioni, come
lo sono i genomi.

2) I virus non possiedono alcun tipo di capacità di movimento. Non hanno un sistema nervoso, né un
apparato sensorio, né un’intelligenza che possa in qualche modo coordinare movimenti o “invasioni
del corpo” di qualsiasi natura.

3) I virus non possono replicarsi: essi dipenderebbero interamente dalla “riproduzione obbligata”,
vale a dire la riproduzione attraverso un organismo ospite, cosa assolutamente inaudita in ogni
altro campo della biologia.

Riproduzione Obbligata
Nelle spiegazioni che i medici forniscono sulle cause delle infezioni virali, ci viene chiesto di
credere alla riproduzione obbligata, in cui un organismo (la cellula) viene costretto a riprodurre
un organismo alieno (il “virus”). Tuttavia non esiste in natura nessun esempio di esseri viventi che
riproducano qualcosa di non appartenente alla propria specie.
Non dimentichiamo che il rapporto tra le dimensioni del virus e quelle della cellula è di circa un
miliardesimo. La spiegazione offerta dalla teoria virale delle malattie ci domanda di credere che il
virus si inietti all’interno della cellula e le ordini di riprodurre il virus centinaia di migliaia
di volte, finché la cellula esplode. Ma anche nel momento in cui il virus “si riproduce” la sua
massa complessiva rimane comunque meno di 1/100 dell’uno per cento della massa della cellula. E’
come dire che se voi vi iniettaste mezzo grammo di una sostanza, essa potrebbe provocare una tale
pressione interna da farvi esplodere!
Solo i microrganismi viventi sono in grado di agire e di riprodursi, e ciò avviene sotto il diretto
controllo del nucleo, genoma o “cervello”. I cosiddetti “virus” non sono che residui di entità un
tempo organicamente funzionanti, la cui struttura genetica ha con esse la stessa relazione che una
testa ha col corpo; attribuire ai virus una qualsiasi attività è più o meno come attribuire delle
azioni alla testa decapitata di un cadavere!

I virus sono dannosi solo se si accumulano come scorie
Il nostro sangue e i nostri tessuti possono venire saturati da questi materiali di scarto generati
internamente, proprio come avviene con le sostanze inquinanti ingerite dall’esterno.
L’intossicazione si verifica nel momento in cui queste scorie sovraccaricano il corpo al di là delle
sue capacità di espellerle.E’ vero che i virus provocano malattie, ma solo in quanto scorie
tossiche. In questo senso i “virus” sono sì responsabili di varie patologie, ma non certo in quanto
agenti di contagio. Ricordiamo che batteri, germi e virus non comunicano tra loro né possono agire
di concerto e sono del tutto incapaci di condurre operazioni congiunte come quelle di un esercito o
di un gruppo di assalitori. Essi sono privi dell’intelligenza e delle risorse richieste per
governare il processo patologico. Solo il corpo è in grado di dare inizio a un tale processo
risanante, poiché il corpo è la sola entità intelligente unificata in grado di condurre quei
processi fisiologici che vengono chiamati “malattie”.

Evitare le infezioni attraverso una vita sana
Il Boyd’s Medical Textbook afferma che molte persone sane avrebbero in incubazione il virus senza
sviluppare le particolari patologie di cui il virus dovrebbe essere causa, e che questo influsso
debilitante sarebbe in grado di sopraffare le funzioni protettive del corpo “permettendo ai virus di
usurpare le attività biologiche all’interno della cellula”.

Più specificamente, secondo la teoria medica, affinché un parassita o virus possa essere patogeno
esso deve rispondere a tre criteri:

1) Deve essere biochimicamente attivo, cioè deve possedere una capacità metabolica per poter
condurre un’azione;

2) Dovrebbe poter intossicare o infettare più cellule ospite di quanto il corpo di un animale o di
un uomo sia in grado di proteggere o rigenerare. Ad esempio, potrete prendervi l’influenza solo se
il virus uccide o infetta una porzione significativa delle vostre cellule polmonari; la poliomelite
se il virus infetta un numero sufficiente delle vostre cellule nervose; o l’epatite se il virus
assume il controllo di una larga porzione delle cellule del vostro fegato (le infezioni latenti sono
invece quelle che coinvolgono una piccola percentuale delle nostre cellule, com’è il caso della
tubercolosi, che molti di noi hanno senza neppure accorgersi di averla).

3) L’ospite deve essere geneticamente e immunologicamente permissivo. Deve accettare l’elemento
patogeno e non deve esserne “immune”. In altre parole, deve “lasciar fare”.

Gli esseri umani sono sempre “infetti” di “virus” e batteri, poiché essi sono presenti nel nostro
corpo in qualsiasi momento. Per questo motivo non si può affermare che essi “invadano” l’ospite. Le
malattie non sono infezioni; sono piuttosto processi di purificazione del corpo e non sono provocate
da batteri o da “virus”.
Né i “virus” né i batteri possono causare la malattia/processo risanante. Il vero responsabile è lo
stile di vita biologicamente scorretto dell’ammalato. Quando le abitudini debilitanti vengono
abbandonate, non vi sarà ulteriore accumulo di scorie tossiche e il corpo non avrà più bisogno di
mettere in moto i processi di guarigione/malattia. La buona salute ne sarà il naturale risultato.

I farmaci sono controproducenti
Per uccidere virus e batteri e dare al corpo la possibilità di rimettersi, i medici credono di dover
somministrare dei farmaci. Credono anche che la medicina sia d’aiuto nella guarigione. I farmaci, in
effetti, uccidono i batteri, ma sono altrettanto dannosi ad ogni altra forma di vita metabolica,
cellule umane incluse.
L’utilizzo di farmaci e di medicine alle erbe ostacola gli sforzi di detossificazione che il corpo
conduce, rappresentando per il sistema una minaccia addizionale oltre alle sostanze nocive che il
corpo va espellendo attraverso il processo di malattia. Eliminare le nuove sostanze dannose che
vengono ingerite assume la precedenza sull’eliminazione di quelle che stanno alla base della crisi
risanante. La prassi medica di uccidere i germi con farmaci, antibiotici, antinfiammatori o di
sopprimerne l’attività con appositi sieri è la causa della crescente degenerazione della popolazione
e di malattie iatrogeniche. Le malattie acute sono in grado di auto-limitarsi, commisuratamente allo
sforzo necessario per liberare l’organismo dalle sostanze dannose. Il lavoro condotto dai
batteri-spazzini durante il processo della malattia è al tempo stesso debilitante e fastidioso per
l’ospite, ma è di vitale necessità per la preservazione della vita e della salute.
Quando il processo di detossificazione è stato completato, i sintomi della malattia scompaiono e
l’organismo torna ad utilizzare le proprie energie per i compiti ordinari. La forza, allora, torna a
fluire nelle estremità. Il corpo, benché indebolito dallo sforzo reso necessario per contrastare le
sue condizioni di tossicità, riacquista le proprie energie e la vitalità funzionale e si riprende
senza che sia necessario alcun trattamento. Quando la crisi risanante è stata completata, il
recupero ha inizio.

L’illusione del contagio
La gente è stata educata ad essere terrorizzata dai batteri e dai virus e a credere implicitamente
nell’idea del contagio: e cioè che specifiche entità patogene, aggressive e maligne, siano in grado
di passare da un ospite all’altro. “Contagio”, nella definizione medica, è la trasmissione della
malattia per contatto: una malattia infettiva può essere comunicata per contatto da una persona che
ne è affetta o attraverso un oggetto che essa ha toccato. Il dizionario a questo proposito parla di
“virus o altri agenti infettivi” o di “qualcosa che funga da tramite per la trasmissione della
malattia con mezzi diretti o indiretti”.
Il “contagio”, tuttavia, è uno dei miti della medicina, poiché le scorie tossiche non possono essere
trasmesse da un corpo all’altro attraverso il normale contatto. Le malattie contagiose sono
un’invenzione, poiché nessuno può passare ad altri la sua malattia, non più di quanto possa
trasmettere la propria salute. Qualcosa di simile al contagio sembra avvenire quando una persona in
condizioni gravemente tossemiche viene messa a contatto con un’altra che si trovi in una situazione
similare, attivando in questo modo una crisi risanante.

Ciò che accade in realtà
I batteri o i germi di questi individui vengono stimolati ad agire da quegli elementi devitalizzati
su cui i batteri prosperano. Quando vengono trasferiti alle membrane mucose o ai tessuti di un’altra
persona egualmente tossemica, è possibile che i batteri inizino immediatamente ad agire come fanno
nell’organismo portatore, se vi è una quantità adeguata di prodotti della decomposizione su cui le
colonie batteriche possano impiantarsi e prosperare.
Ma l’esistenza di un ambiente inquinato è prerequisito affinché tale azione batterica possa
verificarsi.
Un individuo in salute, con un flusso sanguigno incontaminato e relativamente puro, non avrà quindi
alcun motivo di temere le “malattie contagiose”.
Di norma, non è possibile trasmettere ad altri il proprio carico di tossicità, a meno che esso non
venga estratto dal nostro corpo (come accade nelle donazioni di sangue) e poi iniettato ad un’altra
persona (ad esempio con una trasfusione). In questo caso può verificarsi un contagio medicamente
indotto o malattia iatrogenica, che non ha però nulla a che fare con quelli che si verificano
nell’ambito dei naturali processi biologici della vita. E’ questa la reale spiegazione di ciò che
chiamiamo “contagio”. Il germe attiva, affretta o sollecita il processo di malattia in coloro che
sono già tossemici. Ma per coloro che non lo sono, il contagio non funziona e non può verificarsi
finché il corpo si mantiene puro, poiché è la contaminazione del sistema che prepara l’organismo per
le “epidemie”, a causa della nostra incapacità di mantenere fluidi e tessuti corporei puliti e non
inquinati.

Le vere cause e i veri fattori del “contagio”
In realtà il cosiddetto “contagio” non esiste, poiché gli unici agenti in grado di produrre malattie
sono le abitudini nocive come l’abuso di alcool, caffè, sigarette, farmaci, cibi-spazzatura, cibi
raffinati, scarsità di riposo, mancanza di esercizio e di luce solare, ecc.
Sono le abitudini di vita sbagliate che generano le malattie che vediamo diffuse tra la popolazione.
Non c’è nessun “insetto che gira”: è ciò che facciamo al nostro corpo che distrugge le sue necessità
sistemiche.

La “predisposizione” rivisitata
Il concetto di “contagio” è strettamente correlato a quello egualmente erroneo di “predisposizione”:
si crede infatti che un’”epidemia” risulti “contagiosa” solo se l’individuo vi è “predisposto”.
Questa affermazione medica è in realtà un’ammissione che non sono i germi a provocare le malattie.
Se così fosse, chiunque venisse esposto ad essi si ammalerebbe della stessa malattia.
In realtà una persona “predisposta” è una persona che possiede un alto livello di tossicità
dell’organismo, insieme alla vitalità sufficiente a condurre il processo di malattia/purificazione.
Tali individui possono ammalarsi in qualsiasi momento, che vengano o no esposti al “contagio”.
Se individui sani riescono a conservare la loro salute anche nel bel mezzo di “malattie epidemiche”,
risulta evidente che la teoria del contagio è sbagliata. La parte dell’organismo più sovraccarica di
tossine è quella in cui si manifestano per primi i sintomi della malattia, ma l’effetto complessivo
è sistemico, poiché tutti gli organi e le ghiandole del sistema subiscono danni a differenti
livelli.

Quali sono le vere “epidemie”?
Inoltre, le malattie più comunemente diffuse non sono neppure contagiose. Oltre il 90% degli
americani soffre di placche arteriose, ma questa non è considerata una malattia contagiosa (mentre
l’AIDS, che viene considerato epidemico, interessa solo 1/10.000 della popolazione!!!). L’obesità è
forse considerata contagiosa? Eppure affligge una persona su tre. E la costipazione? Affligge il 90%
della nostra popolazione.
E i problemi alla vista, che affliggono due persone su tre, sono forse considerati contagiosi? Lo
stesso si può dire delle patologie dentarie, della pressione sanguigna anomala, delle emicranie, dei
problemi alla schiena, ecc., tutte patologie estremamente diffuse. Più di metà degli americani
soffre di problemi cardiovascolari, ma sono forse considerati contagiosi? La malattia più temuta in
assoluto è il cancro. E’ forse contagiosa? L’artrite colpisce più persone che non l’herpes. E’ forse
contagiosa? E che dire dell’asma o dell’acne?
Prendiamo come esempio i raffreddori. Come mai i bambini prendono fino a otto raffreddori all’anno,
mentre i genitori molti di meno? Come mai le persone che si trovano isolate negli osservatori al
Polo Nord o Sud “si prendono” lo stesso il raffreddore durante la loro permanenza? Come mai negli
anni 1965-67 i laboratori del National Institute of Health di Bethesda, nel Maryland, condussero
sperimentazioni sulle influenze che non mostrarono alcuna prova che esse fossero dovute a contagio?
Ad alcuni volontari vennero iniettati ogni giorno i presunti “virus” dell’influenza, prelevati a
coloro che ne soffrivano, ma nessuno di essi si ammalò. Ci furono più casi di influenza nel gruppo
di controllo. Contemporaneamente, subito dopo la tradizionale Festa del Ringraziamento, il numero di
ammalati in entrambi i gruppi ebbe un picco improvviso, come è lecito aspettarsi quando vengono
consumati cibi e bevande eccessive durante una festività.
Anche le malattie veneree sono considerate contagiose. Ma in realtà i cosiddetti fattori di contagio
(batteri) sono presenti in quanto effetto della malattia, senza esserne né la causa né il
presupposto (il 20% di coloro che soffrono di malattie veneree non rivelano presenza né del
gonococco né degli spirocheti che dovrebbero provocarla).
La Marina degli Stati Uniti condusse esperimenti in cui si evidenziava che le cosiddette “persone
infette” non potevano infettare chi era definito “in salute”. In Giappone prostitute “infettate”
hanno avuto relazioni sessuali con molti militari senza che nessuno di essi contraesse la malattia.
Allo stesso modo molti individui presentano “infezioni” nella zona genitale senza mai aver avuto
contatti con nessuno (ad esempio nei casi che riguardano i bambini). Il concetto di “contagio” è
medicamente indimostrato, nonostante le apparenze del contrario.

Conclusione
Le cosiddette “malattie contagiose” come l’AIDS, le malattie veneree, il piede dell’atleta, non sono
più contagiose di qualsiasi altra malattia. Ma ad alcuni interessi commerciali è utile che la gente
creda che lo siano.
Fondamentalmente, l’accettazione della teoria del contagio presuppone l’accettazione della teoria
dei germi come causa delle malattie: e cioè che specifici batteri o “virus” possano produrre i
sintomi di malattie specifiche. Questa teoria è stata più volte dimostrata erronea in campo
scientifico, e perfino Pasteur ammise la sua insostenibilità.
Nonostante ciò, la teoria dei germi e la teoria del contagio continuano ad essere propagandate dal
moderno sistema medico, il cui prestigio, i cui profitti e il cui potere dipendono largamente dalla
fiducia in questa assurda teoria.
In sostanza, la popolazione crede a ciò che l’establishment medico vuole che creda. La teoria del
contagio serve a tenere alta la domanda di farmaci e di cure mediche e ospedaliere.
Se conducete una vita sana, probabilmente non vi ammalerete mai. Le malattie sono provocate solo da
abitudini di vita improprie. Non dimenticate che solo le industrie mediche, ospedaliere e
farmacologiche sostengono che la salute si possa recuperare somministrando farmaci velenosi. Questo
è probabilmente uno dei più spaventosi semi delle malattie “contagiose”. In conclusione, se i germi
hanno un qualche ruolo nel provocare malattie, esso non è un ruolo primario, ma solo secondario, in
subordine a quei fattori che abbassano la nostra resistenza o mettono a rischio la nostra salute.
Una vita sana è, in ogni caso, la migliore assicurazione contro qualsiasi malattia.

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