La teoria “Onde di scala” del fisico Joel Sternheimer

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La teoria “Onde di scala” del fisico Joel Sternheimer

Sono stati scientificamente dimostrati gli effetti della musica sulla frequenza del battito
cardiaco, sulla circolazione sanguigna, sul funzionamento degli organi interni, sulla tensione, il
rilassamento e l’efficienza muscolare, sull’innalzamento o l’abbassamento della soglia di
attenzione.

Il ritmo, a seconda della sua intensità può influenzare l’energia e la resistenza muscolare, non a
caso gli inni e le marce militari hanno spesso una cadenza sostenuta; viceversa l’ascolto del ritmo
cardiaco o di musiche molto armoniche ingenera rilassamento e tranquillità; lo sanno le madri che
avvicinano istintivamente al petto l’orecchio del neonato per calmarlo e farlo addormentare ed è
confermato da ricerche compiute su bambini di pochi mesi.

Il lavoro di Joel Sternheimer ha invece avuto sino ad ora il mondo vegetale come campo privilegiato
di applicazione sperimentale. Sternheimer, fisico, docente all’Università Europea della ricerca di
Parigi, da alcune decine di anni si dedica alla ricerca ponendo a frutto i risultati di una sua
scoperta, tra la fisica e la biochimica, la teoria delle “onde di scala”.

Lo scienziato ha individuato delle vibrazioni, o segnali, emesse dagli amminoacidi nel processo di
formazione delle proteine su frequenze non udibili all’orecchio umano ma decodificabili con estrema
precisione e trasponibili in equivalenti sonori; la composizione di una proteina può essere così
“tradotta” in una precisa successione di note.

In anni di lavoro lo studioso ha decodificato circa 600 geni. Utilizzando la sequenza sonora
corrispondente ad una determinata proteina (quella, ad esempio, preposta alla crescita di una
pianta) è possibile stimolarne o inibirne la funzione, in modo reversibile. Le sue scoperte sono
state verificate facendo “ascoltare” alle piante per pochi minuti al giorno alcune sequenze sonore,
diffuse da una normale audiocassetta, ed hanno ottenuto risultati sorprendenti: sviluppo della
crescita, difesa dai parassiti, incremento della produzione di ossigeno e così via.

Di fatto, Sternheimer consegue risultati comparabili a quelli perseguiti dall’ingegneria genetica,
senza però alterare la struttura dell’organismo sul quale vuole agire. Esperimenti e ricerche
aggiungono costantemente nuovi elementi alla scoperta dello studioso, che potrebbe avere una portata
pari alla vastità del campo di applicazione, rivolgendosi a tutti gli organismi viventi.

Se sugli uomini e sulle piante l’utilizzazione mirata della musica ha avuto un’influenza nettamente
positiva (nel primo caso risolutiva di disturbi psichici, comportamentali, relazionali; nel secondo
promotrice di crescita rigogliosa, aumento delle difese, migliore resa produttiva) può essere lecito
supporre che la musica sia potenzialmente in grado di provocare gli stessi effetti benefici anche
sul mondo animale.

Dando credito alla teoria di Sternheimer, è possibile immaginare che vi siano sequenze sonore
specifiche capaci di ingenerare reazioni chimiche negli organismi animali e atte a stimolarne o
inibirne alcune funzioni; è comunque auspicabile che la ricerca venga estesa anche a questo campo.
Intanto, i risultati ottenuti dagli esperimenti di Joel Sterheimer sono oggetto di tesi di laurea in
agricoltura e scienze biotecnologiche (in Belgio); il suo brevetto, registrato a Parigi nel 1992,
sulla regolazione della biosintesi delle proteine per risonanza di scala è stato rilasciato anche in
Australia e in Russia e i principi su cui si basa il suo lavoro sono stati recentemente divulgati in
Giappone.

Lo scienziato, evidentemente dotato di estro, man mano che prosegue il suo programma di
trasposizione in sequenze sonore delle vibrazioni emesse dagli amminoacidi, si diverte anche a
trovare corrispondenze tra le sue scoperte e la produzione musicale mondiale. Ha già individuato la
presenza di puntuali successioni di note, equivalenti a strutture proteiche, nelle melodie di
canzoni celebri come “O sole mio”.

Tratto da: “Alle mucche piace Elvis”, articolo di Irene Mercadante

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