di Tiziano Cantalupi
Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e
sociale. Le tesi di Copernico, ad esempio, il quale sostenne che la Terra non occupava il centro
delluniverso, innescarono un processo di sgretolamento di dogmi religiosi e filosofici che
cambiarono profondamente la società europea degli inizi del Rinascimento. La teoria evoluzionistica
di Darwin (secoli dopo), con la distruzione della credenza in uno stato biologico speciale degli
esseri umani, produsse effetti simili. Le teorie di Einstein infine, con laffermazione che “tutto è
relativo”, diedero una spallata definitiva ad un certo modo, “assolutistico”, di intendere la
scienza e la vita. Con questi presupposti, desta notevole stupore che la più grande rivoluzione
scientifica di tutti i tempi sia passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E
questo non già perché le sue implicazioni abbiano scarso interesse, ma perché queste implicazioni
sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino per gli stessi scienziati che le
concepirono. La rivoluzione di cui si sta parlando si è consumata, nella sua fase più “cruenta”,
durante i primi trenta anni del ventesimo secolo ed è conosciuta col nome di Teoria Quantistica o
Meccanica Quantistica.
Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in
seguito crebbe sino ad incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica. Oggi fra
alterne vicende può dirsi (nella sua versione ortodossa) universalmente accettata.
Sebbene attualmente nessuno dubiti della sua efficacia pratica ci sono ancora ampie schiere di
studiosi che ne mettono in discussione le conseguenze, specie quando queste conseguenze vengono
estese alla natura della realtà.
Fondamenti della meccanica quantistica :
– Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle
“osservazioni” delluomo.
– Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall’acausalità.
– E possibile che, in determinate condizioni, la materia possa “comunicare a distanza” o possa
“scaturire” dal nulla.
– Lo stato oggettivo della materia, è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.
La conclusione più sconvolgente che si può trarre da quanto sino ad ora affermato è senza dubbio
quella che asserisce che la realtà è tale solo se è presente luomo con le sue “osservazioni” ; con
i suoi esperimenti. A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano
confinato lumanità ai margini delluniverso, la Teoria Quantistica riporta luomo (“losservatore”)
al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a ipotizzare che la Teoria dei
Quanti abbia perfino risolto lenigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che lintroduzione
nei processi di misura quantistica dellosservazione umana è un passo fondamentale per il costruirsi
della realtà.
UN GRANDE DIBATTITO
Seppur fortemente avversata sin dal suo apparire (Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò
a coniare la frase “Dio non gioca a dadi”) la Meccanica Quantistica, è oggi universalmente
accettata. Essa, oltre spiegare processi a livello microscopico come la stabilità dellatomo o
processi macroscopici come la superconduttività, ha ottenuto recenti eclatanti conferme sperimentali
: si pensi alla diseguaglianza di Bell. Ciononostante il grado di diffidenza nei confronti di questa
materia – sempre in bilico tra Fisica e Metafisica – è rimasto (come si diceva anche dianzi) alto. I
suoi assunti, al limite dellassurdo, mettono a dura prova le menti più aperte.
Anche nellera dei computer superveloci, la Teoria Quantistica più che una scienza “accettata” si
caratterizza per una scienza “subita”. E sono soprattutto gli studiosi di microfisica, i quali ogni
giorno hanno a che fare con i suoi assunti filosofici e con il suo formalismo matematico, che più
soffrono questo stato di cose. Recentemente però, una agguerrita schiera di fisici, la cui punta di
diamante è rappresentata dallinglese S.Hawking, è riuscita a rovesciare la situazione, volgendo a
loro favore proprio quelle “conseguenze” della Meccanica Quantistica che maggiormente rendevano
perplessi i fisici atomici. In questo contesto Hawking crea una vera e propria disciplina
scientifica ; la Cosmologia Quantistica, attraverso la quale molti misteri delluniverso trovano una
razionale spiegazione. E questo, come detto, partendo proprio dagli assunti quantistici più
“rivoluzionari”. In questa nuova prospettiva trova coerente giustificazione la nascita della materia
dal nulla.
La Fisica del Quanti, in effetti, prevede che in determinate condizioni la materia possa scaturire
dal nulla. Questa non è fantascienza, ma scienza nel senso più alto del termine. E qui tornano alla
mente le profetiche parole del grande W.Heisenberg quando affermava : “La più strana esperienza di
quegli anni [1920 1930] fu che i paradossi della Teoria Quantistica non sparirono durante il
processo di chiarificazione; al contrario, essi divennero ancora più marcati e più eccitanti … “.
Sì, “eccitanti”, è la parola giusta per definire il ventaglio di possibilità che allora si
dischiudeva e che anche oggi può dischiudersi affrontando senza condizionamenti la Teoria dei
Quanti.
Una nuova interpretazione del principio quantistico denominato “Probabilismo”, ad esempio,
deporrebbe a favore del libero arbitrio. Una lettura a trecentosessanta gradi della diseguaglianza
di Bell (diseguaglianza che dimostra la possibilità di azioni a distanza) prova che luniverso non
può più essere considerato una mera collezione di oggetti, ma una inseparabile rete di modelli di
energia vibrante, nei quali nessun componente ha realtà indipendente dal tutto.
IL PROBABILISMO E LACAUSALITA
Allinizio del ventesimo secolo, i fisici ritenevano che tutti i processi delluniverso fossero
perfettamente calcolabili purché si avessero a disposizione dati di partenza sufficientemente
precisi. Questa filosofia deterministica aveva preso le mosse due secoli prima quando Newton, con la
sua legge di gravitazione universale, era riuscito a descrivere le orbite dei pianeti. In un sol
colpo lo scienziato inglese aveva dimostrato che una mela che cade da un albero e un corpo celeste
che si muove nello spazio, sono governati dalla stessa legge : luniverso ticchettava come un
gigantesco orologio perfettamente regolato.
Ma in concomitanza con la fine dellepoca vittoriana, quella presuntuosa sicurezza svanì ; avvenne
nel momento in cui i fisici tentarono di applicare quelle leggi meccanicistiche al comportamento del
mondo atomico. In quel minuscolo regno, gli eventi non fluiscono armonicamente e gradualmente con il
tempo, ma si modificano in modo brusco e discontinuo. Gli atomi riescono ad assorbire o liberare
energia solo in forma di pacchetti discreti chiamati Quanti (da qui il termine Meccanica
Quantistica). A questo livello la natura non funziona più come una macchina, ma come un gioco di
probabilità. Nei primi decenni del nostro secolo lo scienziato danese Niels Bohr scoprì che le
particelle atomiche si comportavano in modo molto meno prevedibile che non gli oggetti ordinari come
le matite o le palle da tennis. Le parole “sempre” e “mai”, di cui si faceva largo uso per i
processi del mondo macroscopico, dovettero essere rimpiazzate dai termini “spesso” e “raramente”.
Non si poteva dare più nulla per scontato.
Elementi come le orbite percorse dagli elettroni attorno al nucleo, non potevano più essere definite
con precisione. Anche il “quid” che ad un certo punto induceva latomo radioattivo alla
disintegrazione doveva sottostare alle leggi della probabilità.
Il fisico italiano Franco Selleri nel suo libro “La Causalità Impossibile” spiega bene la situazione
e le conseguenze delle idee introdotte dalla Teoria dei Quanti. Egli scrive :
“Il problema che risulta molto naturale porsi è quello di capire le cause che determinano le
differenti vite individuali dei neutroni [liberi]. Lo stesso problema si pone per ogni tipo di
sistema instabile come atomi eccitati […]. Linterpretazione di Copenhagen [quella della Meccanica
Quantistica ortodossa] della teoria dei quanti non solo non fornisce alcuna conoscenza di queste
cause, ma accetta esplicitamente una filosofia acausale secondo la quale ogni processo di
disintegrazione di un sistema instabile ha una natura assolutamente spontanea che non ammette una
spiegazione in termini causali. Secondo tale linea di pensiero il problema delle diverse vite
individuali dei sistemi instabili dovrebbe necessariamente restare privo di risposta e dovrebbe anzi
essere considerato un problema non scientifico”.
IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE E LE FLUTTUAZIONI NEL VUOTO
Nel 1927 il fisico tedesco Werner Heisenberg scoprì che la natura probabilistica delle leggi della
Meccanica Quantistica poneva grossi limiti al nostro grado di conoscenza di un sistema atomico.
Normalmente ci si aspetta che lo stato di una microparticella in movimento (consideriamo ad esempio
un elettrone in rotazione attorno al nucleo) sia caratterizzata completamente ricorrendo a due
parametri : velocità e posizione. Heisenberg postulò invece, che a un certo livello queste quantità
sarebbero dovute rimanere sempre indefinite. Tale limitazione prese il nome di Principio di
Indeterminazione. Questo principio afferma che maggiore è laccuratezza nel determinare la posizione
di un particella, minore è la precisione con la quale si può accertarne la velocità e viceversa.
Quando si pensa allapparecchiatura necessaria per eseguire le misurazioni, questa indeterminazione
risulta intuitiva. I dispositivi di rilevazione sono così grandi rispetto alle dimensioni di una
particella che la misurazione di un parametro come la posizione è destinato a modificare anche la
velocità.
Occorre sottolineare però che le limitazioni in parola, non derivano solo dalla interazione tra
mondo microscopico e mondo macroscopico, ma sono proprietà intrinseche della materia. In nessun
senso si può ritenere che una microparticella possieda in un dato istante una posizione e una
velocità. Queste sono, seguendo Heisenberg, caratteristiche incompatibili; quale delle due si
manifesti con maggior precisione dipende solo dal tipo di misurazione che lo sperimentatore
(“losservatore”) decide di effettuare. E qui ci si imbatte nella più straordinaria novità
introdotta dalla Fisica Quantistica ; ovvero la dipendenza della realtà obiettiva del mondo atomico
(mondo che, non dimentichiamolo, è alla base di ogni cosa nelluniverso) rispetto alle “scelte”
effettuate da colui che si trova davanti allapparecchiatura di misura. Se lo sperimentatore decide
di rilevare la posizione di una particella questa cesserà (letteralmente) di “esistere” nella
dimensione “velocità” e viceversa. Per gli scienziati adusi a concepire luniverso oggettivo della
materia indipendentemente dalluomo, oppure abituati a calcolare contemporaneamente e con precisione
millimetrica velocità e posizioni dei più disparati oggetti, queste nuove idee rappresentano una
vera e propria rivoluzione.
Oltre alla posizione e alla velocità delle particelle, il Principio di Indeterminazione di
Heisenberg pone limiti anche alla misura simultanea di parametri come lenergia e il tempo. Questo
comporta che per periodi brevissimi la legge di conservazione dellenergia subisce una sospensione.
Nel mondo di tutti i giorni, materia ed energia non si creano e non si distruggono cambiano solo di
stato. La benzina non si materializza nei nostri serbatoi, e quando si brucia un litro di carburante
si finisce per ottenere una quantità di “energia” e di scorie che equivalgono esattamente a un litro
di benzina. Ma su scala atomica, le cose non vanno così. Il piccolissimo grado di indeterminazione
esistente tra i vari livelli di energia e tempo, provoca (per intervalli brevissimi), fluttuazioni
nellenergia del sistema. Per tempi che si aggirano intorno al miliardesimo di trilionesimo di
secondo un elettrone ed il suo compagno di antimateria – il positrone – possono emergere
improvvisamente dal nulla, congiungersi e quindi svanire. Questa è più di una semplice ipotesi; gli
effetti di questi comportamenti spontanei di creazione e annullamento sono stati misurati in
laboratorio in preciso accordo col Principio di Indeterminazione. E non si creda che la fugace vita
di queste particelle non abbia senso o conduca a nulla. Durante la loro breve esistenza questi
singolari enti possono compiere una bella dose di lavoro ; si pensi allattrazione e alla repulsione
elettrica, ai processi legati alle le varie forme di magnetismo, ecc.
Questi inusuali eventi subatomici diedero ai fisici una nuova prospettiva per comprendere lo spazio
vuoto. Per Heinz Pagels della Rockfeller University, il vuoto assomiglia alla superficie delloceano
: “Immaginate di sorvolare loceano con un jet. Da quel punto di osservazione ottimale, la
superficie sembra perfettamente uniforme e vuota. Ma voi sapete che se foste su una barca, vedreste
enormi onde tuttattorno. Così si comporta il vuoto. Su grandi distanze – ovvero le distanze che noi
sperimentiamo come esseri umani – lo spazio ci appare completamente vuoto. Ma se potessimo
analizzarlo da molto vicino vedremmo tutte le particelle quantistiche entrare e uscire dal nulla “.
I fisici chiamano queste particelle “fluttuazioni nel vuoto”. Il concetto sembra sfidare il
buonsenso ma è perfettamente valido nellambito della Meccanica Quantistica. “Non cè punto più
fondamentale di questo”, ha scritto John Wheeler, “lo spazio vuoto non è vuoto. In realtà è la
regione dove avvengono i fenomeni fisici più violenti”.
LA DISEGUAGLIANZA DI BELL E LE “AZIONI A DISTANZA”
La diseguaglianza di Bell è una formulazione moderna di un famoso paradosso escogitato dai fisici
Einstein-Podolsky-Rosen per dimostrare che la meccanica quantistica non poteva essere considerata
una teoria esatta o quantomeno completa.
Sia il paradosso di Einstein e compagni (elaborato nel 1935) che la diseguaglianza di
Bell (formulata nel 1965), non poterono essere verificati sperimentalmente prima del 1982. Fu a
partire da quell’anno infatti che Alain Aspect dell’Università di Parigi, approntò una serie di
esperimenti i quali permisero di seguire l’evoluzione spazio-temporale di coppie di particelle
emesse da un’unica sorgente e dirette verso rivelatori lontani.
Non è questa la sede per entrare in dettagli tecnici, qui basterà sottolineare che i risultati degli
esperimenti del prof. Aspect provarono una notevolissima violazione della diseguaglianza di Bell e
quindi indirettamente confermarono le tesi sostenute dai fisici quantistici.
Per spiegare la diseguaglianza di Bell occorre partire dalla definizione fisica di “localismo” o
“realismo locale” ; è infatti sulla convinzione che il localismo non possa essere in alcun modo
violato che, prima Einstein-Podolsky-Rosen, poi Bell, fondano i loro teoremi.
Si ha “localismo” quando due oggetti separati da grande distanza, esistono indipendentemente l’uno
dall’altro, nel senso che l’azione compiuta su uno di essi non modifica in modo sensibile le
proprietà oggettive dell’altro.
Ora, la fisica classica, così come la relatività einsteiniana, non contempla violazioni del
“realismo locale” ; la meccanica quantistica invece, prevede ampie “deroghe” alla possibilità di
influenze a distanza. Al riguardo leggiamo quanto scritto, mezzo secolo fa, da Niels Bohr :
“Tra due particelle [correlate] che si allontanano l’una all’altra nello spazio, esiste una forma di
azione-comunicazione permanente. […] Anche se due fotoni si trovassero su due diverse galassie
continuerebbero pur sempre a rimanere un unico ente …”
Questa “azione-comunicazione” permanente tra le due microparticelle faceva infuriare Einstein. Chi
non ricorda come uno degli assunti fondamentali delle sue teorie, oltre al localismo, prevedesse
l’impossibilità di viaggiare o comunicare a velocità superiore quella della luce. Nel caso della
coppia di particelle emesse da un’unica sorgente dell’esperimento di Aspect, la comunicazione
risultava addirittura istantanea.
Per le sue dirompenti conseguenze, la diseguaglianza di Bell, per giudizio unanime di fisici ed
epistemologi, rappresenta una delle tappe più inquietanti nell’intera storia del pensiero
scientifico.
L’EFFETTO TUNNEL QUANTISTICO
Una interessante conseguenza del Principio di Indeterminazione di Heisenberg è il cosiddetto Effetto
Tunnel.
Classicamente una particella può oltrepassare un ostacolo (o una barriera di potenziale) soltanto se
possiede sufficiente energia. In campo umano una situazione simile può essere immaginata pensando ad
un atleta impegnato in un salto in alto. Se dopo adeguata rincorsa, il nostro atleta sarà in grado
di esprimere sufficiente energia, riuscirà ad oltrepassare l’asticella che fissa il limite superiore
del salto, viceversa rovinerà contro di essa.
La situazione appena descritta non è vera in meccanica quantistica.
Il piccolissimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, si
traduce in rapidissime fluttuazioni dei sistemi microfisici. Per tempi che si aggirano intorno al
miliardesimo di trilionesimo di secondo, un gruppo di elettroni può prendere a prestito dal “nulla”
sufficiente energia e oltrepassare una barriera di potenziale altrimenti insuperabile. Il Principio
di Indeterminazione vincola però la realizzazione di una tale transizione alla rapidissima
restituzione dell’energia utilizzata nel prestito.
L’Effetto Tunnel quantistico ha validità universale ed è alla base di fenomeni quali il “tunneling
elettronico” e la radioattività.
Il nucleo di un atomo è normalmente circondato da una “altissima barriera” che non permette ai
neutroni e ai protoni di allontanarsi da esso. Nonostante ciò (specialmente nei minerali di Uranio e
Radio) in seguito all’Effetto Tunnel, gli inquilini del nucleo, possono “scavarsi ampie gallerie” e
lasciarsi alle spalle le barriere di potenziale rappresentate dall’attrazione nucleare, dando così
vita al fenomeno della radioattività.
La figura sotto mostra l’evoluzione di un pacchetto di onde associate ad un gruppo di particelle (in
microfisica ogni particella si muove sempre associata ad un’onda) che incontrano una barriera di
potenziale. Questa barriera può essere, ad esempio, la giunzione di un diodo. Tali onde, pur essendo
“sottodimensionate” rispetto all’altezza della barriera che devono oltrepassare, riescono, per
Effetto Tunnel, a superarla agevolmente.
figura >> www.geocities.com/capecanaveral/hangar/6929/Image66.gif
LA MECCANICA QUANTISTICA E IL PRINCIPIO DI CAUSA ED EFFETTO
Una delle conseguenze più rivoluzionarie della fisica quantistica è la modificazione del rapporto
causa-effetto. La fisica classica è deterministica : dato A allora possiamo ottenere B. Una
pallottola sparata contro una finestra manda sempre in frantumi i vetri. Su scala quantistica, ciò è
solo “probabilmente vero” : la maggior parte delle particelle subatomiche della pallottola si
scontra con le particelle subatomiche del vetro, ma un certo numero va altrove e la traiettoria di
ciascuna delle particelle può essere prevista solo facendo appello alle leggi statistiche della
probabilità e non a quelle di causa ed effetto.
Einstein fu profondamente turbato da questo aspetto della nuova fisica. “Dio non gioca a dadi” disse
una volta, e affermò che il Principio di Indeterminazione anche se utile nella pratica, non poteva
rappresentare il rapporto fondamentale tra i livelli di conoscenza della realtà fisica.
Come scrisse al fisico Max Born :
“Le teorie di Bohr sulla radiazione mi interessano moltissimo, tuttavia non vorrei essere costretto
ad abbandonare la causalità stretta senza difenderla più tenacemente di quanto abbia fatto finora.
Trovo assolutamente intollerabile l’idea che un elettrone esposto a radiazione scelga di sua
spontanea volontà non soltanto il momento di “saltare”, ma anche la direzione del “salto”. In questo
caso preferirei fare il croupier di casinò piuttosto che il fisico”.
Per chi volesse approfondire largomento si consigliano le seguenti letture :
Giancarlo Ghirardi, Unocchiata alle carte di Dio, Il Saggiatore, Milano (1998).
David Lindley, La Luna di Einstein, Longanesi, Milano, (1997).
Piero Caldirola, dalla Microfisica alla Macrofisica, Mondadori, Milano (1974).
Alfred Kastler, Questa strana Materia, Mondadori, Milano, (1977).
Tiziano Cantalupi, Nel Mondo dei Quanti, Rivista scientifica “Newton”, Rizzoli,
Milano (ottobre 1998)
“LE SCIENZE”, Rivista scientifica, Milano, n. 235, 289, 342, 348.
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