(di Flavio Pelliconi)
Non è facile rendersi conto che tutta la sofferenza esistenziale ha origine
nella mente. Che noi, e solo noi, ne siamo i creatori. E’ un pensiero che
viene istintivamente rifiutato. Di solito, si invocano giustificazioni ,o si
punta un dito accusatore contro gli altri. Preferiamo una vita a
responsabilita’ limitata e quando l’insoddisfazione esistenziale diviene
tormento, c’e’ sempre la comoda valvola di sfogo, della ricerca di un capro
espiatorio: tu, loro, gli altri, gli uomini, le donne, ……. il karma, il
destino, Dio.
Tutti sono responsabili di come ci sentiamo, tranne noi. Non vogliamo vedere
che noi siamo i creatori della nostra sofferenza e che noi, e solo noi,
possiamo essere i nostri liberatori. Non vogliamo vedere come questa
sofferenza è stata creata dalla nostra intenzione, conscia o inconscia che
fosse. Non vogliamo impiegare la cosa piu’ preziosa che abbiamo, la nostra
attenzione, per vedere con chiarezza (vipassana) come “da un pensiero nasca
un’azione, da un’azione un’abitudine, da un’abitudine un carattere, da un
carattere un destino”. Ci sentiamo miseri e impotenti.
E invochiamo un dio qualsiasi, perchè ce ne liberi, perchè ci pensi lui.
Nella mia esperienza il superamento del dolore esistenziale passa
necessariamente attraverso l’assunzione al 100% della responsabilita’ delle
creazioni della nostra vita. Noi abbiamo scavato la fossa in cui siamo
caduti, noi abbiamo caricato il fucile di chi ci spara, noi abbiamo
consegnato il timone in mani altrui. L’autocommiserazione e’ una falsa
consolazione. Non attira molte simpatie. Come non serve a nulla piagnucolare
facendo le vittime.
Spesso, così facendo, si attirano dei salvatori non proprio disinteressati,
con lo scopo inconfessato di farli cadere nella stessa trappola in cui siamo
noi. Finche’ non ci assumiamo la responsabilita’ piena delle nostre
creazioni continueremo a credere di essere piu’ piccoli di quel che noi
stessi abbiamo creato. Se, invece, ce l’assumiamo, allora ci renderemo
conto, nello stesso tempo, di avere un potere che nemmeno sospettavamo. Un
potere che risiede nell’intenzione e nell’attenzione.
Anche per questo il Buddha disse che il suo Dharma va controcorrente:
restituisce all’uomo la piena signoria sul proprio destino. Non alimenta il
fatalismo ne’, tantomeno, la rassegnazione.
“Nella mente ha origine la sofferenza, nella mente ha origine la cessazione
della sofferenza”.
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