La vena aurea della meditazione

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La vena aurea della meditazione

di Claudio Capolino

Chiudi gli occhi e concentrati…

Seduto in posizione di padmasana o su una sedia, secondo l’età e lo
stato delle articolazioni, inizia in questo modo la nostra ricerca
interiore che stimoli il collegamento con il filo vibrante di luce e
da ultimo, un bel dì, con la meta finale: l’illuminazione.

Tutti i giorni a una determinata ora, chiudiamo lo sportello della
routine abituale qual’è percepita dai nostri sensi per cercare di
favorire l’apertura di uno spiraglio ove in cambio possa filtrare il
bagliore dei piani sottili.

Una ottima abitudine che con il tempo si rivelerà uno dei poderosi
strumenti dell’occultismo per raggiungere la sospirata trascendenza.

Eppure non sempre questa tecnica tramandata dagli arcani tempi viene
eseguita con la calma e il rigore necessario, atta a strappare il velo
dell’ignoto e favorire la corrisponde risposta.

In effetti, se osserviamo attentamente la nostra performance di
concentrazione prima e astrazione poi, riscontreremo una sistematica
carenza di contenuti adeguati, di norma circoscritti a due
atteggiamenti assai comuni: una scarsa e fluttuante concentrazione da
una parte; oppure una attenzione troppo concentrata sui fenomeni
apparenti (o appariscenti) dall’altra.

Nel primo caso il correttivo é piuttosto semplice e con un pò di
interesse aggiuntivo e una quota di disciplina il problema è
facilmente risolvibile. Il secondo richiede uno sforzo più articolato
che dovrebbe includere anche un piccolo riposizionamento.

Necessario in questo caso a controllare un eccesso di zelo,
peculiarità che amplifica a dismisura la curiosità latente e la esalta
al punto di diventare facile preda di fenomeni di poco conto e le cui
caratteristiche somigliano a candide confezioni prive di contenuto ma
incartate per lusingare.

Come ben sappiamo, dietro le nostre palpebre chiuse non c’è il buio
totale. Esse sono percorse da una miriade di piccole luci, sfuggenti
lampi e stelline, colori che si formano e intrecciano in mille forme
indecifrabili per scomparire in questione di attimi…

Cercare di cogliere un loro significato risulta forviante.

Anzi, creiamo esattamente l’opposto: un blocco deliberato che frenerà
ogni vibrazione potenziale nel sottile filo di Fohat.

Sovente questi piccoli miraggi sono accennati negli stessi libri che
descrivono con dovizia di particolari il percorso della crescita, ma
poco istruttivi se interpretati soltanto in senso lato, foraggiando i
poteri ed energie che preannunziano, senza soffermarsi sui rischi che
pure ne conseguono.

Inutile pertanto lasciarci sedurre da maya e baricentrarsi nel piano
astrale o delle emozioni.

Il potere della meditazione ha la sua residenza nel corpo causale, ed
è in questi che, una volta vivificato, dovrebbe mirare la nostra
ricerca per annidarsi nelle radici della propria interiorità.

Non mi soffermerò sui tanti metodi enunciati. Ci sono persone molto
più autorevoli e peraltro la nostra lista é piena zeppa di buoni
consigli.

Vorrei soltanto soffermarmi sul fatto che coloro che meditano
regolarmente -per convinzione o per vocazione-, e sono stati capaci a
eliminare i vari elementi di distorsione come il processo meccanico,
il desiderio di ricompensa, il rimanere concentrati senza
tentennamenti ne divagazioni, si accingono a cogliere la stessa
soddisfazione dei minatori quando scoprono un filone aureo nella
roccia della loro galleria.

A questo punto poco rimane da aggiungere…

Avanti fratelli, continuate a scavare, ora che siete sulla buona
strada, che la piccola vena d’oro vi condurrà al grande giacimento.

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