La vera rivoluzione
di Marco Ferrini
Ieri ricorreva il duecentoventitreesimo anniversario della presa della Bastiglia. Il 14 luglio del
1789 il popolo dei parigini in rivolta assaltava la famigerata fortezza medioevale nel centro della
città, simbolo dell’avversato regime di Luigi XVI. Divenuta emblema dell’inizio della Rivoluzione
Francese, la Bastiglia venne lentamente smantellata in seguito a quel cruciale 14 luglio (alcune
macerie furono vendute come reliquie), ma ancora oggi chi si reca a Parigi può visitare la piazza
dove sorgeva (Place de la Bastille), che è oggi una delle più grandi e famose di Parigi. Quando nel
passato mi recavo per questioni professionali in quella città, mi è capitato più volte di trovarmi
in quel luogo e di rievocare quegli eventi ormai lontani nel tempo ma che hanno segnato in maniera
indelebile non solo la storia della Francia ma di tutta la modernità, determinando un cambiamento
epocale.
Non intendo adesso soffermarmi su considerazioni di carattere storico, ma offrirvi alcune
riflessioni generali che il ricordo di questo evento mi ha suscitato e stimolato.
Cicerone scriveva: historia magistra vitae, ‘la storia è maestra di vita’; se sappiamo imparare la
lezione che essa ci offre, possiamo arricchire la nostra formazione e nel concreto prevenire fatali
errori. Attraverso la storia possiamo imparare a riconoscere il male non solo per combatterlo negli
altri, ma anche per evitare di compierlo noi stessi.
Inconsapevolmente infatti possiamo produrlo e ritrovarci così, come altri prima di noi, a diventare
i protagonisti di una storia personale e collettiva tenebrosa; una volta perso l’orientamento, si
cade in un vortice dal quale è difficile uscire.
Il popolo francese si era mosso all’insegna di tre grandi nobilissimi valori: liberté, egalité,
fraternité, ma solo pochi anni dopo, a partire dal 1793, questi valori vennero clamorosamente
traditi e sfociarono nel sangue, in una delle più tremende carneficine della storia. Il numero delle
vittime causate dal periodo del Terrore è quantificabile con difficoltà, ma si parla di circa 35.000
esecuzioni, delle quali ben 12.000 senza processo. La metodica cancellazione di ogni forma di
dissenso fu eseguita anche mediante l’incarcerazione di circa 100.000 persone (alcuni studiosi
arrivano addirittura a stimarne 300.000), soltanto perché sospettate di attività
controrivoluzionaria, e per poterlo affermare erano sufficienti delle semplici denunce anonime.
Sotto il governo di Maximilien de Roberspierre, detto l’Incorruttibile, divenne famoso il motto:
«Nessuna libertà per i nemici della libertà».
Dove erano dunque finite le originarie libertà, uguaglianza e fraternità? Nel sangue!
Certamente, sotto alcuni aspetti, la presa della Bastiglia fu un atto storico straordinario, che
segnò il rovesciamento del regime e la proclamazione della repubblica. Hegel, uno dei più grandi
filosofi del diciannovesimo secolo, ogni 14 luglio brindava ricordando questo evento e così fece
fino alla fine dei suoi giorni.
In quella fortezza terribile, nel corso del tempo erano stati rinchiusi un numero imprecisato di
prigionieri politici, con l’unica colpa di non essere consenzienti ad un regime di prelati e
aristocratici corrotti, di proprietari terrieri che si definivano nobili ma che in verità erano
ignobili, poiché vivevano di usurpazioni e di rendita sfruttando il cosiddetto Terzo Stato. Fino a
pochi giorni prima della rivolta, nella Bastiglia vi era stato rinchiuso anche il marchese De Sade,
che infiammò gli animi dei suoi concittadini descrivendo, con particolari raccapriccianti, le
torture che lì si eseguivano. Così il furor di popolo si scagliò contro quella fortezza per liberare
i suoi prigionieri, ma soprattutto per rovesciare il regime; eppure, neanche coloro che furono i
protagonisti di quell’iniziale rivolta, in quel lontano 14 luglio del 1789, avrebbero potuto
immaginare a cosa infine sarebbero arrivati, ovvero a far crollare definitivamente uno degli imperi
più potenti al mondo. Da poco era tramontato il regno di Luigi XIV, il Re Sole, che aveva terre e
possedimenti in tutto il mondo. Ma ora, andando a Parigi, troverete solo i resti dell’opulenza che
fu e nessuna traccia di quella fortezza tetra, con bastioni e mura spesse, che poteva resistere alle
cannonate ma che non resistette alla furia del popolo.
Dunque da una parte si può brindare, sì, ma dall’altra si deve anche inorridire per i gravi crimini
che nella Rivoluzione furono compiuti e che culminarono nelle mostruosità atroci del periodo del
Terrore, un’altra terribile forma di regime che si sostituì alla precedente.
Ed ecco che arrivo adesso al cuore della riflessione che desidero offrirvi: non fu sufficiente
conquistare la Bastiglia per conquistare le autentiche libertà, uguaglianza e fraternità, tanto
osannate ma così brutalmente tradite. I tribunali rivoluzionari condannarono sommariamente a morte
migliaia di civili, giustiziati (si fa per dire, perché di giustizia non vi era alcuna traccia)
con la ghigliottina; altri furono imprigionati perché incolpati di turbativa, a volte per le loro
opinioni o atti politici, ma spesso senza nessun’altra giustificazione che il sospetto. La
maggioranza delle vittime veniva trasportata cerimoniosamente alla ghigliottina in carri che
passavano tra la gente che ne faceva scherno. Sotto la mannaia del boia cadde anche la testa di
Lavoisier, uno degli scienziati più geniali del diciottesimo secolo.
Dalla storia possiamo dunque imparare che contro la barbarie a ben poco vale l’adesione formale ad
un credo politico o religioso, pur nobile che sia; non è sufficiente scegliere una bandiera o
rifugiarsi dietro ad un’effige, occorre nella propria vita personale praticare di fatto, con dignità
e coerenza, i valori ai quali s’inneggia e si aspira.
I valori più elevati cui tendere sono egregiamente descritti da Krishna in Bhagavad-gita XVIII.42: è
con quelli che davvero si fa una rivoluzione, senza sangue, senza niente distruggere, perché c’è un
metodo che ci permette di trasformare persino gli anartha, i condizionamenti inconsci.
L’umiltà e l’impegno massimo nelle pratiche di sviluppo della coscienza sono prerequisiti di base
per evolvere e conquistare quei valori.
Può bastare una distrazione per deviare dal retto sentiero, dai nobili propositi iniziali, e
compiere atti scorretti, anche brutali, le cui conseguenze si debbono poi pagare per anni.
E’ difficile da credersi, ma è pur vero che Robespierre inizialmente era stato un sostenitore
dell’abolizione della pena di morte. Vediamo come si possono trasformare le coscienze delle persone
e anche come noi possiamo trasformarci, nel bene o nel male! Occorrono dunque estrema cautela,
impegno e attenzione: non solo gli altri corrono il rischio di fare pericolosi scivoloni
all’indietro, ma anche noi! Per questo è fondamentale non essere auto-referenti, ma guardare a noi
stessi e a quel che ci accade attraverso gli insegnamenti dei testi sacri e dei Maestri che li
praticano coerentemente nella loro vita.
Krishna spiega ad Arjuna nella Bhagavad-gita (XVII.5-6) cosa accade a coloro che trascurano gli
insegnamenti degli Shastra e vengono meno ai fondamentali principi etici e spirituali; anche la
storia ce ne dà dimostrazione inequivocabile: Roberspierre infine fu ucciso da quella stessa arma
letale che aveva utilizzato per martirizzare altri e la sua testa decapitata fu portata in trofeo
per le vie di Parigi.
Questi episodi sono parte della storia truculenta di kali-yuga, che pur dobbiamo conoscere se
vogliamo scrivere con la nostra vita una ben altra e diversa pagina di storia.
Roberspierre, Marat e Danton inneggiavano esaltati ai principi della libertà, uguaglianza e
fraternità, ma poi in nome di quei principi fecero cose terribili. Inizialmente avevano buone
intenzioni, ma è proprio su questo che desidero invitarvi a riflettere: le buone intenzioni non sono
sufficienti; ogni giorno occorre purificarle e sostanziarle con il nostro comportamento affinché non
scadano in cattive intenzioni. Volti di persone affidabili, assennate, possono diventare volti
mostruosi e così, una volta che rajo-guna ha preso il sopravvento nella personalità, basta un attimo
per passare all’atto: chi la ferma a quel punto la mano violenta o omicida? Non accontentavi di
ripetere degli slogan o di aver scelto una tradizione nobile cui fare riferimento, ma praticate con
estrema attenzione e cura, con continue verifiche sui vari piani della vostra personalità e della
vostra vita. Così agendo, se non vi lascerete condizionare dagli impulsi di una mente
indisciplinata, la vittoria sarà prossima. Ma se rimarrete in balia di quegli impulsi, la sconfitta
sarà certa.
E’ in questo modo che desidero ricordare l’anniversario della presa della Bastiglia, incoraggiando
ciascuno ad un’alta coscienza etica e spirituale, evitando di incorrere in errori gravi
semplicemente perché l’errore è considerato normalità dalla massa. Non adattiamoci alla cosiddetta
normalità di kali-yuga! Mentre offriamo il nostro contributo alle persone di buona volontà,
rimaniamo vigili su noi stessi: è facile lasciarsi trasportare dal fiume della corrente dei guna, ma
poi risalire la china è assai impegnativo. Con fede e massimo impegno dedichiamoci dunque al
processo trasformativo della coscienza; così davvero potremo riuscire a scrivere un’altra nuova
pagina di storia, in cui il bene trionfa e il male è vinto.
Marco Ferrini (Matsyavatara das)
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