(Da una serie di conferenze tenute presso ‘The China Institute’, New York, 1976)
“Non può succedere che il frutto di un atto ben fatto di corpo, parola, o pensiero possa avere un
risultato che sia sgradevole, o che inciti odio o porti sventura. Ma è possibile che esso possa
anche interessare gli altri…” (Vedi sotto.)
——
Il concetto di Karma svolge un ruolo molto importante in tutta l’Asia. In generale, le religioni
asiatiche hanno stabilito il noto codice morale universale basato su questa legge, che le buone
azioni producono effetti buoni e le cattive azioni producono effetti cattivi. Tuttavia, occorre
ricordare che il Buddhismo aggiunge ulteriori qualificazioni a questo codice:
I. Il risultato buono o cattivo non è né un premio né una punizione.
Il cosiddetto buono o cattivo risultato non è un giudizio né è dato come ricompensa o punizione da
un’autorità ultraterrena come Dio. Il buono o il cattivo risultato prodotto dal buono o cattivo
Karma è puramente e semplicemente un fenomeno naturale governato da leggi naturali che agiscono in
modo automatico, in piena giustizia. Se Dio non c’entra niente, allora anche Dio deve agire in base
a questa legge naturale. Questa causa produce questo effetto. Quell’altra causa produce quegli
altri effetti. Dio non può cambiare questo processo naturale a motivo del suo gradimento o della
sua avversione nei confronti di una determinata persona.
II. Il bene e il male non sono definiti da un codice di diritto umano.
Il bene e il male a cui ci si riferisce qui, non sono definiti da alcun codice o legge creati da
esseri umani, se non da quei codici o leggi che seguono il sentiero naturale. Per esempio, quando
all’inizio si è stabilita la democrazia negli Stati Uniti, le donne non avevano il diritto di voto.
A quel tempo, le donne che ottemperavano a tale status erano considerate buone e quelle che
combattevano contro di esso erano considerate in modo negativo. Tuttavia, il giudizio non era
giusto. Il percorso naturale è che gli esseri umani sono tutti uguali e, di conseguenza, il sistema
che dà alle donne la parità di diritti con gli uomini per poter votare è veramente quello giusto.
Pertanto, quelli che si opposero alla disparità del sistema di voto furono in effetti i buoni.
Questa Legge del Karma, o di causa ed effetto, è così potente che governa tutto l’universo, secondo
il Buddismo, ad eccezione di chi si è illuminato o di chi riconosce la Natura Fondamentale. Dopo
l’Illuminazione, il ciclo di causa ed effetto perde il suo significato, così come con
l’illuminazione cessa il Samsara, cioè il ciclo di nascita e morte. Poiché la Natura Fondamentale
trascende ogni dualità ed è l’Assoluto, o Ultimo, non c’è più nessuno a riceverne gli effetti, sia
buoni che cattiva, e nessuno a cui un qualsiasi effetto possa essere applicato. Questa unica
spiegazione del Buddha sui benefici della legge del Karma è molto importante. Ne discuteremo in
seguito.
Con questa breve spiegazione del Karma come sfondo, facciamo ora un altro passo avanti per vedere
come funziona Karma.
In uno dei testi Buddisti è registrato che qualcuno chiese al Buddha:
“Perché vi sono donne brutte che però sono ricche? “Perché vi sono donne belle, ma povere? “Perché
vi sono persone povere, ma con una buona salute e una lunga vita? “Perché alcuni sono ricchi però
malati e con vita breve?
Le risposte del Buddha furono:
“Chi è brutto, ma ricco, nelle vite passate fu poco temperato, facilmente si irritava e si
arrabbiava, ma è stato anche molto generoso e ha fatto offerte ai Buddha, al Dharma ed al Sangha e
ha fatto elemosine a molti esseri senzienti.
“Chi è bello, ma povero, nelle vite passate è stato molto gentile, sempre sorridente e dolce nel
parlare, ma è stato avaro e riluttante a fare offerte o ad aiutare altre persone.
“La persona che è povera, ma in buona salute e gode di una lunga vita, nelle sue vite passate è
stata molto avara o riluttante a fare donazioni, ma è stata gentile con tutti gli esseri senzienti,
non ebbe intenzione di nuocere o uccidere gli altri, e anche salvò la vita a molti esseri
senzienti.
“La persona che è ricca, ma spesso malata, o che ha vita breve, nelle sue vite passate è stata
molto generosa nell’aiutare gli altri, ma amava la caccia e l’uccisione, ed a causa sua gli esseri
senzienti si sono sentiti spesso preoccupati, insicuri e spaventati.
Gli esempi sopra riportati ci danno un’idea del perché le persone sulla terra, quindi tutti gli
esseri umani, sono così diversi in apparenza, natura, durata di vita, salute, capacità mentale e
destino. Ed è ancora più interessante notare quanto le circostanze in cui una persona è nata
possono influenzare il suo destino. In quale razza, nazione, colore della pelle, in quale epoca
nascere, tutti questi fattori fanno una grande differenza. Non sarebbe più logico pensare che ciò
che è accaduto prima della nascita possa aver causato tutti gli effetti piuttosto che dire che essi
siano puramente accidentali, o addirittura a dire che quella è la volontà di Dio? Se un bambino non
avesse una vita passata, allora su quale base Dio dovrebbe giudicare se premiare o punire quel
bambino, facendo sì che esso nasca in circostanze diverse? Dovrebbero sempre essere presi in
considerazione intenzioni, pensieri ed azioni. Ricorda:
“Non può succedere che il frutto di un atto ben fatto di corpo, parola, o pensiero possa avere un
risultato che sia sgradevole, o che inciti odio o porti sventura. Ma è possibile che esso possa
anche interessare gli altri…”
“L’effetto del Karma è inconcepibile!” L’affermazione del Budda suggerisce non solo la complessità
degli effetti del karma, ma anche la difficoltà di prevedere quando un effetto karmico maturerà. In
linea generale, tuttavia, il Karma è come l’azione di accendere una candela. Appena è accesa, la
candela immediatamente illumina l’intera stanza e durerà fino a quando non si consuma. Allo stesso
modo, il Karma ha le seguenti caratteristiche:
A. Il Karma non colpisce solo colui che agisce, ma riguarda anche gli altri. L’entità del Karma
determina la sfera del suo effetto.
B. La maggior parte del Karma produce un effetto immediato che durerà finchè non è consumato. La
natura e l’entità di un’azione karmica determina la durata degli effetti, che possono rimanere
molti anni, o che possono anche non farsi sentire fin quando non maturino altre condizioni
karmiche.
C. Gli effetti Karmici possono combinarsi ed accumularsi.
Questi tre punti sono alquanto condensati. Non ho molto tempo per darvi una dettagliata descrizione
di essi. Tuttavia, gli esempi successivi potrebbero aiutarvi a capire un po’ di più questi punti:
A. La scoperta dell’energia elettrica da parte di Benjamin Franklin e la conversione
dell’elettricità in luce da parte di Thomas Edison hanno enormemente cambiato la vita degli esseri
umani, e l’effetto è ancora in fase di sviluppo.
B. Un’azione presa dal Congresso degli Stati Uniti di modificare la legislazione fiscale
immediatamente colpisce le tasche di milioni di Americani. Gli effetti possono essere sentiti nel
corso della loro vita da molti Americani, e saranno sentiti anche dagli Americani delle future
generazioni.
C. Il combinato e cumulativo karma del sistema di schiavitù utilizzato da molti Americani per molto
tempo ha prodotto svariati effetti che negli Stati Uniti costituiscono un grande problema
nazionale. D. La scoperta teorica dell’energia atomica da parte di Albert Einstein e lo sforzo
congiunto di tutti i partecipanti al Progetto Manhattan produsse così complicati effetti, buoni e
cattivi, che probabilmente solo ora stiamo cominciando a capire il significato di questi sviluppi.
III. Un confronto tra l’entità degli effetti di vari tipi di Karma.
Questi raffronti sono registrati in molte scritture Buddiste. Citerò alcuni esempi che
permetteranno di farsi una propria idea di come una persona può creare effetti karmici di maggiore
portata.
A. Un giorno, mentre camminava per strada, il Buddha incontrò un mendicante che era un cosiddetto
‘intoccabile’ nella rigorosa società di caste in India di quel tempo. Non solo il Buddha fu
amichevole con lui, ma accettò il mendicante come discepolo nel suo ordine del Sangha. Questa
azione ebbe un effetto che fu infinitamente più grande dell’accettazione di un principe come suo
discepolo.
B. Quando il monaco Bodhidharma andò dall’India in Cina, egli fu accolto con favore dall’imperatore
Liang. L’imperatore gli chiese, “Che merito ho acquisito dato che ho costruito così tanti templi,
eretto così tante pagode, ho fatto così tante offerte al Buddha, Dharma e Sangha, e ho fatto
numerose altre opere virtuose?” Bodhidharma deluse molto l’imperatore Liang, rispondendo così:
“Maestà, non vi è alcun merito di sorta. Non hai ottenuto nessun merito. Ciò che hai fatto produce
solo ricompense mondane, che sono buona fortuna, grande potere, o grande ricchezza nelle vostre
vite future, ma tu dovrai ancora vagare nel Samsara.”.
C. Il Buddha sottolineò spesso che studiare, e spiegare agli altri anche solo poche frasi degli
insegna-menti che mostrano come liberarsi dal samsara crea un merito infinitamente più grande che
non fare grandi offerte ai molti Buddha in tutto l’universo, che sono numerosi come i granelli di
sabbia del grande Fiume Gange.
D. Il Buddha ha insegnato anche questi principi:
. Chi fa numerose offerte al Buddha, Dharma e Sangha, aiuta gli esseri senzienti, e compie molte
buone azioni, e però dedica tutti i meriti così accumulati all’interesse proprio o dei suoi
parenti, come il guadagnare più denaro o godere di una più lunga o migliore vita presente o
futura, produce effetti limitati.
. Chi fa le stesse opere buone, ma dedica tutti i meriti al salvare gli esseri senzienti dalla
sofferenza nel Samsara riceve molto più merito rispetto a quello fatto a fini egoistici.
. Infine, uno che fa le stesse buone azioni senza alcun scopo specifico o desiderio, riceve dei
meriti infinitamente maggiori rispetto ai due casi di cui sopra.
In una successiva elaborazione di ciò che è stato detto sopra, riguardo alle parole del Buddha,
come pure l’incontro tra Bodhidharma e l’imperatore Liang, non importa di quale azione si tratta,
in materia di azioni, o di quali meriti o non meriti che possono o non possono venirne, ciò che
segue dovrebbe essere rimarcato:
. L’imperatore Liang invitò Bodhidharma nella sua capitale Nanjing (Nanchino). L’imperatore era un
devoto del Buddismo, e spesso indossava indumenti Buddisti e recitava preghiere Buddiste. Egli era,
tuttavia, assai più orgoglioso del suo inflessibile e incondizionato sostegno verso il Buddismo di
tutto il suo intero regno. Insuperbito delle sue conoscenze e dei contributi verso il Buddismo,
egli chiese a Bodhidharma, “Da quando sono salito al trono, ho costruito molti templi, pubblicato
numerosi Sutra e sostenuto innumerevoli monaci e monache. Quanto grande è il merito di tutto
questo?”
“Nessun merito di nessun tipo” fu la sconvolgente risposta di Bodhidharma.
Ora, l’imperatore pensò che spesso aveva sentito insegnamenti da maestri di fama che avevano detto,
“Fai il bene, e riceverai il bene; fai il male, e riceverai il male. La Legge di Causa ed Effetto è
immutabile, gli effetti seguono le cause come l’ombra segue la figura”. Ma ora, costui dichiara che
io non ho ottenuto nessun merito. Così, l’imperatore restò alquanto perplesso.
L’imperatore non era riuscito a capire le parole di Bodhidharma, che significavano che uno non sta
realmente praticando il Buddhadharma, se fa il bene con il desiderio di ottenere merito per se
stesso. Egli sarà più interessato a soddisfare il proprio ego, o a promuovere il proprio
benessere, oppure per il vantaggio di essere riconosciuto e apprezzato dagli altri.
IV. Karma e Libero Arbitrio.
Questo argomento è stato discusso spesso. La domanda è: “C’è spazio per il libero arbitrio, nella
legge del Karma?” Una domanda più forte è: “Il libero arbitrio potrebbe non essere semplicemente
un’opinione soggettiva? Il cosiddetto libero arbitrio è anche un effetto del Karma?”.
Per la maggior parte degli Indù e delle scuole di pensiero religiose dell’India, soprattutto
quelle più antiche, credevano e promossero il concetto che il Karma opera in maniera retta, con le
azioni del passato che influenzano il presente, e le azioni presenti che influenzano il futuro. Di
conseguenza, davano poco spazio al libero arbitrio. Molte di queste interpretazioni hanno poi
permeato la cultura e il pensiero occidentale, tanto che il Karma finì con l’essere un tipo di
concetto di inflessibile “destino” o “fato”.
Tuttavia, il Karma opera più strettamente secondo la visione Buddista, come formulata dal Buddha,
agendo più o meno con reazioni circolari, con il momento presente che è formato sia di azioni del
passato che del presente; e le azioni presenti formano non solo il futuro ma anche il presente.
Questa costante apertura all’input presente nel processo di causalità rende possibile il libero
arbitrio. Questa libertà è simboleggiata nell’immagine che i Buddisti usano per spiegare il
processo: l’acqua che scorre: A volte il flusso dal passato è così forte che si può fare poco se
non restare fermi, ma ci sono anche momenti in cui il flusso può essere deviato in quasi tutte le
direzioni. (fonte)
Per ulteriori chiarimenti per quanto riguarda la possibilità di modificare o cambiare l’esito del
Karma, o come dice il Buddha, “per deviare il flusso in quasi tutte le direzioni” vedere: “SIDDHI,
Chaos Magic e Joriki: Mind Power in Zen Tradition”. Vedi anche “Mantras, Mantrams and Chants”, e
“Chi Kung”, e “The Power of the Shaman:Where Does It Come From” e “Diablero”.
Potremmo trovare molti esempi che sembrano indicare che non vi è spazio per il libero arbitrio
nella Legge del Karma. Significa forse che il destino di una persona è determinato dal suo Karma
passato, che una persona non ha alcun modo per cambiarlo? Come si è visto sopra, nella visione
Buddista del Karma non è proprio così. Allora, come e perché, si può cambiare il proprio destino?
Si consideri, ad esempio, il testo di Dogen Zenji, “Hotsu Bodaishin”, nel dodicesimo fascicolo, in
cui egli enfatizza il “sorgere della ‘mente-Bodhi'(bodaishin), che comporta il voto di salvare
tutti gli altri prim’ancora di se stessi (ji mitokudo sendota)”. Se la causalità non è altro che
l’essere ‘a’ quindi necessariamente l’essere ‘b’, allora “Hotsu Bodaishin” diventa assurdo, dal
momento che nessun altro agente causale diverso dal ‘Sé’ può quindi avere nulla a che fare con la
salvezza. Ciò, chiaramente, implicherebbe una sorta di personale causalità atomica, in cui il ‘Sé’
è isolato da tutte le influenze “esterne” – proprio il tipo di posizione che Dogen si preoccupa di
evitare.
Dobbiamo inoltre ricordare che le azioni positive producono Karma positivo, ed il Karma positivo
interagisce con il Karma negativo. Nel dodicesimo fascicolo del “Kuyo Shobutsu” di Dogen, si legge
che “Può esservi un grande frutto da piccole cause, e un grande beneficio da piccoli atti”. E qui
si implica che il Karma soteriologico è più potente del Karma negativo. Ancora, nel dodicesimo
fascicolo del “Sanji-go”, leggiamo una storia tratta dall’
“Abhidharma-mahaavibhaasaa-saastra”(Sezione 69) che racconta di un uomo buono (in questa sua vita),
che, al momento di morire, scopre che sta per rinascere in un inferno. All’inizio è risentito,
poiché egli credeva di esser destinato ad una rinascita in Cielo. Ma poi realizza che la sua
rinascita infernale è dovuta al male che egli aveva fatto in una vita precedente. Questa
realizzazione (cioè, saggezza) ha modificato il suo Karma, così che egli in realtà si troverà a
rinascere in un regno celeste.
Questi passaggi mostrano che Dogen non aveva una visione semplicistica e deterministica del Karma.
Per Dogen, il Karma non è una statica, sostanziale e lineare ‘serie’ di cause ed effetti. C’è
sempre la possibilità di cambiamento, soprattutto attraverso la realizzazione della saggezza
spirituale. Dogen, quindi, senza negare la struttura causale della vita e della pratica, respinge
una interpretazione rigida del Karma, in favore di un universo fluido, karmicamente
interdipendente, che dipende dalle nostre stesse azioni e dalla comprensione, come parte della sua
struttura causale.
Per aiutarvi a comprendere che il destino non è affatto predeterminato da un Karma del passato,
devo chiedervi di ricordare quanto ho detto prima circa la nostra natura fondamentale: ‘Causa ed
effetto, proprio come la nascita e la morte, perdono il loro significato a livello di Essere
Illuminato, perché a livello della natura fondamentale non c’è nessuno che possa ricevere l’effetto
del Karma, sia positivo che negativo. Quindi, per assurdo, quando si è diventati Illuminati, la
legge del Karma non è più applicabile. Tutto ciò che l’Illuminato fa, dice, o pensa, lo fa, lo dice
e lo pensa attraverso il libero arbitrio, una manifestazione della natura fondamentale, e non per
l’effetto del Karma passato.
Tutti gli insegnamenti del Buddha mirano ad un unico obiettivo: cioè, ad identificare se stessi con
la propria natura fondamentale. Tutti i suoi metodi sono concepiti per consentire che uno a poco a
poco entri in armonia con quella sua natura fondamentale.
Ora, la natura fondamentale possiede tutti i tipi di buone qualità umane, come la amorevole
gentilezza, la compassione, la gioia, e l’equanimità. Tutte queste buone qualità possono generare
buon Karma, il quale produce effetti positivi. Pertanto, nel corso del processo di coltivazione
della armonia con la natura fondamentale, queste buone qualità saranno pian piano rivelate, come un
occasionale raggio di sole che penetra attraverso una oscura e densa nube. Queste rivelazioni sono
i veri prodotti del libero arbitrio di una persona. Poiché un tale libero arbitrio crea un buon
Karma, e poiché il buon Karma produce effetti positivi, che a sua volta sono buon Karma per il
successivo effetto, e così via, una persona ha quindi il potenziale per diventare Illuminata,
riconoscere la natura fondamentale, e così diventare un Buddha.
Così, uno non solo potrà eliminare il Samsara, ma potrà anche ottenere la perfetta compassione e
saggezza, necessaria per insegnare agli altri esseri senzienti come seguire lo stesso Sentiero.
Il Karma è un argomento così importante e vasto, che potrei stare a parlarne per ore senza esaurire
il materiale. Temi come questi che seguono, potrebbero essere assai interessanti:
1. Possono il Karma buono ed il Karma cattivo compensarsi reciprocamente? 2. Il Karma può essere
cancellato? 3. Possono gli effetti del cattivo Karma essere minimizzati con la confessione e il
pentimento?
Per esempio, la Bhakti si differenzia nettamente dalle credenze tradizionali Indù e dal pensiero di
base Buddista sul Karma. Questa forma di credenza del Karma da parte della Bhakti, differisce dalla
ordinaria concezione di un karma che consuma, o elimina, il Karma buono e cattivo che l’individuo
ha sviluppato, o acquisito, nelle vite precedenti. Nel concetto della Bhakti, il Karma è messo da
parte; il devoto infatti si aspetta che il Signore restituisca Amore per amore, ed ignori il
predestinato corso del Karma. La questione se il Signore si atterrà alla ferrea legge del Karma, o
grazie alla bhakti glielo rimuoverà, elargendogli la sua grazia, rimane nelle mani delle caste
sacerdotali, senza soluzione.
Si veda il punto n. 2 qui sotto, e si consideri cosa succede se si può cambiare il concetto di
Signore, come citato sopra, con il concetto di ‘identificare se-stessi con la propria ‘natura-
fondamentale’. Con l’idea generale del Karma che ho presentato, voi potreste essere in grado di
trovare le risposte a queste questioni. In conclusione, desidero sottolineare due punti: 1) Il
buono o il cattivo Karma produrranno inevitabilmente i loro rispettivi effetti. Le nostre
quotidiane azioni, parole e pensieri, influenzeranno il nostro futuro. Una persona saggia, quindi,
sa bene che deve vivere correttamente. 2) Ricordatevi che la legge del Karma si può arrestare e ci
si può liberare dal Samsara solo attraverso l’identificazione con la propria ‘natura-fondamentale’.
Il modo come si può gradualmente identificarsi con la ‘natura fondamentale’, e realizzare che essa
è proprio ‘se- stessi’, è l’essenza dell’insegnamento del Buddha. Vi consiglio sinceramente di
studiarlo e di praticarlo.
Tra tutti gli ostacoli alla nostra coltivazione dell’Illuminazione, l’ostacolo più grande è il
nostro erroneo concetto del ‘Sé’. Questo è il cuore di tutta la nostra ignoranza e sofferenza. Per
saperne di più su come ridurre questo erroneo concetto si veda: DEATH OF THE EGO: A Buddhist
View.. Per alcuni approfondimenti e potenziali “risposte” alle tre domande poste in apertura di
paragrafo di questa sezione vedi: WHAT THE BUDDHA SAID.
Fondamentalmente, la nostra esperienza come la viviamo, non è diversa da quella dei maestri Zen. Il
modo in cui siamo diversi, è che noi abbiamo una sorta di nebbia, un particolare tipo di
sovrapposizione concettuale su quella esperienza, e poi facciamo un investimento emotivo su quella
sovrapposizione, sostenendo che essa è “reale” in sé e per sé.
Ecco ciò che dice un saggio Indiano contemporaneo, Ramesh S. Balsekar, nel suo libro: “Libero
Arbitrio, o Destino. A chi importa?”
“Nulla accade che non debba accadere, gli individui sono semplicemente dei personaggi all’interno
di una commedia. Non c’è nessuno a cui dobbiamo nulla e nulla ci deve essere restituito; per questo
non ha senso porre questioni riguardanti il biasimo o l’errore”.
Quando un ricercatore analizza e pondera l’insegnamento di Ramesh per la prima volta, anche se ha
iniziato la sua ricerca da moltissimi anni, resta spesso esterrefatto. Certi Maestri insegnano a
combattere l’ego, o ad uccidere l’ego. Invece Ramesh suggerisce di accettarlo: “Chi ha creato
l’ego? La Sorgente lo ha creato e, in determinati casi, la Sorgente stessa lo sta distruggendo”.
Ramana Maharshi era solito dire: “La vostra testa è già in bocca alla tigre”. Questa sua famosa
frase significa che non si può evitare il processo avviato dalla Sorgente e tanto meno tentare di
combattere l’ego. Continuando a combattere l’ego, la tigre manterrà la bocca aperta per secoli.
Accettando l’ego la tigre lo eliminerà in tre secondi, in un sol boccone.
“ESSENDOCI QUESTO, QUELLO SUCCEDE, SENZA DI QUESTO, QUELLO NON ACCADE”. (SRI Ramana Maharshi)
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