22 settembre 2018
Un esperimento mentale che riprende quello storico formulato negli anni venti da Erwin Schrödinger
porta a risultati contraddittori, segnalando una possibile mancanza di coerenza interna della
meccanica quantistica. Molti esperti dei fondamenti di questa teoria si stanno interrogando su
questi risultati, cercando un errore nel ragionamento
di Davide Castelvecchi/Nature
Nell’esperimento mentale più famoso del mondo, il fisico Erwin Schrödinger descrisse l’incerta
situazione in può trovarsi un gatto in una scatola. Secondo le regole peculiari della teoria dei
quanti, potrebbe essere sia vivo sia morto finché la scatola non viene aperta e lo stato del gatto
non viene misurato.
Ora, due fisici hanno escogitato una versione moderna del paradosso che ha implicazioni
sconcertanti, sostituendo il gatto con un fisico che fa esperimenti.
La teoria quantistica ha una lunga storia di esperimenti mentali, che nella maggior parte dei casi
sono usati per mostrare i difetti di varie interpretazioni della meccanica quantistica. Ma
quest’ultima versione, che coinvolge più attori, è insolita: mostra che se l’interpretazione
standard della meccanica quantistica è corretta, allora diversi sperimentatori possono arrivare a
conclusioni opposte su ciò che ha misurato il fisico nella scatola. Ciò significa che la teoria dei
quanti si contraddice.
L’esperimento mentale è discusso con passione negli ambienti della fisica da più di due anni e ha
lasciato perplessi la maggior parte dei ricercatori, in un campo che pure è abituato a concetti
bizzarri. “Penso che questo sia un livello completamente nuovo di stranezza”, afferma Matthew
Leifer, fisico teorico della Chapman University di Orange, in California.
Gli autori, Daniela Frauchiger e Renato Renner, dell’Istituto federale svizzero di tecnologia (ETH)
di Zurigo, hanno pubblicato online la loro prima versione dell’argomentazione nell’aprile del 2016.
L’articolo definitivo è apparso su “Nature Communications” il 18 settembre. (Frauchiger ora ha
lasciato il mondo accademico.)
Un mondo strano
La meccanica quantistica è alla base di quasi tutta la fisica moderna, e spiega tutto, dalla
struttura degli atomi al perché i magneti si attaccano l’un all’altro. Ma i suoi fondamenti
concettuali continuano a lasciare i ricercatori a caccia di risposte. Le sue equazioni non possono
predire il risultato esatto di una misurazione per esempio, della posizione di un elettrone ma
solo le probabilità che essa possa fornire particolari valori.
Gli oggetti quantistici come gli elettroni vivono quindi in una nube d’incertezza, codificati
matematicamente in una “funzione d’onda” che cambia forma dolcemente, proprio come le normali onde
nel mare. Ma quando viene misurata una proprietà come la posizione di un elettrone, si ottiene
sempre un valore preciso (e si ottiene lo stesso valore se misurato immediatamente dopo).
Il modo più comune per capire tutto ciò è stato formulato negli anni venti dai pionieri della teoria
quantistica Niels Bohr e Werner Heisenberg, ed è chiamato interpretazione di Copenaghen, dalla città
in cui viveva Bohr. Dice che l’atto di osservare un sistema quantistico fa “collassare” la funzione
d’onda da una curva diffusa a un singolo punto di dati.
L’interpretazione di Copenaghen lasciava aperta la questione del perché dovrebbero essere applicate
regole diverse al mondo quantistico dell’atomo e al mondo classico delle misurazioni di laboratorio
(e dell’esperienza quotidiana). Ma era anche rassicurante: benché gli oggetti quantistici vivano in
stati incerti, l’osservazione sperimentale avviene nel regno classico e dà risultati non ambigui.
Ora, Frauchiger e Renner stanno scalzando i fisici da questa posizione confortante. Il loro
ragionamento teorico mostra che la descrizione fondamentale di Copenaghen così come altre
interpretazioni che condividono alcune delle sue ipotesi di base non è internamente coerente.
Che cosa c’è nella scatola?
Il loro scenario è molto più complesso di quello del gatto di Schrödinger, proposto nel 1935, in cui
il felino viveva in una scatola dotata di un meccanismo che avrebbe rilasciato un veleno in risposta
a un evento casuale, come il decadimento di un nucleo atomico. In quel caso, lo stato del gatto era
incerto finché lo sperimentatore non apriva la scatola e controllava.
Nel 1967, il fisico ungherese Eugene Wigner propose una versione del paradosso in cui sostituì il
gatto e il veleno con un amico fisico che viveva all’interno di una scatola con un dispositivo di
misurazione che poteva fornire uno di due risultati, come il lancio di una moneta che dà testa o
croce.
La funzione d’onda collassa quando l’amico di Wigner viene a conoscenza del risultato? Una scuola di
pensiero dice che lo fa, suggerendo che la coscienza è al di fuori del regno quantistico. Ma se la
meccanica quantistica si applica al fisico, allora dovrebbe essere in uno stato incerto che combina
entrambi i risultati finché Wigner non apre la scatola.
Frauchiger e Renner hanno una versione ancora più sofisticata (si veda linfografica di Nature).
Sono previsti due Wigner, ciascuno dei quali conduce un esperimento su un amico fisico che tiene in
una scatola. Uno dei due amici (Alice) può lanciare una moneta e usando la sua conoscenza della
fisica quantistica preparare un messaggio quantistico da inviare all’altro amico (Bob). Usando la
sua conoscenza della teoria dei quanti, Bob può rilevare il messaggio di Alice e dedurre il
risultato del lancio della moneta. Quando i due Wigner aprono le loro scatole, in alcune situazioni
possono concludere con certezza se è uscito testa o croce, spiega Renner, ma a volte le loro
conclusioni non corrispondono. “Uno dice: ‘Sono sicuro che è uscito croce’, e l’altro dice: ‘Sono
sicuro che è uscito testa’”, dice Renner.
L’esperimento non può essere messo in pratica, perché richiederebbe che i Wigner misurassero tutte
le proprietà quantistiche dei loro amici, compresa la lettura delle loro menti, sottolinea la fisica
teorica Lídia Del Rio, collega di Renner all’ETH di Zurigo.
Tuttavia, si potrebbe far interpretare le parti di Alice e Bob a due computer quantistici: la logica
dell’argomentazione richiede solo che conoscano le regole della fisica e prendano decisioni basate
su di esse, e in linea di principio si potrebbe rilevare lo stato quantistico completo di un
computer quantistico (anche se i computer quantistici abbastanza sofisticati per farlo non esistono
ancora, sottolinea Renner).
Interpretazioni a confronto
I fisici stanno ancora cercando di capire le implicazioni del risultato, che ha scatenato reazioni
accese da parte di esperti dei fondamenti della teoria dei quanti, molti dei quali tendono a essere
conservativi nei confronti della loro interpretazione. “Alcuni si emozionano”, dice Renner. E
ricercatori diversi tendono a trarre conclusioni differenti. “La maggior parte delle persone afferma
che l’esperimento mostra che la loro interpretazione è l’unica corretta.”
Per Leifer, la produzione di risultati contraddittori non dovrebbe essere necessariamente un
problema. Alcune interpretazioni della meccanica quantistica prevedono già una realtà che dipende
dal punto di vista. Ciò potrebbe essere meno spiacevole di dover ammettere che la teoria quantistica
non si applica a cose complesse come le persone, dice.
Robert Spekkens, fisico teorico dell’Istituto per la fisica teorica di Waterloo, in Canada, afferma
che la via per uscire dal paradosso potrebbe nascondersi in alcuni sottili postulati
dellargomentazione, in particolare nella comunicazione tra Alice e Bob.
“A mio parere, ci sono molte situazioni in cui tenere conto delle conoscenze di qualcuno implica una
traduzione di queste loro conoscenze.” Forse l’incoerenza deriva dal fatto che Bob non interpreta
correttamente il messaggio di Alice, dice. Ma ammette di non aver ancora trovato una soluzione.
Per ora, è probabile che i fisici continueranno a discutere. “Penso che non siamo ancora riusciti a
dare un senso a tutto questo”, conclude Leifer.
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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 18 settembre 2018. Traduzione ed
editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
www.nature.com/articles/d41586-018-06749-8
dx.doi.org/10.1038%2Fs41467-018-05739-8
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