La Virtù dell’Umiltà

pubblicato in: AltroBlog 0

La Virtù dell’Umiltà

di Marco Ferrini

L’umiltà è una preziosa componente di ogni autentico successo, incluso quello di intrattenere appaganti e durature relazioni. Dovremmo riflettere profondamente sul significato di umiltà, collocandola tra le più alte virtù. La gente sembra oggi mostrarsi poco interessata verso lo studio e la pratica delle virtù, che appaiono come desuete, fuori moda. Le persone aspirano a diventare tutto nella vita, meno che umili. Rari sono coloro che si informano su come sviluppare l’umiltà.

Eppure, l’umiltà è alla base di tutte le relazioni autentiche. Qual è il suo contrario? La superbia.

Chi vorrebbe avere una buona relazione con una persona malata di superbia? Si possono trovare persone superbe anche tra coloro che sono poveri e inconcludenti, ma che hanno una visione della vita che innalza la loro superbia, che dire tra le persone più potenti e famose. Allo stesso modo, si possono trovare individui umili tra i più poveri così come tra i ricchi, tra sconosciuti e tra i più conosciuti.

L’umiltà favorisce la predisposizione ad aprirsi per accogliere e imparare. Se una persona non è umile non imparerà nulla, tranne che sul mero piano cognitivo, e ciò ostacolerà la sua marcia sul cammino evolutivo.

Bhagavad-gita IV.34: “Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha conosciuto la verità.”

Questo verso ci rivela che persone veramente sagge e sapienti, che hanno avuto realizzazioni di valore, possono a loro volta trasmetterle ad altri, posto che si crei la giusta predisposizione in chi riceve l’insegnamento, avvicinandosi consapevole di non sapere, condizione indispensabile per imparare, ponendo domande con umiltà per ricevere la conoscenza e coltivando uno spirito di servizio nei confronti di chi ci sta educando a vivere alla luce delle più alte verità. E’ dunque la giusta attitudine che predispone ad apprendere. E questa è caratteristica fondante dell’umiltà.

L’umiltà ha un fondamento in coloro che vivono, sentono, desiderano un mondo migliore, che coltivano un’idealità che consente di sopportare fatiche, ingiustizie e disagi temporanei in vista dell’ottenimento di uno scopo superiore.

Mohandas Karamchand Gandhi:

“La mia vita non fu che una serie di tragedie esteriori, e se queste non hanno lasciato su di me nessuna traccia visibile, indelebile, è dovuto all’insegnamento della Bhagavad-Gita.”

Fin qui non ho però ancora detto cosa sia l’umiltà in sé, ho infatti descritto alcuni dei suoi effetti e ora accennerò alle conseguenze della carenza di umiltà. Una persona presuntuosa e superba è inevitabilmente esclusa da una comprensione alta, perché le manca la funzione portante del sentire la necessità di sapere che nasce e si sviluppa in proporzione a quanto una persona sente di non sapere abbastanza. Sapere di non sapere è componente essenziale di questa virtù.

L’umiltà é parte costitutiva anche di un’ottima relazione, perché se non riconosciamo il contributo apportato dell’altro non possiamo stabilire una buona relazione con nessuno.

Platone nello scritto sui dialoghi tra due grandi del pensiero umano, Socrate e Protagora, sviluppa il tema della virtù a cui anche l’umiltà appartiene. In questa consistente conversazione, i due grandi filosofi giungono a una conclusione: la virtù non si può insegnare teoricamente.

La virtù si trasmette praticandola, non insegnandola.

Chi pratica la virtù ne espande il senso e incoraggia altri a praticarla.

Possiamo tenere lezioni di filosofia morale e parlare di virtù con grandi esempi nella Scolastica, da Sant’Agostino a San Tommaso D’Aquino, ma non la si può imparare se non abbiamo un modello in vita di una persona che come noi mangia, dorme, cammina, dialoga, agisce, perdona e aiuta gli altri nel superare le loro crisi. Se non si pratica e non si ha un modello praticante di virtù, il suo insegnamento teorico non sortirà effetti significativi e duraturi.

La pratica è la scuola della virtù. Praticando si raggiunge la perfezione in ogni campo, e ciò vale pure per la realizzazione spirituale.

Tra le virtù da praticare ho scelto di parlarvi dell’umiltà, e sapete il perché? Perché solo se umili riusciamo a perdonare. Perdonare consente a chi ha commesso errori – e in quanto esseri umani tutti ne commettiamo – di sopravvivere agli insuccessi e tentare di migliorarsi.

Si può essere umili di fronte all’arrogante?

Sì, è una delle migliori occasioni per non lasciarsi prendere dalla mente reattiva, scegliendo di non adottare il metodo del nostro interlocutore, evitando così di ricambiare in egual moneta.

Diversamente, otterremmo il risultato di raddoppiare l’errore, e due errori non sono meglio di uno. A poco varrebbe dire: ha cominciato lei o lui!

Di fronte all’arroganza, alla presunzione e alla prevaricazione merita agire con distacco emotivo, soprattutto in relazione a persone che non sono capaci di rimanere nel dialogo che produca un costruttivo confronto e, in qualche misura, alla condivisione che tutti, in più modi, arricchisce.

Ma, se non lo siamo, come possiamo diventare umili?

Con la pratica costante. Senza peraltro scoraggiarci ogni qualvolta che manchiamo il risultato.

Ma per riuscire a praticare con continuità è utile aver maturato alcune comprensioni o almeno essersi formati alcuni concetti. Ecco quali sono i più importanti.

Occorre acquisire la consapevolezza dell’immensità dell’universo e a confronto della dimensione limitata in cui noi siamo confinati. Siamo come un granello di sabbia nell’immensità di una spiaggia sterminata.

Dovremmo sviluppare la consapevolezza dei nostri limiti per riuscire a contemplare l’immensità dell’Universo, a vedere le sue meraviglie e ad intuirne la funzione evolutiva cui esso induce tutte le creature, e così divenire parte consapevole, grata e felice del gioco universale: io e gli altri nel gioco della vita.

Chi sono gli altri? Dio, il creato e tutte le creature.

Riconoscendo che siamo in un gradino evolutivo intermedio tra Dio e tutte le Sue creature, e che tutte hanno lo stesso diritto nostro alla vita, non sarà troppo difficile diventare umili! Riconoscendo i principi fondamentali di stretta parentela tra Dio, creato e creature tutte, noi inclusi, facciamo i primi passi nel diventare realmente umili.

L’umiltà è una di quelle virtù che ci consente di centrarci e ricollocarci in maniera armoniosa nell’universo. Essere umili non è un modo di porsi con cui ci si reprime e svaluta, diventando meno vitali, entusiasti e ispirati, fino quasi a sentirci inferiori e inutili; al contrario, l’umiltà ci colloca in una posizione di realtà che ha valore infinitamente più grande dell’orgoglio, figlio dell’illusione. Poiché all’illusione segue la delusione, è di gran lunga più conveniente liberarsi dai condizionamenti dell’io storico, fino alla realizzazione del sé spirituale. Quest’ultimo è parte integrante del Divino, avente le sue stesse qualità seppur in misura infinitesima. Poiché Dio è amore, eternità e infinita sapienza, anche una goccia di quell’amore, eternità e sapienza ha comunque il potere di soddisfare completamente l’anima.

Nella Brhadaranyaka Upanishad è detto che il Tutto (Brahman, lo Spirito supremo, in termini monoteistici Dio) promana infinite espansioni che a loro volta sono complete in sé e la cui promanazione non va a diminuire il Tutto.

Nelle Upanishad, opere sublimi facenti parti della letteratura vedica definita dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, è tracciato il percorso spirituale che consente alla persona di recuperare la consapevolezza della propria matrice divina, ricollegandosi al Tutto, a Dio.

Questa è in sostanza la Scienza dello Yoga per la reintegrazione del sé nella realtà universale, che insegna a sviluppare quell’alto livello di coscienza e quella conseguente sfera di emozioni, sentimenti, cognizioni, qualità e relazioni evolutive e costruttive che ci permettono di far fronte alle inevitabili crisi, drammi e tragedie che scandiscono l’esistenza incarnata.

Se siamo persone centrate, se viviamo in equilibrio e abbiamo realizzato la natura spirituale del nostro essere, riconosciamo che corpo e mente non corrispondono alla nostra reale identità e così, liberi da false identificazioni, possiamo attingere alle nostre qualità originarie, quelle spirituali.

L’umiltà ci rende molto più stabili e forti di fronte alle prove che a tutti la vita riserva, e consente di gioire attraverso la partecipazione all’avventura cosmica nel cammino verso la perfezione, fino alla vivificante scoperta del Creatore dietro al creato e alle creature. Possiamo così sviluppare una relazione di profonda comunione con tutti, vivendo in spirito di offerta e servendo il Signore con l’Amore più umile, dolce e sublime che l’essere umano possa sperimentare.

www.marcoferrini.net/

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *