Quando i neonati prematuri sono sottoposti a necessarie procedure dolorose salvavita, la voce della
mamma che parla li aiuta a provare meno dolore.
5 settembre 2021 – Fabrizia Sacchetti
Un neonato prematuro ha bisogno della mamma che gli parla per stare meglio.
La voce della mamma ha il potere di ridurre il dolore del neonato prematuro proprio quando viene
sottoposto procedure che lo mantengono in vita ma che sono necessariamente dolorose. Questa bella
notizia arriva da uno studio pubblicato su Scientific Reports condotto da un team delle università
di Ginevra e della Val d’Aosta, col contributo di ricercatori dell’ospedale Parini di Aosta.
PARLAMI ADESSO, MAMMA. I nati pretermine, curati in terapia intensiva in incubatrice per diverse
settimane, sono sottoposti a procedure mediche quotidiane – intubazione, prelievo di sangue, sondino
di alimentazione eccetera – che non possono essere allievate da troppi farmaci antidolorifici,
rischiosi per il loro sviluppo neurologico.
Molti studi, in effetti, hanno già dimostrato che la presenza dei genitori ha un effetto calmante
sul bambino, per esempio con le modulazioni emotive della voce. Ma questa nuova ricerca, focalizzata
sulla voce della madre, in quanto il padre è di solito meno presente nei primi giorni di vita del
figlio, ha rilevato che quando la madre del nato pretermine parla con il bambino i segnali di
espressione del dolore diminuiscono. Inoltre, il livello di ossitocina, l’ormone coinvolto
nell’attaccamento, aumenta a livelli importanti.
Gli studiosi hanno seguito 20 neonati prematuri ricoverati all’ospedale Umberto Parini di Aosta
chiedendo alle madri di essere presenti durante le analisi del sangue, eseguite prelevando alcune
gocce dal tallone. Lo studio è stato condotto in tre fasi nell’arco di tre giorni, per permettere un
confronto: la prima iniezione è stata somministrata al neonato senza la presenza della mamma, la
seconda mentre gli parlava, la terza mentre cantava. L’ordine di queste condizioni è stato cambiato
in modo casuale.
IL PRELIEVO DEL SANGUE. «Abbiamo fatto parlare o cantare la madre cinque minuti prima
dell’iniezione, durante l’iniezione e dopo la procedura, misurando anche l’intensità della voce,
affinché nascondesse il rumore della terapia intensiva che spesso c’è a causa dei vari dispositivi
medici», precisa Didier Grandjean, uno degli autori dello studio.
Innanzi tutto il team ha verificato se il dolore del bambino fosse diminuito in presenza della madre
utilizzando il Preterm Infant Pain Profile (PIPP), che stabilisce una griglia di codifica tra 0 e 21
per le espressioni facciali e i parametri fisiologici (battito cardiaco, ossigenazione) che
attestano le sensazioni dolorose del bambino. I risultati sono stati significativi: il PIPP era di
4,5 quando la madre era assente, scendeva a 3 quando parlava, e risaliva a 3,8 quando cantava.
«Questo risultato differente tra la voce che parla e quella che canta, si spiega perché la madre,
parlando, adatta maggiormente le sue intonazioni vocali a ciò che percepisce nel bambino, mentre
cantando è vincolata dalla struttura melodica», spiega Didier Grandjean.
OSSITOCINA, L’ORMONE DEL BENESSERE. Inoltre, gli studiosi hanno cercato una ulteriore conferma
misurando i livelli di ossitocina – l’ormone collegato allo stress e al dolore – utilizzando un
campione di saliva dei bambini prima che la madre parlasse o cantasse, e dopo la puntura per il
prelievo di sangue. «Abbiamo così visto che, quando la madre parlava, i livelli di ossitocina
aumentavano in modo siginificativo: da 0,8 picogrammi per millilitro a 1,4. Decisamente un’ottima
conferma», conclude Manuela Filippa, prima firmataria dello studio.
www.nature.com/articles/s41598-021-96840-4
pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10617258/
da focus.it
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