L’altra sponda – Osho

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L’altra sponda

di Osho

Tratto da “Morte: la grande finzione”
New Service Corporation

L’ALTRA SPONDA

“Questa è una sera speciale, perché uno di noi è partito, verso
l’altra sponda”, così Osho la sera del 17 luglio 1987 annunciò la
dipartita di un altro dei suoi discepoli, Swami Anand Maitreya, che
egli aveva dichiarato illuminato nel 1984.

Maitreya aveva voluto tenere per sé questa realizzazione, ma Osho “se
ne accorse” e lο annunciò pubblicamente. In quell’occasione, Maitreya
disse: “Osho è un vero birbante!” Dando così prova di quella
leggerezza che segna un legame tra amici che non hanno nulla da
salvare, nulla da difendere, nulla da giustificare… nulla da darsi ο
da dirsi, in quanto sono un solo essere, sono parte della stessa
coscienza. SONO la stessa consapevolezza!

“Non tornerà più, non rinascerà mai più.

Ha conseguito la libertà e la liberazione di cui vi ho sempre parlato.
Questo è un momento di grande felicità, di gioia, celebrate!
Festeggiate… accade molto di rado… forse una persona su un milione
giunge a una tale silenziosa esplosione di luce, dissolvendosi
nell’oceano di consapevolezza che circonda l’esistenza.

Maitreya se n’è andato pienamente consapevole: ricordatevi di lui,
perché vi ha mostrato il sentiero. Egli ha vissuto con gioia, sebbene
non possedesse nulla, ed è morto immerso in una quiete infinita, in
uno stato di grazia. È questo che intendo quando parlo di “realizzare
il proprio destino”.

Coloro che vivono nell’infelicità e muoiono infelici, continuano a
mancare il proprio destino. Falliscono, e poiché hanno fallito milioni
di volte, si sono assuefatti al fallimento… ma se anche una sola
persona si realizza, il suo successo diventa anche il vostro: dimostra
che ciò di cui abbiamo parlato non è mera filosofia, è un autentico
sentiero per la realizzazione del Sé.

Se ne è andato, come un uomo dovrebbe fare: con gioia, in estasi.

Ricordate che questa sua esperienza di realizzazione si fonda su due
cose: la prima, era entrato in piena fiducia con me. Uso un linguaggio
strano, forse non avrete mai sentito usare una frase come questa… è
un fatto raro! E la seconda cosa: mai, da quando mi ha conosciuto, ha
mancato di entrare in meditazione quanto più gli era possibile.

La sua morte non è stata la fine di una vita, ma l’attimo culminante
di una fiducia e di uno stato di meditazione sconfinati.

Allorché la fiducia e la meditazione si incontrano, là dove accade, si
realizza il proprio potenziale, in tutta la sua gloria e il suo
splendore”.

Ora Osho, quel furfante, ha giocato ai suoi discepoli l’ultimo
scherzo… ο quello che sembra tale! Ha lasciato il corpo, facendo ciò
che aveva promesso: si è dissolto nell’aria, negli alberi, nel sole e
nella pioggia. Pare ammiccare nel cielo, la notte. La sua chiarezza è
la chiarezza del sole, la cui luce spazza via ogni tenebra
“naturalmente”, ogni giorno, con meticolosità e incuranza di quanti
protestano perché vogliono continuare a dormire: “Ricordate”, diceva
con voce semplice, quasi fosse la più normale delle cose, “quando me
ne sarò andato, voi non perderete nulla; anzi, potrete guadagnare
qualcosa di cui ora siete assolutamente inconsapevoli.

Quando lascerò il corpo, dove potrò mai andare? Sarò qui! Nel
frusciare del vento, nel mormorio dell’oceano; e se mi avete amato, se
avete fiducia in me, mi sentirete in mille e un modo: nei vostri
momenti di silenzio, all’improvviso sentirete la mia presenza.

Quando non sarò più confinato dal corpo, la mia consapevolezza diverrà
universale. Allora, non dovrete più venire a cercarmi: ovunque sarete,
la vostra sete, il vostro amore, vi faranno ritrovare la mia presenza,
nel vostro cuore, nel semplice battito del vostro cuore”.

Osho ha lasciato il corpo il 19 gennaio 1990, alle cinque del
pomeriggio (ora di Poona). Se chiudo gli occhi, quell’evento continua
a ripetersi, e porta con sé una sensazione – forse unica nella mia
vita – che va oltre la risata e il pianto.

Mentre Amrito parlava, la voce rotta dall’emozione, ricordo di aver
chiuso gli occhi: una scarica elettrica mi ha divorato, un vortice in
cui il Tutto e il Nulla che Osho era stato per me, divampavano come un
fuoco che ardeva senza bruciarmi.

In un attimo ho rivissuto la mia vita con lui: ciò che avevo
conosciuto, ciò che avevo creduto di conoscere, ciò che lui mi aveva
aiutato a comprendere, e per assurdo, vedevo anche ciò che non avevo
mai visto, ciò che mai avrei visto né compreso.

La “normale”, quotidiana, complessità della mia vita, si fondeva con
la sua semplicità “straordinaria”; il mio qualunquismo, con il suo
essere visceralmente “un uomo qualunque”… e così in vortici infiniti
di presenze e di assenze.

Ringraziavo l’esistenza per essere lì. Non sapevo, forse per la prima
volta, dove altro avrei voluto, desiderato, potuto essere: “forse è
questa l’assenza di desiderio?”, mi chiedevo senza conoscere più una
lingua in cui profferir parola.

Tutto era così rapido, vertiginoso, folle, eppur limpido, che non
potevo che stare seduto in silenzio, ammutolito di fronte alla forza
di quanto mi era di fronte; una forza che mai avevo conosciuto in
passato.

Si dice che un uomo, di fronte alla morte, riveda la sua intera
vita… in quella notte forse ho vissuto una morte, di certo qualcosa
è morto dentro di me, e qualcosa è venuto alla luce: la certezza che
esiste la possibilità di essere umani, la sicurezza che questa è
l’unica cosa da fare, l’unica vera ragione di vivere.

Si vegeta, ci si irrigidisce nella vita come pietre, si sopravvive, si
ammazza il tempo, ci si tuffa a capofitto in cose che aiutano a
stordirsi, nel tentativo di dimenticare il proprio destino, la propria
realtà, ci si illude di essere già qualcosa ο qualcuno, di essere già
arrivati, realizzati, mentre ancora si è tesi tra l’abisso del regno
animale e l’eterno abisso che è l’esistenza. Si sogna… si cercano
gli altri, per sognare insieme, e dare sostanza e verità ai propri
sogni.

Da quella notte, amo un ρο’ di più la mia solitudine. E amo
l’incontro, quando questo porta con sé il tono e il colore, la
vibrazione della solitudine. Quando non è soverchiato dalle parole,
dalle maschere che noi tutti siamo e vogliamo caparbiamente essere…
un po’ di quel silenzio, di quel vuoto, ha attecchito in me e ha per
me più valore di qualsiasi altra cosa potrei essere o fare nella vita.

Cerco anzi di espanderlo, di lasciare che ogni giorno di più si
allarghi dentro di me … fino a riempirmi. Paradossalmente, proprio
quel vuoto e quel silenzio danno un senso e una sostanza sempre
maggiore al mio vivere quotidiano, lo rendono vivo al di là di
qualsiasi idea di vita e di morte io abbia mai avuto.

Forse è questo l’ultimo dono di questo essere straordinario, e mi
auguro l’abbia dato al maggior numero di esseri umani possibili,
fisicamente presenti, allorché se n’è andato, e spiritualmente
presenti, in quanto hanno dedicato la loro vita, nel mondo intero,
alla realizzazione della sua visione: “Mentre spicca il volo verso
l’altro mondo, il Maestro vorrebbe darvi il suo ultimo dono: voi
sentirete come una brezza che non ha confronti; nella vita non esiste
nulla che le può essere paragonato. È pura gioia: così pura, che è
sufficiente averne un minimo assaggio per veder trasformata la propria
vita”.

Amrito, quella sera, ha poi proseguito dicendo: “Gli abbiamo chiesto
come avremmo dovuto celebrare questo momento, e lui ha detto: “È
sufficiente che mi portiate in Buddha Hall per dieci minuti e poi al
crematorio”.

Ha detto che il suo samadhi sarà in Chuang Tzu… e ha detto molte
altre cose che vi farò sapere in seguito. Per ora, lasciatemi dire che
nella morte era come ve lο sareste aspettati: incredibile!

E quando mi sono messo a piangere, mi ha guardato e ha detto: “No, no,
non è questo il modo!”

Poi ha guardato Jayesh negli occhi e ha detto: “Vi lascio il mio
sogno!” Diamo quindi l’addio che il nostro amato Maestro si merita, un
addio degno di un uomo che ha vissuto così pienamente come nessun
altro uomo ha mai fatto”.

Ed è stata festa.

Non posso dire di aver sentito una mancanza: avevo visto Osho in
dicembre, ci eravamo tenuti per mano, abbracciati, qualche minuto, e
la sensazione era di “qualcosa” di intimamente radicato alla vita, di
saldo, di presente: “Un uomo così”, mi ero detto, “non può morire…
né ora né mail”

L’avevo ripetuto ad altri, amici che si preoccupavano per la sua
salute, divenuta intimamente fragile dopo il barbaro comportamento del
governo americano che aveva tramato un’invisibile crocefissione, con i
sofisticati metodi moderni che ancora vengono usati dai politicanti
che pretendono di tenere “sotto controllo” le coscienze (risulta per
certo, da analisi mediche successive che nei dodici giorni vissuti in
carcere, Osho venne avvelenato con Tallio e radiazioni).

Ancora, però, tento di capire il senso di quell’immortalità, che solo
ora ho compreso non essere minimamente legata al suo corpo, né alla
sua mente… vorrei tornasse, a volte, ma poi “sento” che non tornerà
mai più… e subito dopo ho un’ulteriore sensazione, che non se ne sia
mai andato… alla fine, credo siano “illuminanti” le parole che
abbiamo scritto sul suo samadhi, il luogo in cui sono raccolte le sue
ceneri:

OSHO
MAI NATO
MAI MORTO
HA SOLO VISITATO
QUESTO PIANETA TERRA

11.12.1931 19.1.1990

Sì, un desiderio mi anima ancora, vorrei che le sue parole non
andassero perdute, vorrei che animassero la vita di altri, che
portassero la vita nel cuore di altri esseri umani. E questo
semplicemente perché sento che se l’esistenza potesse parlare direbbe
proprio queste cose, parlerebbe così come lui ha parlato: con tanti
silenzi che richiamano la presenza delle stelle nell’oscurità della
notte, con un sussurro che riecheggia la voce del vento, con una
fermezza che ricorda il vigore degli alberi, con una carezza che
ricorda il frusciare dell’erba, con la forza del mare, con il ruggito
di un leone… una voce, insomma, serena e potente, limpida e chiara,
umana e divina, che conosce il fragore della tempesta e del tuono, ma
non conosce violenza alcuna… e forse per questo, e per altri motivi,
ancora non è stata compresa.

Io stesso, ogni giorno stupisco e mi sorprendo di fronte a una frase:
“Ah, se avessi saputo queste cose!” Mi rammarico spesso, e ancora mi
sono rammaricato traducendo questo libro… ma subito mi fermo e
capisco che non è questa la cosa importante: l’importante è essere
queste cose… allora mi raccolgo, rientro in me stesso… e riprendo
quel cammino che porta alla conoscenza di sé, a essere un discepolo, a
essere umani!

Sorprendentemente Osho aveva già visto anche questo… anche questo
timore… e aveva già dato il suo “eterno consiglio”: “Non abbiate
paura di ciò che potrà accadere alle mie parole, quando me ne sarò
andato. Siate certi che non me ne andrò prima di aver seminato in voi
quel messaggio che è racchiuso nelle mie parole.

Ιl giorno in cui lascerò il corpo, la vostra responsabilità sarà
immensa: dovrete vivermi, dovrete diventare me. Lasciare il mio corpo
diventerà per tutti voi una sfida: ora che ho lasciato un corpo, posso
vivere in tutti i vostri corpi. E sono assolutamente certo, sono
felice, perché ho raccolto le persone giuste: loro saranno i miei
libri, i miei templi, le mie sinagoghe.

Dipende tutto da voi: chi, altrimenti, diffonderà la mia presenza?

lo sono un sognatore incurabile: nessun miracolo potrà mai accadere, a
meno che voi non lο facciate accadere. E voglio che questo Ashram sia
il primo nucleo umano in cui si realizzi la sintesi tra l’approccio
religioso alla vita e quello scientifico.

Questo appagherà il mio sogno, il mio dire che la sfera interiore
dell’uomo e quella esteriore non sono separate. E quando affermo che
questo accadrà, non sono solo parole: io sono un semplice tramite
dell’esistenza, so benissimo – poiché nasce dal mio totale
annullamento, nell’anima stessa dell’universo – è un messaggio
dell’esistenza stessa: accadrà, nessuno potrà ostacolarlo.

E questa è la sola speranza perché nasca un uomo nuovo, una nuova
umanità”. Possa il sottile fruscio di queste pagine richiamare nel
cuore di quanti hanno letto questo libro, la visione che le parole di
Osho contengono, sì che diventi una realtà, e noi si possa

vivere, nella normalità della vita quotidiana, la coscienza di quel
dono straordinario che è la vita. Solo così, ne sono certo, cadranno
gli orribili e tenebrosi abiti con cui abbiamo da sempre dipinto la
morte, ed essa si rivelerà a noi con il suo vero volto, quello della
più

grande illusione.Swami Anand Videha

NOTA: Il messaggio spirituale, il sogno che Osho ha lasciato
all’umanità intera, è stato pubblicato dall’editore Bompiani, nel
volume “La Grande Sfida”, che in appendice contiene il racconto delle
sue ultime ore nel corpo, narrate dal suo medico personale.

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