L’Amore che non stanca

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L’Amore che non stanca

a cura di Marco Pellacani

Il disabile è il “Fiore di Loto” che è riconducibile all’Amore, alla gioia e passione. Come ogni
essere umano che si ritenga tale, ha desiderio di essere: ascoltato, capito, stimato, voluto. Niente
può nascere, crescere e prosperare sulla strada dei personalismi e dei palpiti interiori, quando
viene a mancare il rispetto, l’educazione, la lealtà e la fiducia. Perché ciò accada, è necessario
temprare il carattere, “riabilitare” la volontà e la speranza. Soltanto il bene, l’affetto, possono
aiutare. Indipendentemente dal fatto di mostrare o esibire pulsioni erotiche, sessuali, copulatorie.

L’Amore è la componente che maggiormente viene a mancare in un individuo minorato nel soma, nel
fisico (appositamente non parlo di sfogo dei sensi. Per questo, talvolta, possono bastare le
mercenarie/i mercenari). Chi è limitato o impedito nei movimenti, ne risente anche nella possibilità
di allacciare amicizie, conoscenze. Provocare: occasioni ed incontri duraturi. Le ore sospese, sono
quelle che riportano ad una interminabile solitudine che non viene sfogata dentro un preservativo.
Il bisogno di parlare, di ricevere e condividere dolcezza, tenerezza, partecipazione emotiva
rappresentano un’esigenza che mentre “ti devasta il cervello, ti fa tribolare sino
all’inverosimile”.

Il concetto di “vita sprecata” ha un unico comune denominatore: “essere soltanto di se stessi e mai
di un’altra persona!” Dover esistere, lottare, “combattere”, giorno dopo giorno, guardando allo
specchio sempre la propria faccia. “Oggi mi piaccio meno di ieri. Sono più triste, scazzata….. Non
ho nessuno a cui confessarlo… che davvero mi voglia bene. Mi sappia tirar su di morale. Mi regali
un sorriso che non sia di circostanza, una carezza che per forza di cose non debba essere
intenzionale o appiccicosa!” Un Amore ti aiuta a campare, ti fa sentire bella, persino affascinante,
coinvolgente, quand’anche ti valutassi inferiore ad un pezzo di focaccia con le cipolle avariate.
“Benché cane non mangi cane. Handicappato detesti riflettersi sentimentalmente in uno specchio
d’acqua a lui uguale.”

Eppure, in questo mondo carente di impeti e “vagiti di cuore”, ogni uomo che si rispetti (almeno
secondo il mio punto di vista) – da quello ben piazzato sulle proprie gambe, a quello sprofondato in
una seggiola a rotelle – pensa che la tua femminilità abbia da esibirsi unicamente in un letto;
dove, magari giacciono già in cinquanta alla ricerca di non si sa quale bocca, gluteo o membro! “E
lo chiamano amore” – cantava l’indimenticabile Bruno Martino. Com’è possibile confondere la
spazzatura con l’oro presente in natura (o sarà la profondità delle relazioni a far scappare i
Signori Uomini?) ed i colori del tramonto in Liguria e dintorni? Non riesco ancora a capirlo!
Probabilmente, invece, di una “aragosta” di classe, olezzo di cozza al punto che ristagno ( e non me
ne vergogno!) nel liquame di una modesta “verginità sentimentale”.

Tuttavia, so Amare, ve lo assicuro. So amare così come accade ad un gran numero di esseri umani:
bipedi e ruotanti. E so anche praticare l’erotismo, la sensualità, lasciar cadere i freni inibitori.
Ciò che di solito avviene in un rapporto di coppia. Esclusi ulteriori ospiti. So Amare come farebbe
qualunque altra donna che potesse camminare al posto mio.

Da anni mi porto dietro questo “imbarazzo”, confezionato su quattro ruote motrici. Vivo, patisco,
gioisco e mi dispero al pari di ogni altra creatura pensante. Il Mondo rimane lo stesso se lo guardi
dal basso di una carrozzina. Alla sera segue comunque il giorno e speri che non sia piovoso per
poter uscire (a salire su un taxi ti va via mezza pensione!). Scambiare un paio di chiacchiere.
Incontrare un’amica, un amico, un conoscente qualsiasi. Perché, porca miseria se anche lo tieni
nascosto: “sei sola come un gatto rognoso e non sai più dove sbattere la testa per tirare avanti. In
fondo tu l’adori questa “sporca vita”, da sempre. Anche se sei nata “diversa” (che sta a
significare: meravigliosa, stupenda!) e te ne sei accorta quando la gente con stupida curiosità su
di te ha puntato il dito.

Di recente, per compensare il tuo bisogno di Amore, di “languore”, ti sono state offerte (da un
disabile par tuo) delle orge, delle ammucchiate collettive, degli orgasmi multipli che a suo dire
(parola di uomo con le ruote) erano gli unici modi per conquistarlo, avvincerlo e dargli piacere!
Che bella stron…. (non posso terminare la frase, l’educazione e il bon ton me lo impediscono)!
Possibile che anche tra noi DISABILI, l’affettività, l’Amore vero (completo di respiro e sudore
corporeo), l’universo del “sei la mia donna (uomo), ti voglio bene. Compensi e rendi normale la mia
esistenza. Vorrei condividere con te il tempo che rimane, un cinema, una bibita… e chissà quanti
nuovi chiari di luna”, siano frasi degne soltanto degli ultimi imbecilli, ammalati di romanticismo?!

Autore: Maria Rosa Oneto (Pseudonimo: Mirò)

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