L’apprendimento dei bambini
a cura di Enrico Loi
Dimostrato che da bambini è più facile imparare le lingue.
Lo studio di un gruppo di ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele ha dimostrato che da
adulti il cervello è costretto a “lavorare di più” per imparare la seconda lingua. Il linguista
Andrea Moro: “Confermate le teorie di Chomsky”.
Esiste un “periodo critico” del nostro sviluppo durante il quale il cervello è in condizioni ideali
per acquisire una lingua? E se impariamo una seconda lingua da adulti cosa succede? Un recente
studio condotto da ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele e dell’Università di Berlino
dà una risposta a queste domande. Lo studio sarà pubblicato sul numero del 9 gennaio di Neuron, una
delle più prestigiose riviste scientifiche del settore. I ricercatori hanno studiato con la
Risonanza magnetica funzionale l’attività del cervello in soggetti bilingui per italiano e tedesco
mentre ascoltavano delle frasi nelle due lingue.
I soggetti erano tutti di madrelingua italiana ma appartenevano a tre gruppi diversi. Il primo era
costituito da soggetti che avevano imparato il tedesco da poco e in modo imperfetto. Gli altri due
gruppi invece avevano una padronanza perfetta delle due lingue e ciò che li differenziava era solo
quando avevano imparato la seconda lingua: da piccoli oppure da adulti. Innanzi tutto l’analisi
dell’attività del cervello con Risonanza magnetica ha dimostrato che nell’uso della seconda lingua
il cervello si attivava in modo differente tra i soggetti del primo gruppo e quelli degli altri due.
Questo risultato ha confermato alcuni studi precedenti eseguiti al San Raffaele: quanto meglio si
conosce la seconda lingua, tanto più il cervello si attiva come per la lingua madre.
Tra i due gruppi ad elevata padronanza della seconda lingua esiste invece una differenza: quando i
soggetti dovevano fare un esercizio di grammatica (ad esempio decidere se la frase “i topi mangia il
formaggio” fosse corretta), pur eseguendo tutti il compito perfettamente, le persone che avevano
appreso la seconda lingua da adulti attivavano una porzione più ampia dei lobi frontali di quanto
normalmente accade per la lingua madre. Invece, se il compito era decidere se le frasi nella seconda
lingua erano corrette sul piano del significato, (ad esempio se la frase “i cani possono volare”
aveva senso) non si rilevava nessuna differenza tra i due gruppi.
“Questa scoperta suggerisce che in effetti esiste durante l’infanzia un momento “magico” in cui il
cervello è in condizioni ottimali per acquisire una lingua.” – commenta Stefano Cappa, preside della
facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e coautore della pubblicazione-
“Superato questo periodo critico è sempre possibile imparare molto bene una seconda lingua ma con
uno sforzo ed una applicazione ben diversa: per quanto riguarda la grammatica il cervello
dell’adulto continuerà a trattare la lingua appresa in modo differente a quello della lingua madre.”
“E’ anche possibile che questo meccanismo neurologico” – continua Cappa – “sia alla base delle
sottili difficoltà ad utilizzare in modo “perfettamente preciso” la seconda lingua avvertite da
quelle persone che pure ne hanno elevata padronanza.”
Andrea Moro, ordinario di Linguistica Generale della facoltà di Psicologia dell’Università
“Vita-Salute” San Raffaele, commenta questi risultati: “La grande rilevanza del lavoro in questione
è duplice. Da una parte si tratta di un’ulteriore conferma dell’ipotesi centrale della cosiddetta
grammatica generativa, originariamente proposta dal linguista americano Noam Chomsky negli anni ’50:
l’acquisizione del linguaggio è, per così dire, “pilotata” da una guida biologicamente
predeterminata. Dall’altra, è la dimostrazione che quando si apprende una lingua straniera, perché
si attivi nel cervello la parte dedicata al linguaggio, non conta il livello della padronanza bensì
l’età di apprendimento.” “Le ricadute sul piano pratico – continua Andrea Moro – “sono ovviamente
tanto importanti quanto quelle teoriche in quanto ribadiscono a livello strettamente neurologico
l’importanza che la didattica delle lingue straniere avvenga nei primi anni di vita del bambino. Con
questo lavoro si ha dunque una conferma sostanziale della validità della grammatica generativa e
delle sue applicazioni in campo biopsicologico sperimentale.”
Lo studio è stato finanziato dall’Unione Europea, dall’ente di ricerca Deutsche
Forschungsgemeinschaft e dall’Università di Berlino.
Per informazioni: Laura Arghittu, tel. +39 02.2643.3000
Studio pubblicato su Neuron, gennaio 2003 Early Setting of Grammatical Processing in the Bilingual
Brain Isabell Wartenburger (1), Hauke R. Heekeren (1,2), Jubin Abutalebi (3), Stefano F. Cappa (3),
Arno Villringer (1), Daniela Perani (3)
1. Department of Neurology, Charité, Humboldt-University, Berlin, Germany 2. Lab of Brain and
Cognition, NIHM, NIH, Bethesda, USA 3. Università Vita-Salute San Raffaele e Istituto di
Neuroscienze e Bioimaging, CNR, Milano, Italia.
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