LARTE della MATERIA
di David Peat
Arte e scienza sono andate di pari passo finché si sono separate nel Rinascimento. A meno che non
riconcilino le loro differenze, non potremo mai capire il mistero della realtà quantistica o lo
strano ruolo che giochiamo nella nostra osservazione del mondo.
Leonardo da Vinci ha nascosto un messaggio religioso sovversivo ne LUltima Cena? Il best-seller di
Dan Brown, e tutto quello che ne è seguito, ha spedito flotte di diligenti lettori a consultare siti
web per farsi una propria idea di chi fosse colui che da Vinci ha dipinto alla destra del Cristo.
LUltima Cena, come praticamente tutta larte nella tradizione occidentale che lha preceduta, era
profondamente religiosa, perché era la religione che ispirava gli artisti
Al tempo di da Vinci, lartista e lo scienziato erano la stessa persona, uniti nella loro
esplorazione e celebrazione dei misteri delluniverso; avevano a che fare con lo stesso paesaggio.
Però gli ultimi secoli hanno assistito alla separazione di arte e scienza, i loro praticanti
lavorando spesso da prospettive del tutto diverse e con abilità diverse, nonostante la comune realtà
che ognuno cerca di spiegare.
La scienza si preoccupa della natura dello spazio e si fa domande sulla permanenza ed il
cambiamento. Larte dipinge lo spazio, o crea unillusione di spazio tridimensionale, in cui vari
oggetti hanno la loro esistenza. Ma larte si occupa anche dello spazio come sede del sacro, un
senso dello spazio più ricco che larchitettura manifesta meglio: in una cattedrale, locchio è
attirato verso laltare, o in su verso il cielo; in una moschea, ci si inginocchia come lAdamo
primordiale al momento della creazione. Ogni fedele è il centro del mondo.
Nel medioevo, gli artigiani, gli artisti e gli alchimisti generi di scienziati rudimentali
lavoravano assieme per assistere la natura nel raggiungere la perfezione. Nella città di Siena,
leco dei pittori Duccio, Martini e Pietro ed Ambrogio Lorenzetti ci ricordano del periodo,
prerinascimentale, quando larte e la religione erano unite. Larte cercava di manifestare il sacro
la Madonna col Bambino, la crocifissione, le vite dei santi. In queste opere lo spazio e lazione
sono profondamente integrate. Lo spazio è ricco e mischiato col tempo, in modo che eventi diversi
nel tempo coesistano, come coesistono diversi angoli di percezione. Nella Madonna sul Trono (N.d.T.:
La Maestà) di Duccio la pala dellaltare per la cattedrale di Siena si ha il senso di guardare
il trono simultaneamente da angoli diversi. Questo ricco senso dello spazio ci ricorda i gironi
nella Divina Commedia di Dante; la forma è una metafora molto densa, che rappresenta non solo i
cerchi del paradiso, ma anche le orbite del sole e dei pianeti attorno alla Terra, la cerchia
muraria attorno alla città, ed il sé interiore.
Tutto questo è cambiato con il Rinascimento, quando gli esseri umani, piuttosto che archetipi,
divennero i soggetti dei dipinti. Luomo divenne la misura di tutte le cose. La prospettiva,
uninvenzione rinascimentale, creò una formidabile illusione di spazio, ma al costo di separare lo
spazio dal tempo cosicché gli avvenimenti erano catturati in un singolo statico momento. Il pittore
contemporaneo David Hockney suggerisce che la prospettiva sia sorta da tentativi di dipingere la
crocifissione, quel momento storico speciale in cui tutti gli occhi sono attratti sulla figura
centrale.
La concezione dello spazio era anche cambiata nella fisica. Così come le scene dipinte erano incluse
in una regola di singola prospettiva, il cosmo era ridotto alle leggi newtoniane di movimento e
forza. Il tempo era ridotto ad un parametro della fisica; luniverso vivente ed organico divenne una
meravigliosa macchina. Il grande fisico del ventesimo secolo Wolfang Pauli ha affermato che la
scienza newtoniana aveva bandito lo spirito dalla materia. Con lo spazio secolarizzato ed il tempo
bandito dalla pittura, leterno ed il sacro erano esiliati dal nostro mondo.
Il tempo ritornò nella pittura nel diciannovesimo secolo con Cézanne, che guardò il mondo con tutto
il fervore di un grande scienziato. Cézanne scrisse dellessere seduto sulla sponda di un fiume e di
osservare le sue piccole sensazioni, talvolta girando la testa da una parte, talvolta dallaltra.
Ogni sguardo portava una nuova sensazione e metteva in dubbio quello che era stato visto prima.
Quello a cui il filosofo Maurice Merleau-Ponty avrebbe fatto riferimento come il dubbio di Cézanne
è onnipresente in questi dipinti; ogni pennellata chiama in questione lillusione creata da quelle
vicine. Il tempo è ricco nellopera di Cézanne, che sentiva che i suoi dipinti erano unespressione
della consapevolezza della natura.
Tuttora gli artisti usano i loro rispettivi mezzi per esplorare e manipolare lo sconosciuto e
limmenzionabile. Lartista britannico Antony Gormley scolpisce statue dal corpo di ferro senza
mostrare alcun muscolo o espressione. Il suo lavoro vuole mostrare lo spazio dentro al corpo, che
rimane oltre la rappresentazione, ed esplorare la relazione tra i corpi e gli spazi che occupano.
Gormley si riferisce alla tradizione del buddismo Theravada in cui lamore può essere irradiato o
trasmesso senza bisogno di un oggetto. Il suo lavoro vuole essere un catalizzatore che permette che
questo amore sia registrato entro quello che definisce loscurità, o lo spazio interiore, del
corpo dellosservatore.
Anni fa, Gormley faceva parte di un gruppo di artisti e scienziati che parlavano del pre-spazio,
linsieme di ipotetiche relazioni algebriche che alcuni fisici sperano saranno la base di una nuova
fisica che sarà in grado di spiegare come sono emerse la materia, lo spazio ed il tempo. Gormley più
tardi produsse un imponente opera intitolata Quantum Cloud (N.d.T.: Nube Quantica), installata
presso il Tamigi. Lopera consiste di barre metalliche saldate assieme per creare lillusione di una
persona nello spazio, o forse di una nuvola a forma di persona. In questo caso, un dialogo tra arte
e scienza, dove ciascuno stava cercando un terreno fondamentale sul quale stare, ha portato alla
produzione di una nuova opera darte e di un modo nuovo di relazionarsi al mondo.
Anche Anish Kapoor, un contemporaneo di Gormley, si occupa del trascendentale e dellimmenzionabile,
ma in modo alquanto diverso. Il suo lavoro ha informazioni da molte tradizioni, inclusa la
celebrazione induista di Holi, nella quale le persone si gettano addosso pigmenti puri a vicenda.
Molte delle opere di Kapoor includono lespressione del vuoto, un buco nellopera che è stato
coperto da così tanti strati di pigmento puro che risucchia la luce. A fermarsi davanti a questo
vuoto, si perde qualsiasi senso di profondità o dimensione. Mentre il lavoro di Gormley indica il
sublime nello spettatore, lopera di Kapoor cerca di esprimere il sublime nellopera stessa.
Gormley e Kapoor ci inducono a porci la domanda centrale fatta dallesperienza dellarte: dove si
trova lesperienza artistica? Cè una vera esperienza qui sul tavolo, spesso alquanto drammatica.
Pittura, scultura, musica, poesia tutte ci provocano qualcosa quando le sperimentiamo. Siamo
ispirati, sopraffatti, trasportati. Ma dove siamo trasportati? La nostra anima svolazza brevemente
nel regno delle forme di Platone, o nella mente di Dio? In che misura lesperienza è nellopera
darte stessa? Larte è semplicemente un mezzo per portare unesperienza dallartista al pubblico?
Allinizio del ventesimo secolo, queste stesse domande erano poste da un nuovo genere di scienziati:
i fisici quantistici. Albert Einstein e Niels Bohr hanno impiegato decadi a lottare con la natura
ultima della materia la realtà quantistica che misteriosamente si rivelava nella nuova teoria
che si andava formando. Essi si domandarono se la materia abbia proprietà intrinseche,
indipendenti da qualsiasi osservatore, e come due osservatori potessero guardare la stessa cose e
vederla diversa. Erano curiosi della strana realtà che sembrava essere portata allesistenza dal
processo di misurazione. Noi osserviamo un elettrone in un punto, in un istante, e poi da qualche
altra parte un attimo più tardi, ma mai tra i due istanti. Ci è proibito presupporre dalla
misteriosa logica della teoria quantistica che lelettrone abbia viaggiato in una particolare
traiettoria perché non labbiamo visto farlo. Come i personaggi di Star Trek proiettati giù sulla
superficie di un pianeta, lelettrone semplicemente sparisce da un posto e riappare in un altro.
La teoria quantistica ha costretto una generazione di fisici riluttanti a limare un piolo quadrato
perché entrasse in un buco rotondo. La vecchia idea di una realtà obiettiva, con proprietà che
aspettano di essere misurate, ha lasciato il posto ad una strana nuova realtà, una in cui
losservatore è misteriosamente diventato parte di quello che si sta osservando; la realtà si è
rivelata essere in qualche modo partecipatoria.
È qui che la fisica quantistica inizia a risuonare con lesperienza artistica. Proprio come la
realtà quantistica emerge nel processo di misurazione, così pure lesperienza dellarte sorge nella
contemplazione dellopera darte da parte dellosservatore. Cè qualcosa di indivisibile ed olistico
sia nella realtà quantistica che nellesperienza artistica; la realtà è lintero spettacolo e non
risiede in alcuna delle parti.
E proprio come losservatore ha una relazione col mondo, con la materia, e con qualsiasi opera
darte, lo stesso si deve dire dellartista. Janine Antoni, unartista americana contemporanea,
crede che ci sia un divario esistenziale tra lartista ed il mondo, uno che deve essere colmato in
qualche modo. In un certo senso, il divario è fisico quella porzione separatrice di spazio tra
lartista e loggetto. Ma il divario esiste anche ad un livello più profondo, tra linterno e
lesterno, il soggetto e loggetto.
Lopera di Antoni considera come gli artisti siano sottomessi alla materia, mentre la materia è
sottomessa allartista. In unopera, Antoni ha lavorato per ore, giorno dopo giorno, sfregando
assieme due pietre. Attraverso lo sfinimento, lartista divenne il servitore dellopera; allo stesso
tempo le due rocce erano forzate al contatto, ognuna modellando laltra per produrre la forma
finale. Lartista e lopera sono in relazione luno con laltro.
Cè una parte profondamente spirituale nella ricerca dellartista, un bisogno di trascendere e
muoversi oltre le categorie della materia, della psiche e dello spirito che ci hanno limitato negli
ultimi due secoli. Il desiderio dellartista è di capire la materia ad un livello oltre quello
puramente descrittivo e razionale conoscere lessenza del mondo e la sua dimora interiore.
È possibile che il progresso richieda uno sforzo cooperativo, una forma di dialogo tra larte, la
scienza e la filosofia. Da una certa prospettiva, la scienza ha fatto molta strada; da unaltra,
come vero modo di conoscere il mondo, la scienza rimane nella sua infanzia. Il compositore John
Tavener parla de la singola semplice memoria. Questo era un periodo quando lartista, lartigiano
e lalchimista lavoravano tutti assieme nel mondo del sacro. Forse ci stiamo avvicinando ad un
periodo quando la scienza, larte ed il sacro parteciperanno ancora una volta ad un profondo ed
esteso dialogo.
fonte: l’articolo è uscito sul n°12 di Scienza e Conoscenza quale traduzione da Science&Spirit
luglio-agosto 2004, per gentile concessione dell’autore e della rivista
David Peat è un fisico teorico amico e collaboratore di David Bohm. E’ autore d’innumerevoli libri e
fondatore del Pari Center for New Learning a Pari (GR) – www.paripublishing.com/blogs/
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