L’Atomo – Andrea Cardito

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L’Atomo

di Andrea Cardito

Per risalire a colui che intuì per primo l’esistenza dell’atomo, bisogna tornare al quarto secolo
avanti Cristo quando Democrito immaginò che la materia era formata da un aggregato di minuscole
particelle invisibili all’occhio umano, e chiamò queste particelle atomi.

Atomo significa indivisibile, Democrito l’ ho chiamò cosi perché pensava che l’atomo fosse l’ultima
parte indivisibile costituente la materia, come vedremo ci possono essere condizioni di divisibilità
dell’atomo, ma questo si scoprirà solo parecchi secoli dopo.

L’atomo è costituito da tre particelle, il protone costituente stabile di carica positiva, il
protone si trova nel nucleo dell’atomo, poi ci sono i neutroni particelle elettricamente neutre come
il protone anche il neutrone si trova nel nucleo, la somma dei protoni e dei neutroni fornisce il
numero di massa dell’atomo, questo numero come vedremo in seguito rappresenta un dato molto
importante per gli scienziati, infine ci sono gli elettroni particelle caricate negativamente sono
le più leggere fra quelle che posseggono una carica, quindi non influiscono sul peso atomico
dell’atomo.

C’è anche da dire che in un atomo i protoni e gli elettroni sono presenti in ugual numero, Cosi che
gli atomi risultino elettricamente neutri.

Poiché è ancora impossibile vedere un atomo dal vivo perché infinitamente piccolo si possono solo
proporre alcuni modelli atomici in grado di superare dei test sperimentali, anche se il modello
attualmente riconosciuto è stato realizzato più su base teorica che pratica è vedremo più avanti il
perché.

Adesso però passiamo in rassegna alcuni modelli atomi proposti nella storia e come vennero risolti i
problemi.

Per risultare più chiari chiamiamo in causa la dott.sa Grazia Gliozzi che nel libro “Chimica Perché”
ha scritto in proposito del primo modello:

—–

“Joseph John Thomson nel 1998 propose un modello atomico concepito come una sfera omogenea di
elettricità positiva entro cui si trovano anche gli elettroni.

Per meglio comprendere come Thomson intendesse il suo modello, si pensi ad un panettone di forma
sferica in cui la pasta rappresenta la positività, e l’uvetta rappresenta gli elettroni.”

—–

Questo modello mette in evidenza due importanti fatti il primo che gli atomi in condizioni naturali,
e per naturali intendo senza modificazioni esterne, sono elettricamente neutri, ma se ad esempi noi
asportiamo un elettrone perde la sua neutralità.

In seguito alcuni fisici trovarono inefficace tale modello, perché come si dice non passò i test,
quindi si fece avanti il fisico Rutherford che nel 1911 espose il suo modello, chiediamo aiuto
ancora alla dott.sa Gliozzi:

—–

“Nel 1911 Ernest Rutherford dimostrò, grazie a dati accumulati mediante esperimenti, l’inefficienza
del modello di Thomson e ne propose uno secondo cui l’atomo è formato da una parte positiva,
costituente il nucleo, e da una parte negativa, gli elettroni che ruotano attorno al nucleo secondo
orbite circolari. Rutherford infatti, bombardando con fasci di particelle ALFA un foglio
sottilissimo di metallo, poté dimostrare che la maggior parte delle particelle ALFA (circa il 99%)
continuava nella stessa direzione anche dopo averlo attraversato; in alcuni casi, invece, la
traiettoria subiva delle brusche deviazioni o addirittura delle repulsioni.

Per spiegare questi fenomeni Rutherford ammise che la massa di ogni singolo atomo della lamina di
metallo e la sua carica positiva fossero concentrate in una regione centrale estremamente piccola
rispetto al volume totale dell’atomo, a cui diede il nome di nucleo.

In altre parole il volume totale di un atomo è costituito in minimissima parte da un nucleo carico
positivamente, circondato da cariche negative piccolissime e in numero tale da equilibrare o
annullare le cariche positive. Poiché in totale le particelle costituenti l’atomo occupano ben poco
dell’intero volume si poteva affermare che lo spazio occupato da un atomo è quasi completamente
vuoto.

In questo modo si spiega perché tante particelle passino attraverso la lamina: essa si comporta come
una rete a maglie larghe attraverso cui le particelle ALFA passano indisturbate.

Se però le particelle ALFA sono dirette contro i nuclei o nelle loro vicinanze, subiscono deviazioni
più o meno forti (fino alla repulsione) a causa della repulsione elettrostatica fra la positività
delle particelle ALFA e la positività delle particelle componenti il nucleo

(i Protoni ).

Manca da risolvere il problema del comportamento degli elettroni:

essi non possono stare fermi perché altrimenti, per attrazione elettrostatica, cadrebbero sul
nucleo. Questo modello atomico va perciò concepito con gli elettroni rotanti attorno al nucleo,
cosicché la forza centrifuga viene bilanciata dalla forza di attrazione delle cariche. E importante
sottolineare infine il ruolo giocato da Rutherford nella storia della scienza, in quanto fu l’ultimo
scienziato a proporre un modello atomico nato da risultati sperimentali.”

—–

Da Rutherford in poi tutti i modelli atomici erano per lo più solo teorizzati come quello di Niels
Bohr che nel 1922 disse che gli elettroni percorrono delle orbite senza subire variazione di
energia.

La teoria di Bohr si riassume nei seguenti postulati:

Ma lasciamo parlare la dott.sa Gliozzi:

————–

” La teoria atomica di Bohr si riassume nei seguenti postulati in contraddizione con la meccanica
classica; essi sono:

1. Esistenza di stati stazionari. Secondo il punto di vista classico, un elettrone che ruota intorno
al nucleo dovrebbe compiere una spirale che termina nel nucleo, emettendo sempre energia sotto forma
di radiazione continua.

Poiché ciò non avviene, Bohr postulò l’esistenza di stati stazionari in cui l’energia dell’elettrone
fosse costante. Per questo motivo, quando l’elettrone possiede la minima quantità di energia
possibile, percorre l’orbita più vicina al nucleo (= stato stazionario fondamentale), mentre quando
viene eccitato, cioè quando assorbe determinate quantità di energia (o <> di energia), può
percorrere soltanto determinate orbite di raggio maggiore (= stati stazionari eccitati).

2. Condizioni di frequenza. Bohr postulò che l’energia fosse assorbita solo quando l’elettrone
<> da uno stato stazionario all’altro. L’energia di questa transizione era E2 – E1 = hv
(dove h costante di Planck, v frequenza, E1 = energia dello stato stazionario iniziale
(fondamentale), E2 = energia dello stato stazionario eccitato).

In questo modo l’energia dell’atomo era quantizzata ed erano permessi soltanto stati di energia
discreti, caratterizzati dalla dimensione del raggio dell’orbita stessa (= distanza tra l’elettrone
ed il nucleo).

In sintesi il modello atomico di Bohr può essere descritto come segue:

1. La massa dell’atomo (protoni e neutroni) è concentrata nel nucleo.

2. Gli elettroni girano attorno al nucleo percorrendo traiettorie o orbite di raggio crescente mano
a mano che ci si allontana dal nucleo.

3. L’elettrone non irradia continuamente perdendo energia; è in uno stato stazionario, ovvero ad
ogni orbita compete un certo valore di energia quantizzata che non viene mai persa dagli elettroni.

Gli elettroni non percorrono tutte le traiettorie possibili, bensì solo quelle dotate di un
determinato valore di energia; questo concetto fu postulato ed elaborato matematicamente da Bohr.

Vogliamo chiarire ulteriormente il concetto di quantizzazione. Da rubinetto esce con continuità un
getto d’acqua. Il rubinetto può essere chiuso in modo tale da impedire un getto continuo, ma da
consentire che il liquido esca goccia a goccia, con discontinuità e con ritmo periodico, si ha così
una rappresentazione dell’emissione per quanti, dove ogni goccia rappresenta un quanto, cioè una
quantità discreta di materia (in questo caso).

4. L’attrazione coulombiana tra il nucleo positivo e l’elettrone ruotante negativo tiene assieme
l’atomo.

5. Per somministrazione di energia l’elettrone viene eccitato, cioè passa da un livello
energeticamente inferiore ad uno superiore, ovvero più esterno (assorbimento); quando questa
somministrazione cessa di esistere, l’energia assorbita viene restituita (emissione) per intero
sotto forma di radiazioni elettromagnetiche luminose o fotoni (ma anche raggi X, ultravioletti, onde
medie, ecc.) e sta ad indicare il ritorno dell’elettrone al livello energetico iniziale più interno
(o stato fondamentale).

Su questa esperienza si basa il riconoscimento degli elementi; infatti ogni atomo emette <>
caratteristiche (dette righe) che, trasmesse da apposite apparecchiature (spettrofotometri),
permettono di identificare la struttura dell’atomo in questione.

6. Da tutti gli altri punti di vista, il sistema obbedisce alle leggi della fisica classica.

Al tempo di Bohr la fisica si trovava in una fase di assestamento, tanto che lo stesso Bohr, nella
sua formulazione, adottò alcuni postulati dalla nuova teoria quantica, ma ne conservò altri della
fisica classica. Di conseguenza questo modello risultò essere un ibrido non coerente con i due modi
di pensare, e, come tale, era assai insoddisfacente dal punto di vista filosofico.”

Anche se il modello di Bohr può funzionare in alcuni casi e carente in alcuni punti, quindi molti
fisici dopo di lui cercarono di colmare le carenze di tale modello, allora arrivo Sommerfeld, c’è ne
parla ancora la dott.sa Gliozzi:

“Il modello di Bohr venne in seguito modificato dal tedesco Arnold Sommerfeld, il quale dichiarò che
la natura delle orbite non poteva essere circolare, bensì doveva essere un ellisse, in cui il nucleo
occupa uno dei due fuochi (numero quantico secondario ). Quando una carica elettrica si muove
secondo orbite non circolari crea un campo magnetico (numero quantico magnetico) il cui valore è
pure <>, cioè ben definito.

Questo modello si può pensare strutturato come il nostro sistema solare, in cui il nucleo è il Sole
e i Pianeti rappresentano gli elettroni.

Nel modello atomico Bohr-Sommerfeld, il nucleo è formato da protoni, particelle a carica positiva,
uguale ma di segno contrario a quella degli elettroni, e da neutroni, particelle di massa poco
superiore ai protoni e prive di carica elettrica. La presenza dei neutroni influisce sul peso
dell’atomo.

Infine, per quanto riguarda gli elettroni e i parametri che caratterizzano il loro movimento attorno
al nucleo, il modello Bohr-Sommerfeld può essere così riassunto:

1. n (numero quantico principale): stabilisce il livello energetico e il raggio dell’atomo, ossia la
distanza dell’orbita più esterna dal nucleo. I livelli vengono indicati con le lettere K, L, M, N,
ecc.; i valori che può assumere sono: l < n < infinito anche se ne vengono considerati soltanto
7.

2. l (numero quantico angolare): stabilisce la forma dell’orbitale. Gli elettroni, pur percorrendo
quasi lo stesso livello di energia, gravitano in regioni dello spazio di forme differenti.

Poiché dipende da , può assumere i valori 0 < l < (n- 1). Quando n = 4 si hanno orbitali con l = 0 , l = 1, l = 3; l’orbitale con l = 0 ha forma sferica,
l’orbitale con l = 1 ha un’altra forma, e così via.

3. m (numero quantico magnetico): stabilisce l’orientamento dell’orbitale rispetto ad un campo
magnetico esterno; assume tutti i valori interi fra – l < m < + l Se si assume l = 2 si hanno orbitali con m = -2 m = – 1, m = 0, m = + 1, m = + 2; in questo caso
ha perciò cinque valori possibili e cioè cinque orientazioni nello spazio.

Si è ammesso in seguito un ulteriore parametro che tenesse conto anche della rotazione
dell’elettrone attorno al proprio asse per stabilire il campo magnetico che si genera da questa
rotazione.

Questo parametro prende il nome di o numero di spin (dall’inglese to spin = ruotare). La
rotazione dell’elettrone avviene in due sensi: spin su (verso destrorso) e spin GIÙ (verso
sinistrorso). Poiché esso compie mezzo giro in un senso e mezzo giro nell’altro, i valori che assume
sono

1 1

– —– < s < + ----- 2 2 Il modello atomico Bohr-Sommerfeld è, fino ad oggi, la prima valida approssimazione alla realtà
fisica, anche se è stato in seguito modificato e perfezionato dalle concezioni della meccanica
quantistica e ondulatoria secondo le quali non è più possibile parlare di particelle e di loro
traiettoria nel modo consueto.

Le modificazioni al modello di Bohr-Sommerfeld nacquero dalle considerazioni di scienziati come
Louis De Broglie che, nel 1924, avanzò l’ipotesi che esistesse qualcosa analogo a due personalità
contrastanti nella natura dell’elettrone: se da un lato si portavano innovazioni come la
quantizzazione dell’energia, dall’altro si continuava a vedere l’elettrone come un corpuscolo, cioè
come una particella dalla fisionomia ben definita e della quale era possibile stabilire in ogni
momento la posizione.

De Broglie affermò che l’elettrone può essere sia un’onda che una particella, cioè che ad ogni
elettrone sono associate delle onde con lunghezze d’onda ricavate dalla relazione

Lung = h / m*v

in cui:

Lung = lunghezza d’onda

h = costante di Planck = 6,6256 ^(10^-34) J*sec. (nota J = Joule)

m = massa dell’ atomo

v = velocità

m*v = quantità di moto

In altre parole al movimento di particelle è sempre associata una onda la cui lunghezza d’onda è
misurabile solo per sistemi microscopici.

Per visualizzare il dualismo dell’elettrone, pensiamolo come una persona (corpuscolo) che,
camminando, tiene in mano, dietro la schiena, un nastro e lo agita in modo da ottenere un movimento
ondulatorio (onda).

Fu qualche tempo dopo che Werner Heisenberg giunse alla conclusione che non era possibile stabilire
contemporaneamente quale fosse la posizione dell’elettrone e la sua quantità di moto, cioè che è
impossibile determinare la traiettoria precisa dell’elettrone. L’elettrone, particella o onda, gira
attorno al nucleo, si avvicina o si allontana, ma noi non possiamo prevedere il cammino che esso
percorrerà perché non possiamo determinarne allo stesso momento, come ha dimostrato Heisenberg, né
la posizione né la velocità. Possiamo però individuare lo spazio intorno al nucleo entro il quale
c’è almeno il 90% di probabilità di trovare l’elettrone.

Questa porzione di spazio, nella quale la probabilità di trovare l’elettrone è massima, viene
chiamata orbitale.

Il concetto di orbita era perciò ampiamente superato, ed Ervin Schrodinger, tramite complicati
calcoli di meccanica ondulatoria, poté sostituirlo con il concetto di orbitale. Quest’ultimo era
definito da un’equazione matematica che egli ricavò da un’equazione (detta <>)
simile a quella che descrive il comportamento dei fotoni. La risoluzione dell’equazione d’onda
fornisce il modo di valutare la probabilità di trovare l’elettrone in una certa zona dello spazio,
cioè di trovare l’orbitale: in tal modo questa teoria riesce a riassumere sia quella di De Broglie
che quella di Heisenberg.”

Quindi stiamo per arrivare al modello attualmente accettato che prevede l’esistenza degli orbitali,
cioè zone o nubi entro il quale poter trovare l’elettrone.

Ma vediamo la definizione della dott.sa Gliozzi:

” L’elettrone, alla luce della teoria ondulatoria quantistica, può essere visualizzato come una
nuvola di carica negativa le cui caratteristiche energetiche sono definite dall’equazione di
Schrodinger qualora vengano utilizzati, per la sua soluzione, i valori dei numeri quantici. In altre
parole lo stato energetico di un elettrone è definito da quattro numeri quantici la cui
combinazione definisce l’energia dell’orbitale atomico.

Così il primo numero quantico (numero quantico principale n = 1, 2, 3…) indica la quantità
complessiva dell’energia posseduta dall’elettrone e il numero degli orbitali dotati della medesima
energia (n^2). Il numero quantico secondario l, oltre a definire parte dell’energia dello stesso
orbitale, indica anche il tipo di orbitale (la forma).

In particolare i tipi di orbitale sono quattro, che vengono contrassegnati con le lettere s, p, d,
f.

Gli orbitali p, d, f (che sono rispettivamente in numero di 3, 5, 7), sono tra loro isoenergetici,
cioè hanno lo stesso valore di energia, ma con direzioni diverse nello spazio.

Ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni.

La disposizione degli orbitali intorno al nucleo è regolata da un criterio energetico che dipende
dalla carica nucleare; le distanze dal nucleo a cui si dispongono gli orbitali vengono indicate con
i numeri 1, 2, 3, 4, ecc. (numero quantico principale).

I quattro tipi di orbitali sono:

1. orbitali s: sono costituiti da una zona sferica senza contorni definiti che circonda il nucleo;

2. orbitali p: sono sempre tre e rappresentano delle zone a forma lobata a contorni non definiti;
sono orientati secondo le tre direzioni dello spazio. Sono isoenergetici e differiscono fra loro
solo per l’orientamento;

3. orbitali d: sono sempre cinque a forma lobata; sono anch’essi isoenergetici;

4. orbitali f: sono sempre sette; per la loro complessità di forma non è possibile definirli se non
con un simbolismo di tipo matematico. Sono isoenergetici.

Inoltre si noti che il numero degli orbitali atomici che occupano la stessa fascia di energia
corrisponde ad n^2.”

————–

Siamo giunti alla conclusione di questa prima parte, anche se ho tralasciato molti calcoli
matematici spero sinceramente di aver stuzzicato la curiosità, il microcosmo e spettacolare come il
macrocosmo, all’interno dell’atomo non regna come nell’universo l’ordine, ma regna la probabilità
quindi l’intuito, devo dire che non esistono se non in alcuni punti assonanze tra i due regni.

Concludo ringraziando la dott.sa Gliozzi.

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