L’attivita’ elettrica cerebrale svela il rischio depressione

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L’attivita’ elettrica cerebrale svela il rischio depressione

02 marzo 2018

Tracciando l’attività elettrica tra diverse regioni del cervello di topi è stato possibile
individuare, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, modelli di attività che caratterizzano una
maggiore suscettibilità alla depressione. La scoperta può essere il primo passo verso un test per
prevedere la vulnerabilità di una persona, così da intervenire per tempo, e forse anche per lo
sviluppo di un nuovo approccio terapeutico (red)

da lescienze.it/news

Il monitoraggio dell’attività elettrica cerebrale in molte aree e l’analisi di come cambia il
“dialogo” fra di esse quando c’è uno stress potrebbe portare allo sviluppo di un test per prevedere
la vulnerabilità di una persona alla depressione (e forse altri disturbi mentali).

A scoprire il rapporto fra attività cerebrale e depressione è stato un gruppo di ricercatori della
Duke University a Durham, nella Carolina del Nord, che in un articolo su “Cell” illustrano gli
esperimenti sui topi che li hanno portati a questa conclusione, e preannunciano l’avvio di studi che
la confermino anche nell’essere umano.

Quasi tutti nel corso della vita sperimentano di tanto in tanto situazioni stressanti che possono
causare emozioni negative come dolore, tristezza, ansia o rabbia. La maggior parte delle persone
riesce però in tempi relativamente rapidi a reagire e tornare allo stato d’animo precedente,
mostrando quella che gli psicologi chiamano resilienza allo stress. Chi non ci riesce, però, può
cadere in uno stato di depressione o di ansia.

Negli ultimi trent’anni, le tecniche di imaging cerebrale hanno mostrato che lo sviluppo di disturbi
mentali è accompagnato da variazioni nell’attività di singole regioni del cervello. Kafui Dzirasa,
Miguel Nicolelis e colleghi hanno ora sviluppato una tecnica che permette di monitorare l’attività
elettrica in molte aree contemporaneamente, così da evidenziare le variazioni nelle comunicazioni
fra di esse.

I ricercatori hanno misurato l’attività cerebrale dei topi in sette diverse regioni coinvolte nella
depressione, tra cui corteccia prefrontale, amigdala e ippocampo. Le misurazioni sono state fatte
prima e dopo aver collocato le cavie per dieci giorni in una gabbia con un topo più grosso e
aggressivo. Al termine di questa esperienza stressante, alcuni esemplari hanno sviluppato sintomi
simili a quelli che si riscontrano nella depressione umana, come ansia, evitamento sociale e
difficoltà a dormire.

L’analisi dell’attività cerebrale, resa possibile da un software che sfrutta l’intelligenza
artificiale, ha mostrato che l’attività cerebrale dei topi che avevano sviluppato sintomi depressivi
seguiva modelli diversi da quelli dei roditori più resilienti, e questo sia dopo l’esperienza
stressante sia, anche se in misura meno evidente, prima di essa.

Oltre che a far sperare nella messa a punto di un esame in grado di identificare in anticipo chi è
più a rischio di depressione, la scoperta potrebbe anche avere ricadute terapeutiche. “Ancora oggi,
il trattamento più efficace contro la depressione è la terapia elettroconvulsivante, ma si
accompagna a molti effetti collaterali”, ha detto Dzirasa. “Forse, indirizzando l’elettricità al
posto giusto nel modo giusto sarebbe possibile definire un trattamento con effetti collaterali
decisamente più lievi.”

www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(18)30156-9

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