Le 10 istruzioni per volerti bene e perdonarti di Louise Hay

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Tratto da:

LOUISE L. HAY < IL POTERE E' IN TE > ARMENIA

[…]

Tecniche per imparare a volersi bene

“Quando perdoni e ti liberi della negatività, non solo ti scrolli di dosso un enorme peso, ma apri
anche la porta all’amore.”

In questo capitolo illustrerò alcune tecniche per imparare ad amare se stessi nella speranza di
aiutare sia coloro che hanno già iniziato a farlo sia coloro che vi si accingono solo ora.

In proposito ho elaborato e divulgato a migliaia di persone il metodo delle Dieci fasi.

Amare se stessi è un’avventura meravigliosa: è come imparare a volare. Non perdiamo tempo: impariamo
subito!

Molti di noi, per un motivo o un altro, si disistimano. Dopotutto amarsi non è semplice: abbiamo
tanti di quei cosiddetti “difetti che riteniamo impossibile volerci bene. Siamo sempre pronti a
subordinare tali sentimenti a qualcosa, atteggiamenti questi che estendiamo anche all’amore per il
partner.

Eppure non è possibile amare un’altra persona se non amiamo noi stessi; per tale motivo, visto che
siamo riusciti ad identificare la barriera che ci siamo costruiti, vediamo di procedere oltre
cercando di abbatterle.

Dieci modi per volersi bene

Il primo passo e, probabilmente, il più importante, è cessare di criticarci. Come già considerato
nel Capitolo 5, se ci ripetiamo di essere persone piacevoli indipendentemente da quanto succede
nella vita, possiamo effettuare tutti i cambiamenti necessari per migliorare; solo quando ci
disprezziamo, abbiamo molte difficoltà a realizzare tale obiettivo.

Tutti cambiano: ogni giorno è un nuovo giorno e le cose che facciamo oggi sono sempre lievemente
diverse da quelle di ieri; la capacità di adattamento ai processi della vita è l’energia che ci
permette di progredire.

Molti, cresciuti in famiglie dominate dalla tensione e dall’ansia, sono diventate iperresponsabili e
ipercritici nei confronti di loro stessi.

Non a caso i messaggi ricevuti nell’infanzia sottolineavano sempre che c’era qualcosa che non andava
in loro. Pensiamo un istante alle parole che utilizziamo per autorimproverarci: stupido, crudele,
incapace, sbadato, imbecille, antipatico, indegno, disordinato, disonesto sono le più comuni.

Non è forse vero?

In realtà abbiamo un bisogno disperato di stimarci e considerarci; quando non ci riusciamo perché
non ci riteniamo all’altezza, siamo abilissimi nel renderci la vita infelice creando malattie e
sofferenze rimandando le scelte che ci potrebbero aiutare maltrattando il nostro corpo con alcool
cibi e droga. Siamo tutti in certo qual modo insicuri perché siamo esseri umani e per questo non
dobbiamo certo aspirare ad essere perfetti: se lo facciamo ci sottoponiamo ad una tensione terribile
che ci impedisce di eliminare quanto di negativo esiste in noi e nella nostra vita. Dobbiamo invece
scoprire la nostra creatività, la nostra individualità apprezzando le qualità che ci distinguono
dagli altri. Ognuno di noi è infatti unico sulla terra e criticandosi non fa altro che svilire la
propria peculiarità.

2. E’ inoltre opportuno smettere di spaventarci: quante volte invece ci terrorizziamo con i nostri
pensieri rendendo le situazioni peggiori di quelle che effettivamente sono. Da una mosca creiamo un
elefante e con quest’ottica ci roviniamo l’esistenza aspettandoci sempre il peggio.

Quanti di noi vanno a dormire la sera immaginando i lati più turpi della situazione problematica che
stanno vivendo? E’ lo stesso atteggiamento mentale dei bambini che figurandosi esistano mostri
spaventosi sotto il letto s’impaurisce e chiama la mamma e il papà. Noi siamo adulti e per
tranquillizzarci possiamo agire autonomamente.

Le persone malate si comportano frequentemente in questo modo: vivono aspettandosi sempre il peggio
e arrivando talora anche a organizzare il proprio funerale. In realtà non fanno altro che cedere la
loro energia ai media e considerarsi dati statistici.

Spesso adottiamo tale atteggiamento anche nella vita sociale o affettiva: se qualcuno non ci chiama
decidiamo immediatamente che siamo persone abbiette e che non riusciremo a instaurare altri rapporti
sentendoci derelitti e abbandonati.

Altrettanto spesso agiamo così in campo lavorativo: qualcuno ci fa un’osservazione e iniziamo subito
a pensare che verremo licenziati, dando corso nella nostra mente a pensieri che ci paralizzano. Tali
schemi mentali sono totalmente negativi. Se ci accorgiamo di continuare a riciclare gli stessi
pensieri negativi dobbiamo cercare di trovare qualcosa di positivo e piacevole con cui sostituirli:
l’immagine di un tramonto ad esempio di un fiore del nostro sport preferito.

Ogniqualvolta ci spaventiamo cambiamo pensiero facendo appello a tali immagini dicendoci: “No non
devi pensarci più. Penserò invece ai tramonti alle rose, a Parigi, ai ghiacciai, alle cascate…”

Perseverando in questa condotta riusciremo acancellare ogni negatività anche in questo caso tuttavia
ènecessario un po’ di tempo.

3. Un’altra tecnica efficace è essere gentili dolci e pazienti con noi stessi. Oren Arnold scrisse
spiritosamente: “Mio Dio prego perché io possa diventare paziente. Ma subito!” La pazienza è uno
strumento straordinario. Molti di noi tuttavia soffrono se non vedono immediatamente soddisfatta la
propria aspettativa, non sapendo pazientare si irritano ad esempio se devono fare la fila o se
restano imbottigliati nel traffico esigono tutte le risposte e tutti i “contentini” immediatamente.

Troppo spesso tuttavia rendiamo la vita impossibile agli altri con la nostra impazienza, che tra
l’altro, ci impedisce di apprendere: pretendiamo in sostanza la risposta ai nostri interrogativi
senza voler imparare o fare i passi necessari per raggiungere la meta…. Proviamo a considerare la
nostra mente come un giardino inizialmente è tutto in disordine pieno di terriccio di rovi e di
sassi di vecchi alberi da potare esattamente come noi siamo pieni di odio nei confronti di noi
stessi di disperazione rabbia preoccupazione e paura. Una volta rimosso tutto quanto risulta
deturpante e concimato il terreno possiamo piantare i semi che porteranno prosperità e benessere; il
sole e l’acqua che somministriamo li aiuteranno a crescere con amore….

All’inizio non sembra avvengano cambiamenti considerevoli: l’importante comunque è non fermarsi e
continuare a curare il giardino. Se saremo pazienti alla fine le piante cresceranno e fioriranno;
lo stesso avviene con la nostra mente selezionate i pensieri da “coltivare” dobbiamo alimentarli con
pazienza creando in tal modo le esperienze che desideriamo.

Tutti commettiamo errori

E’ normale commettere errori quando si impara;

come già rilevato molti di noi sono maniaci del perfezionismo: in questo modo tuttavia non riescono
ad apprendere nulla di nuovo perché se falliscono nel fare subito bene qualcosa si avviliscono non
ritenendosi all’altezza. E’ necessario molto tempo per apprendere qualsiasi cosa e le prime volte
che proviamo ad agire non sempre risulta facile. Per chiarire meglio il concetto vorrei citare un
esempio anche se banale: proviamo a battere le mani. Non c’è un modo corretto né uno scorretto per
farlo° proviamo ed osserviamo quale dei due pollici si trova sovrapposto all’altro. Battiamole
ancora sovrapponendo però questa volta l’altro pollice° all’inizio potrà sembrare strano o persino
sbagliato. Ripetiamo più volte il gesto alternando i pollici che sensazione abbiamo ora? Non più
così strana vero? Ci stiamo abituando alla novità e forse potremmo imparare a battere le mani in
entrambi i modi…

Lo stesso si verifica quando proviamo a fare altra cose in maniera iversa dal solito: inizialmente
ci sembra strano; a mano a mano che acquisiamo pratica tuttavia il nostro modo di agire ci apparirà
normale e spontaneo. Non dobbiamo pretendere di riuscire avolerci bene profondamente in un solo
giorno ma possiamo farlo gradatamente giorno dopo giorno. In tale processo gli errori che
commettiamo ci aiutano ad apprendere e a progredire: pertanto quando sbagliamo non dobbiamo punirai
ma considerare l’accaduto come un ulteriore passo verso il miglioramento.

In molti casi dopo aver operato a lungo per cambiare vediamo affiorare ancora i vecchi problemi
rimanendo stupiti e perplessi di fronte a ciò. E’ importante allora corroborare le nostre
convinzioni evitando di alzare le braccia al cielo esclamando:”che scopo ha tutto questo?” Nella
fase di apprendimento dobbiamo essere gentili e dolci con noi stessi: quando un pensiero negativo si
fa strada va rimosso come un’erbaccia da un giardino coltivato.

4. E’ bene imparare a essere gentili con la nostra mente: non dobbiamo odiarci perché facciamo
pensieri negativi. Questi vanno considerati come un’opportunità per crescere piuttosto che un
sistema punitivo.

Non dobbiamo nemmeno incolparci per le esperienze negativa vissute anch’esse ci aiutano a imparare;
essere gentili con noi stessi significa cessare di punirci, denigrarci e tormentarci.

Il rilassamento può essere estremamente utile a tal fine. Grazie ad esso infatti è possibile entrare
á contatto con l’Energia Interiore. Quando siamo tesi e spaventati viceversa interrompiamo tale
contatto. Per rilassare mente e corpo sono sufficienti alcuni minuti al giorno; respirando
profondamente chiudiamo gli occhi e liberiamo ogni tensione accumulata.

Espirando è importante concentrarsi e ripetersi: “Ti voglio bene. Tutto va bene”. In questo modo ci
tranquillizzeremo inviandoci messaggi che ci aiuteranno a non essere sempre tesi e impauriti nella
vita.

La meditazione quotidiana

E’ a mio avviso essenziale quietare la mente e affidarsi alla saggezza interiore. La società in cui
viviamo ha trasformato la meditazione una delle tecniche più antiche ed efficaci per conoscere e
migliorare sé stessi in qualcosa di strano e di difficilmente realizzabile. Per meditare in realtà
non dobbiamo fare altro che rilassarci ripetendo interiormente parole quali amore e pace oppure
altri termini ed espressioni significative per noi stessi ad esempio: “Mi voglio bene mi perdono
sono perdonato rimanendo in ascolto per un po’.

Alcuni ritengono che per meditare sia necessario smettere di pensare.

Non possiamo in effetti arrestare la mente; ma siamo in grado di rallentare il flusso dei pensieri,
liberando quelli negativi; in molti casi può essere utile a tal fine annotare questi ultimi su un
foglio di carta. Se riusciamo a osservare il flusso dei pensieri di paura di rabbia di amore di
rovina di abbandono di gioia senza dar loro importanza significa che ci accingiamo a usare
saggiamente la nostra energia interiore.

Possiamo meditare in qualsiasi posto e far sì che ciò diventi un’abitudine. Meditare significa
concentrarci sulla nostra Energia Superiore creare un contatto con noi stessi e la nostra saggezza
interiore. Possiamo farlo in vari modi correndo e passeggiando; per esempio io medito in giardino
dedicandomi al mantenimento e alla pulizia di quest’ultimo.

Visualizzare risultati positivi.

La visualizzazione è anch’essa molto importante e può essere effettuata secondo tecniche differenti.
Nel suo libro ‘Getting Well Again’ (recuperare la salute) il dr. Carl Simonton raccomanda numerose
tecniche di visualizzazione, utilizzabili con successo in particolare dai malati affetti da cancro.
La visualizzazione aiuta a creare immagini chiare e positive che corroborano le nostre affermazioni;
a questo scopo è importante che tali immagini siano sempre compatibili con noi stessi altrimenti non
hanno alcun effetto.

Una mia paziente ad esempio visualizzava le cellule killer buone mentre attaccavano e
distruggevano il tumore e ultimato il processo si chiedeva se aveva operato correttamente o meno
dubitando comunque della sua efficacia. Le domandai se si sentisse lei stessa un killer; non sono
infatti convinta che sia bene creare conflitti nel nostro corpo.

Le suggerii pertanto di cambiare l’immagine scegliendo ad esempio quella dei raggi solari che
sciolgono le cellule malate o quella di un mago che con la bacchetta magica le trasforma in cellule
sane. Quando ero malata di cancro ero solita visualizzare una corrente di acqua chiara e fresca che
trascinava via dal mio corpo le cellule tumorali. Non è mai bene scegliere immagini forti capaci di
turbare il nostro inconscio.

Se in famiglia qualcuno è malato non lo aiutiamo certo continuando a considerarlo tale: proviamo
invece a immaginarlo sano inviandogli così vibrazioni positive senza mai dimenticare tuttavia che la
guarigione resta sempre compito suo. Se la persona malata è aperta e disponibile è possibile
consigliarle di ascoltare appositi nastri che aiutano la visualizzazione e la meditazione; in caso
contrario è bene inviarle semplicemente il nostro amore. La visualizzazione è una tecnica che tutti
siamo in grado di utilizzare anche se scegliamo immagini differenti; in alcuni casi ad esempio
visualizziamo la nostra casa in altri una fantasia sessuale o ancora il nostro atteggiamento nei
confronti di una persona che ci ha fatto del male.

5. La fase successive implica imparare a lodare se stessi: le critiche deprimono il nostro spirito,
le lodi lo risollevano. E’ importante riconoscere la nostra Energia la Superiorità del nostro Io:
siamo tutti espressione dell’Intelligenza Infinita. Quando ci denigriamo sminuiamo anche l’Energia
che ci ha creati. Dobbiamo ripeterci sempre che siamo persone meravigliose: se lo facciamo una volta
e basta la tecnica non funziona; è necessario continuare a farlo anche se solo per un minuto alla
volta. Ciò è particolarmente efficace quando impariamo qualcosa di nuovo o di diverso e non ci
sentiamo sicuri.

La prima volta che parlai alla Chiesa della Scienza Religiosa a New York – ricordo con estrema
precisione – ero molto agitata: era venerdì e la riunione si teneva a mezzogiorno; i partecipanti
scrivevano le domande a cui avrei dovuto rispondere su foglietti di carta che piegavano e
raccoglievano in un cesto. Presi quindi il cesto portandolo sul palco ed iniziai a rispondere a
tutti gli interrogativi effettuando brevi terapie; quando finii, mi allontanai dal palco dicendomi:
“Louise, sei stata fantastica considerando che è la prima volta. Tempo cinque o sei riunioni e sarai
una professionista!”. Non mi denigrai mai ripetendomi che mi ero dimenticata di dire questo o quello
poiché non volevo che la seconda volta diventasse una esperienza terrificante e angosciante.

Se mi abbatto la prima volta, lo faccio anche la seconda, finisce così che ho molta paura. Trascorse
un paio d’ore dalla fine della riunione, mi chiesi che cosa potevo migliorare senza, tuttavia, mai
criticarmi. Continuai sempre a lodarmi e a congratularmi con me stessa e, dopo cinque o sei
riunioni, diventai effettivamente una professionista. Tale metodo può essere applicato in tutti i
campi; io continuai ad adottarlo per prepararmi alle riunioni ottenendo ottimi risultati.

E’ importante imparare ad accettare il bene anche se pensiamo di non meritarlo. Come descritto in
precedenza, il fatto di credere di non meritare qualcosa di positivo nasce dalla nostra scarsa
disponibilità ad accettare il bene, atteggiamento che ci impedisce di ottenere ciò che desideriamo.
Come possiamo considerarci positivamente se riteniamo di non meritare nulla di buono?

Pensiamo un istante alle leggi del merito adottate nella nostra famiglia: ci sentiamo
sufficientemente buoni, intelligenti, alti, belli o che altro? E per che cosa dobbiamo vivere?
Sappiamo tutti che siamo qui per uno scopo, non certo per comperare un automobile nuova ogni tre o
quattro anni. Che cosa siamo disposti a fare per realizzare i nostri obiettivi? Siamo disposti a
fare affermazioni e visualizzazioni positive e a seguire apposite terapie? A perdonare? A meditare?
Quanti sforzi siamo disposti a fare mentalmente per cambiare e migliorare la nostra esistenza?

6. Volerci bene significa aiutarci. E’ sempre bene chiedere l’aiuto di amici lasciando che essi ci
sostengano: chiedendo soccorso in caso di necessità diventiamo infatti più forti. Molti di noi,
invece, sono talmente autosufficienti e autarchici che, psicologicamente, non riescono a chiedere
aiuto: invece di cercare di fare tutto da soli e, poi, arrabbiarci perché non ne siamo capaci,
rivolgiamoci a chi ci vuole bene.

In molte città esistono inoltre associazioni e organizzazioni che aiutano a risolvere vari problemi:
può esser utile ricercare il loro sostegno e, se non si trova ciò che si desidera, è sempre
possibile fondarne una nuova! Non è terribile come pensiamo: basta riunire un paio di amici che
hanno lo stesso problema e, con loro, stabilire alcune direttive: se agiamo con il cuore, il nostro
piccolo gruppo crescerà e la gente ne verrà attratta come da una calamita. Non è il caso di
preoccuparsi se, aumentando i partecipanti, lo spazio diminuisce: l’Universo provvederà a eliminare
anche questa difficoltà. Se non sapete che cosa fare, scrivetemi e io vi fornirò le istruzioni e i
consigli necessari per aiutarvi l’un l’altro.

Iniziai l’operazione Hay a Los Angeles nel 1985 insieme a sei malati di aids: all’inizio non
sapevamo come agire, come fronteggiare il problema. In ogni caso dissi loro immediatamente che non
ci saremmo incontrati per dirci l’un l’altro che tale malattia è una cosa terribile: questo lo
sapevamo già. Cercammo di fare il possibile per sostenerci in maniera positiva; oggi ci riuniamo
ancora, il mercoledì sera, a West Hollywood Park e siamo in 200.

E’ un gruppo straordinario per i malati di aids, dove ognuno è il benvenuto: ci sono persone che
vengono da tutte le parti del mondo per vedere come è organizzato e che, trovando un sostegno,
ritornano.

Ed è il gruppo che lo fornisce, non io: tutti i membri danno un loro contributo utilizzando le
tecniche di visualizzazione e meditazione, scambiando informazioni su terapie alternative e sugli
ultimi ritrovati della scienza medica. In fondo alla stanza di riunione vi sono dei tavoli
energetici dove alcuni partecipanti possono distendersi mentre altri trasmettono loro energia
imponendo le mani o pregando per loro. Alle riunioni partecipano anche i membri della Scienza della
Mente a cui ognuno può rivolgersi per consigli e aiuto. Prima di lasciarci cantiamo e ci
abbracciamo: vogliamo che tutti vadano a casa sentendosi meglio rispetto a quando erano arrivati e
molti, in effetti, ne traggono beneficio per parecchi giorni.

Questo tipo di gruppi e di associazioni rappresenta una nuova entità sociale capace di fornire, in
un’epoca difficile e complessa come la nostra, un aiuto prezioso a chi soffre o ha problemi. Negli
Stati Uniti esistono numerose chiese del “Nuovo Pensiero” che organizzano riunioni ogni settimana,
molte delle quali vengono indicate nei principali giornali e riviste. E’ in ogni caso importante
operare congiuntamente con gli altri: in questo modo, infatti, riceviamo stimoli ad agire e ad
andare avanti. Le persone che hanno le stesse idee dovrebbero, a mio avviso, trascorrere
regolarmente un po’ di tempo assieme.

Quando lavoriamo congiuntamente per il medesimo scopo, utilizziamo il dolore, la confusione, la
rabbia non per autocommiserarci, ma per cercare una soluzione comune ai nostri problemi, per
superare ogni ostacolo e, in certo qual modo, crescere. Se, da soli, agiamo con dedizione e
disciplina seguendo il nostro spirito, possiamo ottenere buoni risultati: se però operiamo con la
stessa finalità insieme ad altri, faremo passi da gigante dal momento che si impara molto da coloro
che ci circondano. Ogni membro del gruppo è infatti un insegnante; per tali motivi consiglierei a
tutti di unirsi a un gruppo per analizzare e risolvere i vari problemi.

7. Amare la propria negatività. La negatività è una nostra creatura, esattamente come noi siamo
creature di Dio.

L’intelligenza che ci ha creati non ci odia perché commettiamo errori o ci arrabbiamo con i nostri
figli: sa, infatti, che facciamo sempre del nostro meglio e ama tutte le Sue creature, come noi
amiamo le nostre. Tutti facciamo scelte sbagliate: se, tuttavia, continuiamo ad autopunirci per ciò,
instauriamo un’abitudine negativa molto difficile da sradicare.

Continuando a ripetere: “Odio il mio lavoro, la mia casa, la mia malattia, il mio partner…”,
potremo avere ben poco di buono dalla vita.

Indipendentemente dal tipo di situazione negativa in cui ci ritroviamo dobbiamo renderci conto che
esiste una ragione per ciò. Il dr. John Harrison, autore del testo Love Your Disease (Ama la tua
malattia), sostiene la necessità di non condannare un malato perché deve essere sottoposto a più
interventi chirurgici o perché è affetto da più malattie. Tali malati possono in realtà
congratularsi con loro stessi per aver trovato un modo di soddisfare i loro bisogni: qualsiasi
problema abbiamo, siamo stati noi a crearlo nel tentativo di gestire una determinata situazione. Una
volta compreso questo, siamo in grado di cercare un modo per far fronte alle nostre esigenze.

Talora i malati affetti da cancro o da altre malattie terminali trovano così difficile dire “no” a
una figura dispotica che domina la loro vita che, per riuscirci, delegano inconsciamente tale
compito a un’entità chiamata: malattia. Una mia paziente, avendo compreso che la malattia da lei
creata era dovuta al fatto di non sapere rispondere di no al padre, decise di iniziare finalmente a
vivere per se stessa: iniziò a rispondere “no” e, superate le difficoltà iniziali, continuò su
questa strada osservando che, a mano a mano, recuperava la salute.

Qualsiasi siano gli schemi negativi, possiamo imparare a soddisfare le nostre esigenze in maniera
positiva; per tale motivo è importante chiederci sempre che cosa ricaviamo da un’esperienza e se
quello che riceviamo è positivo. Non è facile rispondere a dette domande: tuttavia, se vogliamo,
veramente guardarci dentro, ed essere onesti con noi stessi, riusciremo a farlo. Una volta trovate
le risposte, potremo cercare modi migliori per ottenere lo stesso scopo.

Un altro strumento efficace a nostra disposizione è lo humor, capace di aiutarci a liberare la
negatività e di corroborarci in situazioni problematiche. Nel corso delle riunioni indotte
dall’operazione Hay riserviamo sempre un po’ di tempo per le battute e le barzellette e, talora,
invitiamo la signora sorriso, un’oratrice che ha una risata contagiosa e che rallegra in tal modo
l’intero pubblico.

Non possiamo prenderci sempre seriamente: il ridere può essere, a volte, di estremo aiuto. Per
questo motivo raccomando di vedere, nei momenti di depressione e di tristezza, le vecchie comiche,
come quelle di Stan Laurel e Oliver Hardi. Quando lavoravo privatamente cercavo di fare il possibile
per indurre i pazienti a ridere dei loro problemi: se, infatti, riusciamo a considerare la nostra
vita come una soap opera, fatta di momenti drammatici ma anche di momenti allegri, riusciremo a
vedere tutto in un’ottica migliore e a stimolare il processo di guarigione. Lo humour ci aiuta a
distaccarci dalle esperienze e a valutarle più obiettivamente.

8. Curare il nostro corpo. Proviamo a considerare il nostro corpo come una bellissima casa in cui
viviamo per un certo periodo di tempo e che, per tale motivo, desideriamo conservare nel miglior
stato possibile. E’ dunque importante fare attenzione a ciò che assumiamo: il consumo di droga e
alcool è molto diffuso perché dette sostanze rappresentano il mezzo più comune di evasione. Se le
assumiamo, non significa che siamo persone spregevoli, ma che non abbiamo trovato un modo positivo
per soddisfare i nostri desideri.

La droga in particolare, ci alletta promettendoci gioia e serenità: ed è vero, in quanto può farci
sentire meravigliosamente. Essa tuttavia altera considerevolmente la realtà chiedendoci, alla fine,
un prezzo elevatissimo per quello che ci ha dato: assumendo droga per un determinato periodo di
tempo, la nostra salute viene seriamente compromessa al punto che stiamo quasi sempre male. La droga
altera il sistema immunitario, fatto questo che può determinare malattie gravi; inoltre, dopo un
consumo prolungato, induce dipendenza: è solo in questa fase che ci chiediamo perché abbiamo
iniziato ad assumerla. In molti casi la causa della prima volta va ricercata nell’insistenza di
coetanei; ma la dipendenza ha tutt’altre motivazioni.

Non ho ancora incontrato una persona che, volendosi bene veramente, sia tossicodipendente.
Consumiamo alcool e droga per evadere dalle frustrazioni generate nell’infanzia, ma quando il loro
effetto svanisce, stiamo peggio di prima e ci sentiamo profondamente in colpa.

Dobbiamo, invece, renderci conto che è bene accettare i nostri sentimenti che, tra l’altro, sono
sempre passeggeri.

Abboffarci di cibo è un altro modo per nascondere il nostro amore: se è vero che esso rappresenta la
fonte di vita e di energia del nostro corpo, lo è anche il fatto che, molto spesso, lo utilizziamo
per autopunirci diventando obesi.

Viviamo in una società di cibodipendenti: negli Stati Uniti, in particolare, la gente, influenzata
dalle industrie alimentari e dalla pubblicità, ha modificato le proprie abitudini cibandosi di
prodotti eccessivamente elaborati e seguendo quella che io definisco La grande dieta americana. Agli
studenti di medicina non viene nemmeno insegnata la scienza della nutrizione, a meno che non seguano
volontariamente corsi facoltativi: la medicina scientifica si basa infatti in gran parte su princìpi
farmacologici e tecniche chirurgiche. Se desideriamo approfondire lo studio della nutrizione,
dobbiamo darci da fare autonomamente. Essere consapevoli di quello che assumiamo e degli effetti che
il cibo produce nel nostro corpo è in realtà un atto di amore nei nostri confronti.

Se, un’ora dopo il pranzo, ci sentiamo assonnati, chiediamocene il perché: è infatti possibile che
abbiamo assunto alimenti inadatti per il nostro corpo in quel particolare momento. Iniziamo a
osservare i cibi che ci danno energia e quelli che la tolgono, da soli, per tentativi, oppure con
l’aiuto di un esperto in scienza della nutrizione.

A questo proposito è bene ricordare che ciò che fa bene a una persona non fa necessariamente bene a
un’altra: i nostri corpi sono infatti differenti. Per tale motivo è importante scegliere
individualmente il metodo migliore da seguire: una dieta macrobiotica o quella di Harvey e Marylin
Diamond conosciuta come Fit for Life.

Cerchiamo inoltre di fare un po’ di movimento fisico scegliendo il tipo di sport che più ci piace e
ci diverte: molto spesso ci autoimpediamo di fare ciò poiché assimiliamo schemi negativi altrui.

Anche in questo caso dobbiamo perdonarci cessando di accumulare rabbia e risentimento in noi stessi:
solo così potremo attuare cambiamenti effettivi. Per eliminare gli schemi negativi relativi al corpo
o alla linea, è di estrema utilità combinare l’esercizio fisico alla ripetizione di affermazioni
positive.

Viviamo in un’epoca in cui vengono elaborate tecnologie sempre nuove al servizio della scienza
medica e della salute e in cui tecniche terapeutiche antiche, come quelle ayurvediche, vengono
combinate con quelle moderne, come la sonografia. Le onde sonore possono stimolare quelle cerebrali
accelerando i processi di apprendimento e di guarigione; sono inoltre in corso studi che dimostrano
la possibilità di trattare le malattie modificando mentalmente la struttura del DNA. Personalmente,
credo che, per la fine del secolo, vi saranno sempre maggiori possibilità da studiare e da esplorare
a fini terapeutici.

9. Per identificare la causa di un problema che ci impedisce di volerci bene, consiglio di operare
sempre di fronte allo specchio. E’ possibile farlo in modi diversi: io ho l’abitudine di guardarmi
allo specchio appena alzata dicendomi: “Ti voglio bene. Che cosa posso fare per te oggi? Come posso
renderti felice?” Ascolto quindi la mia voce interiore: la risposta arriva sempre, anche se non
necessariamente subito. A volte siamo così abituati a rimproverarci che non sappiamo come rispondere
con un messaggio di gentilezza e di amore.

Se, durante la giornata, accade qualcosa di spiacevole, mettiamoci di fronte a uno specchio
dicendoci: “Ti voglio bene comunque”. I fatti vanno e vengono, mentre l’amore che proviamo per noi
stessi è costante. Se succede qualcosa di meraviglioso, mettiamoci ugualmente di fronte allo
specchio esclamando: “Grazie” e riconoscendo quindi l’efficacia del nostro operato che ci ha
consentito di vivere una bella esperienza.

Guardandoci allo specchio possiamo inoltre perdonare, sia noi sia gli altri, nonché parlare agli
altri, soprattutto quando siamo terrorizzati all’idea di farlo a quattr’occhi: in tal modo
eliminiamo vecchi problemi con i genitori, il capo, il medico, i bambini, il partner, dicendo tutto
ciò che altrimenti non oseremmo dire. L’importante è tuttavia concludere il discorso chiedendo il
loro amore e la loro approvazione poiché sono proprio questi che desideriamo.

Le persone che non riescono a volersi bene sono raramente disposte a perdonare: i due fenomeni sono
infatti correlati. Quando perdoniamo liberandoci della negatività che è in noi, non solo ci
scrolliamo di dosso un grande peso, ma apriamo anche la porta all’amore. Ed è quindi naturale che,
fatto ciò, molti esclamino: “Che liberazione!”. Il Dr. John Harrison afferma che, perdonando se
stessi e i propri genitori e liberandosi dei vecchi problemi, si ottengono effetti terapeutici
maggiori che somministrando antibiotici.

Ci vuole molto tempo perché un bambino cessi di amare i propri genitori ma, quando lo fa, ce ne
vuole ancor di più perché riesca a perdonarli. Se non perdoniamo, non ci liberiamo dei problemi
legandoci in tal modo al passato e impedendoci di vivere nel presente. E se non viviamo nel
presente, come possiamo crearci un futuro radioso? Il ciarpame accumulato nel passato non fa altro
che produrre ciarpame per il futuro.

Fare affermazioni di fronte allo specchio è utile poiché ci consente di capire la verità della
nostra esistenza: se, fatta un’affermazione, riceviamo subito una risposta negativa come: “Chi stai
prendendo in giro? Non è vero. Non te lo meriti”, abbiamo un dono prezioso da usare. Non possiamo
infatti effettuare i cambiamenti desiderati finché non siamo disposti a valutare ciò che ci lega al
passato. Le risposte negative che ci vengono inviate sono la chiave della libertà: cerchiamo dunque
di trasformarle positivamente dicendoci che ci meritiamo il bene e che faremo in modo che esperienze
positive riempiano la nostra vita e ripetendo le nuove affermazioni finché non diventino parte
integrante della nostra vita.

Ho visto famiglie intere cambiare profondamente anche quando un suo solo membro ricorreva alla
tecnica delle affermazioni. Numerosi aderenti all’operazione Hay accusano problemi con i familiari e
non hanno assolutamente dialogo con i genitori: per risolvere tale problema, consiglio loro di
ripetere affermazioni quali: “Ho un dialogo aperto, cordiale e meraviglioso con ogni membro della
mia famiglia, compresa mia madre (padre, fratello ecc.)”.

Inoltre, ogni volta che viene loro in mente la persona o la famiglia, raccomando di porsi di fronte
a uno specchio ripetendo l’affermazione all’infinito. E’ sorprendente vedere come, dopo tre, sei o
nove mesi, i familiari vengano alle riunioni del gruppo.

10. Volersi bene subito, senza aspettare di saperlo fare bene: l’osservazione che proviamo per noi
stessi è uno schema abituale. Se, viceversa, riusciamo a essere soddisfatti subito, ad amarci e ad
approvarci, quando arriverà il bene saremo già pronti ad accettarlo e riviverlo. E, una volta
imparato ad amare noi stessi, potremo iniziare ad amare ed accettare gli altri.

Non possiamo cambiare gli altri, per cui lasciamoli stare: noi, invece, sprechiamo molte energie nel
tentativo di fare ciò. Se le usassimo per noi stessi, potremmo cambiare, e se noi cambiano, anche
gli altri si adegueranno.

Non possiamo nemmeno imparare a conoscere la vita per un altro: ognuno deve agire da sé. Tutto
quello che possiamo fare è cercare di apprendere per noi stessi e, prima di tutto, di amare noi
stessi: in questo modo impediremo agli altri di affliggerci e deprimerci con il loro comportamento
distruttivo. Se ci troviamo a contatto con una persona effettivamente negativa che non desidera
cambiare, dobbiamo avere abbastanza amore da staccarcene.

A una conferenza una donna mi disse che suo marito era una persona molto negativa e che voleva
impedire che la sua influenza ricadesse sui bambini; le suggerii di iniziare ad affermare che suo
marito era un uomo meraviglioso, che cercava di cambiare e di fare del suo meglio, ripetendo tali
concetti ogniqualvolta si dimostrava negativo. Aggiunsi anche, tuttavia, che se il loro rapporto
continuava a essere negativo indipendentemente dalle affermazioni, la risposta al problema poteva
essere un’altra, ovvero che il matrimonio non funzionava.

Dato l’elevato tasso di divorzi negli Stati Uniti, come anche in altri paesi, credo che, prima di
avere figli, molte donne dovrebbero chiedersi se siano o meno disposte a crescerli ed educarli da
sole. E’ ormai comune che un solo genitore si occupi del figlio o dei figli e, quasi sempre, si
tratta della donna. Un tempo i matrimoni duravano per tutta la vita, ma ora le cose sono cambiate ed
è pertanto opportuno considerare tale problema.

Troppo spesso non abbiamo il coraggio di troncare rapporti controproducenti facendoci così umiliare
e convincendoci del fatto che: “Non meritiamo amore, per cui dobbiamo rimanere qui e accettare
giustamente il comportamento del partner” e che “Nessun altro ci vorrebbe”.

So che può sembrare banale ripetere sempre le stesse espressioni: ritengo però che il metodo più
rapido per risolvere un problema sia amarci così come siamo. E’ in effetti sorprendente vedere come
le vibrazioni d’amore che emaniamo attraggano verso di noi persone piene d’amore.

L’amore incondizionato è lo scopo che, credo, dobbiamo raggiungere: il primo passo da compiere in
tale direzione è imparare ad accettare e amare noi stessi.

Non siamo qui per compiacere gli altri o per vivere la nostra vita a modo loro: ognuno di noi deve
vivere la sua vita percorrendo il suo cammino. Siamo qui per realizzarci come persone e per
irradiare amore profondo, per imparare a crescere, per ricevere e dare pietà e comprensione. Quando
lasciamo la terra, non portiamo certo con noi il partner, l’automobile, il conto corrente o il
lavoro: l’unica cosa che abbiamo è la capacità di amare!

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