Le coincidenze 3a – Deepak Chopra

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Le coincidenze 3a

Tratto da:
“Le coincidenze”
(di Deepak Chopra)
Edizione Sperling Paperback settembre 2006

(terza parte)

“La promessa del potenziale illimitato”

Materia, mente e spirito

Il nostro organismo si comporta sempre in maniera sincronicistica.
Ogni volta che si verifica una lieve “perturbazione” nel nostro corpo
fisico, tutti gli organi reagiscono all’unisono. Se non mangiate nulla
per un’intera giornata, il livello degli zuccheri presenti nel sangue
cala, e subito scatta un’intera sincronicità di eventi che agisce per
riportare tale livello alla normalità. Il pancreas secerne l’ormone
glucagone che trasforma lo zucchero immagazzinato nel fegato in
glucosio, subito disponibile per la creazione di nuova energia. In
aggiunta, le cellule lipidiche rilasciano nel sangue gli acidi grassi
e il glucosio, e il sistema nervoso stimola i muscoli connessi
all’apparato scheletrico affinché cedano i loro depositi di glucosio.
Tutto ciò avviene simultaneamente. Il livello dell’insulina si abbassa
e il battito cardiaco aumenta per creare energia. All’interno del
corpo umano si verificano un milione di eventi che hanno lo scopo di
normalizzare il tasso di zucchero, e sono possibili grazie alla
comunicazione non-locale, allo scambio cioè di informazioni correlate
a una velocità maggiore di quella della luce, al di là dei limiti
della fisica normale.

Si è ipotizzato che questa comunicazione non-locale venga messa in
moto dalla risonanza dell’attività elettrica del nostro cuore. Il
pacemaker mantiene i battiti del cuore regolari scatenando al ritmo
necessario un impulso elettrico che provoca le contrazioni meccaniche
del cuore stesso. In presenza di energia elettrica c’è sempre un campo
elettromagnetico (i campi elettromagnetici sono fotoni che si
comportano in un modo ben preciso). Di conseguenza con ogni singolo
battito il cuore diffonde la sua carica elettromagnetica in tutto il
corpo e perfino all’esterno, tanto è vero che se il campo è
amplificato, altre persone possono registrarlo ricevendone i segnali.
L’energia è inviata in ogni angolo dell’organismo; possiamo quindi
dire che il cuore è il maestro oscillatore del corpo, in quanto crea
un campo di risonanza che mette in correlazione il corpo con tutte le
cellule, che a loro volta entrano sincronicisticamente in sintonia tra
loro.

Quando le cellule vengono catturate nello stesso campo di risonanza,
danzano tutte alla stessa musica. Vari studi hanno dimostrato che
pensare in maniera creativa, essere tranquilli e sereni o innamorati
sono condizioni emotive che generano un campo elettromagnetico di
grande coerenza, diffuso in tutto il corpo. Si crea così un campo di
risonanza nel quale le singole cellule al completo sono collegate,
sapendo cosa stanno facendo tutte le altre perché tutte fanno le
stesse cose, pur continuando a svolgere con efficienza le loro singole
funzioni: le cellule dello stomaco producono acido idro-clorico,
quelle del sistema immunologico generano anticorpi, quelle del
pancreas creano insulina e così via.

All’interno di un corpo sano questa sincronicità è regolata alla
perfezione. Le persone sane seguono questi ritmi, che in caso di
malattia risultano alterati. Lo stress è il più grande distruttore.
Quando ci sentiamo stressati e ostili, l’equilibrio del nostro corpo
si spezza. La tensione elimina anche la nostra connessione non-locale
con tutto ciò che ci circonda. La malattia esercita una forma di
violenza nei confronti delle parti interessate del corpo, impedendo
loro di continuare a essere in sintonia con il campo non-locale di
intelligenza.

Numerose emozioni sono in grado di influenzare in maniera negativa il
campo elettromagnetico del cuore: la rabbia e l’ostilità sono quelle
sul cui operato esiste la maggiore documentazione in merito. Dopo che
la sincronia viene interrotta, il corpo inizia a comportarsi in
maniera frammentaria. Il sistema immunitario si indebolisce, e ciò
porta ad altri problemi, come per esempio una minore difesa nei
confronti dell’invecchiamento precoce, delle infezioni di vario genere
e persino del cancro. Le reazioni emotive sono così intense che
vengono percepite anche a una certa distanza dagli animali: un cane
abbaia e ringhia se si trova davanti una persona animata da una forte
ostilità. Ovunque andiamo, diffondiamo intorno a noi la nostra essenza
più profonda.

La nostra connessione con l’intelligenza non-locale non rimane
limitata all’ambito del nostro corpo fisico. Così come il nostro
organismo è in equilibrio, allo stesso modo lo è anche l’universo, che
rivela tale equilibrio in ritmi o cicli.

La Terra ruota intorno al Sole creando i ritmi stagionali: l’inverno
diventa primavera, gli uccelli migrano, i pesci si riproducono, i
boccioli fioriscono, gli alberi germogliano, i frutti maturano, le
uova si schiudono. Questa metamorfosi della natura – dovuta a una
leggera inclinazione del pianeta –

dà l’avvio a una cascata di eventi non-locali. La natura agisce come
se fosse un unico organismo. Anche gli uomini si sentono in maniera
diversa a seconda delle stagioni: alcuni tendono a deprimersi in
inverno e a innamorarsi in primavera. Dal punto di vista biochimico,
certi cambiamenti dell’organismo umano corrispondono al movimento del
nostro pianeta. La natura è una sinfonia, e noi ne facciamo parte.

La Terra gira sul suo asse imprimendo il cosiddetto ritmo circadiano o
quotidiano. Le creature notturne si svegliano di notte e dormono di
giorno. Gli uccelli vanno in cerca di cibo in determinati momenti
della giornata. Anche il nostro organismo è sintonizzato sui ritmi
circadiani. Ho trascorso gran parte della mia esistenza in California,
e senza alcuno sforzo consapevole da parte mia il mio corpo segue il
ritmo californiano nel tentativo di adattarsi ai vari fusi orari:
inizia ad anticipare l’alba, consentendomi di svegliarmi più o meno
alla stessa ora ogni giorno, e rallenta di sera per prepararmi al
sonno. Durante il sonno il mio organismo è ancora molto attivo, e mi
fa transitare passando attraverso le varie fasi del riposo, alterando
le mie onde cerebrali. Gli ormoni che controllano e regolano le
funzioni corporee vengono ancora prodotti e rilasciati, ma in quantità
diversa rispetto alle ore di veglia. Ogni cellula continua a portare
avanti milioni di attività, come al solito, mentre il corpo nel suo
insieme segue il suo ciclo notturno.

Se gli effetti del Sole sono manifesti nel ritmo circadiano, quelli
della Luna lo sono nell’arco delle sue fasi, quando diventa più o meno
visibile dal nostro pianeta. Anche il ciclo lunare agisce sul nostro
corpo, che è in correlazione con il movimento planetario. Il ciclo
mestruale di una donna si presenta ogni ventotto giorni, seguendo il
transito della Luna che ogni mese influenza in maniera più sottile
l’umore e la capacità produttiva di tutti noi. Gli effetti
gravitazionali di Sole e Luna causano inoltre le maree degli oceani, e
di conseguenza influiscono sugli organismi umani. Dopo tutto, milioni
di anni fa anche noi eravamo abitanti dell’oceano, e quando siamo
arrancati fino a riva l’abbiamo portato con noi, almeno in parte:
l’ottanta per cento del nostro corpo ha infatti la stessa composizione
chimica dell’oceano stesso.

Tutti questi ritmi – circadiano, lunare e stagionale – sono
reciprocamente in sintonia. Esistono ritmi all’interno di ritmi che
racchiudono in sé altri ritmi, e tutti loro echeggiano dentro e
intorno a noi. Si tratta di un processo da cui non siamo esclusi, ma
del quale siamo invece parte
integrante, e pulsiamo all’unisono con il battito dell’universo.
L’intelligenza non-locale è in noi e ci circonda. È puro spirito, il
potenziale da cui emerge ogni cosa. È la base del nostro essere. Priva
di dimensioni, senza volume, energia e massa, non occupa alcuno spazio
e non esiste a livello del tempo. Tutte le esperienze sono proiezioni
localizzate di questa realtà non-locale, che è potenziale singolare e
unificato. Qui ogni cosa è un tutt’uno inseparabile. A questo livello
più profondo di realtà voi siete l’intelligenza non-locale, un essere
universale che osserva se stesso attraverso un sistema nervoso umano.
Così come un prisma divide un solo raggio di luce in un intero spettro
di colori, allo stesso modo l’intelligenza non-locale osserva se
stessa e frantuma un’unica realtà in una moltitudine di aspetti
diversi.

Pensate all’universo come a un gigantesco organismo; la sua enorme
ampiezza è una realtà percettiva proiettata. Anche se magari “là
fuori” vedete uno stadio affollato da migliaia di persone, il fenomeno
reale è costituito da un minuscolo impulso elettrico all’interno del
vostro cervello che voi, esseri non-locali, interpretate come una
partita di calcio. Lo Yoga Vasishta, un antico testo vedico, dice: “Il
mondo è come un’immensa città, riflessa in uno specchio. E quindi
anche l’universo è un’immensa immagine di voi stessi riflessi nella
vostra coscienza”.

In breve, questa è l’anima di tutte le cose.

La natura dell’anima

NELLA vastità dell’oceano non c’è alcun ego. Visto a grande distanza,
dalla Luna o da un satellite, l’oceano sembra immobile e tranquillo,
un’immensa macchia blu che cinge la Terra. Ci basta però avvicinarci
per scoprire che in realtà è in continuo movimento, solcato dalle
correnti, agitato dalle maree, dalle onde e dai vortici che ci
appaiono come entità distinte. Vediamo nascere le onde e le osserviamo
mentre si innalzano e si infrangono a riva, ma non siamo in grado di
separarle dal resto dell’oceano, così come non possiamo catturarle,
versarle in un secchio e portarcele a casa: se ne fotografiamo una e
torniamo il giorno dopo nello stesso posto, nessuna di quelle che si
formeranno davanti ai nostri occhi sarà assolutamente identica a
quella che abbiamo ripreso.

Nell’ambito del nostro processo di comprensione dell’anima, l’oceano
ci fornisce una splendida analogia. Immaginatelo come una realtà
non-locale, il campo delle possibilità infinite, il livello virtuale
dell’esistenza che mantiene ogni cosa in sincronia. Ognuno di noi è
come un’onda dell’oceano. Siamo creati dall’anima, che costituisce la
nostra componente più profonda. Così come un’onda assume una forma
specifica, anche noi assumiamo le complesse sembianze della realtà
non-locale. Questo vasto e infinito oceano di possibilità è l’essenza
di tutto ciò che esiste nel mondo fisico. L’oceano (che rappresenta il
non-locale) e l’onda (che raffigura invece il locale) sono intimamente
connessi.

Non appena stabiliamo che l’anima deriva dal regno non-locale o
virtuale, il nostro posto nell’universo diventa subito chiaro: noi
siamo al tempo stesso locali e non-locali, un modello soggettivo che
emerge dall’intelligenza non-locale, la quale a sua volta è presente
in tutto. Possiamo dire che l’anima è composta da due parti distinte.
L’anima immensa e non-locale esiste al livello virtuale o spirituale;
è potente, pura e capace di tutto. La parte personale e locale
dell’anima esiste invece al livello quantico; si inserisce nella
nostra vita quotidiana, racchiude l’essenza di ciò che siamo, ed è
potente e in grado di fare qualunque cosa come la parte non-locale. Lo
stesso potenziale illimitato dello spirito infinito risiede in
ciascuno di noi. La nostra anima personale, quella a cui ci riferiamo
quando pensiamo al nostro “sé”, affiora dall’anima eterna.

Se riuscissimo a vivere al livello dell’anima, scopriremmo che la
parte migliore e più luminosa del nostro essere è connessa ai ritmi
dell’universo; vedremmo noi stessi come quelle creature in grado di
compiere miracoli che siamo in realtà; saremmo immuni dalla paura,
dall’odio, dall’ansia, dal desiderio e dall’incertezza. In altre
parole, vivremmo al di là dell’ego, oltre le limitazioni della mente
che ci confina agli eventi e ai risultati del mondo fisico.

Nella vastità dell’oceano non incontriamo un “Io” soggettivo che esige
attenzione. Ci sono onde, vortici e maree, e quindi soltanto l’oceano.
Tutti noi siamo modelli di realtà non-locale che fingono di essere
persone. Ma, alla fine, c’è solo spirito.

Eppure, al tempo stesso siamo certi della nostra individualità, non è
vero? I nostri sensi ci rassicurano sul fatto che il nostro corpo è
reale, e siamo sicuri che i pensieri che formuliamo sono unici e
personali. Noi impariamo, ci innamoriamo, mettiamo al mondo dei figli
e ci dedichiamo
alla carriera. Come possiamo non avvertire l’oceano che si agita in
noi? Per quale motivo la nostra esistenza ci appare così limitata? Per
capirlo, dobbiamo considerare di nuovo i tre livelli dell’esistenza.

Al livello fisico, quello che chiamiamo il mondo reale, l’anima è
l’entità che osserva nell’atto dell’osservazione. Ogni volta che
osserviamo qualcosa, dobbiamo registrare il coinvolgimento di tre
componenti. La prima, che risiede nel mondo fisico, è l’oggetto della
nostra osservazione. La seconda, che si verifica al livello della
mente, è il processo dell’osservazione. La terza è l’entità che compie
il gesto di osservare, e cioè l’anima.

Vorrei ora proporvi un semplice esempio che spero vi faciliti la
comprensione. Per prima cosa, un animaletto peloso a quattro zampe
diventa l’oggetto della vostra attenzione. In seguito, i vostri occhi
ricevono l’immagine visiva dell’oggetto e trasmettono il segnale alla
vostra mente, che interpreta l’oggetto come un cane. Ma chi sta
osservando il cane? Rivolgete la vostra consapevolezza all’interno, e
diventate consci di una presenza dentro di voi. Questa presenza è
l’anima, l’estensione dell’intelligenza non-locale che affiora in voi.
La mente è dunque coinvolta nel processo della conoscenza, ma colei
che sa è l’anima, che è immutabile e rappresenta il punto di
riferimento costante nello scenario mutevole del mondo fisico.

Ciascuno possiede un’anima, ma poiché tutti noi osserviamo da un punto
di vista differente e sulla base di una serie di esperienze diverse,
non osserviamo mai le stesse cose nella medesima maniera. Le
variazioni relative a ciò che osserviamo si fondano
sull’interpretazione della nostra mente. Se voi e io guardiamo un
cane, i nostri pensieri non sono di certo uguali: quello che per me è
una bestia feroce e terrificante, per voi magari è un amichevole
compagno di giochi. Ciò avviene perché la nostra mente interpreta in
maniera diversa l’osservazione, e così quando io vedo un cane mi
dileguo; quando voi ne incontrate uno per strada, lo chiamate e vi
fermate ad accarezzarlo.

L’interpretazione avviene al livello della mente, ma è, la nostra
anima individuale a essere condizionata dall’esperienza, e attraverso
il ricordo di tale esperienza influenza le nostre scelte di vita e le
nostre chiavi di lettura. Questi minuscoli germogli di memoria si
accumulano poi all’interno dell’anima nell’arco dell’intera esistenza,
e la combinazione formata dai ricordi e dall’immaginazione fondata
sull’esperienza costituisce il karma. Il karma si trova nella parte
personale dell’anima, l’onda al centro del nostro
essere, e la colora. L’anima personale, che regola la coscienza e
fornisce lo stampo per il tipo di persona che ognuno di noi è in grado
di diventare, viene influenzata dai gesti che compiamo e che possono
migliorare o peggiorare il nostro karma.

Al contrario, la parte universale, non-locale dell’anima non viene
toccata dalle nostre azioni, ma è connessa a uno spirito puro e
immutabile. Il termine “illuminazione” significa “il riconoscimento
del fatto che io sono un essere infinito che viene visto e vede, che
viene osservato e osserva, un punto di vista particolare e
localizzato”. Qualunque altra cosa noi siamo, qualunque disastro
possiamo aver combinato nel nostro viaggio terreno, possiamo sempre
attingere a quella parte di anima che è universale, al campo infinito
di puro potenziale, e modificare così la nostra sorte. E questo il
sincrodestino: la capacità di approfittare della connessione tra
l’anima personale e quella universale, al fine di plasmare il nostro
fato.

Certo, il seme della memoria costruito sull’esperienza, e cioè il
nostro karma, ci aiuta a determinare chi siamo, ma poi l’individualità
della nostra anima viene forgiata anche dai nostri rapporti
interpersonali. Vorrei ora spiegarvi in maniera più dettagliata questo
concetto, esaminando i vari aspetti della vita. Se prendiamo in esame
il nostro corpo fisico, ci rendiamo conto di essere, in pratica, una
raccolta di molecole riciclate. Le cellule che compongono il nostro
organismo vengono create, muoiono e sono sostituite molte volte
nell’arco della nostra esistenza. Si può quindi dire che noi siamo
costantemente impegnati a “riformarci”. Per potersi rigenerare, il
corpo trasforma il cibo che mangiamo negli elementi che ci tengono in
vita. La Terra ci fornisce il nutrimento di cui abbiamo bisogno per
rinnovarci, e quando muoiono, le nostre cellule tornano a fondersi con
la Terra: ciò significa che noi trasformiamo di continuo il nostro
corpo fisico riciclando la Terra.

Consideriamo ora le nostre emozioni, le quali non sono altro che
energia riciclata; non hanno origine in noi, ma vanno e vengono a
seconda delle situazioni, delle circostanze, dei rapporti sociali e
degli eventi. L’11 settembre 2001, il giorno del disastro del World
Trade Center, la paura e il terrore erano le emozioni più comuni,
scatenate dai tragici fatti di quelle ore e così potenti da persistere
a lungo in tutti noi. Le emozioni non nascono mai dalla solitudine, ma
hanno origine da qualche forma di interazione con l’ambiente. Senza
circostanze o rapporti, non possono esserci emozioni. Anche quando
veniamo assaliti da un impeto di rabbia
furibonda, si tratta di una rabbia che in realtà non è affatto nostra:
noi ci limitiamo a ospitarla momentaneamente.

Pensate all’ultima volta in cui vi siete ritrovati circondati da
persone che provavano contemporaneamente la stessa emozione, come per
esempio una folla inferocita che protestava, un corteo di amici in
lacrime a un funerale o i tifosi di una squadra di calcio che aveva
appena vinto una partita. E quasi impossibile riuscire a non farsi
catturare dal vortice delle emozioni collettive altrui, che sono forti
e potenti. In situazioni del genere non si tratterebbe quindi della
vostra rabbia-tristezza-giubilo. Ogni emozione dipende dal contesto,
dalle circostanze e dai rapporti che definiscono in quel preciso
istante la vostra realtà.

Che dire poi dei nostri pensieri? Si tratta di informazioni riciclate:
ogni pensiero che formuliamo fa parte di una sorta di database
collettivo. Un centinaio di anni fa sarebbe stato impossibile
affermare: “Andrò a Disney World con un volo della Delta Air Lines”.
Al mondo non esisteva, infatti, niente di collegabile a tali parole,
non esistevano Disney World né la Delta Air Lines, e quindi nessuno
avrebbe potuto pensare niente del genere. Tutti i pensieri sono
semplici informazioni riciclate, con la sola eccezione di quelli più
originali, che in realtà sono balzi quantici di creatività, originati
comunque dallo stesso substrato collettivo di informazioni riciclate.

L’espressione “balzo quantico”, che ormai ritroviamo talvolta anche
nelle conversazioni più banali, ha un significato ben preciso. Quando
a scuola studiamo la struttura dell’atomo, ci viene spiegato che c’è
un nucleo composto da protoni e neutroni, circondato dagli elettroni
posizionati su orbite fisse.

Può però capitare che un elettrone cambi tale orbita: se assorbe
energia può “saltare” su un’orbita più elevata, mentre se la cede
“scende” su una più bassa. Quello che in genere i docenti non
insegnano è che quando un elettrone cambia orbita non si muove
attraverso lo spazio per arrivare a destinazione; in un determinato
momento l’elettrone è sull’orbita A, e l’attimo dopo è sull’orbita B,
senza aver coperto la distanza che separa le due orbite! È questo il
balzo quantico: un cambiamento di stato da una
serie di condizioni a un’altra, che si verifica immediatamente, senza
passare attraverso le condizioni intermedie.

Gli scienziati hanno scoperto che non è possibile predire quando e
dove avverrà un balzo quantico, anche se sono in grado di creare
modelli matematici che consentono loro di formularne una valutazione.
Verificandosi a livello subatomico, tale imprevedibilità potrebbe
sembrarci irrilevante: se un elettrone salta da un’orbita all’altra,
che cosa ce ne importa? E, invece, quando prendiamo in considerazione
tutti gli atomi del mondo e la conseguente immensa mole di
imprevedibilità non possiamo fare a meno di guardare il mondo in
maniera ben diversa.

Gli studiosi riconoscono l’imprevedibilità della natura che domina
anche gli eventi all’apparenza più semplici, e cercano di trovarvi un
significato. Quando e dove appariranno le bolle in una pentola d’acqua
sul fornello? Quali forme assumerà il fumo di una sigaretta? In quale
modo la posizione delle molecole dell’acqua in cima a una cascata è
legata all’eventuale posizione che assumono dopo aver raggiunto il
fondo? Come ha scritto James Gleick nel suo libro Caos, per quanto
riguarda la fisica normale Dio potrebbe benissimo aver preso quelle
molecole d’acqua rimescolandole lui stesso.

La nuova scienza del caos sta cercando di prevedere l’imprevedibile
ricorrendo a complessi modelli matematici. Nell’esempio in genere più
citato, una farfalla batte le ali in Texas e sei giorni dopo a Tokyo
si scatena un tifone. Anche se magari non è evidente, la connessione
esiste. La minuscola variazione di pressione causata dalla farfalla
può essere amplificata fino a provocare un tornado. Un fatto del
genere non può essere anticipato del tutto: è per questo motivo che le
previsioni del tempo sembrano spesso errate, e non sono mai affidabili
per periodi superiori alle quarantott’ore. Eppure, nella vasta gamma
dei possibili eventi che si verificano al mondo, il clima è il fattore
più presagibile.

A livello spirituale tutto ciò significa che noi non possiamo mai
sapere quale direzione prenderà la nostra esistenza, e quindi quali
cambiamenti possano provocare i minuscoli battiti d’ali delle
intenzioni e delle azioni. Inoltre, noi non possiamo mai conoscere
davvero la volontà di Dio, e ignoriamo come, dove e quando
succederanno le cose, persino quelle più semplici come l’ebollizione
dell’acqua. Dobbiamo arrenderci all’imprevedibilità, apprezzandone la
complessa bellezza.

La creatività si fonda sui balzi quantici e sull’incertezza. In certi
momenti particolari, le idee veramente nuove nascono dal substrato
collettivo delle informazioni: non scaturiscono da un unico fortunato
individuo, bensì dalla coscienza collettiva. Ecco perché le scoperte
scientifiche più importanti in genere vengono fatte da due o più
persone nello stesso momento. Le idee sono già diffuse nella coscienza
collettiva, e le menti meglio preparate sono pronte a tradurle a
livello pratico. Essere capaci di afferrare al volo la conoscenza
quando nessun altro la distingue è la vera natura del genio. In un
certo momento l’idea innovativa o creativa non esiste, e un attimo
dopo fa parte del mondo cosciente. Ma tra queste due condizioni, dove
si trova? Arriva dal regno virtuale, al livello dello spirito
universale, dove esistono tutte le possibilità e ogni cosa è puro
potenziale, che crea qualcosa di tanto prevedibile quanto totalmente
nuovo.

Ma se il nostro corpo è Terra riciclata, le nostre emozioni sono
energia riciclata e i nostri pensieri sono informazioni riciclate,
qual è l’elemento che rende ciascuno di noi un individuo ben preciso?
Nemmeno la personalità ha origine con noi, bensì prende forma
attraverso un’identificazione selettiva con situazioni varie e grazie
ai rapporti interpersonali. Pensate a un vostro caro amico: come lo
definireste? In genere basiamo le nostre descrizioni sul ruolo svolto
dagli altri nell’ambito della nostra esistenza, parlando cioè di
nostra moglie, nostro marito, nostro figlio o del nostro collega. Li
descriviamo anche illustrando le varie situazioni della loro
esistenza, il tipo di attività che svolgono, dove vivono e che cosa
fanno per divertirsi. Ciò che chiamiamo personalità viene costituita
su una base di rapporti umani e situazioni.

Giunti a questo punto, non possiamo fare a meno di chiederci: se il
nostro corpo, le emozioni, i pensieri e la personalità non sono
elementi originali o creati da noi, chi siamo veramente? Secondo
alcune delle più grandi tradizioni spirituali, una delle verità
fondamentali stabilisce che “io sono l’altro”. Senza l’altro, noi non
esisteremmo. La nostra anima è il riflesso di tutte le anime.
Immaginate di provare a comprendere la complessa ragnatela di rapporti
interpersonali che hanno fatto di voi ciò che siete adesso – la vostra
famiglia al completo e ogni vostro amico, gli insegnanti e i compagni
che avete incontrato a scuola, i commessi di tutti i negozi in cui
siete entrati, tutti coloro con cui avete lavorato o siete entrati in
contatto in qualunque momento della vostra esistenza… Per capire
queste persone e il tipo di influenza che possono aver avuto su di
voi, per prima cosa dovete scoprire chi sono. Il passo successivo
consiste nel descrivere l’insieme dei
rapporti che coinvolgono ognuna delle persone che compongono la vostra
rete di contatti. Scoprirete così di dover descrivere l’intero
universo per poter inquadrare un singolo individuo. E, quindi, ogni
singolo individuo è l’intero universo. Noi siamo l’infinito, visto da
uno specifico punto di vista ben localizzato. La nostra anima è la
parte del nostro essere universale e individuale allo stesso tempo, ed
è un riflesso di tutte le altre anime.

Definire l’anima in questo modo significa sapere che è sia personale
sia universale: un concetto che possiede un significato e delle
implicazioni sicuramente estranee alla nostra esperienza soggettiva.
L’anima è l’osservatore che interpreta e compie le scelte necessarie
in una confluenza di rapporti interpersonali che forniscono le
informazioni, l’ambiente, i personaggi e gli eventi necessari a
plasmare le storie della nostra esistenza. Così come l’anima viene
creata attraverso i rapporti umani di cui è un riflesso, l’esperienza
della vita ha origine dal contesto e dal significato.

Per contesto io intendo tutto ciò che ci circonda e ci consente di
comprendere il significato delle azioni, delle parole e degli eventi
individuali. Una parola, per esempio, può avere significati diversi a
seconda di quelle che la circondano, cioè del suo contesto. Se io
pronuncio la parola “palma” senza inserirla in un contesto, voi non
sapete se mi riferisco alla pianta o alla parte della mano. Quando
diciamo che qualcuno ha estrapolato le nostre parole dal loro
contesto, vogliamo dire che il loro esatto significato non è stato
compreso, in quanto per essere determinato correttamente il discorso
deve essere considerato nella sua totalità. Il flusso del significato
è il flusso della vita. Il nostro contesto determina il modo in cui
interpretiamo quello che ci succede, e tale interpretazione è alla
base della nostra esperienza.

Abbiamo così elaborato una definizione più completa del concetto di
anima. L’anima è l’osservatore che interpreta e compie le sue scelte
basandosi sul karma; è anche la confluenza dei rapporti
interpersonali, dalla quale emergono il contesto e il significato. Da
questo flusso di contesto e significato ha origine l’esperienza. Di
conseguenza, noi creiamo la nostra vita attraverso l’anima.

Come spiegherò meglio nelle pagine seguenti, la meditazione
rappresenta il modo migliore di avvicinare e comprendere la natura
duplice dell’anima, nonché di attingere al campo non-locale di
potenziale, perché ci consente di raggiungere il livello dell’anima
superando con estrema facilità il groviglio di pensieri ed emozioni
che di solito tengono focalizzata la nostra
attenzione sul mondo fisico. Non appena chiudiamo gli occhi per
meditare si affollano infatti nella nostra mente, in maniera del tutto
spontanea, ricordi e fantasie che, come ho più volte ripetuto, non
hanno origine nel nostro corpo fisico.

Vorrei suggerirvi un piccolo esperimento: provate a concentrarvi sulla
cena che avete consumato ieri sera. Riuscite a ricordarvi le varie
pietanze che avete mangiato e il loro sapore, oltre agli argomenti che
avete discusso a tavola? Pensate ora a dove si trovavano tutte queste
informazioni prima che io vi interrogassi in proposito. La cena si è
svolta, ma le informazioni che la riguardano esistevano solo in
qualità di potenziale. Se un chirurgo fosse entrato nel vostro
cervello, non avrebbe trovato traccia dei dati riguardanti il cibo che
avete ingerito. I ricordi risiedono al livello dell’anima fino a
quando non li chiamate a raccolta. Non appena decidete in maniera
consapevole di rammentare la nostra cena, l’attività elettrica e il
rilascio di determinate sostanze chimiche indicano che il cervello è
al lavoro. Ma fino all’attimo prima a quello in cui lo attivate, il
ricordo non ha alcuna collocazione fisica nel vostro cervello. Basta
però porsi un interrogativo o cercare di rammentare un fatto per
trasformare un ricordo virtuale in un ricordo reale.

Lo stesso vale per l’immaginazione. Fino a quando non sorge dal regno
virtuale, un pensiero non esiste nella nostra vita mentale o fisica,
eppure l’immaginazione può avere un effetto potente sulla mente e sul
corpo. Un esperimento semplice ma efficace consiste nell’immaginare di
tagliare un limone in grandi fette e di assaggiarne una, affondando i
denti nella polpa succosa del frutto. Visualizzate il succo che si
diffonde nella vostra bocca. Di solito a coloro che compiono questa
prova basta questa immagine per aumentare la salivazione (è il modo in
cui il corpo dimostra di credere al messaggio che gli viene inviato
dalla mente). Ma dov’era il limone prima che io vi chiedessi di
vederlo a livello mentale? Esisteva solo al livello del potenziale!

L’intenzione, l’immaginazione, l’intuizione, l’ispirazione, il
significato, lo scopo, la creatività e la comprensione non hanno
dunque nulla a che spartire con il cervello: orchestrano la loro
attività attraverso di lui, ma sono qualità del regno non-locale, che
si trova al di là dello spazio e del tempo. Il loro impatto viene
comunque avvertito con notevole intensità; non appena compaiono nella
nostra mente, noi le dobbiamo in qualche modo utilizzare, e le nostre
scelte in proposito determinano almeno in
parte la definizione che formuliamo di noi stessi. Ciò accade perché
la nostra mente è razionale, e noi tendiamo a creare storie incentrate
sui nostri pensieri. Se pensiamo: Mio marito mi ama, I miei figli sono
felici o Il mio lavoro mi appassiona, elaboriamo in proposito storie
razionali da cui estrapoliamo un significato preciso. Il processo si
conclude quando usciamo nel mondo fisico e viviamo queste storie in
quella che noi chiamiamo quotidianità.

Le nostre storie non sono affatto originali, i loro dettagli variano
da un individuo all’altro ma i temi e i motivi sono eterni, archetipi
di base che si ripetono senza fine: l’eroe buono e il cattivo, il
peccato e la redenzione, il divino e il diabolico, la passione
dimenticata e l’amore incondizionato. Sono gli stessi temi che
spingono molti di noi a seguire affascinati le soap opera e le riviste
di pettegolezzi (dove li vediamo concretizzarsi in maniera
amplificata), che ci incantano perché in queste storie noi
identifichiamo alcuni aspetti della nostra anima. Sono i medesimi
archetipi che vengono rappresentati in maniera esasperata nelle
mitologie dei vari popoli, al punto che troviamo gli stessi temi e
motivi nella mitologia indiana, greca o egizia. A livello drammatico
queste vicende sono ancora più coinvolgenti e intense di quelle che
vediamo in televisione o al cinema perché trovano un’eco profonda e
totale nella nostra anima.

Siamo ora in grado di definire con maggior precisione il concetto di
anima. L’anima è la confluenza di significati, contesti, relazioni e
storie mitologiche o temi archetipici che danno vita ai pensieri
quotidiani, ai ricordi e ai desideri (condizionati dal karma) che
creano le storie a cui prendiamo parte.

La partecipazione alle storie della nostra esistenza avviene comunque
in maniera automatica, senza l’intervento di alcuna forma di
consapevolezza, per quasi tutti noi. Viviamo come attori a cui viene
data una sola battuta alla volta, e recitiamo una scena dopo l’altra
senza conoscere la storia completa. Ma ci basta entrare in connessione
con la nostra anima per avere sotto gli occhi l’intera sceneggiatura:
comprendiamo e partecipiamo così alla narrazione in maniera totale,
con gioia e coscienza, formulando le nostre scelte in piena e
consapevole libertà. Ogni istante di vita assume allora una qualità
più vibrante, che deriva dalla valutazione del suo significato
nell’ambito della nostra esistenza.

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