Le coincidenze 3b
Tratto da:
“Le coincidenze”
(di Deepak Chopra)
Edizione Sperling Paperback settembre 2006
(terza parte)
…
Intenzione
TUTTI i bambini che conoscono la storia di Aladino sognano di poter trovare come lui una lampada magica che, se strofinata, liberi un genio pronto a esaudire ogni loro desiderio. Noi adulti, invece, sappiamo benissimo che non esistono lampade magiche e geni
disponibili, e ci teniamo dentro tutti i nostri sogni. Ma se fosse davvero possibile realizzare i desideri, quale sarebbe il primo? Quale potrebbe soddisfare le vostre esigenze più profonde? Quale
consentirebbe alla vostra anima di compiere il suo destino?
Tutto ciò che accade nell’universo ha inizio con l’intenzione. Quando decido di muovere le dita dei piedi, di comperare un regalo per il compleanno di mia moglie, di bere una tazza di caffè o di scrivere questo libro, qualunque sia l’attività che sto per intraprendere comincia tutto con la mia intenzione, che nasce sempre nella mente universale o non-locale, e si localizza grazie alla mente individuale. Dopo essere stata localizzata, l’intenzione diventa realtà fisica.
La realtà fisica non esisterebbe se non fosse per l’intenzione, che attiva la correlazione sincronizzata nonlocale nel cervello. In qualsiasi momento avvengano la cognizione o la percezione della realtà fisica, le regioni del cervello mostrano un “incastro chiuso di frequenze e fasi” dei modelli di attivazione dei singoli neuroni. Si tratta di una sincronizzazione non-locale su una frequenza di 40 hertz (quaranta cicli al secondo), cioè di una rimodulazione del segnale, elemento fondamentale della capacità cognitiva senza il quale non riusciremmo a vedere una persona, una casa, un albero o una fotografia così come ci appaiono. Se non si verificasse la trasformazione del segnale, noi percepiremmo solo un insieme di macchie bianche e nere, linee confuse, ombre più o meno scure. Il nostro cervello percepisce infatti gli oggetti come segnali elettromagnetici intermittenti, e solo la sincronizzazione organizzata dall’intenzione traduce punti e linee vaghe, scariche elettriche, luci e ombre in un intero, una gestalt che crea un’immagine del mondo come esperienza soggettiva. In qualità di intelligenza non-locale, noi “etichettiamo” tale esperienza come suono,
struttura, forma, sapore o odore e creiamo così l’oggetto fisico all’interno della nostra coscienza individuale.
Il mondo è simile a una macchia di Rorschach che noi trasformiamo in un universo di oggetti materiali grazie alla sincronizzazione orchestrata dall’intenzione. La realtà prima del gesto
dell’osservazione, così come il sistema nervoso prima del desiderio o intenzione di osservare qualcosa, esistono come un campo caotico non-lineare dinamico (in continuo mutamento) di attività in una condizione di non-equilibrio (attività instabile). L’intenzione organizza in maniera sincronistica queste attività notevolmente variabili, a prima vista caotiche e non legate fra loro, dando vita a un sistema dinamico ben ordinato e capace di congegnarsi da solo. Tale sistema si manifesta contemporaneamente sia come il mondo osservato sia come il sistema nervoso attraverso il quale lo si osserva. L’intenzione – che viene diretta ma non generata dal sistema nervoso -, è responsabile anche di tutti i processi legati ad apprendimento, memoria e ragionamento, oltre che delle attività motorie. In altre parole, l’intenzione è alla base della creazione.
L’antico testo vedico noto come Upanishad dichiara: “Voi siete ciò che è il vostro desiderio più profondo. Così come è il vostro desiderio, così è la vostra intenzione. Così come è la vostra intenzione, così è la vostra volontà. Così come è la vostra volontà, così sono le vostre azioni. Così come sono le vostre azioni, così è il vostro destino”. In altre parole, il nostro destino deriva dai livelli più profondi di desiderio e intenzione, che sono intimamente connessi tra loro.
Ma che cos’è l’intenzione? Secondo la maggior parte delle persone è il pensiero di qualcosa che vogliamo realizzare nella vita o che desideriamo acquisire per noi stessi. Ma c’è dell’altro: è anche il modo di soddisfare un bisogno che può essere un bene materiale, un rapporto interpersonale, una realizzazione spirituale o l’amore. L’intenzione è un pensiero che formuliamo per raggiungere un obiettivo. In teoria, non appena soddisfiamo tale bisogno, noi possiamo essere felici.
Da questo punto di vista, lo scopo di tutte le nostre intenzioni consiste nell’essere felici o realizzati. Se ci venisse chiesto che cosa desideriamo, potremmo per esempio rispondere: “Voglio più soldi”. Se ce ne domandassero il motivo, la nostra risposta potrebbe essere: “Così avrei più tempo libero da trascorrere con i miei figli”. E se indagassero a fondo in questo desiderio la nostra risposta sarebbe: “Perché in questo modo sarò
felice”. Ciò significa che il nostro obiettivo finale è quella realizzazione a livello spirituale che noi chiamiamo felicità, gioia o amore.
Ogni attività dell’universo è generata dall’intenzione. Secondo la tradizione vedica, “L’intenzione è una forza della natura” perché mantiene in equilibrio tutti gli elementi e le forze universali che consentono all’universo stesso di continuare a evolversi.
Anche la creatività è diretta dall’intenzione; si verifica a livello universale, oltre che individuale, permettendo al mondo di compiere di tanto in tanto i cosiddetti balzi quantici dell’evoluzione. Al momento della nostra morte terrena, l’anima esegue un balzo quantico nella creatività, quasi volesse dire: “Ora devo esprimere me stessa attraverso un nuovo sistema corpo-mente o incarnazione”. L’intento deriva dunque dall’anima universale, si localizza in un’anima individuale e si esprime infine attraverso una mente locale
individuale.
Dall’esperienza del passato noi creiamo i ricordi, che stanno alla base dell’immaginazione e del desiderio. A sua volta, il desiderio è alla base dell’azione, e il ciclo si perpetua così. Nella tradizione vedica e nel buddismo questo ciclo è noto come Ruota del Samsara, e sta alla base dell’esistenza terrena. Filtrato da questo processo karmico, l’Io non-locale diventa l’Io locale.
Quando viene ripetuta, l’intenzione crea l’abitudine. Maggiore è la frequenza di tale ripetizione, più elevata è la probabilità che la coscienza universale crei lo stesso modello e manifesti la medesima intenzione nel mondo fisico. Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, una particella-onda posta all’interno di una scatola è al tempo stesso una particella e un’onda, e assume un’unica forma ben precisa solo dopo essere stata osservata. Al momento dell’osservazione la probabilità decade in una forma definita. Lo stesso concetto vale anche per l’intenzione ripetuta, con l’unica differenza che nella mente non-locale è più probabile che il modello decada nella direzione della nostra intenzione, e si manifesti di conseguenza come realtà fisica. Tutto ciò crea l’illusione di facilità o difficoltà, possibile o impossibile. Ed è per questo motivo che se volete allontanarvi davvero dal piano più materiale dovete prima imparare a pensare e sognare l’impossibile. L’impossibile può diventare possibile grazie ai pensieri ripetuti, con l’intervento dell’intenzione della mente non-locale.
La mente non-locale dentro di voi è la stessa che si trova in me, in un rinoceronte, in una farfalla, in un uccello o in un verme. Persino un sasso contiene l’intelligenza non-locale. E la mente non-locale, la pura coscienza, che ci fornisce il senso dell’Io, l’Io che dice: “Io sono Deepak”, o: “Io sono un uccello”, o ciò che voi ritenete di essere. Questa coscienza universale è l’unico Io che esiste. Questo Io universale si differenzia poi in un numero quasi infinito di osservatori e osservati, creature che vedono e scenari della visione, forme organiche e inorganiche, insomma tutti gli esseri e gli oggetti che compongono il mondo fisico. L’abitudine della coscienza universale di differenziarsi in coscienze particolari esiste prima ancora della relativa interpretazione. Di conseguenza, prima che l'”Io sono” dica: “Io sono Deepak” o una giraffa o un verme, è semplicemente “Io sono”. L’infinito potenziale creativo dell’Io organizza l’Io comune nell’Io che siete voi o qualunque altra cosa al mondo.
Questo concetto equivale ai due livelli dell’anima (universale e individuale), anche se la questione va posta in un contesto personale. In qualità di esseri umani siamo abituati a pensare al nostro sé individuale come al nostro Io, senza notare o apprezzare quello più ampio e universale che viene chiamato anche anima universale. Usiamo il termine “Io” come semplice punto di riferimento che ci aiuta a localizzare il nostro punto di vista soggettivo all’interno dell’anima universale, ma quando definiamo noi stessi come un Io individuale, perdiamo la capacità di immaginare al di là dei limiti di ciò che per tradizione viene considerato possibile. Nell’Io universale, ogni cosa è infatti possibile ed è già esistente: ha solo bisogno
dell’intenzione per decadere nella realtà del mondo fisico.
Vediamo qui di seguito le differenze tra l’Io individuale o mente locale e l’Io universale o mente non-locale.
Mente locale:
1. Mente dell’ego
2. Mente individuale
3. Consapevolezza individuale
4. Consapevolezza condizionata
5. Lineare
6. Agisce nell’ambito dello spazio, del tempo e della causalità
7. Legata al tempo, che la delimita
8. Razionale
9. Condizionata nei consueti modelli di comportamento e pensiero, plasmata dalle esperienze soggettive e collettive
10. Separa
11. Dialogo interiore: Questo è me/mio
12. La paura è dominante
13. Richiede energia
14. Ha bisogno di approvazione
15. Interpreta l’Io all’interno dell’osservatore come differente dall’Io in ciò che è osservato
16. Pensa con modalità di causa ed effetto
17. Algoritmica
18. Continua
19. Conscia
20. Attiva quando i sensi sono attivati perché l’esperienza sensoriale è locale
21. Si esprime attraverso il sistema nervoso volontario (scelta individuale)
Mente non locale
1. Spirito
2. Anima
3. Consapevolezza universale
4. Pura consapevolezza
5. Sincronicistica
6. Agisce al di fuori dello spazio, del tempo e della causalità
7. Eterna e infinita
8. Intuitiva/creativa
9. Non condizionata, infinitamente correlata, infinitamente creativa
10. Unifica
11. Dialogo interiore: Tutto ciò è me/mio
12. L’amore è dominante
13. Agisce senza energia
14. È immune da critiche e lusinghe
15. Sa che in colui che osserva e in ciò che è osservato si trova lo stesso Io
16. Riconosce l’interconnessione acausale o correlazione interdipendente
17. Non-algoritmica
18. Discontinua
19. Super-conscia (inconscio superiore)
20. Sempre attiva, ma più disponibile verso se stessa quando i sensi non sono coinvolti o quiescenti, come per esempio nel sonno, durante l’attività onirica, nel dormiveglia, nella meditazione, nella trance, nella preghiera
21. Si esprime attraverso il sistema autonomo e quello endocrino, e soprattutto grazie alla loro sincronizzazione (oltre che alla sincronizzazione del particolare e dell’universale, del microcosmo e del macrocosmo)
La differenza tra mente locale e mente non-locale è la stessa che esiste tra ordinario e straordinario. La mente locale è personale e individuale; racchiude il nostro ego, l’Io che si definisce da sé, schiavo delle abitudini condizionate. Per sua natura, la mente locale ci separa dal resto della creazione; innalza quei confini artificiali che molti di noi si sentono costretti a difendere anche quando ciò comporti lo staccarci dai significati più profondi e dalle connessioni gioiose che derivano dal sentirsi parte dell’universale. La mente locale è industriosa e razionale, per nulla fantasiosa o creativa; richiede approvazione e attenzione costanti, e di conseguenza è vulnerabile alle paure, alle delusioni e alle sofferenze.
D’altro canto, la mente non-locale è pura anima o spirito, è coscienza universale. Agisce al di fuori dei limiti del tempo e dello spazio normali, ed è la più grande forza unificatrice e organizzatrice dell’universo, infinita per ciò che riguarda il suo scopo e la sua durata. Mette in connessione tutte le cose perché è tutte le cose; non ha alcun bisogno di attenzione, energia e approvazione, e di conseguenza attrae amore e accettazione. Sommamente creativa, è la fonte da cui fluisce l’intera creazione; ci consente di spingere l’immaginazione oltre i confini di ciò che la mente locale vede come “possibile”, di pensare “fuori dalla norma” e di credere nei miracoli.
I balzi creativi eseguiti dalla mente non-locale sono stati supportati dalla scienza. I divari che si registrano nella datazione dei fossili lungo l’arco dell’intera evoluzione suggeriscono balzi creativi dell’immaginazione della natura stessa, secondo la teoria degli “equilibri punteggiati”. Per esempio, sono stati ritrovati fossili di anfibi e di uccelli, ma non c’è traccia di una creatura intermedia che sia stata una sorta di anello di congiunzione tra queste due classi di animali. Un fatto che ci fa supporre un balzo quantico
dell’immaginazione: gli anfibi volevano imparare a volare, e gli uccelli sono la manifestazione di tale intenzione. Gli scienziati ritengono che i primati si siano evoluti in esseri umani, ma anche in questo caso nessun fossile prova l’esistenza di una fase intermedia. Gli esseri umani sono apparsi all’improvviso dopo i primati. E nel mezzo? Niente. Solo il cosiddetto “anello mancante”.
Questi balzi di immaginazione si evolvono di continuo in ciò che vediamo come universo. Nell’arco del nostro viaggio terreno abbiamo assistito allo sviluppo della televisione, di Internet, della posta elettronica, della tecnologia nucleare e dell’esplorazione spaziale. L’immaginazione ci guida ovunque vogliamo andare, e sebbene appartenga alla coscienza universale, viene condizionata dalle espressioni localizzate. Gli esseri umani possiedono la capacità innata di spingersi ben oltre tutto ciò: grazie alla mente locale (l’Io locale) sono in grado di ricorrere all’intenzione per compiere le loro scelte. La mente non-locale (l’Io non-locale) si occupa in maniera
sincronistica dei dettagli per realizzare le intenzioni stesse. E in questo modo i sogni diventano realtà.
A tale proposito, vorrei citarvi un esempio. L’Io locale Deepak vuole sentirsi in forma grazie all’esercizio fisico e a una dieta salutare. Di conseguenza, Deepak corre ogni giorno, sulla spiaggia o sul tapis-roulant. L’Io nonlocale racchiuso in Deepak rende possibili le sue attività facendo
in modo che il corpo fisico di Deepak esegua contemporaneamente varie funzioni: il cuore batte più in fretta e pompa una quantità maggiore di sangue; i tessuti consumano più ossigeno; i polmoni aumentano il ritmo della respirazione e lo zucchero (che è il carburante
dell’intero sistema) brucia velocemente trasformandosi in anidride carbonica e acqua, creando così l’energia. Se le scorte di carburante si abbassano, l’organismo deve produrre insulina per poter utilizzare come combustibile il glicogeno immagazzinato nel fegato. Inoltre, le cellule del sistema immunitario devono essere stimolate per consentire al corpo di resistere all’attacco delle infezioni, presenti
nell’ambiente che Deepak attraversa correndo. E gli eventi che ho appena indicato sono soltanto alcuni tra i miliardi che devono avvenire in maniera simultanea e sincronicistica affinché si realizzi la mia intenzione di correre…
Come potete vedere, l’attività del corpo fisico viene gestita dalla mente non-locale. E mentre tutte queste azioni vengono sincronizzate, Deepak si sta godendo la sua corsa. Non si preoccupa al pensiero che il suo cuore riesca o meno a pompare la quantità necessaria di sangue o che il suo fegato si dimentichi di metabolizzare il glicogeno in zucchero. Questo è il compito dell’intelligenza non-locale.
Certo, l’Io locale non collabora sempre, anzi, a volte prende pessime decisioni. Immaginiamo che un uomo di nome Mario Bianchi partecipi a una festa. Il Mario Bianchi locale dice: “Mi sto divertendo molto”, sorseggia un bicchiere di champagne, si rilassa e fa nuove conoscenze. Anche il Mario Bianchi non-locale si diverte, entra in sintonia con tutti i presenti e apprezza ciò che gli succede. L’Io locale potrebbe però dichiarare: “Me la sto proprio spassando, ma forse mi divertirei ancora di più se prendessi una bella sbronza!” Ubriacarsi è un modo di uscire dalla connessione; di conseguenza, l’Io nonlocale fa sapere a quello locale che la sua decisione poco saggia comporta un prezzo da pagare, e la mattina dopo lo fa risvegliare con una terribile emicrania accompagnata dagli altri classici postumi da ubriacatura. Il messaggio è chiaro!
Se l’Io locale ignorerà gli sforzi che quello non-locale compie per dissuaderlo dalla sua scelta sbagliata, dovrà affrontare ripercussioni ancora più gravi. Per esempio, potrebbe decidere di ignorare qualunque avvertimento e ubriacarsi ogni giorno: in questo modo, il Mario Bianchi locale rischierebbe di perdere il lavoro, rovinare i rapporti con amici e famigliari e magari contrarre la cirrosi epatica, malattia dal probabile esito
fatale. La decisione di bere troppi alcolici non è compatibile con il benessere del Mario Bianchi sia locale sia non-locale e non è un’intenzione pura perché è stata distorta dall’Io locale, cambiando forma nel passaggio dalla mente non-locale a quella locale.
Un’intenzione può essere realizzata in maniera sincronistica solo se soddisfa le esigenze dell’Io locale e dell’Io non-locale, che è sempre al servizio del bene supremo.
L’intenzione ha sempre origine nel regno universale. È l’intenzione universale che realizza l’intenzione locale, purché soddisfi le necessità della mente locale (me) e della mente non-locale (lo spirito universale). Solo in questo caso la mente locale e quella non-locale collaborano. Ma entra in gioco anche un fattore che può provocare una certa confusione. Sulla Terra esistono miliardi di esseri umani e miliardi di altre entità, tutti animati da intenzioni locali. Immaginiamo che io stia organizzando una festa. Poiché voglio cucinare torte e dolci di vario tipo, ho comperato zucchero, farina e tutti gli altri ingredienti necessari, e li ho riposti nella mia dispensa. Qui vengono attaccati da topolini e formiche, decisi come me a nutrirsi! Non appena scopro l’assedio, mi affretto a intervenire, acquistando e piazzando in giro trappole e veleni vari. Alcuni roditori e insetti muoiono, e i loro corpi si decompongono grazie all’intervento dei batteri.
Facciamo ora un passo indietro. Diamo uno sguardo più ampio a questo scenario, ed ecco che ci appare un insieme di eventi correlati che si provocano e creano a vicenda. Affinché possa verificarsi l’intero dramma, per prima cosa devono essere coltivati il grano e la canna da zucchero: questo processo coinvolge fattorie, contadini, pioggia, sole, trattori, consumatori, venditori al dettaglio, grossisti, camionisti, ferrovie, mercati finanziari, drogherie, commessi, investitori, insetticidi, fabbriche di sostanze chimiche, periti chimici eccetera. Il numero di menti locali individuali collegate è enorme.
Chi influenza cosa? A chi appartengono le intenzioni che creano gli eventi? Io volevo solo cucinare torte e pasticcini. La mia intenzione ha influenzato il comportamento dell’intero pianeta, dai contadini agli analisti finanziari, fino all’andamento del prezzo dei cereali – senza dimenticare le formiche e i topi nella mia dispensa, oltre alle attività degli altri elementi e delle forze dell’universo? Il mio intento di offrire un certo assortimento di dolci è l’unico a cui dovrebbe collaborare l’universo? Ammettendo che sia in grado di valutare una sua intenzione, un topo potrebbe credere che sia stata la sua intenzione a creare questa lunga serie di eventi, dall’attività dei produttori di grano alle condizioni del clima fino alla mia decisione di cuocere una torta. E, allo stesso modo, anche i batteri potrebbero pensare che la loro volontà ha orchestrato il comportamento dell’universo, compresa la mia decisione di acquistare il veleno che ha reso disponibili le proteine da loro consumate. Se ci chiediamo di chi è l’intenzione che ha messo in moto la lunga catena di eventi che ci ha fatto arrivare fin qui, le risposte possono apparire sconcertanti.
Di chi è l’intento che crea tutta questa attività? Nella realtà più profonda, l’Io che orchestra gli eventi è quello universale e non-locale, una forza organizzatrice che coordina e sincronizza un numero infinito di eventi simultaneamente. La mente non-locale si richiude di continuo in se stessa, assumendo nuove sembianze e rinnovando la propria creatività, in modo che ciò che è vecchio non si rovini e decomponga, ma rinasca sempre nuovo e fresco. Anche se proviene dal singolo Io non-locale, cioè dalla mia prospettiva e da quella dei topi, delle formiche, dei batteri e delle persone che hanno deciso di partecipare alla mia festa, l’intenzione sembra aver avuto origine da un Io personale.
In ogni luogo, qualunque organismo potrebbe pensare: Questa è la mia intenzione! Ciascuno crede che sia il suo Io personale ad agire, ma in uno schema più ampio tutte queste diverse menti locali in realtà si creano a vicenda grazie all’intento della mente non-locale. Gli alberi devono eseguire la fotosintesi clorofilliana affinché io possa respirare. I fiumi devono scorrere per consentire al mio sangue di circolare. Alla fine c’è soltanto un esuberante, abbondante, eterno, ritmico e inseparabile Io. Ogni separazione è illusione. L’Io locale si realizza come Io non-locale soltanto quando entrambi entrano in connessione: solo allora percepiamo l’esistenza di un unico Io universale. E non appena stabiliamo la connessione, iniziamo a sperimentare fiducia, amore, perdono, gratitudine, compassione, capacità di lasciar andare, di non agire. È così che funziona la preghiera. Il sommo poeta Alfred Tennyson disse un giorno: “Più cose sono realizzate dalla preghiera di quante possa sognarne questo mondo”. La preghiera non si realizza però attraverso l’intenzione forzata; sono invece la delicatezza, il tempismo, il sapersi abbandonare, la gratitudine, la fiducia, l’amore e la compassione che consentono a me, Io locale, di vivere e diventare Io non-locale.
Purtroppo noi siamo così attaccati al nostro Io locale, individuale e personale da ritrovarci accecati davanti alla magnificenza di ciò che si trova oltre. L’ignoranza non è altro che consapevolezza ristretta. Per poter notare qualcosa, dobbiamo ignorare tutto il resto. Quando divento consapevole di una certa cosa, io ignoro ciò che la circonda, compiendo un gesto che contribuisce alla sua esistenza e ne fa quindi parte. Quando l’Io che è il mio ego osserva, si focalizza sul particolare e trascura l’universale, ma quando l’Io spirito guarda, vede il flusso dell’universo che rende possibile quel determinato particolare.
È questa interconnessione o inseparabilità che rende tutto miracoloso, oltre che possibile. Il mare di collegamenti del mondo decadono in onde individuali che diffondono gocce di schiuma luminose come diamanti, capaci di riflettersi l’un l’altra per un breve istante, per poi tornare a immergersi nelle profondità dell’oceano. C’è un unico momento eterno – una coscienza, un amore o uno spirito infiniti – che si trasforma costantemente in osservatore e scenario. Noi siamo quelle gocce cristalline, ciascuna splendida e unica per un istante, parte delle compagne e al tempo stesso in grado di rifletterle. Tutti noi deriviamo dall’amore, dalla coscienza o dallo spirito eterni, frutto dell’immaginazione dell’Io universale. L’interpretazione, la memoria e l’abitudine creano l’illusione della familiarità, della continuità attimo dopo attimo; in realtà, nel profondo del nostro essere ci sono infinite possibilità a cui serve solo l’intenzione per realizzarsi.
L’intenzione orchestra un numero infinito di possibilità. Ma qual è l’intenzione ideale? Se la vostra potesse realizzarsi in questo preciso istante, che cosa chiedereste? Se fosse un semplice desiderio personale, e servisse solo a gratificare voi stessi, l’Io locale e quello non-locale potrebbero non essere in sintonia. Quante volte avete sentito qualcuno esprimere il desiderio di vincere il primo premio di una lotteria? Potrebbe succedere, ma solo se il compimento di quell’intenzione servisse sia al soggetto coinvolto sia a uno scopo più ampio. Potreste dire: “Voglio vincere la lotteria per comperarmi una nuova BMW”. Certo, una simile intenzione può essere mirata al benessere di molte persone – voi, il produttore dell’auto, i suoi operai, gli azionisti e l’intero sistema economico – ma non è di certo potente quanto quella di Madre Teresa di Calcutta, perché il suo desiderio di raccogliere offerte e donazioni era mirato unicamente al benessere di altre persone: il suo dare e ricevere erano gesti a livello più profondo – servire la grande catena degli esseri umani. Quando l’intento della mente non-locale è servito dalla mente locale è più olistico e quindi più efficace.
A proposito di ogni intenzione noi possiamo chiederci: “In che modo questo potrebbe rivelarsi utile sia a me sia a coloro con i quali sono in contatto?” Se potrà portare gioia e soddisfazione a noi e a chi è in qualche modo influenzato dalle nostre azioni, la nostra intenzione (unita alla nostra capacità di affidarci alla mente non-locale) farà in modo di orchestrare da sé la sua stessa realizzazione. Nelle pagine successive analizzerò nei dettagli le varie tecniche che consentono di scoprire la pura intenzione che rappresenta il nostro destino. La prima cosa da fare consiste nel partire da un luogo di quiete e tranquilla consapevolezza, al fine di creare una corretta intenzione nel proprio cuore e lasciare che il nostro Io locale torni a fondersi in quello non-locale, consentendo al volere di Dio di completarsi attraverso di noi. Ho insegnato questo procedimento a migliaia di persone, che mi hanno sempre confermato la sua efficacia.
Parte della difficoltà di questa procedura consiste nel formulare un’intenzione che non interferisca con quella dell’universale. Nei paesi in via di sviluppo, afflitti dalla scarsità di cibo, gli scienziati hanno recentemente cercato di introdurre il “riso dorato”, una varietà geneticamente modificata che dovrebbe crescere in abbondanza grazie agli insetticidi naturali che contiene. Si sono però verificati alcuni problemi: quel tipo di riso è infatti privo degli odori naturali che attirano gli insetti preposti a mantenere e rafforzare la catena alimentare. Gli ecologisti temono che queste colture possano rovinare l’ecosistema locale, danneggiando il clima e provocando serie ripercussioni sull’intero pianeta. La consapevolezza ristretta o locale prende in esame solo una specifica situazione e cerca di risolverla a livello locale. La consapevolezza ampliata tiene nella giusta considerazione i vari rapporti tra gli esseri viventi – gli uccelli, le api, gli scoiattoli, le marmotte – e il clima (per l’insorgere di un determinato tipo di clima è necessaria la presenza di alberi, piante e animali specifici). Una buona intenzione può così rivelarsi negativa se il volere dell’Io non-locale viene ignorato. Il complesso insieme delle interconnessioni richiede una notevole dose di altruismo a cui si deve aggiungere la coordinazione con tutti gli altri Io individuali che derivano da quello universale.
L’intenzione non può essere spinta, forzata o costretta. E come quando cerchiamo di afferrare le bolle di sapone che volteggiano nell’aria: i nostri
gesti devono essere delicati, non frettolosi né frenetici. Lo stesso accade con la meditazione e il sonno: non possiamo sforzarci di meditare o dormire perché sono attività che richiedono la capacità di lasciarsi andare. Maggiore è l’enfasi con cui ci impegniamo, minori sono le nostre possibilità di successo. Sonno e meditazione si limitano ad avvenire. Proprio come le intenzioni: meno interferiamo, più ci rendiamo conto che possiedono un loro “infinito potere organizzativo”. L’intenzione racchiude in sé il meccanismo che le consente di realizzarsi, proprio come un seme contiene ciò che gli serve per diventare un albero, un fiore e un frutto. Io devo soltanto metterlo nel terreno e innaffiarlo, e senza alcun ulteriore intervento da parte mia il seme provvederà a evolversi.
L’intenzione è un seme piantato nella coscienza o spirito. Se le prestate attenzione, potete scoprire che possiede gli strumenti per il proprio compimento. Inoltre, il suo immenso potere organizzativo dirige contemporaneamente un’infinità di dettagli.
L’intenzione crea le coincidenze, è la ragione per cui succede esattamente ciò che pensiamo, il motivo che provoca la guarigione di alcune persone o la remissione della loro malattia, e orchestra tutta la creatività dell’universo. Noi esseri umani siamo in grado di migliorare la nostra vita grazie all’intenzione, ma perdiamo tale capacità ogni volta che il nostro sé viene oscurato dalla sua stessa immagine, in pratica quando sacrifichiamo il nostro vero sé in favore dell’ego.
La consapevolezza del fatto che l'”Io” è separato dal “voi” avviene all’età di due o tre anni; in questo periodo il bambino inizia a differenziarsi tra “me” e “mio”, “non me” e “non mio”. Questo distacco crea ansia. In realtà il mondo non è separato da noi, ma fa parte del flusso della coscienza. L’intenzione agisce focalizzando le forze creative dell’universo. Così come ciascuno di noi ha la propria creatività, anche l’intero universo è creativo, oltre che vivo e consapevole, e se noi entriamo in connessione con lui, se lo consideriamo parte del nostro corpo ampliato, reagisce con prontezza alle nostre intenzioni.
Per recuperare il potere dell’intenzione ci basta tornare al nostro vero sé, favorendone la realizzazione. Coloro che riescono in tale impresa ristabiliscono la sintonia con la mente non-locale; non hanno alcun desiderio di manipolare e controllare le persone che hanno intorno, non si lasciano influenzare dalle critiche e dalle adulazioni degli altri, ai quali non si sentono né superiori né inferiori, e sono in contatto con il loro punto di
riferimento interiore che è l’anima, e non l’ego. L’ansia sparisce, dato che è prodotta dall’esigenza dell’ego di proteggersi, quindi l’intenzione si può manifestare spontaneamente, trasformando lo spirito in realtà materiale.
La spiritualità matura richiede sobrietà. La moderazione ci aiuta a reagire in maniera equilibrata agli stimoli che riceviamo
dall’esterno, rimanendo immuni a critiche e lusinghe: impariamo così a non preoccuparci del risultato, sicuri di raggiungere il nostro obiettivo, e cominciamo a notare le sincronicità che sono sempre all’opera intorno a noi. L’intenzione ci fornisce le opportunità a cui dobbiamo prestare attenzione, e che unite alla capacità di coglierle al volo danno vita alla fortuna. Noi abbiamo infatti il compito di agire con prontezza.
Ogni volta che agiamo, dobbiamo comportarci come se non lo stessimo facendo, come se le nostre azioni fossero in realtà compiute dallo spirito universale che organizza ogni cosa. Solo così l’ansia diminuisce, al pari del nostro attaccamento all’esito finale.
Se invece siamo stressati, non riusciamo nemmeno a pensare alla sincronicità. Se la nostra attenzione è focalizzata su situazioni che generano tensione, non riusciremo infatti ad accedere alla
sincronicità, per la quale occorre arrendersi al regno universale, che è molto più ampio di quanto si possa immaginare. La capacità di lasciarsi andare richiede un atto di fede, un salto nell’ignoto. Il nostro dialogo interiore suonerà allora così: “Le cose non vanno a modo mio. Io lascio andare la mia idea di come dovrebbero andare. La mia percezione di ‘me e mio’ deve ampliarsi”. Se eseguite questo atto di fede, la vostra ricompensa sarà enorme. Vi preoccupa il pensiero delle bollette da pagare? Certo, e dovete anche mandare a scuola i vostri figli e collaborare in qualche modo al benessere della vostra comunità. Tutti gli esseri umani hanno dei bisogni da soddisfare, e l’aver elaborato ed espresso la vostra intenzione di realizzarli li condurra alla mente infinita, come se diceste: “Io metto tutto ciò a tua disposizione. Non ho intenzione di preoccuparmi in proposito perché tu, l’intelligenza non-locale che risiede in me, te ne prenderai cura”.
Pittori, musicisti, scrittori e scienziati dichiarano di trascendere la loro identità individuale nel momento della creazione. Ho lavorato con molti parolieri e compositori, e nessuno di loro pensava ai diritti d’autore mentre componeva! Il testo e la musica di una canzone richiedono la capacità di lasciarsi andare: solo così possiamo raggiungere il regno non-locale, dove avviene la fase di incubazione e dove consentiamo al testo e
alla musica di apparire. Tutti i processi creativi dipendono dallo stadio dell’incubazione e dal sapersi rilassare. La sincronicità è un processo creativo; in questo caso la mente creativa è il cosmo intero. Quando le preoccupazioni legate al proprio sé scompaiono, entra in gioco l’intelligenza non-locale.
Ricordatevi sempre che i vostri pensieri non devono essere in conflitto con i piani dell’universo. Il desiderio di impossessarsi del primo premio della lotteria può ampliare il senso di separazione che provate nei confronti dell’universo. Spesso i vincitori di grosse somme di denaro lamentano il distacco da amici e parenti, e
soprattutto non si sentono più felici. Ciò accade perché quando è l’unico obiettivo, il denaro diventa fonte di alienazione.
Come possiamo sapere quale delle nostre intenzioni ha maggiori probabilità di realizzarsi? La risposta sta nel saper prestare attenzione alle tracce fornite dalla mente non-locale. Dobbiamo essere consapevoli delle coincidenze che appaiono nella nostra esistenza: sono messaggi, indicazioni di Dio, dello spirito o della realtà non-locale che ci spingono a uscire dal nostro condizionamento karmico, dai nostri consueti modelli di pensiero. Ci viene così offerta l’opportunità di entrare nel regno della consapevolezza, dove ci sentiremo amati e accuditi dall’intelligenza infinita che è la fonte del nostro essere. Secondo le tradizioni spirituali, questo è il cosiddetto stato di grazia.
Il ruolo delle coincidenze
DEFINIRE le coincidenze come indizi dell’intelligenza non-locale fa apparire la vita come una sorta di romanzo giallo. Prestate
attenzione, osservate le tracce, decifrate il loro significato e alla fine scoprirete la verità. Sotto molti punti di vista, le cose vanno davvero in questo modo. Dopo tutto, la vita è il mistero supremo.
L’esistenza ci appare misteriosa perché abbiamo l’impressione che il nostro destino ci venga in qualche modo nascosto, e che solo alla fine dei nostri giorni potremo guardarci alle spalle e scorgere il sentiero che abbiamo percorso. In retrospettiva, la narrazione della nostra vita ci sembra perfettamente logica. Possiamo facilmente seguire la linea
continua intorno alla quale si sono raccolte le nostre esperienze quotidiane. Anche in questo preciso istante, qualunque sia il punto a cui siamo giunti, possiamo voltarci e vedere con quanta naturalezza siamo passati da una pietra miliare all’altra, da un luogo o un lavoro all’altro, da una serie di circostanze a un’altra del tutto diversa. Possiamo così diventare consapevoli del modo in cui ci sarebbe stato tutto molto più facile escorrevole se solo avessimo saputo dove ci stava conducendo il nostro cammino. La maggior parte delle persone guarda dietro di sé e si domanda: Perché mai ero così preoccupato? Perché sono stato così severo con me stesso o con i miei figli?
Se fossimo capaci di vivere sempre al livello dell’anima, non ci sarebbe alcun bisogno di un’analisi retrospettiva per apprezzare le grandi verità della vita, che conosceremmo in anticipo. Parteciperemmo alla creazione delle nostre avventure, il nostro percorso sarebbe ben definito e noi non avremmo alcun bisogno di cartelli indicatori, tracce e coincidenze.
La maggior parte di noi, però, non vive al livello dell’anima: non possiamo quindi fare a meno di ricorrere alle coincidenze per scoprire la volontà dell’universo. Chiunque ne ha riscontrata prima o poi almeno una, e il loro stesso nome ne chiarisce la natura: coincidenze, eventi o incidenti che accadono insieme. Siccome chiunque li ha sperimentati, li si dà per scontati come fatti un po’ bizzarri ma senza importanza.
In realtà, le coincidenze sono qualcosa di più di un avvenimento divertente. Una coincidenza è un indizio che rivela le intenzioni dello spirito universale, e per questo è colma di significato. Alcuni usano l’espressione “coincidenza significativa” per descrivere avvenimenti che si verificano nello stesso momento e rivestono un significato speciale per il soggetto che li ha vissuti. Io credo si tratti di una descrizione ridondante perché ogni coincidenza è significativa (in caso contrario, non sarebbe nemmeno accaduta). Il fatto stesso che avvenga è significativo.
Ma qual è il significato di una coincidenza? La parte più profonda del nostro essere conosce già la risposta, ma si tratta di una forma di consapevolezza che deve affiorare in superficie. Il significato non deriva dalla coincidenza in sé, bensì dal soggetto che vive
l’esperienza. Senza la nostra partecipazione, infatti, qualunque incidente è privo di significato: siamo noi a dare un senso a ciò che ci accade, ricorrendo all’intenzione. Le coincidenze sono messaggi che il regno non-locale ci invia per aiutarci a manifestare i nostri sogni e le nostre intenzioni. Per prima cosa dobbiamo
quindi formulare la nostra intenzione, ed entrare poi in contatto con il nostro sé spirituale. Solo allora saremo in grado di utilizzare al meglio le coincidenze per realizzare le nostre intenzioni.
Certo, formulare un’intenzione è facile quanto esprimere un desiderio, mentre elevare il proprio livello di spiritualità è più difficile: molti ritengono di riuscirci, ma in realtà non attingono affatto al vasto oceano della forza dello spirito, limitandosi a nuotare in superficie senza mai immergersi a scoprire le profondità
dell’esperienza universale.
MIRACOLI NEL MONDO REALE
I miracoli sono fenomeni reali presenti nelle varie tradizioni spirituali, che però li illustrano in maniera diversa. Noi definiamo miracoli gli eventi che portano in maniera drammatica al risultato che desideriamo, come la guarigione da una malattia gravissima o il raggiungimento del benessere materiale. Quando avviene qualcosa del genere, esclamiamo: “Che miracolo!” Qualcuno formula un’intenzione, un desiderio o un pensiero, che a un tratto si avverano. Di conseguenza, possiamo dire che un miracolo è un esempio eclatante di ciò che accade quando una persona è capace di accedere al regno spirituale e di applicare l’intenzione per manifestare il suo destino.
Vorrei citarvi l’esempio di una notevole coincidenza. David era innamorato di una donna di nome Joanna, ma anche se l’adorava, tentennava alla prospettiva del matrimonio. Finché un giorno decise di portarla in un parco e di chiederle di sposarlo. Pur avendo ancora qualche dubbio, il mattino fatale si svegliò permeato da un forte senso di calma, certo che sarebbe andato tutto nel migliore dei modi. Dopo aver sistemato sull’erba la coperta del picnic, David stava chiamando a raccolta tutto il suo coraggio per rivolgere all’amata la sua domanda, quando in cielo sopra le loro teste passò un aeroplano che aveva attaccato alla coda uno striscione. Joanna levò lo sguardo ed esclamò: “Chissà che cosa c’è scritto”. Senza pensarci, David le rispose: “C’è scritto: “Joanna, sposami”. Guardarono entrambi con più attenzione, e si accorsero che lo stendardo recitava davvero: JOANNA, SPOSAMI. Lei lo abbracciò, si baciarono, e in quel preciso istante David seppe che legarsi a quella donna era per lui la cosa
giusta da farsi. Il giorno dopo lessero su un giornale locale che un uomo aveva chiesto alla sua fidanzata Joanna di sposarlo, scrivendo la sua proposta su uno striscione che aveva volteggiato sul parco… e che era passato sopra David e Joanna proprio al momento giusto! Questa straordinaria coincidenza è stata una valida indicazione del futuro di David. Che ancora oggi è felicemente sposato.
Chi non guarda di buon occhio alla spiritualità attribuisce gli eventi di questo genere alla fortuna. Per quanto mi riguarda, io ritengo che non abbiano nulla a che spartire con la “fortuna”, almeno
nell’accezione che siamo soliti darle. Lungi dall’essere un caso, ciò che molti chiamano fortuna non è altro che l’applicazione della sincronicità alla realizzazione delle nostre intenzioni. Louis Pasteur, il fondatore della moderna batteriologia, ha detto: “La fortuna favorisce le menti preparate”. Questa affermazione può essere tradotta in una semplice equazione: opportunità + preparazione = fortuna. È del tutto possibile, grazie alla lezione del sincrodestino, creare uno stato d’animo che ci aiuta a vedere i momenti più opportuni della vita, e non appena noi iniziamo a notarli la nostra situazione cambia.
Sincronicità, coincidenze significative, miracoli, fortuna sono tutti modi diversi di identificare lo stesso fenomeno. Quando iniziate a vedere le coincidenze come opportunità della vita, ognuna di loro assume un significato ben preciso, diventa una possibilità in grado di favorire la nostra attività creativa e di farci diventare così come vuole l’universo.
Questa è la verità suprema del sincrodestino: l’intero universo è all’opera per creare il nostro destino personale, e ci riesce ricorrendo alle connessioni non-locali acausali. Se prendiamo in esame i vari episodi salienti della nostra esistenza, scopriamo che sono tutti legati tra loro e intessuti con il nostro destino. Acausale (dal latino “senza causa”) significa che i vari fatti sono connessi ma senza un rapporto diretto di causa ed effetto, almeno in superficie. Tornando all’esempio che ho citato nel primo capitolo, che cosa c’entrava Lady Mount-batten con il fatto che io ho letto Sinclair Lewis o che il mio migliore amico Oppo è stato per me fonte di ispirazione? Non c’è alcun rapporto, si tratta semplicemente di brandelli della mia storia individuale che mi hanno condotto fino al mio destino attuale. Nessuno di questi eventi ha causato gli altri. Lady Mountbatten non ha ordinato a mio padre di farmi leggere un romanzo di Sinclair
Lewis, eppure si tratta di due avvenimenti che insieme hanno plasmato la mia sorte, ed erano quindi connessi a un livello più profondo.
Non possiamo nemmeno immaginare le forze complesse che si nascondono dietro ciò che ci capita giorno dopo giorno. Esiste una cospirazione di coincidenze che intreccia la rete del karma o destino, e crea la vita di un soggetto – la mia o la vostra. Noi non sperimentiamo la sincronicità nella vita quotidiana perché non viviamo al livello in cui si verificano le coincidenze. Di solito vediamo solo i rapporti di causa ed effetto (questo ha provocato quest’altro, che a sua volta è all’origine di questo e questo – secondo una traiettoria lineare). Ma sotto la superficie sta succedendo qualcos’altro: seppure invisibile ai nostri occhi, c’è una complessa rete di connessioni. Non appena riusciamo a individuarla, scopriamo che le nostre intenzioni sono legate a questa rete che è più relazionale, olistica, feconda e legata al contesto rispetto alla nostra esperienza superficiale.
Spesso ci ritroviamo schiavi dell’abitudine, comportandoci in maniera prevedibile giorno dopo giorno. Prigionieri di determinati modelli mentali, ci limitiamo ad avanzare in maniera automatica. In che modo possono accadere i miracoli se noi continuiamo a vivere senza prestare attenzione a nulla, senza riflettere e del tutto inconsapevoli? Simili a cartelli stradali, le coincidenze attirano la nostra attenzione sugli elementi più importanti della nostra vita, quasi fossero istantanee di ciò che accade al di là delle distrazioni della quotidianità. Possiamo scegliere di ignorare queste rapide visioni e ostinarci a correre avanti, o fermarci a prenderle nella giusta considerazione, vivendo fino in fondo il miracolo che ci sta aspettando.
Quando stavo per terminare la mia specializzazione medica, sviluppai un forte interesse nei confronti della neuroendocrinologia, lo studio cioè delle sostanze chimiche presenti nel cervello. Già allora sapevo che si tratta del punto d’unione tra scienza e consapevolezza, ed ero deciso ad approfondire la mia conoscenza. Presentai dunque una domanda di borsa di studio per poter seguire uno degli endocrinologi più affermati al mondo, impegnato in un lavoro degno del premio Nobel. Ero ansioso di imparare da quel luminare, e tra migliaia di candidati fui tra i sei fortunati scelti per lavorare con lui quell’anno. In breve tempo mi resi conto che il suo laboratorio era incentrato più sulla gratificazione del suo ego che sulla scienza vera e propria. Noi tecnici venivamo trattati come robot e non dovevamo fare altro che produrre a getto continuo ricerche e studi da
pubblicare. Era un compito noioso e privo di soddisfazioni, senza contare poi che era molto deludente collaborare con qualcuno così famoso e stimato, ed essere sempre così infelice. Avevo affrontato con entusiasmo e idealismo il mio incarico, per poi ritrovarmi a trascorrere le mie giornate iniettando sostanze chimiche ai ratti.
Ogni mattina leggevo le offerte di lavoro pubblicate sul Boston Globe perché, pur essendo conscio della mia delusione, ero comunque convinto di aver imboccato l’unica strada possibile per raggiungere il mio obiettivo. Un giorno vidi un piccolo annuncio per un posto presso il pronto soccorso di un ospedale locale. In seguito, tutti i giorni aprivo il giornale e mi imbattevo in quell’inserzione. Anche se stavo solo scorrendo rapidamente le pagine, quelle poche righe non mi sfuggivano mai, ma le leggevo e poi me le dimenticavo in fretta. Nel profondo del mio essere potevo vedere me stesso al lavoro in un pronto soccorso, impegnato ad aiutare persone in difficoltà invece di iniettare medicinali vari a cavie e topi, però il mio sogno era stato quello di ottenere l’incarico con il famoso endocrinologo.
Un giorno lo studioso mi apostrofò in tono crudele e beffardo, tra noi ci fu un deciso scambio di idee, e in seguito me ne andai nell’atrio per smaltire l’arrabbiatura. Su un tavolo c’era una copia del Boston Globe, aperto alla pagina di quello stesso annuncio su cui sorvolavo ormai da settimane. La coincidenza era troppo eclatante per poter essere ignorata ancora. Finalmente ogni cosa andò al suo posto. Seppi di essere nel posto sbagliato a fare la cosa sbagliata. Non sopportavo più la routine, l’ego di quel barone, i topi e la sensazione di non agire affatto secondo il desiderio del mio cuore. Tornai dunque in ufficio e diedi le dimissioni. Il celebre scienziato mi seguì fin nel parcheggio, urlando a gran voce che la mia carriera era rovinata, e che si sarebbe premurato di fare in modo che nessun altro mi assumesse più.
Con la sua voce che mi echeggiava ancora nelle orecchie, mi recai direttamente in quell’ospedale, feci domanda e iniziai a lavorare quel giorno stesso. Per la prima volta potevo aiutare i pazienti che soffrivano davvero. E, per la prima volta da tempo immemorabile, ero felice.
L’annuncio sul giornale aveva richiamato per settimane la mia attenzione, ma io l’avevo ignorato. Solo quando avevo notato la coincidenza ero stato in grado di modificare la mia esistenza. Anche se il lavoro in laboratorio sembrava essere ciò che avevo sempre sognato, prestare attenzione a quella coincidenza mi aiutò a uscire dai miei modelli comportamentali
ormai obsoleti. Era un messaggio destinato a me, il mio cartello stradale personale. Tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento era stato una sorta di preparazione in vista di quel cambiamento. Alcuni pensavano che la faccenda della borsa di studio in endocrinologia fosse stata uno sbaglio, ma se non l’avessi ottenuta non sarei mai andato a Boston, non avrei visto quell’inserzione e magari non avrei mai identificato la mia vera aspirazione. Un numero infinito di dettagli dovette andare al posto giusto affinché la mia esistenza potesse svolgersi in un certo modo.
Una poesia di Rumi, uno dei miei poeti e filosofi favoriti, dice: “Questa non è la vera realtà. La vera realtà si trova oltre la tenda. In verità, noi non siamo qui. Questa è la nostra ombra”. Ciò che noi sperimentiamo come realtà quotidiana è un semplice gioco di ombre. Al di là della tenda c’è un’anima che vive, dinamica e immortale, oltre lo spazio e il tempo. Agendo da tale livello, noi possiamo influenzare in maniera consapevole il nostro destino. Ciò accade grazie alla sincronizzazione di eventi all’apparenza acausali per plasmare un destino – in altre parole, il sincrodestino. Noi partecipiamo così alla creazione della nostra vita comprendendo il mondo che si estende fuori dalla portata di nostri sensi, e cioè il mondo dell’anima.
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