Le dieci lezioni sul buddhismo

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Le dieci lezioni sul buddhismo

Mercoledì 11 Giugno 2008

Esce oggi, edito da Marsilio Editori per la collana “I Nodi”, Dieci
lezioni sul buddhismo di Giangiorgio Pasqualotto. Il libro contiene –
aggiornati e leggermente rivisti – i testi di dieci conferenze tenute
dal professor Pasqualotto, docente di Estetica all’Università di
Padova e di Filosofia delle culture al Master di Studi Interculturali
della medesima Università, uno dei fondatori dell’Associazione
Maitreya di Venezia per lo studio della cultura buddhista.

L’agile scritto (pagg. 189) fornisce le basi per capire il buddhismo,
unendo ricchezza di contenuti a una fondamentale organicità e
chiarezza, per chiunque voglia avvicinarsi alla comprensione del
pensiero orientale. Le dieci lezioni sono chiosate, nella parte
finale, da ampie note bibliografiche ed esplicative, un glossario dei
termini buddhisti in lingua pali o sanscrito, la simbologia e i
mudrā, ovvero i gesti delle mani o delle dita usati nella meditazione.
Panorama.it incontra l’autore Giangiorgio Pasqualotto.

Professor Pasqualotto, a chi è rivolto il suo libro?
Non è per specialisti, ma neanche per persone completamente a digiuno
da simili contenuti, per un pubblico medio-alto. Non è stato pensato
come libro, è a spezzoni, perché è nato come una serie di conferenze,
per questo non si tratta di certo di un saggio e il linguaggio è
colloquiale.

Lei insegna Estetica e Filosofia delle culture e per anni ha
insegnato Storia della filosofia. Quanto il buddhismo oscilla tra
filosofia e religione?

Il Buddhismo non è una religione come le altre, non prevede un Dio
creatore né un Dio persona, perché il Buddha è un uomo. E non esiste
un testo sacro perché gli scritti sono la registrazione dei discorsi
che il Buddha ha tenuto nel corso di quarantacinque anni. Inoltre non
c’è un clero che interpreta la parola di Dio, non c’è una casta di
sacerdoti.

Già queste sono tre cose di notevole differenza dalle
altre religioni, ma comunque è considerato una religione, perché
prevede una salvezza, dal dolore. Questo è il punto centrale del
Buddhismo. E prevede una serie di espedienti per prevenire il dolore,
ovviamente non quello fisico, ma quello derivante da atteggiamenti
sbagliati. È ritenuto una religione universale, come il Cristianesimo
e l’Islam, perché non prevede una restrizione di casta e genere,
chiunque può seguirlo. Detto ciò, secondo me gli aspetti filosofici
sono molti preponderanti. Ad esempio la posizione del Buddha è anti-
metafisica, simile a Kant, sulle tre grandi questioni: esiste Dio?
esiste l’anima? il mondo è finito? Secondo il buddhismo questi tre
interrogativi non possono essere risolti perché la mente umana è
finita.

Il Buddhismo è agnostico, e questo è un atteggiamento
eccezionale, che dalla filosofia occidentale è stato acquisito da
Kant in poi. È una posizione anti-metafisica, sperimentale,
pragmatica.

Sul Buddhismo ci sono molte idee sbagliate e ignoranza. Per esempio,
mentre quasi tutti sanno che Maometto fu un profeta di Dio, non è
così scontato sapere che Buddha non è un Dio, e che il Buddhismo non
parla neanche di un Dio. Come mai?

La maggior parte della gente non legge direttamente i testi del
Buddha – tra l’altro oggi ci sono anche molto testi tradotti in
italiano dal sanscrito. Solitamente, i più leggono libri di qualche
lama o guru molto alleggeriti, con concetti sulla vita, che non
parlano proprio delle basi del Buddhismo. Inoltre, gli stessi maestri
orientali che vengono da noi sanno che l’occidente è stato
condizionato al 90% dalle religioni, e vanno molto cauti nel
presentare il Buddhismo come agnostico, hanno paura che vengano
confusi con gli atei. Invece nel Buddhismo semplicemente non si parla
di Dio. L’adorazione del Buddha è l’adorazione della Buddhità, del
raggiungimento dell’illuminazione o Risveglio. Non c’è la
prostrazione davanti a Dio, ma davanti alla nostra capacità di
raggiungere la Buddhità.

Proprio per questo, il Buddhismo ripone molta fiducia nei mezzi
umani, visto che ritiene la Buddhità, il raggiungimento
dell’illuminazione, possibile dall’uomo in vita.

Sì, per questo è stato valorizzato da psicologi e psicoanalisti,
perché c’è questa possibilità di redimersi da soli. Poi ci sono anche
forme di Buddhismo provvidenziali, in cui ci si salva grazie al
Buddha.

Altro luogo comune errato è ritenere la consueta icona del Buddha che
ride, panciuto, come la raffigurazione del primo Buddha.

Il primo Buddhismo era aniconico. Dal II secondo dopo Cristo sono
iniziate le prime rappresentazioni iconiche. E spesso si scambia per
Buddha quella che invece è l’immagine di un saggio della prosperità,
del buddhismo cinese. Tra l’altro il Buddha non ride, ma sorride,
perché il sorriso significa distacco, non un coinvolgimento
eccessivo, ma neanche indifferenza. E gli occhi sono socchiusi,
quindi né aperti, in balia del mondo, né chiusi, in fuga.

Gli ultimi due capitoli di Dieci lezioni sul buddhismo sono dedicati
al Buddhismo zen. Come mai?

Perché è una forma di Buddhismo che mi piace molto, con cui ho avuto
anche a che fare, occupandomi di Estetica, visto che ha condizionato
quasi tutte le arti giapponesi, dalla cerimonia del tè alla pittura,
dai giardini alla poesia, con i cosiddetti haiku, brevissimi
componimenti poetici di cui fu maestro indiscusso, anche se non
unico, Bash.

Recentemente c’è stata un’esplosione del buddhismo in occidente.
Secondo lei perché e quanto può essere praticato il buddhismo da noi?

Difficile a dirsi, le motivazioni sono molto soggettive, ma
sicuramente dopo il cosiddetto scontro di civiltà, in pratica tra
Bush e Bin Laden, superficialmente tra un Cristianesimo e un Islam
pazzi, si ha avuto la voglia di provare qualcosa di diverso, di
più “soft”, non violento. Altre motivazioni sono da riscontrare nel
fatto che gli psicologi vedano nel Buddhismo una strada
epistologicamente interessante. Il Buddhismo può avere una versione
occidentale? Credo sia una questione di tempo.

da panorama.it

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