Le fondamenta del Buddhismo 1

pubblicato in: AltroBlog 0
Le fondamenta del Buddhismo 1

di Peter Della Santina (parte prima)

Tratto da:
LE FONDAMENTA DEL BUDDHISMO – INTRODUZIONE ALL’ABHIDHARMA

LA CULTURA PRE-BUDDHISTA

Sebbene i libri sul buddhismo inizino con la vita del Buddha, il fondatore storico di questa fede,
io vorrei cominciare questa trattazione esaminando la situazione prevalente in India prima
dell’avvento del buddhismo, cioè il suo retroterra culturale. Penso che una tale analisi possa
essere particolarmente utile per farci comprendere la vita e gli insegnamenti del Buddha in un
contesto storico e culturale più ampio. Questo esame retrospettivo può aiutarci a capire meglio la
natura del buddhismo in particolare e forse anche la natura della filosofia e della religione
indiana in generale.

Vorrei iniziare questo esame delle origini e dello sviluppo della filosofia e religione indiane con
una analogia geografica. Nella parte settentrionale del sub-continente indiano ci sono due grandi
fiumi: il Gange e lo Yamuna. Questi due grandi fiumi hanno due sorgenti diverse sulle cime
dell’Himalaya e il loro percorso rimane separato per una buona parte della loro lunghezza. Poi
gradualmente si avvicinano sempre più uno all’altro fino a riunirsi nelle pianure dell’India
settentrionale, vicino alla città oggi chiamata Allahabad. Da questo punto di confluenza essi
scorrono insieme fino a riversarsi nella Baia del Bengala.

La geografia di questi due grandi fiumi esemplifica bene le origini e lo sviluppo della filosofia e
religione indiane, perché nella cultura indiana, come nella sua geografia, vi sono due grandi
correnti di pensiero, dalle caratteristiche originariamente molto diverse. Per molti secoli il corso
di queste due correnti rimase separato e diverso, ma infine si avvicinarono, si amalgamarono e
continuarono a scorrere insieme, quasi irriconoscibili una dall’altra, fino ad oggi. Mentre
procediamo nell’esame della cultura indiana pre-buddhista, è bene tenere in mente l’immagine di
questi due fiumi dalle sorgenti separate, che a un certo punto si riunirono e continuarono insieme
il loro percorso verso il mare. Quando guardiamo agli albori della storia indiana, troviamo che nel
terzo millennio a.C. vi era nel sub-continente una civiltà altamente sviluppata. Questa civiltà è
probabilmente altrettanto antica di quelle che sono chiamate la culla della cultura umana, come le
civiltà egiziana e babilonese. Fiorì tra il 2800 e il 1800 a.C. ed è chiamata la civiltà della Valle
dell’Indo o di Harappa. Si estendeva dall’odierno Pakistan occidentale verso sud fin nei pressi
dell’odierna Bombay e verso est fino a Shimla ai piedi dell’Himalaya. Guardando una mappa dell’Asia
ci si rende conto di quanto immensa fosse l’estensione geografica della civiltà della Valle
dell’Indo. Ed era una civiltà che non solo rimase stabile per mille anni, ma era anche molto
avanzata, sia materialmente che spiritualmente. Materialmente la civiltà dell’Indo era agricola, con
un alto grado di sviluppo nell’irrigazione e nella pianificazione urbana. Si sa che la gente di
questa civiltà aveva prodotto un sistema matematico basato sul modello binario, quello usato oggi
dai computers. La civiltà dell’Indo conosceva la scrittura, che però è ancora ad oggi rimasta
indecifrata. (Il significato della scrittura della civiltà dell’Indo è a tuttoggi un grande mistero
irrisolto dell’archeologia linguistica). Inoltre ci sono prove evidenti che mostrano come questa
civiltà godesse di un altissimo livello di cultura spirituale. Ne fanno testimonianza le scoperte
archeologiche di Mohenjo-daro e Harappa.

La pacifica vita di questa antica civiltà fu improvvisamente interrotta tra il 1800 e il 1500 a.C. o
per qualche disastro naturale o per un’invasione. Ciò che è certo è che contemporaneamente, o appena
dopo, la sparizione della civiltà dell’Indo, il subcontinente fu invaso da nord-ovest (la stessa
direzione da cui secoli dopo sarebbero arrivati gli invasori musulmani). Gli invasori sono gli Arii.
E’ un termine che designava un popolo originario da qualche zona dell’Europa orientale, forse dalle
steppe dell’odierna Polonia e Ucraina. Gli arii erano molto diversi dalla gente della civiltà
dell’Indo. Mentre questi ultimi erano agricoltori e sedentari, gli arii erano nomadi e pastori. Non
erano abituati alla vita urbana. Era un popolo espansionista e guerriero, che viveva soprattutto
delle spoglie dei popoli vinti, soggiogati nel corso delle loro migrazioni.. Quando gli arii
arrivarono in India ne divennero ben presto i dominatori e dopo la metà del secondo millennio a.C.
la società indiana era prevalentemente dominata dai valori degli arii.

Diamo ora un’occhiata al comportamento religioso della gente della civiltà dell’Indo e della civiltà
ariana.. E’ una cosa di grande interesse per noi. Come detto sopra, la civiltà dell’Indo aveva un
linguaggio scritto che non siamo però ancora riusciti a decifrare. Tuttavia la nostra conoscenza di
tale civiltà deriva da due fonti attendibili: le scoperte archeologiche di Mohenjo-daro e Harappa e
la documentazione scritta degli arii, che descrivono il comportamento religioso e le credenze del
popolo che avevano sottomesso.

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce alcuni simboli importanti della gente della civiltà
dell’Indo. Sono simboli religiosi, sacri anche al buddhismo. Comprendono l’albero pipal (più tardi
conosciuto come l’albero della bodhi o ficus religiosa), e animali come l’elefante e il cervo.
Significativa è stata la scoperta di una figura umana seduta a gambe incrociate, con le mani sulle
ginocchia e gli occhi socchiusi, cosa che chiaramente suggerisce un atteggiamento di meditazione.
Con l’aiuto di queste scoperte archeologiche e di altre prove, eminenti studiosi sono arrivati alla
conclusione che l’origine delle pratiche dello yoga e della meditazione si può far risalire alla
civiltà dell’Indo. Inoltre, quando leggiamo la descrizione delle pratiche religiose della gente
della civiltà dell’Indo, riportata nei Veda, i testi dei primi arii, troviamo spesso menzionata la
figura dell’asceta errante. Si sa che questi asceti praticavano metodi di sviluppo mentale, erano
celibi, nudi o vestiti di un semplice pezzo di stoffa, non avevano fissa dimora e insegnavano la via
per andare al di là della nascita e della morte.

Mettendo insieme quanto scoperto negli scavi archeologici dei luoghi principali della civiltà
dell’Indo con ciò che si trova negli antichi documenti degli arii, ne emerge un quadro del
comportamento religioso e delle pratiche di quel popolo che, sebbene sommario, è abbastanza chiaro
nelle sue linee essenziali. E’ evidente che la religione della civiltà dell’Indo conteneva molti
elementi importanti. Il primo – e molto evidente – è la meditazione o la pratica dell’addestramento
mentale. Era comune anche il secondo elemento, la pratica della rinuncia, cioè l’abbandono della
vita famigliare per condurre una vita da asceta errante o mendicante. In terzo luogo, sembra chiaro
che avessero una qualche idea di rinascita o reincarnazione che avvenivano nel corso di un infinito
numero di vite; e quarto, avevano un senso di responsabilità morale che si estendeva oltre questa
vita, cioè una qualche forma di idea del karma. Infine, vi era lo scopo supremo della vita
religiosa, cioè la liberazione o l’emancipazione dall’infinito ciclo di nascita e morte. Queste
erano le caratteristiche principali della religione della più antica civiltà indiana.

Ora passiamo a considerare la religione dei primi arii, che è in completo contrasto con quella della
civiltà dell’Indo. Si può persino dire che è difficile trovare due culture religiose così
radicalmente diverse. Ricostruire un quadro completo del comportamento e delle pratiche religiose
dei primi arii è molto più semplice che farlo per il popolo della Valle dell’Indo. Quando gli arii
arrivarono in India, portarono con sé una religione di natura prettamente terrena. La loro era una
società espansionistica, o se vogliamo, pionieristica. Venivano dall’Europa orientale e la loro
religione assomigliava, sotto molti aspetti, a quella dell’antica Grecia. Se guardiamo le
descrizioni degli dei che componevano il pantheon greco, non mancherete di notare impressionanti
somiglianze tra i due. Gli arii adoravano un certo numero di dei che personificavano fenomeni
naturali, incluso Indra (non dissimile da Zeus) il dio del tuono e della folgore; Agni il dio del
fuoco e Varuna il dio dell’acqua, solo per nominarne alcuni. 9/ 104 Mentre nella religione della
valle dell’Indo la figura preminente è quella dell’asceta, nella tradizione religiosa ariana il
sacerdote è la figura più importante. Mentre nel sistema di valori della civiltà dell’Indo, la
rinuncia aveva un posto importante, in quella degli antichi arii lo stato più meritevole era quello
di capo-famiglia. Mentre nella cultura religiosa della valle dell’Indo non veniva attribuito alcun
valore alla progenie, per gli ariani la progenie, soprattutto maschile, aveva la priorità assoluta.
Mentre la gente della valle dell’Indo metteva in risalto la pratica della meditazione, la religione
degli arii si basava sul sacrificio, considerato il mezzo principale di comunicazione con gli dei,
che assicurava la vittoria in battaglia, che faceva ottenere ricchezza e figli maschi e che infine
conduceva al paradiso. La religione dell’Indo comprendeva i concetti di rinascita e karma, mentre
quella ariana ignorava questi concetti. La nozione di una responsabilità morale che si estendeva
oltre la vita presente, sembra sia stata sconosciuta agli arii, per i quali il massimo valore
sociale era la lealtà di gruppo, una virtù esaltata perché contribuiva al potere e alla coesione
della tribù. Infine, lo scopo ultimo della religione della civiltà della valle dell’Indo era la
liberazione, uno stato che trascendeva nascita e morte, mentre per i primi arii il traguardo era
semplicemente il paradiso, e un paradiso che sembrava la versione perfezionata di questo mondo.

Per riassumere, mentre la religione della Valle dell’Indo poneva l’accento sulla rinuncia, la
meditazione, la rinascita, il karma e aveva come traguardo finale la liberazione, la religione degli
arii sottolineava il valore di questa vita, del sacrificio rituale, della lealtà, ricchezza,
progenie, potere e paradiso. Da quanto detto, si deduce che la religiosità, le pratiche e i valori
professati da queste due antiche civiltà indiane erano diametralmente opposti. Eppure, nel corso di
secoli di coabitazione, queste due tradizioni religiose riuscirono a fondersi e a divenire, sotto
molti aspetti, praticamente inscindibili una dall’altra.

Prima di concludere il nostro esame delle caratteristiche più salienti delle religioni della valle
dell’Indo e degli arii, va menzionato il fatto che la cultura religiosa degli arii era
caratterizzata da due ulteriori elementi completamente estranei e ignoti alla gente della valle
dell’Indo. I due elementi a cui mi riferisco sono le caste, cioè la divisione della società in
strati sociali e la fede nell’autorità e infallibilità della rivelazione, cioè degli antichi testi
conosciuti come i Veda. La cultura religiosa della valle dell’Indo non condivideva queste idee, che
rimasero sempre un punto di contesa e di divisione tra le due maggiori tradizioni religiose indiane.

La storia della religione indiana, a partire dal 1500 A.C. fino al VI secolo A.C. (cioè fino al
tempo del Buddha) è la storia dell’interazione di queste due tradizioni, originariamente opposte.
Man mano che gli arii si espandevano e si stanziavano a est e a sud, diffondendo la loro influenza
sulla maggior parte del subcontinente indiano, adottavano un modo di vivere più sedentario. Poco
alla volta le due opposte culture religiose cominciarono ad interagire, a influenzarsi a vicenda e
infine a fondersi. A questo mi riferivo quando ho preso come esempio il confluire dei due grandi
fiumi indiani, il Gange e lo Yamuna.

Al tempo del Buddha in India fioriva una cultura religiosa eterogenea. E questo risulta chiaro anche
da uno sguardo superficiale sui fatti salienti della vita del Buddha stesso. Per esempio, alla sua
nascita due tipi di persone fecero pronostici sul suo futuro grandioso. La prima profezia fu quella
di Asita, un eremita asceta che viveva sui monti, sebbene le biografie del Buddha dicano che Asita
era un bramino, un membro della casta sacerdotale della società ariana. Questa è già di per sé una
chiara evidenza dell’interazione delle due antiche tradizioni religiose, in quanto indica che già
nel VI secolo A.C., anche i bramini avevano cominciato ad abbandonare la vita di famiglia e adottare
lo stile di vita degli eremiti erranti, qualcosa di inaudito mille anni prima. Si racconta poi che
più tardi furono invitati 108 bramini alla cerimonia in cui veniva dato un nome al giovane principe.

Anch’essi profetizzarono la futura grandezza del bimbo. Chiaramente erano sacerdoti che non avevano
rinunciato alla vita di famiglia e che quindi rappresentavano la pratica ortodossa originale
accettata dagli arii.

Come hanno potuto fondersi due tradizioni inizialmente così diverse? Credo che la risposta vada
trovata nei profondi cambiamenti che avvennero nella vita dei popoli indiani tra la metà del secondo
millennio e il tempo del Buddha. L’espansione aria si fermò quando gli arii si sparsero nelle
pianure indiane. La fine di questo movimento portò a molti cambiamenti sociali, economici e
politici. Prima di tutto la vita tribale, nomade e pastorale dei primi arii si trasformò
gradualmente in un modo di vivere più sedentario, agrario e infine urbano. Dopo un po’ la maggior
parte della popolazione viveva in aree urbane, lontana, per così dire, dalle forze naturali
personificate dalle divinità dei primi arii.

In secondo luogo, il commercio divenne sempre più importante. Mentre nella primitiva società aria i
preti e i guerrieri erano stati le figure dominanti – i preti perché comunicavano con gli dei e i
guerrieri perché guerreggiavano contro i nemici della tribù e portavano a casa le spoglie dei vinti
– ora i commercianti cominciarono a prevalere Questa tendenza è evidente nel famoso discepolo
Anathapindika che apparteneva alla classe dei mercanti, e questo è solo un esempio. Infine
l’organizzazione della società su base tribale divenne obsoleta e cominciò a svilupparsi lo stato
territoriale. La società non era più organizzata su base tribale, in cui vi erano stati clan a cui
si doveva essere personalmente fedeli. Il sistema sociale tribale venne sostituito dallo stato
territoriale in cui convivevano persone di diverse tribù. Un esempio di ciò è il regno di Magadha,
il cui re Bimbisara era un famoso protettore e amico del Buddha.

Questi cambiamenti sociali, economici e politici contribuirono a far sorgere tra gli arii una sempre
crescente disponibilità ad accettare e adottare le idee religiose della civiltà della valle
dell’Indo. Sebbene gli arii avessero materialmente dominato l’antica civiltà indigena del
subcontinente, i seguenti mille o duemila anni li videro subire sempre più l’influenza del
comportamento religioso, delle pratiche e dei valori adottati dalla religione della civiltà della
valle dell’Indo. Di conseguenza all’inizio dell’era cristiana sarebbe stato difficile tirare una
linea di separazione tra le due culture. Fu questa realtà storica che portò all’errata concezione
che il buddhismo fosse una protesta o una derivazione dell’induismo. Il buddhismo è una religione
che trae gran parte della sua ispirazione dalla cultura religiosa della valle dell’Indo. Gli
elementi di rinuncia, meditazione, rinascita, karma e liberazione, componenti così importanti della
cultura religiosa della popolazione della alle dell’Indo, sono altrettanto importanti nel buddhismo.
Forse il Buddha stesso volle indicare che le origini della dottrina da lui proclamata risalivano
alla civiltà dell’Indo, quando disse che la via da lui insegnata era un’antica via e che il
traguardo da lui indicato era un antico traguardo. La tradizione buddhista sostiene che prima del
Buddha Shakyamuni ci furono altri sei Buddha preistorici. Credo che ciò stia ad indicare una certa
continuità tra la cultura e le tradizioni religiose della valle dell’Indo e gli insegnamenti del
Buddha.

Quando analizziamo i due fenomeni religiosi chiamati buddhismo e induismo, vi troviamo elementi
ereditati dalle due grandi tradizioni religiose dell’antica India in proporzioni e prevalenza più o
meno significative. Nel buddhismo possiamo riconoscere il peso preponderante dell’eredità religiosa
trasmessa dalla civiltà dell’Indo, mentre solo una piccola parte può essere fatta risalire alla
religione degli antichi arii. Nel buddhismo ci sono indubbiamente elementi ereditati dalla religione
degli arii, come la presenza degli dei vedici, ma il loro ruolo rimane secondario.

Viceversa, molte scuole dell’induismo conservano una gran parte di elementi ereditati dalla
tradizione degli arii e solo una piccola proporzione può essere fatta risalire alla religione della
valle dell’Indo. Molte sette dell’induismo si basano infatti sulle caste, sull’autorità della
rivelazione esposta nei Veda e sull’efficacia delle pratiche del sacrificio. Malgrado questi
evidenti elementi arii, nell’induismo troviamo anche elementi importanti della cultura dell’Indo,
come la rinuncia, la meditazione, la rinascita, il karma e la liberazione.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *