Le fondamenta del Buddhismo 10

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Le fondamenta del Buddhismo 10

di Peter Della Santina (parte decima)

Tratto da: < LE FONDAMENTA DEL BUDDHISMO > (INTRODUZIONE ALL’ABHIDHARMA)

ORIGINE INTERDIPENDENTE

In questo capitolo tratterò di un argomento molto importante per lo studio del buddhismo:
l’insegnamento dell’Origine interdipendente. Mi rendo conto che molti ritengono l’Origine
interdipendente un soggetto molto difficile da trattare e credo che non abbiano affatto torto.
Quando una volta Ananda notò che, malgrado la sua apparente difficoltà, l’insegnamento dell’Origine
interdipendente gli sembrava piuttosto facile, il Buddha lo riprese dicendo che era invece un
insegnamento molto profondo.

L’insegnamento dell’Origine interdipendente è certamente uno dei più importanti e profondi
insegnamenti del buddhismo. Eppure certe volte penso che il nostro timore di affrontare l’Origine
interdipendente sia in un certo senso ingiustificata. Per cominciare non vi è nulla di difficile nel
termine stesso: in fondo tutti sappiamo cosa significa “interdipendenza” e cosa significa “nascita”,
“origine”, “sorgente”. Solo quando cominciamo ad esaminare la funzione e il contenuto dell’Origine
interdipendente capiamo che è veramente un insegnamento molto profondo e significativo. Lo si può
dedurre anche da alcune affermazioni del Buddha stesso. Infatti sovente egli si riferisce alla sua
esperienza dell’Illuminazione in due modi: o dicendo di aver capito le Quattro Nobili Verità o di
aver capito l’Origine interdipendente. E spesso dice anche che per ottenere l’Illuminazione, uno
deve capire il significato di queste verità.

Sulla base delle affermazioni del Buddha stesso, possiamo vedere lo stretto rapporto che corre tra
le Quattro Nobili Verità e l’Origine interdipendente. Cosa hanno in comune queste due formulazioni?
Il principio che hanno in comune è il principio di causalità, la legge di causa ed effetto, di
azione e conseguenza. In precedenza ho detto che le Quattro Nobili Verità si possono dividere in due
gruppi: il primo gruppo comprende le prime due (sofferenza e causa della sofferenza) e il secondo le
ultime due (cessazione della sofferenza e via che porta alla fine della sofferenza). In entrambi i
gruppi è la legge di causa ed effetto che governa il rapporto. In altre parole, la sofferenza è
l’effetto della causa della sofferenza e la fine della sofferenza è l’effetto della via che conduce
alla fine della sofferenza. Lo stesso con l’Origine interdipendente: il principio fondamentale è
quello di causa ed effetto.

Nell’Origine interdipendente la descrizione di ciò che avviene durante il processo causale è più
dettagliata. Prendiamo alcuni esempi usati dal Buddha stesso, per illustrare la natura dell’origine
interdipendente. Il Buddha dice che la fiamma di una lampada ad olio brucia a causa dell’olio e
dello stoppino. Quando olio e stoppino sono presenti la fiamma brucia, ma se sono assenti la fiamma
smette di bruciare. Prendiamo anche l’esempio del germoglio: il germoglio nasce a causa del seme,
della terra, dell’acqua, dell’aria e della luce del sole.

Si possono fare moltissimi esempi di Origine interdipendente perché non esistono fenomeni che non
siano effetti di origine interdipendente. Tutti i fenomeni nascono a seguito di vari fattori
causali. E ciò non è altro che l’Origine interdipendente.

Naturalmente qui noi ci interessiamo all’Origine interdipendente in quanto riguarda il problema
della sofferenza e della rinascita. Siamo interessati a capire come l’Origine interdipendente spiega
la situazione in cui ci troviamo qui e ora. In questo senso è importante tenere presente che
l’Origine interdipendente è essenzialmente e principalmente un insegnamento che riguarda il problema
della sofferenza e il modo di liberarci dalla sofferenza, e non una descrizione dell’evoluzione
dell’universo.

Le dodici componenti o anelli che formano l’Origine interdipendente sono: ignoranza, volizione,
coscienza, nome e forma, le sei sfere dei sensi, contatto, sensazione, bramosia, attaccamento,
divenire, nascita, vecchiaia e morte.

Ci sono due modi principali in cui possiamo capire queste dodici componenti. Un modo di capirle è in
sequenza, attraverso il corso di tre vite: passata, presente e futura. In questo caso ignoranza e
volizione appartengono alla vita passata. Rappresentano le condizioni indispensabili per il
verificarsi di questa vita. Le otto componenti di: coscienza, nome e forma, sei sfere dei sensi,
contatto, sensazione, bramosia, attaccamento e divenire appartengono a questa vita. Costituiscono il
processo di evoluzione di questa vita. Le ultime due componenti: nascita, vecchiaia e morte
appartengono alla vita futura.

Con l’aiuto di questo primo schema, vediamo che le dodici componenti dell’Origine interdipendente
sono distribuite lungo tre vite; che le prime due, ignoranza e volizione, hanno come risultato
l’emergere dal passato di questa vita con la sua personalità psico-fisica, e che, a sua volta, le
azioni compiute in questa vita avranno i loro risultati nella vita futura. Questo è un modo assai
diffuso e autorevole di interpretare le dodici componenti dell’origine interdipendente. L’altra
interpretazione del rapporto dei dodici elementi dell’origine interdipendente è anche molto
autorevole ed è sostenuta da vari maestri famosi e santi buddhisti. Può essere considerata
un’interpretazione ciclica perché non distribuisce le dodici componenti lungo il corso di tre vite,
ma le divide in tre categorie: afflizioni, azioni e sofferenze.

In questo secondo schema, le tre componenti di ignoranza, bramosia e attaccamento sono assegnate al
gruppo delle afflizioni; la volizione e il divenire al gruppo delle azioni e le altre sette
componenti (coscienza, nome e forma, sei sfere dei sensi, contatto, sensazione, nascita, vecchiaia e
morte) al gruppo delle sofferenze. Grazie a questa suddivisione vediamo come l’insegnamento delle
Quattro Nobili Verità e particolarmente l’insegnamento della seconda verità – la causa della
sofferenza – è unito all’insegnamento del karma e della rinascita e come questi due importanti
insegnamenti insieme spieghino in modo completo il processo della rinascita e dell’origine della
sofferenza. Ricorderete che, parlando delle Quattro Nobili Verità, abbiamo detto che ignoranza,
attaccamento e odio sono le cause della sofferenza. Ora, se guardiamo alle tre componenti
dell’Origine interdipendente incluse nel gruppo delle afflizioni, troviamo ignoranza, bramosia,
attaccamento. E anche qui l’ignoranza è alla base. E’ a causa dell’ignoranza che desideriamo i
piaceri sensuali, l’esistenza e la non esistenza. Ugualmente, è a causa dell’ignoranza che ci
attacchiamo ai piaceri dei sensi, alle esperienze piacevoli, alle idee e soprattutto all’idea di un
sé indipendente e permanente. L’ignoranza, la bramosia e l’attaccamento sono perciò la causa delle
azioni.

Le due componenti dell’Origine interdipendente incluse nel gruppo delle azioni sono volizione e
divenire. La volizione si riferisce alle impressioni o abitudini che abbiamo formato nel flusso dei
momenti di coscienza, o nel continuum cosciente. Queste impressioni sono formate da azioni ripetute.
Possiamo illustrarlo con un esempio preso dalla geologia. Sappiamo che un fiume forma il suo letto
attraverso un processo continuo di erosione. Quando cadono le piogge sulle alture, l’acqua si
raccoglie in rivoli che gradualmente formano un alveo che poi aumenta in un ruscello. Infine quando
il letto del ruscello diventa più profondo e largo attraverso l’apporto continuo di altra acqua, il
ruscello diventa un fiume con sponde ben definite e un corso ben tracciato.

Allo stesso modo, le nostre azioni diventano abitudini. Queste abitudini diventano parte della
nostra personalità e le portiamo da una vita all’altra sotto forma di ciò che chiamiamo volizioni,
formazioni mentali o energie dell’abitudine. Le nostre azioni in questa vita sono condizionate dalle
abitudini che abbiamo formato nel corso di innumerevoli vite precedenti.

Per ritornare all’analogia dell’alveo del fiume e dell’acqua, potremmo paragonare le formazioni
mentali all’alveo, mentre le azioni che compiamo in questa vita sono l’acqua che scorre nell’alveo
scavato e creato da azioni precedenti. Le azioni che compiamo in questa vita sono rappresentate
dalla componente indicata come “divenire”. Quindi abbiamo le abitudini sviluppate nel corso di
innumerevoli vite combinate con le nuove azioni compiute in questa vita e queste due insieme hanno
come risultato rinascita e sofferenza.

Per riassumere, abbiamo le afflizioni che possiamo definire come impurità della mente, cioè
ignoranza, bramosia e attaccamento. Queste impurità mentali hanno come risultato delle azioni. Ci
sono le azioni fatte in vite precedenti che portano alla formazione dell’energia dell’abitudine o
volizione, e quelle fatte nella vita attuale che corrispondono alla componente del “divenire” e che
tendono a conformarsi al modello prestabilito nelle vite precedenti.

Queste impurità mentali, insieme alle azioni, portano alla rinascita. In altre parole hanno come
risultato: coscienza, nome e forma, sei sfere dei sensi, contatto tra i sensi e i loro oggetti,
sensazioni (che nascono dal contatto), nascita, vecchiaia e morte. In questa interpretazione le
cinque componenti dell’Origine interdipendente incluse nei gruppi delle afflizioni e delle azioni
(ignoranza, bramosia, attaccamento, volizione e divenire) sono le cause della rinascita e della
sofferenza. Le altre sette componenti (coscienza, nome e forma, sei sfere sensuali, contatto,
sensazione, nascita, vecchiaia e morte) sono gli effetti delle afflizioni e delle azioni.

Le afflizioni e le azioni prese insieme spiegano l’origine della sofferenza e le circostanze
particolari in cui si trova ogni individuo, le circostanze cioè in cui nasciamo. Forse ricorderete
che ho detto che, mentre le afflizioni sono comuni a tutti gli esseri viventi, il karma differisce
da persona a persona. In altre parole, mentre le afflizioni sono responsabili della nostra esistenza
nel samsara, le azioni spiegano il fatto che alcuni nascono come esseri umani, altri come dei e
altri ancora come animali. Sotto questo profilo, le dodici componenti dell’Origine interdipendente
presentano un quadro completo del samsara con le sue cause ed effetti.

Sarebbe però inutile fare un quadro del samsara, se non intendiamo usarlo per cambiare la situazione
in cui ci troviamo, per uscire cioè dal ciclo di nascita e morte. Riconoscere la circolarità del
samsara, la circolarità dell’Origine interdipendente è l’inizio della liberazione. E perché? Fino a
che sono presenti le afflizioni e le azioni, ci saranno nascita e sofferenza. Quando vediamo che
ignoranza, bramosia, attaccamento e azioni portano continuamente a rinascita e sofferenza, capiremo
che dobbiamo cercare di uscire da questo circolo vizioso.

Prendiamo un esempio pratico: supponiamo che state cercando la casa di un conoscente che non avete
mai visitato prima. Supponiamo che avete girato per mezz’ora e non siete riusciti a trovare la casa
dell’amico e che all’improvviso riconoscete un punto di riferimento che sapete di aver visto
mezz’ora prima. A questo punto vi viene il dubbio di aver girato in tondo; vi fermate, guardate la
mappa stradale o chiedete la strada a qualcuno in modo da non girare più in circolo e raggiungere la
destinazione.

Per questo il Buddha ha detto che chi vede l’Origine interdipendente vede il Dharma e chi vede il
Dharma vede il Buddha. E ha detto anche che la comprensione dell’Origine interdipendente è la chiave
per la liberazione. Quando capiamo il funzionamento dell’Origine interdipendente possiamo cominciare
a uscire dal suo circolo vizioso. Possiamo farlo eliminando le impurità mentali, cioè ignoranza,
bramosia e attaccamento. Una volta eliminate queste impurità, non si compiranno più azioni e non si
produrranno più energie di abitudine. Una volta che cessano le azioni, anche la nascita e la
sofferenza cessano.

Vorrei ancora parlare un po’ di un significato importante dell’Origine interdipendente, cioè
l’Origine interdipendente come espressione della Via di Mezzo. Nei capitoli terzo e quarto abbiamo
avuto occasione di parlare della Via di Mezzo, ma ci siamo limitati al significato più basilare del
termine. Abbiamo detto che Via di Mezzo vuol dire evitare i due estremi, quello dell’indulgenza
piaceri dei sensi e quello di automortificazione. In questo contesto Via di Mezzo è sinonimo di
moderazione.

Ma nel contesto dell’Origine interdipendente la Via di Mezzo ha un altro significato, simile a
quello letterale ma più profondo. In questo contesto Via di Mezzo vuol dire evitare i due estremi
dell’ eternalismo e del nichilismo. In che senso? La fiamma di una lampada dipende dall’esistenza
dell’olio e dello stoppino. Quando essi mancano la fiamma si estingue. Perciò la fiamma non è
permanente e neanche indipendente. Allo stesso modo la nostra personalità dipende da una
combinazione di condizioni: le afflizioni e il karma. Non è permanente né indipendente. Quando
riconosciamo la natura condizionata della nostra personalità, eviteremo l’estremo dell’eternalismo,
che ci fa credere nell’esistenza di un sé indipendente e permanente. Similmente, riconoscendo che
questa persona, questa vita non sorge fortuitamente o per puro caso ma è condizionata da cause
corrispondenti, ci asterremo dall’estremo del nichilismo che nega il rapporto tra un’azione e le sue
conseguenze.

Sebbene il nichilismo sia la causa principale per la rinascita in stati di dolore e vada quindi
respinto, anche l’eternalismo non conduce alla liberazione. Chi si attacca all’idea estrema
dell’eternalismo, compirà buone azioni e rinascerà in stati di felicità, come essere umano o anche
come divinità, ma non otterrà mai la liberazione. Evitando questi due estremi, cioè mantenendosi
nella Via di Mezzo, possiamo avere felicità in questa vita e in quelle future compiendo azioni buone
ed evitando azioni cattive; infine raggiungeremo la liberazione.

Il Buddha mise un’infinita cura nei suoi insegnamenti e viene paragonato al comportamento di una
tigre verso i suoi piccoli. Quando una tigre porta in bocca un piccolo, sta attenta che la presa non
sia né troppo forte né troppo debole. Se è troppo forte può ferire e anche uccidere il cucciolo; se
è troppo lenta il piccolo può cadere e farsi male. Così il Buddha ha fatto attenzione che noi
potessimo evitare i due estremi dell’eternalismo e del nichilismo. Poiché vide che afferrarsi
all’eternalismo ci avrebbe legato al samsara, il Buddha ci mise in guardia dal credere in un sé
indipendente e durevole; vedendo che la possibilità di liberazione poteva essere minacciata dai
denti aguzzi della credenza in un sé, egli ci disse di evitare l’estremo dell’eternalismo.

Comprendendo che l’attaccamento al nichilismo ci avrebbe portato alla rovina e alla rinascita in
regni di dolore, il Buddha fu attento ad insegnarci la realtà della legge di causa e effetto o
responsabilità morale. Avendo visto che saremmo potuti cadere nell’infelicità dei regni di dolore se
avessimo negato questa legge, egli ci insegnò ad evitare l’estremo del nichilismo. Questo duplice
scopo lo ottenne mirabilmente grazie all’insegnamento dell’Origine interdipendente, che non solo ci
permette di capire la natura condizionata e impermanente dell’individuo, ma anche la realtà della
legge di causa e effetto.

Nel contesto dell’Origine interdipendente, abbiamo spiegato la natura condizionata e impermanente
della personalità o sé, esponendo la sua natura dipendente. In seguito tratteremo dell’impermanenza
e impersonalità del sé attraverso l’esame della sua natura composta e l’analisi delle singole parti
che la compongono. In questo modo illustreremo la verità del non sé che apre le porte
all’illuminazione.

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