Le Fondamenta del Buddhismo 20
di Peter Della Santina -parte ventesima
Tratto da: (INTRODUZIONE ALLABHIDHARMA)
ANALISI DEI PROCESSI DEL PENSIERO
In questo capitolo esamineremo in modo più specifico e diretto come lanalisi della coscienza e
lanalisi degli stati mentali possano contribuire al risveglio dellintuizione e anche come tale
analisi possa essere interpretata nella vita quotidiana al fine di cambiare la comprensione della situazione in cui ci troviamo.
Perché dunque analizzare i processi del pensiero o i processi della percezione? Per rispondere a
questa domanda dobbiamo rammentarci che lo scopo principale dellAbhidharma, è quello di facilitare
la comprensione della natura ultima delle cose, che hanno tutte le tre caratteristiche universali di
impermanenza, sofferenza e non sé. Nellanalisi dei processi di pensiero possiamo vedere chiaramente
limpermanenza e il non sé, come mostrano due analogie riportate dal Buddha. Il Buddha paragonò la
durata di vita di un essere vivente a un punto preciso sulla ruota di un carro. Egli disse che, a
rigore, un essere vivente dura solo il tempo che prende un pensiero a sorgere e a svanire, così come
la ruota del carro, sia che giri o stia ferma, tocca il terreno in un solo punto. In questo contesto
il momento passato è esistito, ma non esiste ora, né esisterà mai più in futuro; il momento presente
esiste ora, ma non è esistito in passato né mai esisterà in futuro e il momento futuro, sebbene esisterà in futuro, non esiste ora né è esistito nel passato.
Il Buddha fa anche lanalogia con un re che non aveva mai sentito il suono di un liuto. Quando ne
udì uno, chiese ai suoi ministri cosera quella cosa così incantevole e affascinante. I ministri
dissero che era il suono di un liuto. Il re chiese di averne uno e quando i ministri glielo
portarono, il re chiese dovera il suono. Quando i ministri gli spiegarono che il suono era prodotto
dalla combinazione di vari fattori, il re disse che il liuto non valeva niente, lo ruppe con le sue
mani e ne fece bruciare i pezzi e gettar via la cenere. Il re disse che ciò che i ministri
chiamavano il suono del liuto non era rintracciabile da nessuna parte. Allo stesso modo in nessuno
dei fattori fisici e mentali dellesperienza (i fattori di forma, sensazione, percezione, volizione
e coscienza) è rintracciabile un sé. Come il suono del liuto così i processi di pensiero sono privi di un sé.
Lanalisi dei processi di pensiero la si applica specificamente allarea dello sviluppo mentale, della padronanza e del controllo degli oggetti dei sensi.
Abbiamo parlato in precedenza della sensibilità della mente verso gli oggetti dei sensi e abbiamo
detto che la mente è continuamente soggetta a distrazioni che sorgono dal contatto con cose
visibili, tangibili, con suoni, odori, gusti e oggetti tattili. Il Buddha stesso disse che uno o è
conquistato dagli oggetti dei sensi o li conquista: in altre parole o uno è soggetto e controllato
dagli stimoli sensoriali o cerca di dominarli. Nagarjuna una volta disse che anche un animale può
vincere una battaglia, ma il vero eroe è colui che riesce a conquistare i momentanei e sempre
mutevoli oggetti dei sensi. Quando uno soggioga, domina e controlla gli oggetti dei sensi, diciamo
che è vigile. La vigilanza è simile alla consapevolezza, che il Buddha indicò come una delle vie
verso la liberazione. La mancanza di vigilanza è la sorgente della morte e della schiavitù nel
samsara, mentre la vigilanza è la sorgente della non morte o Nirvana. Chi era prima incurante e poi
diventa vigile, come Nanda e Angulimala, riesce a raggiungere il traguardo della liberazione.
Analizzare e comprendere come la coscienza percepisca e assimili loggetto dei sensi prepara la
strada verso la Retta Comprensione dellimpermanenza e del non sé, e verso il controllo sui mutevoli
oggetti dei sensi. Infine perfezioniamo la vigilanza, che è la chiave per mezzo della quale possiamo
trasformare la nostra vita, facendola cambiare da una dominata dalle afflizioni a una purificata e nobile.
Possiamo cominciare lanalisi dei processi di pensiero esaminando il posto che essi hanno nella
nostra esperienza. Paragoniamo la vita a un fiume che ha una sorgente e uno sbocco. Tra la vita e la
morte, tra la sorgente del fiume e il suo sbocco vi è un continuum ma non unidentità. In termini
abhidharmici la nascita o rinascita (patisandhi) è il fattore che unisce o connette, mentre il
continuum vitale è il fattore subconscio (bhavanga) e la morte è il fattore della
disintegrazione (chuti). Questi tre fattori hanno in comune il loro oggetto che è lultimo fattore
conscio della vita precedente. E questo oggetto che li rende fattori di coscienza risultanti
salutari o non salutari. In questo contesto è importante tenere presente che bhavanga fluisce
insieme al karma riproduttivo, che dà le caratteristiche generali a una particolare vita e la sostiene finché viene interrotta o si esaurisce.
Perciò il passato, presente e futuro di una vita sono uniti, non solo consciamente per mezzo di
patisandhi, bhavanga e chuti, ma anche a livello subconscio dal solo bhavanga. Questo fattore
subconscio di continuum vitale mantiene la continuità e sostiene la vita anche in assenza di
processi di pensiero coscienti, come nel sonno senza sogni o in momenti di incoscienza come il coma.
Tra luno e laltro dei vari processi di pensiero coscienti, riappare nuovamente bhavanga , preservando così la continuità della vita.
Riassumendo, la nostra vita comincia con il fattore cosciente di unione o connessione (patisandhi),
che ricollega la vita precedente a questa vita. E sostenuto durante tutto il corso di questa vita
dal fattore subconscio del continuum vitale (bhavanga) e finisce con la disintegrazione (chuti) che
di nuovo precede la connessione (sotto forma di patisandhi) con la vita seguente.
La coscienza, come contrapposizione a subcoscienza (bhavanga), sorge come un fenomeno di resistenza
e vibrazione. In altre parole bhavanga rimane subconscia finché non viene interrotta o ostruita da
un oggetto, come quando costruiamo una diga in un fiume, interrompendone così il corso o
sottoponendo una corrente elettrica a resistenza in modo che appaia il fenomeno luce. Il contatto
tra bhavanga e un oggetto procura una resistenza, che a sua volta risulta in vibrazione che sfocia
infine in un processo di pensiero cosciente. I processi di pensiero che risultano da questa
interruzione sono sia processi di pensiero fisici che operano attraverso le cinque porte dei sensi
(occhi, orecchie, naso, lingua e corpo) sia processi di pensiero mentali che operano tramite la
mente, il sesto organo dei sensi. I processi di pensiero fisici sono determinati dallintensità, o
impatto, delloggetto che causa linterruzione del flusso del continuum vitale. Perciò più lostruzione è forte più lungo sarà il processo di pensiero e viceversa.
Ci sono quattro tipi di processi fisici di pensiero, che vanno da quello che si svolge in 17
momentipensiero a quello che non raggiunge neanche il punto di determinazione o identificazione
delloggetto (meno di otto momenti-pensiero). Ci sono due tipi di processi mentali di pensiero, uno
detto chiaro che arriva fino alla assimilazione, cioè allo stadio finale, del processo stesso, e
laltro detto scuro che finisce prima dello stadio finale di assimilazione. La maggiore o minore
intensità e lunghezza del processo di pensiero dipendono dallintensità dellostruzione nel flusso subconscio del continuum vitale.
Diamo unocchiata ai 17 momenti-pensiero che formano il più lungo processo di pensiero sia fisico
che mentale. Ricordiamo che ognuno di questi momenti-pensiero dura meno di un miliardesimo di un
batter docchio. Per cui quando il Buddha disse che un essere dura quanto un momento-pensiero, si
riferiva a un tempo estremamente breve. Il primo di questi momenti-pensiero è detto entrata e si
riferisce a un oggetto che irrompe nella corrente del continuum vitale oppure al sorgere di unostruzione nel fiume della vita.
Il secondo momento è detto vibrazione perché la ripercussione di un oggetto sulla corrente del continuum vitale produce una vibrazione.
Il terzo è un momento di arresto perché a questo punto lostruzione interrompe o arresta la corrente del continuum vitale.
A questo punto ci si può chiedere come mai la corrente del continuum vitale (bhavanga), avente il
proprio oggetto che forma la base del fattore di unione (patisandhi) e del fattore di
disintegrazione (chuti), possa avere un oggetto secondario sotto forma di un oggetto materiale dei
sensi. Ciò si spiega con unanalogia. Buddhagosha disse che se uno battesse su uno dei granelli di
zucchero sparsi sulla superficie di un tamburo, causerebbe una vibrazione che raggiungerebbe una
mosca posata su un altro granello sul tamburo; allo stesso modo gli oggetti materiali dei cinque sensi fisici hanno una ripercussione che fa vibrare bhavanga.
Una volta che questi tre momenti (entrata, vibrazione e arresto o interruzione) hanno avuto luogo,
loggetto entra nella sfera cosciente attraverso il quarto momento-pensiero, chiamato della
coscienza risonante. Nel caso di un processo fisico di pensiero, la coscienza risonante può essere
di cinque tipi: occhio, orecchio, naso, lingua e corpo. A questo succede il quinto momento, la
coscienza percipiente che può essere di cinque tipi: coscienza dellocchio, coscienza dellorecchio, ecc.
Segue poi il sesto momento, la coscienza ricevente; il settimo, la coscienza investigativa e
lottavo momento, la coscienza determinante. E la coscienza determinante che identifica e riconosce loggetto percepito.
Questa coscienza determinante è seguita da sette momenti di coscienza-impulso (javana), che ha la
funzione di attraversare loggetto assimilandolo così completamente nella coscienza. I
momenti-pensiero dal nono al quindicesimo sono seguiti da due momenti di coscienza risultante o
assimilativa, il che porta il tutto a 17 momenti-pensiero. I sette momenti di coscienza-impulso sono
karmicamente attivi e possono essere salutari o non salutari. Anche i momenti di coscienza risultante o assimilativa possono essere sia salutari che non salutari.
In funzione della pratica, è importante sapere a che punto di questi 17 momenti-pensiero si è liberi
di agire sia nel bene che nel male. I tre primi momenti di bhavanga sono risultanti. La coscienza
risonante e la coscienza determinante (4 e 8) sono funzionali. La coscienza percipiente (5) è
risultante. Quindi solo i sette momenti di coscienza-impulso (javana) (da 9 a 15) sono i primi
momenti-pensiero karmicamente attivi. Il primo di questi sette momenti determina gli altri sei, per
cui se è salutare anche gli altri saranno salutari e se non è salutare anche il resto non sarà
salutare. E al punto in cui la coscienza determinante (8) è seguita dai sette momenti-impulso che
gli stati risultanti o funzionali diventano stati attivi. Questo è il punto più importante del
processo di pensiero perché, anche se non si può alterare il carattere degli stati risultanti o
funzionali, lo si può invece fare negli stati attivi, che hanno un potenziale salutare o non
salutare. Perciò è estremamente importante la presenza della retta attenzione allinizio del sorgere
dei momenti javana. Se è presente la retta attenzione è più probabile che gli impulsi siano salutari, ma se è assente è più facile che prevalgano gli impulsi non salutari.
Loggetto di questi 17 momenti-pensiero non è di per sé rilevante perché, sia esso desiderabile o
spiacevole, comunque non determina la qualità salutare o non salutare dei sette momenti-impulso. A
questo proposito è interessante ricordare il caso del Venerabile Tissa: avvenne che la nuora di una
certa famiglia, avendo litigato col marito, indossasse i suoi vestiti migliori e tutti i gioielli
che aveva e si mise in cammino per ritornare dalla sua famiglia. Quando incontrò il venerabile
Tissa, avendo un carattere sfrontato, gli rise in faccia. Vedendo i suoi denti, il venerabile Tissa
reagì con la percezione della repulsione del corpo e a causa della forza di questa percezione divenne immediatamente un arahat.
Quando il marito della donna arrivò sul luogo, chiese a Tissa se avesse visto passare una donna,
larahat replicò che non sapeva se era un uomo o una donna, ma sapeva di aver visto un mucchio di
ossa che camminava lungo la strada. Questa storia sta a significare che qualunque sia la coscienza
determinante, i sette momenti seguenti di coscienza impulso possono portare direttamente sia allo
stato di arahat che a un ulteriore cumulo di momenti di coscienza che hanno un valore karmico non
salutare. A un altro uomo che non fosse stato Tissa, la vista di una donna che ride avrebbe potuto
suscitare impulsi radicati nella lussuria piuttosto che quelli che portano alla realizzazione dello stato di arahat.
Dato che la retta attenzione o la mancanza di essa determina il valore karmico dei momenti-impulso
che seguono, dobbiamo sempre mantenere la retta attenzione per aumentare le probabilità che sorgano momenti-pensiero di coscienza salutare.
Vorrei concludere con una nota similitudine che Buddhagosha usa ne La via della purificazione
(Visuddhi Magga) per illustrare i 17 momenti di coscienza del processo-pensiero. Mettiamo che un
uomo si sia addormentato ai piedi di un mango pieno di frutti maturi. Un mango maturo si stacca
dallalbero e cade a terra. Il suono del mango che cade a terra stimola lorecchio delluomo
addormentato, che si sveglia, apre gli occhi e vede il frutto per terra non lontano da lui. Allunga
il braccio e prende in mano il frutto. Lo stringe, lo annusa e poi lo mangia. Lintero processo
illustra i 17 momenti di percezione di un oggetto fisico. Il suono del mango che cade si ripercuote
nelle orecchie delluomo analogamente ai tre momenti di bhavanga: entrata, vibrazione e
interruzione. Quando luomo usa gli occhi e scopre il mango è analogo ai momenti di coscienza
risonante e percipiente; quando allunga la mano per prendere il frutto, al momento della ricezione;
quando stringe in mano il mango corrisponde al momento investigativo; quando lo odora al momento
determinante; quando lo mangia e lo gusta ai sette momenti di coscienza-impulso; e anche se
Buddhagosha non ne parla, aggiungiamo che quando digerisce il frutto corrisponde ai due momenti risultanti di assimilazione.
Se esaminiamo attentamente i processi-pensiero e se siamo in grado di controllarli con la retta
attenzione, avremo una profonda comprensione della natura ultima delle cose, che si riveleranno
impermanenti e non sé. Questa analisi può portare anche a dominare gli oggetti dei sensi, e questo avrà come risultato distacco, gioia e libertà.
Dobbiamo perciò applicare alla nostra esperienza quotidiana la conoscenza che acquistiamo sulla
natura mutevole, condizionata e impermanente dei processi di pensiero e percezione, al fine di
promuovere quella comprensione e quella retta attenzione che ci danno la possibilità di moltiplicare
i momenti di potenziale karmico salutare e minimizzare quelli di potenziale karmico non salutare. Se
siamo capaci di farlo, significa che siamo riusciti ad estendere lo studio dellAbhidharma dalla pura sfera intellettuale a quella pratica ed esperienziale.
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