Le fondamenta del Buddhismo 9

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Le fondamenta del Buddhismo 9

di Peter Della Santina (parte nona)

Tratto da: LE FONDAMENTA DEL BUDDHISMO (INTRODUZIONE ALL’ABHIDHARMA)

RINASCITA In questo capitolo vorrei illustrare gli effetti del karma sulla prossima vita o, in altre
parole, voglio sviluppare il concetto di rinascita. Ma prima di cominciare a parlare
dell’insegnamento buddhista su questo argomento, è bene parlare del concetto di rinascita in
generale.

La rinascita è un concetto che molti trovano difficile da capire. E questo è vero specialmente
nell’ultimo secolo, quando siamo diventati sempre più condizionati a pensare in quelli che vengono
considerati termini scientifici, in termini cioè che molta gente crede, ingenuamente, scientifici.
Questo atteggiamento ha indotto molti a scartare l’idea di una rinascita perché sa di superstizione
e appartiene a un modo di vedere il mondo antiquato e fuori moda. Sarebbe bene perciò ristabilire
l’equilibrio creando un certo grado di apertura mentale verso il concetto di rinascita in generale,
prima di considerare l’insegnamento buddhista su di esso, in particolare.

La realtà della rinascita può essere sostenuta da molte considerazioni. Uno degli argomenti più
consistenti è quello che in quasi tutte le maggiori culture della storia umana, ad un certo punto
c’è stata una credenza molto diffusa nella rinascita. Questo è particolarmente vero per l’India,
dove questa idea può essere fatta risalire ai primi albori della civiltà indiana. In India, tutte le
maggiori religioni, siano esse teiste o ateiste, induiste o dottrine non ortodosse come il jainismo,
accettano la verità della rinascita. Anche in altre culture era una credenza molto diffusa, come,
per fare un solo esempio, nel mondo mediterraneo, sia prima che qualche secolo dopo l’era cristiana.
Ancora oggi persiste tra i drusi – una setta medio-orientale dell’Islam. Si può dire che la fede
nella rinascita sia stata una parte importante del modo di pensare dell’umanità riguardo al mondo e
al nostro ruolo in esso.

Vi è poi la testimonianza di autorità riconosciute appartenenti a varie tradizioni religiose. Nel
buddhismo fu il Buddha stesso ad insegnare la verità della rinascita. Si dice che la notte della sua
illuminazione, il Buddha acquisì tre tipi di conoscenza, il primo dei quali era la conoscenza
dettagliata delle sue vite precedenti. Ricordò le condizioni che lo avevano portato a quelle
rinascite, il nome e l’occupazione che aveva avuto in molte vite passate. Oltre a quella del Buddha
abbiamo la testimonianza dei suoi principali discepoli che furono in grado di ricordare le loro vite
passate. Per esempio Ananda acquistò l’abilità a ricordare le proprie vite precedenti subito dopo
essere stato ordinato monaco. Durante tutta la storia del buddhismo ci sono stati praticanti
realizzati in grado di ricordare le proprie vite passate.

Tuttavia nessuno di questi due argomenti può considerarsi pienamente convincente nell’ambiente
razionale e scientifico in cui viviamo, per cui diamo un’occhiata a qualcosa di più vicino a noi, a
una fonte inaspettata. Probabilmente alcuni di voi sono a conoscenza che negli ultimi trent’anni si
sono fatte molte ricerche scientifiche sulla questione della rinascita. Tali ricerche sono state
portate avanti da psicologi e parapsicologi, e dai loro lavori ne è risultato un convincente
sostegno a favore della realtà della rinascita, studiata su basi prettamente scientifiche. Sono
stati pubblicati molti libri con dettagliate descrizioni e discussioni di tali scoperte.

Uno studioso particolarmente attivo in questo campo negli ultimi anni è il professor Jan Stevenson
dell’Università della Virginia negli Stati Uniti. Ha pubblicato le sue ricerche su circa 20 casi di
rinascite. Uno di questi casi, che attirò una vasta attenzione, è quello di una donna che fu in
grado di ricordare una vita di più di cento anni prima in un paese straniero, con il nome di Bridey
Murphy, un paese che non aveva mai visto nella sua vita attuale. Non entro nei dettagli di questi
casi, perché chi è interessato alla testimonianza scientifica sulla rinascita può leggere i libri
pubblicati sull’argomento. Tuttavia possiamo dire che siamo a un punto in cui anche una persona
particolarmente scettica, può ammettere che ci sono prove circostanziate in favore della realtà
della rinascita.

Nel portare le prove della realtà della rinascita, possiamo guardare ancora più vicino a noi, alla
nostra stessa esperienza. Ma dobbiamo ricordare ed esaminare questa esperienza in un modo
prettamente buddhista per vedere che conclusioni possiamo trarne. Tutti noi abbiamo abilità,
inclinazioni e incapacità personali e penso sia giusto chiedersi se veramente esse sono solo il
risultato del caso e del condizionamento sociale da bambini. Per esempio alcuni di noi sono più
portati all’attività sportiva di altri. Alcuni hanno un vero talento per la matematica, mentre altri
ce l’hanno per la musica. A qualcuno piace nuotare mentre altri hanno paura dell’acqua. Queste
differenze di capacità e comportamenti sono solo dovute al caso e al condizionamento?

All’improvviso nella vita di una persona avvengono capovolgimenti profondi e inaspettati. Prendiamo
il mio caso: sono nato in una famiglia cattolica negli Stati Uniti. Nell’educazione che ricevetti
non c’era nulla che facesse prevedere che a vent’anni sarei andato in India, che sarei rimasto in
Asia quasi 25 anni e che avrei approfondito i miei studi e il mio interesse per il buddhismo.

Ci sono poi dei casi in cui abbiamo un profondo presentimento di essere già stati in un certo posto,
anche se non lo avevamo mai visto prima. Altre volte abbiamo la sensazione di aver già conosciuto
una persona: la incontriamo per la prima volta e subito sentiamo di averla conosciuta da sempre.
Viceversa conosciamo qualcuno da anni, ma abbiamo sempre la sensazione di non conoscerlo affatto.
Queste sensazioni di essere già stati in un posto che si vede per la prima volta, sono così comuni e
generali che perfino nella Francia di oggi, che non ne sa quasi nulla della rinascita, c’è una ben
nota espressione “déja vu” che significa “già visto”.

Se cerchiamo di non essere dogmatici, quando assommiamo tutte queste indicazioni e casi, quali la
credenza nella rinascita in molte culture ed epoche attraverso la storia della civiltà umana, la
testimonianza del Buddha e dei suoi discepoli principali, i risultati della ricerca scientifica e
quei nostri momenti in cui “sappiamo” di essere già stati in un certo posto prima, dovremmo
ammettere che c’è per lo meno una forte probabilità che la rinascita sia una cosa reale.

Nel buddhismo la rinascita fa parte integrante del continuo processo di cambiamento. In effetti, non
rinasciamo solo dopo la morte fisica, ma in ogni momento. Come tutti i maggiori insegnamenti
buddisti, anche questo può essere verificato attraverso la nostra esperienza personale e le scoperte
scientifiche. Per esempio, la maggioranza delle cellule che compongono il corpo umano, muoiono e
vengono sostituite molte volte durante l’arco di una vita. Anche quelle cellule che durano tutta la
vita sono sottoposte a un continuo cambiamento interno. Questo fa parte del processo di nascita,
morte e rinascita. Se guardiamo la mente ci accorgiamo che gli stati mentali (come preoccupazioni,
felicità, ecc.) appaiono e scompaiono ogni momento. Finiscono e vengono rimpiazzati da altri stati
mentali. Quindi, sia che guardiamo il corpo o la mente, ogni nostra esperienza è caratterizzata
costantemente da nascita, morte e rinascita.

Il buddhismo ci dice che ci sono vari regni, sfere o dimensioni di esistenza. Alcuni testi ne
riportano, ma in questo contesto farò riferimento a solo sei di essi. Queste sei sfere possono
essere suddivise in due gruppi, uno relativamente fortunato e l’altro sfortunato. Il primo gruppo
include la sfera degli dei, dei semidei e degli esseri umani. La rinascita in queste sfere è il
risultato di un karma salutare. Il secondo gruppo comprende la sfera degli animali, degli spiriti
affamati e dell’inferno. La rinascita in queste sfere di dolore è il risultato di un karma non
salutare.

Analizziamole una per una cominciando dalla sfera più bassa. Nel buddhismo ci sono molti regni
infernali, tra cui 8 inferni caldi e 8 inferni freddi. In questi inferni gli esseri viventi soffrono
dolori inimmaginabili e indescrivibili. Si dice che il dolore provato da un essere umano trafitto in
un giorno da 300 lance corrisponda ad una minima parte della sofferenza degli abitanti dell’inferno.
La causa della rinascita all’inferno è una violenza continuata, quali ripetute uccisioni, crudeltà,
ecc.

Sono azioni che nascono dall’avversione e gli esseri viventi che le commettono soffrono le pene
dell’inferno fino a che il karma che hanno prodotto con tali azioni sia esaurito. Quest’ultimo punto
è molto importante perché ci fa capire che nel buddhismo non vi è dannazione eterna per nessuno.
Quando il karma negativo è esaurito, i condannati all’inferno rinasceranno in sfere di esistenza più
fortunate.

L’altra sfera è quella degli spiriti affamati. Gli esseri in questa sfera soffrono soprattutto la
fame e la sete, il caldo e il freddo. Sono completamente privi di ciò che desiderano. Si dice che
quando uno spirito affamato vede una montagna di riso o un torrente d’acqua fresca e corre verso di
essi, scopre che la montagna di riso è un cumulo di sassi e il torrente una lastra d’ardesia.
Inoltre, anche in estate la luna sembra calda per loro, mentre in inverno il sole è freddo.

La causa principale della rinascita come spirito affamato è la cupidigia e l’avarizia che nascono
dall’attaccamento e dall’avidità. Come gli abitanti dell’inferno così anche quelli in questa sfera
non sono condannati in eterno ad essere spiriti affamati, perché quando il loro karma negativo è
esaurito, rinasceranno in una sfera migliore.

Nell’altra sfera, quella degli animali, gli esseri soffrono per varie circostanze sfortunate.
Soffrono per la paura e il dolore, che risultano dal continuare a uccidersi e mangiarsi a vicenda.
Soffrono anche a causa degli esseri umani che li uccidono per cibarsene, per la loro pelliccia,
perle o denti. Anche se non vengono uccisi, molti animali domestici vengono costretti a lavorare per
gente che li trascina con uncini e li frusta. Tutto ciò è una gran fonte di sofferenza.

La causa principale che fa rinascere nel mondo animale è l’ignoranza, la cieca, noncurante ricerca
dei propri desideri animali. L’ossessione per il mangiare, dormire e gratificazione sessuale
accompagnata da sprezzo per lo sviluppo mentale e la pratica della virtù, tutto ciò porta a
rinascere nel mondo animale.

Ora quando diciamo, ad esempio, che l’avversione è la causa della rinascita all’inferno, che
l’attaccamento è la causa della rinascita tra gli spiriti affamati e che l’ignoranza porta a
rinascere nel mondo animale, non significa che un solo atto basato sull’avversione, attaccamento o
ignoranza porti alla rinascita nelle rispettive sfere. Piuttosto significa che c’è un preciso e
comprovato rapporto tra avversione o odio e la rinascita all’inferno, come c’è tra attaccamento o
bramosia e la rinascita come spirito affamato, e tra ignoranza e rinascita come animale. Se queste
azioni abituali motivate da atteggiamenti non salutari non vengono impedite e ostacolate da azioni
virtuose che le bilancino, esse portano alla rinascita in queste tre sfere di dolore.

Tralascio per il momento il mondo umano per andare in quello dei semidei. I semidei sono fisicamente
più forti e mentalmente più acuti degli esseri umani, ma soffrono di gelosie e conflitti. Secondo
l’antica mitologia indiana, i semidei e gli dei coabitano in un albero celeste. Mentre gli dei
godono i frutti dell’albero, i semidei sono solo i custodi delle radici e perciò invidiosi degli
dei. Continuano a cercare di sottrarre i frutti; sfidano gli dei ma sono sempre sconfitti e il
risultato è una grande sofferenza. A causa di questa dilagante gelosia e conflitto, la rinascita tra
i semidei è infelice e sfortunata.

Come negli altri mondi, così anche in quello dei semidei, c’è una causa per questa rinascita. Dal
lato positivo la causa è la generosità, da quello negativo è la gelosia e l’invidia.

Il mondo degli dei è il più felice delle sei sfere. Come conseguenza di azioni salutari fatte in
passato, dell’osservanza dei precetti morali e della pratica della meditazione, ci sono esseri che
rinascono tra gli dei, dove godono piaceri sensuali, felicità spirituale o tranquillità suprema, a
seconda del livello della sfera in cui rinascono. Tuttavia neanche questo mondo è desiderabile,
perché la felicità degli dei è impermanente. Per quanto lunga sia la loro esistenza, quando la forza
del loro karma positivo è esaurita, quando gli effetti della loro condotta morale e del tempo
passato in meditazione sono compiuti, gli dei cadono dal paradiso e rinascono in un’altra sfera. In
quel momento si dice che gli dei provino una sofferenza mentale molto superiore al dolore fisico
provato dagli esseri di altri mondi.

Gli dei rinascono in paradiso in conseguenza della pratica della virtù e della meditazione, ma c’è
anche una controparte negativa in questa rinascita, ed è l’orgoglio. Come si vede, ognuno di questi
cinque regni (infernale, degli spiriti affamati, animale, dei semidei e degli dei) è accompagnato da
afflizioni o contaminazioni, che sono rispettivamente avversione, attaccamento, ignoranza, gelosia e
orgoglio. La rinascita in uno qualsiasi di questi regni è indesiderabile. I tre regni inferiori sono
indesiderabili per ovvie ragioni: sia per l’intensa sofferenza che c’è in essi, sia per l’ignoranza
degli esseri che li abitano. Anche la rinascita tra i semidei e dei è indesiderabile perché, sebbene
essi godano di una certa felicità e potenza, la loro esistenza è impermanente. Inoltre le
distrazioni e i piaceri che vi godono lì, li rendono poco interessati a cercare una via d’uscita dal
ciclo di nascita e morte. Per questo si dice che, dei sei regni d’esistenza, il più fortunato,
auspicabile e vantaggioso è il regno umano. Ed è per questo che ho lasciato per ultimo l’esame di
questo mondo.

Il regno umano è il più vantaggioso dei sei mondi perché come essere umano uno ha la motivazione e
l’opportunità di praticare il Dharma e di raggiungere quindi l’illuminazione. Si ha questa
motivazione e opportunità perché sono presenti le condizioni giuste per praticare la Via. Nel regno
umano si sperimenta sia felicità che sofferenza. Anche se in questa sfera umana la sofferenza è
terribile, non è così totale come nelle tre sfere di dolore. Il piacere e la felicità sperimentate
nel mondo umano non sono così grandi e intensi come il piacere e la felicità sperimentate dagli
esseri celesti e allo stesso tempo gli umani non sono sopraffatti dall’insostenibile sofferenza che
gli esseri infernali provano. Inoltre, a differenza degli animali, gli esseri umani hanno abbastanza
intelligenza da riconoscere la necessità di trovare un mezzo per por fine definitivamente alla
sofferenza.

Ma la nascita umana è difficile da molti punti di vista. Per primo, è difficile dal punto di vista
della causa. La buona condotta è la causa principale della rinascita come essere umano, ma una
condotta veramente buona è estremamente rara. In secondo luogo, la rinascita umana è difficile dal
punto di vista del numero, poiché gli esseri umani sono una frazione minima degli esseri viventi che
abitano i sei regni. Terzo, non basta semplicemente essere nati come umani, perché ci sono
moltissimi esseri umani che non hanno l’opportunità di praticare il Dharma, e sviluppare così le
qualità morali, la concentrazione mentale e la saggezza.

Il Buddha usò una similitudine per illustrare la rarità e la preziosità dell’opportunità di una
rinascita tra gli esseri umani. Supponiamo che tutto il mondo sia solo un vasto oceano, sulla cui
superficie galleggia un collare, spinto in giro dal vento. Supponiamo infine che in fondo all’oceano
viva una tartaruga cieca che viene a galla ogni cento anni. Il Buddha ha detto che ottenere una
rinascita come essere umano è altrettanto raro quanto per la tartaruga mettere il collo esattamente
nel collare quando riemerge alla superficie. Altrove è detto che nascere come esseri umani con
l’opportunità di praticare il Dharma è raro come è raro che, tirando una manciata di piselli secchi
contro un muro di pietra, un pisello rimanga incastrato in una crepa del muro.

Perciò è da pazzi sprecare l’esistenza umana e le fortunate condizioni in cui ci troviamo di vivere
in società libere in cui possiamo avere l’opportunità di praticare il Dharma. E’ molto importante
che facciamo uso di questa occasione che ci è data. Se non pratichiamo il Dharma in questa vita, non
c’è verso di sapere in quale dei sei regni rinasceremo o quando avremo di nuovo una tale
opportunità. Dobbiamo sforzarci di liberarci dal ciclo delle rinascite perché, se non lo facciamo
ora continueremo a girare in un circolo senza fine tra i sei regni dell’esistenza. Quando il karma,
positivo o negativo, che ci costringe a rinascere in uno dei sei mondi è esaurito, rinasciamo di
nuovo e ci ritroviamo in un’altra sfera.

Si dice che ognuno di noi sia andato in giro per questi sei regni da tempo immemorabile. Si dice
anche che se ammucchiassimo tutti gli scheletri che abbiamo avuto in tutte le varie vite passate, la
pila arriverebbe all’altezza del monte Sumeru, e che se raccogliessimo tutto il latte materno che
abbiamo bevuto nelle nostre infinite esistenze, avrebbe un volume maggiore dell’acqua di tutti gli
oceani. Ora perciò che abbiamo l’occasione di praticare il Dharma, dobbiamo farlo senza por tempo in
mezzo.

Negli ultimi anni c’è stata la tendenza ad interpretare i sei regni in termini psicologici. Alcuni
maestri avanzano l’ipotesi che l’esperienza dei sei mondi è possibile già in questa vita. In effetti
potrebbe essere vero. Le persone in prigione, torturate o uccise, sperimentano indubbiamente
situazioni simili a quelle degli esseri infernali; quelli che sono avari e avidi sperimentano uno
stato mentale simile a quello degli spiriti affamati. Quelli che vivono a livello animale
sperimentano uno stato mentale simile a quello degli animali; i litigiosi, assetati di potere e
gelosi si possono paragonare ai semidei e quelli che sono tranquilli, puri, sereni e nobili
sperimentano uno stato mentale simile a quello degli dei. Però, sebbene possiamo sperimentare fino a
un certo punto i sei regni, credo che sia uno sbaglio ritenere che gli altri cinque regni non
abbiano una realtà loro, paragonabile, in termini di realtà, alla nostra esperienza umana. Il mondo
infernale, quello degli spiriti affamati, degli animali, dei semidei e degli dei sono reali quanto
il mondo umano. Ricorderete che la mente crea ogni cosa. Le azioni fatte con una mente pura
(motivate cioè da generosità, amore, ecc.) risultano in felicità, in stati di esistenza come quello
umano o divino. Ma le azioni fatte con mente impura (motivate cioè da attaccamento, avversione,
ecc.) portano a stati infelici come quelli degli spiriti affamati e degli esseri infernali.

Infine vorrei fare una distinzione tra rinascita e trasmigrazione. Avrete notato che nel buddhismo
si parla sempre di rinascita, non di trasmigrazione. E questo perché il buddhismo non crede a
un’entità durevole o sostanza che trasmigra. Non crede in un sé che rinasce. E’ per questo che
quando si spiega la rinascita, facciamo uso di esempi che non richiedono la trasmigrazione di
un’entità o sostanza.

Per esempio quando nasce un germoglio da un seme non vi è una sostanza che trasmigra. Il seme e il
germoglio non sono identici. Ugualmente quando accendiamo una candela con un’altra candela, nessuna
sostanza passa da una all’altra, pur se la prima è la causa della seconda. Quando una biglia ne
colpisce un’altra c’è continuità; l’energia e la direzione della prima biglia si comunica alla
seconda. La prima biglia causa il movimento della seconda in una certa direzione e con una certa
velocità, ma non è la stessa biglia che si muove. Quando entriamo due volte in un fiume, non è lo
stesso fiume, eppure c’è continuità; la continuità di causa ed effetto.

Perciò c’è rinascita ma non trasmigrazione. Esiste la responsabilità morale ma non un sé permanente
e indipendente. Esiste la continuità di causa ed effetto ma non la permanenza. Voglio finire qui con
questo argomento perché riprenderemo l’esempio del seme e del germoglio e quello della fiamma in una
lampada ad olio, quando discuteremo nel capitolo decimo dell’Origine interdipendente. Capiremo
allora meglio come l’Origine interdipendente renda compatibile la responsabilità morale con la
mancanza di un sé.

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