tra metafora dello spazio pieno e metafora dello spazio vuoto:
un ricordo di Marco Todeschini
(Umberto Bartocci, Rocco Vittorio Macri’)
(in occasione del convegno “Cartesio e la scienza”, Perugia, sett. 1996)
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Un convegno in onore di Cartesio, e della perdurante attualita’ del suo dubbio sistematico, e’
certamente un’occasione quanto mai opportuna per ricordare il nome di Marco Todeschini, tanto piu’
che tale associazione ha in realta’ radici particolarmente profonde. In effetti, e’ stato proprio
dal desiderio da parte degli scriventi di celebrare in qualche modo il misconosciuto scienziato
bergamasco che e’ nata viceversa l’idea di un convegno cartesiano. E il riferimento al filosofo
francese va al di la’ di quello che puo’ essere il generico riconoscimento all’imperativo
etico-epistemologico di favorire le espressioni critiche in qualsiasi campo del sapere si voglia,
perche’ si ricollega direttamente al Cartesio fisico, che puo’ dirsi senza tema di smentite essere
anch’esso misconosciuto. Si parla sempre infatti del Cartesio del “Metodo” (1637), delle
“Meditazioni” (1641), ed anche del Cartesio proto-scienziato, sottolineando pero’ di solito anche i
suoi tanti “errori”, ma raramente si fa cenno al grande tentativo di sistemazione effettuato in quel
vero e proprio trattato di fisica teorica che e’ costituito dai “Principia Philosophiae” (1644).
Le ragioni di questo oblio sono facili da comprendersi, visto che la fisica moderna presceglie in
realta’ a suo punto di riferimento ideologico l’approccio quantitativo newtoniano, che si muove
tutto in opposizione a Cartesio ed al suo sistema dell’etere:
“Non ci sara’ assolutamente luogo per i movimenti delle comete, se quella materia immaginaria non
viene completamente rimossa dai cieli”,
scrive un discepolo di Newton, Roger Cotes, nell’Introduzione a una delle successive edizioni dei
“Principia” (1687) del grande scienziato inglese. Albert Einstein gli fa eco qualche secolo piu’
tardi, proponendo di considerare l’introduzione dell’etere “superflua”, nonostante il grande merito
euristico che a questo concetto doveva almeno essere riconosciuto per quanto la sua considerazione
aveva favorito gli straordinari sviluppi dell’elettromagnetismo del XIX secolo. Una rimozione che si
paga a carissimo prezzo, con la rinuncia ad ogni tentativo di spiegazione dei fenomeni naturali in
modo causale nello spazio e nel tempo, e che culmina con quella “epistemologia della
rassegnazione”(1) nel campo della Fisica che e’ oggi purtroppo sotto gli occhi di tutti.
Come dice bene Rene’ Thom(2):
“Descartes, con i suoi vortici e i suoi atomi uncinati, spiegava tutto e non calcolava nulla;
Newton con la legge di gravitazione in 1/r^2 calcolava tutto e non spiegava nulla”;
e, inoltre, se:
“la vittoria del punto di vista newtoniano e’ pienamente giustificata sotto il profilo
dell’efficacia, della possibilita’ di previsione, e quindi di azione, sui fenomeni … non sono
affatto convinto che il nostro intelletto possa accontentarsi di un universo retto da uno schema
matematico coerente, privo pero’ di contenuto intuitivo”.
A partire da tali considerazioni si puo’ riassumere in poche parole chi era Marco Todeschini: un
pensatore che tra i pochissimi in questo secolo lascio’ libero di esprimersi un intelletto che non
si accontentava dell’immagine della Natura offerta dalla scienza contemporanea(3), e seppe
riconoscere con chiarezza, nella vittoria del punto di vista newtoniano su quello cartesiano, la
radice profonda del travaglio intellettuale della Fisica dei secoli successivi. Una scienza che i
successi tecnologici fanno credere meravigliosa ed invincibile, ma che ad occhi piu’ attenti rivela
tutta la sua fragilita’ teoretica(4). Come Todeschini scrive infatti nella sua opera fondamentale
(“La teoria delle apparenze – Spazio-dinamica e Psico-bio-fisica”, Bergamo, 1949, pp. 1-948;
l’autore scrive nella Prefazione: “Questo libro mi e’ costato 30 anni di meditazioni, studi,
ricerche ed esperimenti”), proprio con la cosmogonia di Cartesio l’umanita’ visse “l’istante in cui
[…] per pura intuizione ando’ piu’ vicina alla realta’ dell’architettura dell’Universo”.
Non sembrino tali parole fuor di luogo rispetto al pragmatismo della Fisica dei nostri giorni: non
diversamente si esprime infatti Hermann Weyl nella prefazione al suo “Space Time and Matter”, quando
sostiene che sia stata piuttosto la teoria della relativita’ a far crollare “una parete che ci
separava dalla Verita’”(5).
Un Todeschini pienamente “cartesiano”, dunque, secondo il quale “tutti i fenomeni del mondo fisico
sono riconducibili ad uno solo: il movimento e l’urto di masse”, con riferimento ultimo ai movimenti
dello spazio fluido inerziale (o etere)(6). Ma cartesiano nel modo piu’ vero, e non seguace del
cartesianesimo postumo che del grande filosofo riprende unicamente l’interpretazione meccanicistica
dei fenomeni naturali in chiave riduzionista. Perche’, se tutti i fenomeni del mondo fisico sono
comprensibili in termini di “etere” (res extensa), esiste anche tutta un’intera realta’ spirituale
(res cogitans), che egli “dimostra” ed esamina nella sua Psico-bio-fisica. Un Todeschini che e’
quindi pienamente cartesiano in quanto anche pienamente dualista(7), e pure per questa
caratteristica del suo pensiero ulteriormente emarginato(8), come del resto fu il grande francese
negli anni successivi alla sua morte(9). Ma non abbiamo dubbi che, nonostante gli errori e le
ingenuita’ che si possono riscontrare a volte nella sua trattazione, lo scienziato-filosofo
bergamasco additi una via che puo’ essere, e certamente sara’ ancora, percorsa con soddisfazione
dalle generazioni future.
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1 – Per usare una assai significativa espressione di Franco Selleri, “La causalita’ impossibile”,
Ed. Jaca Book, 1988, p. 13.
2 – “Parabole e Catastrofi, Intervista su matematica scienza e filosofia” a cura di G. Giorello e S.
Morini, Ed. Il Saggiatore, 1980, p. 8.
3 – Ci piace ricordare qui altri scienziati oggi scomparsi, “todeschiniani” (con ovvie naturali
differenze di impostazione personali) quali Niccolo’ Mancini, Omero Speri, Piero Zorzi, e non, quali
Carlo Amata, Pier Carlo Landucci, tanto per limitarsi ai nomi di alcuni italiani, ma non
bisognerebbe dimenticare, tra gli stranieri, almeno le figure di Herbert Dingle, Edward Milne, Juan
Palacios, Carl Zapffe, esponenti tutti di una sorta di “resistenza intellettuale” che meriterebbe un
autore che la volesse e sapesse scrivere.
4 – Tra questi, quelli di Paul Feyerabend, laddove riconosce che “nella maggior parte dei casi la
scienza moderna e’ piu’ opaca, e’ molto piu’ illusoria, della scienza del Cinquecento e del
Seicento” (“Contro il metodo”, Ed. Feltrinelli, 1984, p. 53).
5 – Il problema di questa iniziale maiuscola e’ interessante di per se’, dal momento che appare
tanto nella versione inglese del libro quanto in quella originale tedesca, anche se in quest’ultimo
caso costituisce la normale regola per la scrittura dei sostantivi in quella lingua.
6 – Da “La teoria delle apparenze”, p. 19, ma vedi anche “Psicobiofisica”, p. 47.
7 – Tra coloro che possono dirsi se si vuole cartesiani non dualisti va annoverato il nome di
Giovanni Oldano, due cui relazioni scritte sono disponibili in questo convegno, studioso che ha
anch’egli in qualche modo fatto riferimento al pensiero di Todeschini.
8 – Gli autori ricordano che durante separati colloqui personali con Marco Todeschini, questi ebbe a
dir loro che fu varie volte invitato a rinunciare alla “sezione spirituale” del suo libro, per farne
un trattato piu’ propriamente scientifico, ma che rifiuto’ sempre, considerando tale parte una
componente integrante del suo sistema di pensiero (e, del resto, e’ propria della piu’ pura
tradizione cartesiana la consapevolezza che non puo’ darsi vera scienza senza vera filosofia). Per
dare al lettore una sommaria idea dell’impostazione di quest’opera del tutto “singolare”, e
sublimamente “anacronistica”, diciamo che fino al cap. IX essa si presenta come un ordinario
trattato di fisica teorica, mentre il X capitolo e’ intitolato “Le 10 equivalenze psico-fisiche”, al
quale seguono “Fisio-neurologia spazio-dinamica” (cap. XI) e l’ultimo capitolo, “Il mondo
spirituale”. Indichiamo anche i paragrafi con i quali si articola questo supremo punto d’arrivo
della ricerca todeschiniana:
§ 64 – Le leggi fisico-matematiche e le prove psico-fisiche-sperimentali che dimostrano l’esistenza
dell’anima
§ 65 – L’esistenza dell’Universo fisico e del corpo umano quali prove dell’esistenza dell’anima, del
mondo spirituale e di Dio – La vita terrena dell’anima umana quale scopo dell’Universo fisico –
L’esistenza dell’anima come prova dell’esistenza di Dio
§ 66 – Le prove psico-fisiche che solo l’uomo ha un’anima ragionevole – Dimostrazione della
creazione, indivisibilita’ ed immortalita’ dell’anima umana
§ 67 – Come la vera scienza e la vera filosofia non possono portare che a Dio – La denuncia della
mentalita’ anti-spirituale come causa di parzialita’ della scienza e della sua crisi – Le basi per
l’avvento di una nuova scienza imparziale e lo stato di merito dei cercatori – Conciliazione tra
scienza, filosofia e religione
§ 68 – Il bene ed il male come prove dell’esistenza di Dio
§ 69 – Riassunto generale dell’Opera.
(9) Non si puo’ non ricordare a questo proposito il ruolo di Voltaire, lo scettico filosofo
dell’illuminismo, nella distruzione del pensiero cartesiano, e nella costruzione del “mito” di
Newton (vedi Figura, dove l’inglese appare addirittura assiso in cielo). Citiamo alcuni suoi
commenti in proposito dalle cosiddette “Lettere inglesi”, scritte tra il 1727 e il 1733 (1734; ed.
it. Boringhieri, Torino, 1958):
“Or non e’ molto, in una illustre compagnia, si agitava il problema frivolo e scontato di sapere
quale fosse l’uomo piu’ grande, se Cesare, Alessandro, Tamerlano, Cromwell, ecc. Qualcuno rispose
che era senza dubbio Isacco Newton. Costui aveva ragione
” [Voltaire si lancia successivamente in
una celebrazione dei grandi uomini inglesi, primo tra i quali Francesco Bacone, circostanza che
assume particolare significato alla luce di quanto riportato nel punto C/5 della pagina dedicata
all’Attualita’!]
“Un francese che arriva a Londra trova le cose veramente cambiate, in filosofia come in tutto il
resto. Ha lasciato il mondo pieno; lo trova vuoto. A Parigi, l’universo lo si vede composto di
vortici di materia sottile; a Londra, non si vede niente di tutto cio’.
L’essenza stessa delle
cose e’ talmente cambiata da non potervi accordare ne’ sulla definizione dell’anima ne’ su quella
della materia. Descartes afferma che l’anima e il pensiero sono la stessa cosa, Locke prova
piuttosto bene il contrario.
Il famoso Newton, questo distruttore del sistema cartesiano, mori’
nel mese di marzo dello scorso anno 1727. Ha vissuto onorato dai suoi compatrioti, ed e’ stato
sepolto come un re che abbia fatto del bene ai suoi sudditi. E’ stato qui letto con avidita’ e
tradotto in inglese l’Elogio di Newton pronunciato dal signor Fontenelle all’Accademia delle
Scienze. In Inghilterra si attendeva il giudizio di Fontenelle come una solenne dichiarazione della
superiorita’ della filosofia inglese, ma quando si e’ visto che paragonava Descartes e Newton, tutta
la Societa’ Reale di Londra e’ insorta. [A proposito della “Royal Society” si veda ancora il
richiamato punto C/5!]
La generale opinione sui due filosofi in Inghilterra e’ che il primo era un sognatore, l’altro un
saggio. Sono molto poche a Londra le persone che leggono Descartes, le cui opere in realta’ sono
divenute inutili; molto pochi anche quelli che leggono Newton, perche’ occorre essere molto dotti
per comprenderlo; cio’ nonostante tutti ne parlano
[come nel caso Einstein, vedi il punto 10 della
pagina di Storia della Scienza, il fenomeno della “creazione dei miti” non richiede affatto una
comprensione dell pensiero del venerato]
In una critica che a Londra e’ stata fatta al discorso di Fontenelle, si e’ osato asserire che
Cartesio non era un grande geometra. Coloro che parlano cosi’ possono rimproverarsi di battere la
loro nutrice; Descartes ha fatto tanto progredire la geometria nel suo cammino, dal punto in cui
l’ha trovata a quello cui l’ha condotta, quanto dopo di lui Netwon
Introdusse il suo spirito
geometrico ed inventivo nella diottrica, che divenne nelle sue mani un’arte completamente nuova; e
se su qualche punto s’inganno’, e’ perche’ un uomo che scopre nuove terre non puo’ subitamente
conoscerne tutte le caratteristiche; quanti vengono dopo di lui e rendono fertili quelle terre gli
devono almeno riconoscenza per la scoperta. Non nego che tutte le opere di Descartes brulichino di
errori. La geometria rappresentava una guida da lui stesso in qualche modo formata, e che l’avrebbe
fatto procedere sicuramente nella sua fisica; tuttavia egli abbandono’ infine quella guida e si
dette allo spirito di sistema. Allora la sua filosofia divenne solo un romanzo ingegnoso, e tutt’al
piu’ verosimile per gli ignoranti. S’inganno’ sulla natura dell’anima, sulle prove dell’esistenza di
Dio, sulla materia, sulle leggi del movimento, sulla natura della luce; ammise idee innate, invento’
nuovi elementi, creo’ un mondo, fece l’uomo a suo modo, e si dice a ragione che l’uomo di Descartes
e’ appunto soltanto l’uomo di Descartes, assai lontano dall’uomo vero
Ma non e’ eccessivo
affermare che si dimostrava degno di stima anche nei suoi deviamenti. Sbaglio’, ma se non altro lo
fece con metodo e con spirito conseguente; distrusse le assurde chimere con cui da duemila anni si
riempivano le idee dei giovani; insegno’ agli uomini del suo tempo a ragionare e a servirsi contro
di lui delle sue stesse armi. Se non ha pagato in moneta buona, e’ molto che abbia screditato la
cattiva. Non credo che si osi, in verita’, minimamente paragonare la sua filosofia a quella di
Newton: la prima e’ un tentativo, la seconda e’ un capolavoro”.
iniziatore della modernita’ e dell’ateismo razionalista per chi sostiene ancora il punto di vista
spiritualista, sognatore pieno di errori per coloro che preferiscono ricordare, nella fondazione
della scienza moderna, i nomi di Galileo e di Newton ]
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Marco Todeschini (Valsecca di Bergamo 25/04/1899 13/10/1988)
Bibliografia
1931 “L’aberrazione cinetica dei raggi catodici”, Ed. Ambaglio, Pavia.
1949 “La teoria delle apparenze – Spazio-dinamica e psico-bio-fisica”, Istituto italiano d’arti
grafiche, Bergamo.
1951 “La psicobiofisica quale scienza unificatrice delle leggi e dei fenomeni dell’Universo”, in
Atti del Convegno di Psicobiofisica promosso dal Centro Studi di Metabiologia di Torino, SATET,
Torino.
1953 “La Psicobiofisica”, Centro Internazionale di Psicobiofisica, Bergamo.
1955 “Revisione delle basi sperimentali e teoriche della fisica moderna”, in “Einstein o Todeschini?
Qual e’ la chiave dell’universo?”, AA.VV., Bollettino d’Informazioni Scientifiche N. 9, a cura del
Movimento Psicobiofisico Internazionale S. Marco, Scuole professionali “T.O.M.”, Bergamo.
1957 “L’unificazione qualitativa della materia e dei suoi campi di forze continui ed alterni”, in
Atti dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di Bergamo, Rendiconti della Classe di Scienze Fisiche,
Vol. XXIX, Anni 1955-1956, Tipografia Editrice Secomandi, Bergamo.
1960 “Le vie che portano alla scienza cosmica unitaria”, Centro Internazionale di Psicobiofisica,
Bergamo.
1961 “Esperimenti decisivi per la fisica moderna”, Centro Internazionale di Psicobiofisica, Bergamo.
1969 “Scienza Universale”, in Atti dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di Bergamo, Rendiconti
della Classe di Scienze Fisiche, Vol. XXXIV, Anni 1968-1969, Tipografia Editrice Secomandi, Bergamo.
1978 “Psicobiofisica – Scienza unitaria del creato”, Casa Editrice MEB, Torino.
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