del Venerabile Ajahn Sumedo
Prima parte
Sono più di trent’anni che Ajahn Sumedho rappresenta concretamente la via
del Buddha. Da giovane si è laureato all’Università Berkley in California,
ha esercitato la medicina nella Marina e ha insegnato nei Peace Corps. Per
dieci anni ha studiato accanto al famoso maestro di meditazione Ajahn Chah,
che per la prima volta nominò un Occidentale come abate di un monastero
Thai. Ora vive in Inghilterra, a capo di una comunità spirituale di monaci
e monache.)
INTRODUZIONE
La ragione per la quale io e voi abbiamo dovuto percorrere faticosamente
questo lungo cammino risiede nel fatto che non abbiamo scoperto, non
abbiamo penetrato quattro verità. Quali sono? Esse sono: la Nobile Verità
della Sofferenza, la Nobile Verità dell’Origine della Sofferenza, la Nobile
Verità della Cessazione della Sofferenza, e la Nobile Verità del Sentiero
che conduce alla Cessazione della Sofferenza.
(Digha Nikaya, Sutta 16).
Il Dhammacakkappavattana Sutta, l’insegnamento del Buddha sulle Quattro
Nobili Verità è stato, in tutti questi anni, il più importante punto di
riferimento che ho avuto per la pratica. E’ l’insegnamento che seguiamo nel
nostro monastero in Thailandia. La scuola buddhista Theravada considera
questo Sutta come la quintessenza dell’insegnamento del Buddha. Esso da
solo contiene tutto ciò che è necessario sapere per comprendere il Dhamma
ed arrivare all’Illuminazione.
Sebbene il Dhammacakkappavattana Sutta venga considerato il primo sermone
che il Buddha abbia tenuto subito dopo la sua Illuminazione, a me piace
invece immaginare che il primo sermone lo abbia tenuto ad un asceta che
incontrò durante il suo cammino verso Varanasi. Dopo la sua Illuminazione a
Bodh Gaya il Buddha pensò: ‘E’ una dottrina così sottile che non posso
mettere in parole ciò che ho scoperto, per cui non mi dedicherò
all’insegnamento. Resterò seduto sotto l’albero della Bodhi per il resto
della mia vita’.Personalmente è un’idea che mi tenta parecchio, quella di
ritirarmi a vivere da solo e di non avere più a che fare con i problemi
della società. Però, mentre il Buddha stava pensando queste cose, Brahma
Sahampati, il dio creatore dell’Induismo, si accostò al Buddha e lo
convinse ad andare ad insegnare. Brahma Sahampati persuase il Buddha
dicendo che sicuramente c’erano degli esseri che lo avrebbero capito,
poiché avevano solo un leggero strato di polvere sugli occhi.
L’insegnamento del Buddha, quindi, fu indirizzato a coloro che avevano solo
un po’ di polvere sugli occhi; sono sicuro che egli non pensò che sarebbe
diventato un movimento popolare, di massa.Dopo la visita di Brahma
Sahampati, il Buddha stava andando da Bodh Gaya a Varanasi, quando incontrò
sulla strada un asceta, che rimase impressionato dal suo aspetto raggiante,
t’asceta gli chiese: “Che cosa avete scoperto di così sublime?” e il Buddha
rispose: “Sono il perfetto illuminato, l’Arahant, il Buddha”.
Mi piace considerare questo il suo primo sermone. Fu un fallimento, perché
l’uomo, udendolo parlare così, pensò che il Buddha si fosse sottoposto a
pratiche troppo rigide e che esagerasse oltre misura nel vantarsi. Se
qualcuno ci dicesse cose simili, penso che anche noi reagiremmo nella
stessa maniera. Cosa fareste voi se io vi dicessi: “Sono il perfetto
illuminato”?
In effetti l’affermazione del Buddha fu un insegnamento molto preciso e
profondo. E’ l’insegnamento perfetto, ma la gente non può capirlo; lo
fraintende e pensa che venga dall’ego, perché la gente interpreta ogni cosa
partendo dal proprio ego. ‘Sono il perfetto illuminato’: può sembrare sua
Illuminazione a Bodh Gaya il Buddha pensò: ‘E’ una dottrina così sottile
che non posso mettere in parole ciò che ho scoperto, per cui non mi
dedicherò all’insegnamento. Resterò seduto sotto l’albero della Bodhi per
il resto della mia vita’.
Personalmente è un’idea che mi tenta parecchio, quella di ritirarmi a
vivere da solo e di non avere più a che fare con i problemi della società.
Però, mentre il Buddha stava pensando queste cose, Brahma Sahampati, il dio
creatore dell’Induismo, si accostò al Buddha e lo convinse ad andare ad
insegnare. Brahma Sahampati persuase il Buddha dicendo che sicuramente
c’erano degli esseri che lo avrebbero capito, poiché avevano solo un
leggero strato di polvere sugli occhi. L’insegnamento del Buddha, quindi,
fu indirizzato a coloro che avevano solo un po’ di polvere sugli occhi;
sono sicuro che egli non pensò che sarebbe diventato un movimento popolare,
di massa.
Dopo la visita di Brahma Sahampati, il Buddha stava andando da Bodh Gaya a
Varanasi, quando incontrò sulla strada un asceta, che rimase impressionato
dal suo aspetto raggiante, t’asceta gli chiese: “Che cosa avete scoperto di
così sublime?” e il Buddha rispose: “Sono il perfetto illuminato,
l’Arahant, il Buddha”.
Mi piace considerare questo il suo primo sermone. Fu un fallimento, perché
l’uomo, udendolo parlare così, pensò che il Buddha si fosse sottoposto a
pratiche troppo rigide e che esagerasse oltre misura nel vantarsi. Se
qualcuno ci dicesse cose simili, penso che anche noi reagiremmo nella
stessa maniera. Cosa fareste voi se io vi dicessi: “Sono il perfetto
illuminato”?
In effetti l’affermazione del Buddha fu un insegnamento molto preciso e
profondo. E’ l’insegnamento perfetto, ma la gente non può capirlo; lo
fraintende e pensa che venga dall’ego, perché la gente interpreta ogni cosa
partendo dal proprio ego. ‘Sono il perfetto illuminato’: può sembrare
un’affermazione
egoica, ma non è invece perfettamente trascendente? E’ interessante
contemplare l’affermazione: ‘Io sono il Buddha, il perfetto Illuminato’,
poiché coniuga l’uso di ‘Io sono’ con conseguimenti o realizzazioni
eccelse. In ogni caso, il risultato del primo insegnamento del Buddha fu
che l’ascoltatore non potè capirlo e se ne andò.
Più tardi il Buddha incontrò i suoi precedenti compagni, nel Parco dei
Daini a Varanasi. Tutti e cinque si erano sinceramente dedicati al più
stretto ascetismo ed erano rimasti delusi dal Buddha, pensando che egli
volesse abbandonare la pratica. Era infatti accaduto che il Buddha, prima
dell’Illuminazione, avesse cominciato a capire che l’ascetismo troppo
rigido non poteva condurre all’Illuminazione; così aveva abbandonato quella
strada e i suoi cinque amici pensarono che se la stesse« prendendo comoda:
forse lo videro mangiare riso al latte, che corrisponderebbe oggi ad una
scorpacciata di gelati. Se siete un asceta e vedete un monaco mangiare un
mucchio di gelati forse perdereste fiducia in lui, perché si pensa che i
monaci debbano solo mangiare zuppa d’ortica. Se veramente amate l’ascetismo
e mi vedete mangiare una coppa di gelato, non avreste fiducia in Ajahn
Sumedho. Questo è i lmodo di procedere della mente umana; abbiamo la
tendenza ad ammirare eccessivamente i gestii plateali di auto tortura e di
abnegazione.
Quando persero la fiducia nel Buddha, quei cinque amici lo lasciarono –
cosa che gli diede l’opportunità di sedersi sotto l’albero della Bodhi e
giungere all’Illuminazione.
Si alzarono per lasciargli posto a sedere ed allora egli pronunciò il
sermone sulle Quattro Nobili Verità.
Questa volta, invece di dire ‘Io sono l’Illuminato’ disse ‘C’è la
sofferenza, c’è l’origine della sofferenza, c’è la cessazione della
sofferenza, c’è il sentiero che conduce fuori dalla sofferenza’.. Messo in
questa maniera, il suo insegnamento non ha bisogno di essere approvato o
confutato. Se avesse detto ‘Sono il perfetto illuminato’ saremmo stati
obbligati ad essere d’accordo o in disaccordo, oppure forse saremmo stati
sorpresi. Non avremmo saputo considerare altrimenti quelle parole. Invece,
dicendo ‘c’è la sofferenza, c’è una causa e una fine di essa e c’è la via
che conduce fuori dalla sofferenza’, egli offrì qualcosa su cui riflettere.
“Che vuoi dire? Che vuoi dire con sofferenza, con origine e cessazione
della sofferenza, e con il sentiero?”
Cominciamo a contemplare, cominciamo a pensarci su. All’affermazione ‘Io
sono il perfetto illuminato’ potremmo ribattere: ‘Ma è veramente
illuminato?’…’Non ci credo’. Dobbiamo ribattere qualcosa, non siamo
pronti ad un insegnamento così diretto.
Ovviamente il primo sermone del Buddha era stato indirizzato a qualcuno che
aveva molta polvere negli occhi, ed era fallito. Così, alla seconda
occasione, parlò delle Quattro Nobili Verità.
Poi, incontrando di nuovo il Buddha nel Parco dei Daini di Varanasi,
immediatamente pensarono: ‘Sappiamo che tipo è. Non occupiamoci più di
lui’. Ma, mentre egli si avvicinava, si accorsero che c’era qualcosa di
speciale in lui….
(continua)
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