Le Quattro Nobili Verità 11

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Le Quattro Nobili Verità 11

del Venerabile Ajahn Sumedho

– Undecima parte

La mente di un bimbo è intuitivamente in contatto con delle forze
misteriose, molto di più di quanto lo sia la mente di un adulto. Infatti
crescendo siamo sempre più condizionati a pensare in un modo predefinito,
ad avere idee già impostate su ciò che è reale o meno. Man mano che
sviluppiamo l’ego, la società ci dice cosa è reale e cosa non lo è, ciò che
è giusto e ciò che è sbagliato, e cominciamo ad interpretare il mondo
attraverso queste percezioni predefinite. Quello che è affascinante nei
bambini è proprio il fatto che non hanno questi stereotipi: vedono il mondo
con la mente intuitiva, non ancora condizionata.

La meditazione è un modo di decondizionare la mente e ci aiuta a lasciar
andare i pregiudizi e le idee preconcette che abbiamo. Generalmente
volgiamo la nostra attenzione verso ciò che non è reale e scartiamo ciò che
è reale. Questa è ignoranza (aviya).

La contemplazione delle nostre aspirazioni umane ci mette in contatto con
qualcosa di più alto del mondo animale o del pianeta terra. Questo contatto
mi sembra più reale della convinzione che tutto ciò che abbiamo è qui, e
che una volta morti, i corpi si corrompono e non c’è nient’altro. Quando
riflettiamo e meditiamo su questo universo in cui viviamo, vediamo che è
molto vasto, misterioso e spesso incomprensibile. Infatti, quando diamo
credito alla mente intuitiva, diventiamo ricettivi verso cose che possiamo
aver dimenticato o a cui non ci siamo mai aperti; ci apriamo quando
lasciamo andare le reazioni fisse, condizionate.

Avere l’idea di essere un individuo, di essere un uomo o una donna, di
essere inglese o americano, ci sembra molto reale, e ci arrabbiamo se
qualcuno ci contesta. Arriviamo fino al punto di ucciderci a vicenda a
causa di queste idee condizionate a cui teniamo, a cui crediamo e che non
mettiamo mai in discussione. E mai ne vedremo la vera natura senza la Retta
Aspirazione e la Retta Comprensione, cioè senza panna.

RETTA PAROLA, RETTA AZIONE, RETTO SOSTENTAMENTO

Sila, l’aspetto morale dell’Ottuplice Sentiero, consiste di Retta Parola,
Retta Azione e Retto Sostentamento, che vuol dire prendersi la
responsabilità per le parole che diciamo e stare attenti a ciò che fa il
nostro corpo. Quando siamo consapevoli e attenti, parliamo in modo
appropriato al luogo e al tempo in cui siamo; allo stesso modo agiamo e
lavoriamo in accordo con lo spazio e il tempo in cui siamo.

Cominciamo a capire che dobbiamo stare attenti a ciò che diciamo e
facciamo, altrimenti continueremo a fare del male a noi stessi. Se diciamo
o facciamo cose crudeli o violente, ne risentiamo immediatamente i
risultati. Forse nel passato riuscivamo ad illuderci, mentendo a noi
stessi, distraendoci o sfuggendo, in modo da non dover affrontare la
situazione. Potevamo dimenticarcene per un po’, ma prima o poi essa ci
ricadeva addosso. Con sila sembra che le cose abbiano una rispondenza
immediata. Quando esagero, vi è qualcosa in me che dice: “Non devi
esagerare, devi stare più attento”. Io avevo questa abitudine, di esagerare
– è anche parte della nostra cultura e sembrava una cosa normalissima. Ma
quando si è consapevoli, l’effetto anche della più piccola bugia o
pettegolezzo è immediato, proprio perché si è completamente aperti,
vulnerabili e sensibili. Quindi state attenti a quello che fate; cercate di
capire quanto è importante sentirsi responsabili per ciò che si dice o si
fa.

Il pensiero di aiutare qualcuno è un dhamma (impulso) appropriato. Se
vedete qualcuno cadere svenuto, nella mente sorge un dhamma appropriato:
‘Aiuta quella persona’ e vi precipitate a soccorrerla. Se lo fate con una
mente vuota – senza il desiderio di un qualche guadagno, ma solo per
compassione
e perché è la cosa giusta da fare – allora è semplicemente un
dhamma appropriato. Non è un
kamma personale, non è vostro. Ma se lo fate per ottenere meriti, per
attirare l’attenzione degli altri o perché quella persona è ricca e vi
aspettate un premio per la vostra azione, allora -pur rimanendo un’azione
appropriata – la rapportate al vostro ego facendone qualcosa di personale e
ciò rinforza il senso di un sé. Quando facciamo buone azioni in piena
consapevolezza e saggezza, invece che per ignoranza, esse sono
dhamma appropriati, senza kamma personali.

La vita monastica è stata istituita dal Buddha perché uomini e donne
potessero vivere una vita impeccabile, irreprensibile. I monaci vivono
all’interno di un sistema di regole e di esercizi chiamato
Disciplina, Patimokkha.
Vivendo nel contesto di questa disciplina, anche se le loro azioni o i
loro discorsi sono negligenti, non possono creare disordini gravi. Infatti,
non possiedono denaro per cui non possono andare dove vogliono a meno che
non siano invitati. Sono casti. Dato che vivono di offerte, non uccidono
animali per nutrirsi. Addirittura non raccolgono fiori o foglie e non fanno
nulla che possa disturbare il fluire della natura; non fanno del male a
nessuno, tanto è vero che quando ero in Thailandia dovevamo mettere dei
filtri all’acqua potabile per non inghiottire niente che fosse vivo, come
ad esempio larve d’insetti. E’ assolutamente proibito uccidere
intenzionalmente chicchessia.

Sono già venticinque anni che vivo con questa Regola per cui non ho potuto
fare azioni gravemente karmiche. Con tale disciplina si vive in modo
veramente responsabile senza far male a nessuno. Qualche difficoltà forse
sorge con il parlare; il modo di parlare è basato su un’abitudine molto
resistente ed è difficile liberarsene; ma anche questo può migliorare.
Riflettendo e contemplando, si riesce a vedere quanto sia spiacevole dire
cose sciocche o semplicemente chiacchierare a vuoto, senza ragione.

Per quanto riguarda i laici, il Retto Sostentamento è qualcosa che si
sviluppa quando si arriva a conoscere bene le proprie intenzioni. Potete
evitare di fare del male volontariamente ad altre creature e di guadagnarvi
da vivere in modo pericoloso e dannoso. Potete evitare anche di procurarvi
sostentamento con mezzi che possano rendere altri dipendenti da droghe o
alcool ed evitare di danneggiare il sistema ecologico della terra.

La Retta Azione, la Retta Parola e il Retto Sostentamento derivano dalla
Retta Comprensione o conoscenza perfetta. Cominciamo a sentire di voler
vivere in un modo che sia una benedizione per questo pianeta o perlomeno
che non sia di danno ad esso.

La Retta Comprensione e la Retta Aspirazione hanno una grande influenza su
ciò che diciamo e facciamo. Così panna, o saggezza, ci porta a sila:
Retta Parola, Retta Azione e Retto Sostentamento. Sila si riferisce alle
parole e alle azioni; con* sila* freniamo l’istinto sessuale o l’uso
violento del corpo, non lo usiamo cioè per uccidere o rubare. In tal modo
panna e sila agiscono insieme in perfetta armonia.

RETTO SFORZO, RETTA CONSAPEVOLEZZA, RETTA CONCENTRAZIONE

Retto Sforzo, Retta Consapevolezza e Retta Concentrazione riguardano i
sentimenti, il cuore. Quando pensiamo ai sentimenti li indichiamo al centro
del torace, dove sta il cuore. Abbiamo perciòche è Retta Parola, Retta
Azione e Retto Sostentamento; e infine il Retto Sforzo, la Retta
Consapevolezza e la Retta Concentrazione – la mente equilibrata ed
equanime, la serenità emotiva. La serenità è l’equilibrio delle emozioni,
che si sostengono a vicenda, senza oscillazioni, senza alti e bassi
continui. Vi è un senso di beatitudine, vi è una perfetta armonia fra
intelletto, istinti ed emozioni. Si sostengono l’un l’altro, si aiutano
vicendevolmente. Non sono più in conflitto, non si buttano in situazioni
estreme e, proprio per questo, cominciamo a sentire una grande pace nella
mente. L’Ottuplice Sentiero comunica un senso di agio, di sicurezza – un
senso di equanimità e di equilibrio emotivo. Ci sentiamo a nostro agio,
invece di provare un tremendo senso di ansietà, di tensione e conflitto
emotivo. Vi è chiarezza ora, vi è pace, fermezza, conoscenza. Bisogna
sviluppare questa intuizione dell’Ottuplice Sentiero: questo è
bhavana, ma in questo caso usiamo la parola
bhavana per indicare sviluppo, progresso.

ASPETTI DELLA MEDITAZIONE

Questa riflessività della mente o equilibrio emotivo si sviluppa in seguito
alla pratica della concentrazione e della meditazione di consapevolezza.
Fatene l’esperienza durante un ritiro: passate un’ora facendo
meditazione samatha,
concentrando la mente su un unico oggetto, ad esempio la sensazione del
respiro. Mantenete questa consapevolezza, e continuate a riportarla alla
coscienza in modo da creare una continuità di consapevolezza nella mente.

In questo modo vi concentrate su ciò che sta capitando nel vostro stesso
corpo, invece che essere proiettati fuori su oggetti dei sensi. Se non
avete un rifugio interiore, continuate a proiettarvi all’esterno; venite
assorbiti dai libri, dal cibo e da ogni sorta di distrazioni. Ma questo
continuo movimento della mente è estenuante. La pratica quindi sarà quella
di osservare il respiro e non seguire la tendenza a cercare qualcosa al di
fuori di voi. Portate l’attenzione sul respiro del vostro stesso corpo e
concentrate la mente su questa sensazione. Man mano che progredite,
passerete da sensazioni grossolane ad altre sempre più sottili e finalmente
diventerete voi stessi quella sensazione. Qualunque sia l’oggetto in cui vi
assorbite, diventate quello per un certo tempo. Quando vi concentrate
veramente, diventate quella condizione di tranquillità. Siete diventati
tranquilli. E’ questo che chiamiamo diventare. La meditazione samatha è
un processo di divenire.

Ma se indagate bene, quella tranquillità non è una tranquillità
soddisfacente. C’è qualcosa che manca in essa, poiché dipende da una
tecnica, da un attaccamento, da un aggrapparsi, da qualcosa che comunque
inizia e finisce. Diventate qualcosa, ma solo per un tempo limitato, perché
il divenire è una cosa mutevole, non è una condizione permanente. Per cui
qualsiasi cosa diventiate, vi è poi la fine di quel divenire. Non è la
realtà ultima. Per quanto la vostra concentrazione sia profonda, sarà
sempre una condizione insoddisfacente. La meditazione samatha vi porta ad
eccelse e brillanti esperienze mentali, ma anch’esse finiscono.

Se poi continuate con la meditazione vipassana per un’altra ora,
praticando la pura consapevolezza, lasciando andare tutto e accettando
l’incertezza, il silenzio e la cessazione delle condizioni, allora il
risultato sarà non soltanto la calma, ma anche una pace profonda. E questa
sarà una pace perfetta, completa. Non è la tranquillità di samatha, che
ha sempre qualcosa di imperfetto e insoddisfacente anche nei momenti più
intensi. Solo la realizzazione della cessazione, man mano che la sviluppate
e la capite, vi porterà alla vera pace, al non-attaccamento, al Nibbana.

Quindi si può dire che samatha e vipassana siano due momenti specifici
della meditazione. Il primo sviluppa stati mentali molto concentrati su
oggetti così sottili che la coscienza si raffina al massimo. Ma chi è molto
raffinato, chi ha una grande forza di pensiero e il gusto della vera
bellezza, può sviluppare un grande attaccamento e sentire insopportabile
tutto ciò che è grossolano. Coloro che hanno dedicato la propria vita
soltanto alle esperienze sottili, si sentiranno spaventati e frustrati
quando non riusciranno più, nella vita quotidiana, a mantenersi a un
livello così alto e sottile.

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