del Venerabile Ajahn Sumedo
– sesta parte
LA SECONDA NOBILE VERITÀ’
Qual’è la Nobile Verità dell’Origine della Sofferenza? E’ la brama che dà
luogo ad una nuova rinascita e, legata alla voluttà e al desiderio, trova
nuovi piaceri ora qui ora là, ossia: brama del piacere dei sensi, brama di
esistenza, brama di non-esistenza.
Da dove questa brama sorge e prende vigore? Ovunque vi siano delle cose
che sembrano dilettevoli e gratificanti, da lì questa brama sorge e prende vigore.
C’e’ la Nobile Verità dell’Origine della Sofferenza. Questa fu la visione,
l’intuizione, la sapienza, la conoscenza, la chiarezza
che sorsero in me su cose mai udite prima.
Questa Nobile Verità deve essere compresa a fondo abbandonando l’origine
stessa della sofferenza…
Questa Nobile Verità è stata compresa a fondo abbandonando l’origine
stessa della sofferenza: questa fu la visione, l’intuizione, la sapienza,
la conoscenza, la chiarezza che sorsero in me su cose mai udite prima.
La Seconda Nobile Verità, nei suoi tre aspetti, enuncia: “C’è l’origine
della sofferenza, che è l’attaccamento al desiderio. Bisogna lasciare
andare il desiderio. Il desiderio è stato abbandonato”.
La Seconda Nobile Verità dice che vi è un’origine della sofferenza e che
l’origine della sofferenza è l’attaccamento ai tre tipi di desiderio:
desiderio per il piacere dei sensi (kama tanha), desiderio di essere o
divenire (bhava tanha) e desiderio di non essere (vibhava
tanha). Questo è ciò che afferma la Seconda Nobile Verità, la sua
tesi, (pariyatti). Ciò che va contemplato è: l’origine della sofferenza sta
nell’attaccamento al desiderio.
TRE TIPI DI DESIDERIO
Il desiderio, o tanha in Pali, è una cosa importante da capire. Che cos’è
il desiderio? E’ molto facile comprendere cosa sia kama tanha. Questo
tipo di desiderio è alla ricerca del piacere dei sensi, per mezzo del corpo
o dei sensi, sempre inseguendo ciò che eccita o diletta i sensi: questo è kama
tanha.
Contemplate cosa avviene quando si sente il desiderio di un piacere. Per
esempio, state mangiando, siete affamati e il cibo è delizioso; se siete
consapevoli di volerne ancora, osservate questa sensazione mentre
assaggiate qualcosa di piacevole e osservate voi stessi mentre ne volete
ancora. Ma vi prego di non fermarvi a credermi sulla parola, provate voi
stessi. Non pensate di saperlo perché è stato così nel passato. Provatelo
mentre state mangiando. Assaggiate qualcosa di buono e osservate cosa
capita: viene il desiderio di averne di più. Questo è kama tanha.
Contempliamo ora la sensazione di voler divenire qualcun’altro. Se c’è
ignoranza, quando non cerchiamo qualcosa di buono da mangiare o qualche
dolce musica da ascoltare, allora veniamo attirati nella sfera
dell’ambizione o del traguardo da raggiungere: questo è il desiderio di
divenire. Siamo invischiati nella frenesia di diventare felici, nella
ricerca della salute perfetta; oppure cerchiamo di rendere importante la
nostra vita impegnandoci a raddrizzare il mondo! Notate questa sensazione
di voler diventare qualcosa di diverso da ciò che siete ora.
Ascoltate la bhava tanha della vostra vita: “Voglio praticare la
meditazione per liberarmi del dolore. Voglio diventare illuminato. Voglio
diventare un monaco od una monaca. Voglio diventare un illuminato rimanendo
laico. Voglio avere una moglie, dei figli, una professione. Voglio godermi
il mondo dei sensi senza dover rinunciare a niente; anzi, diventando anche
un arahant.”
Quando però ci sentiamo falliti nella nostra ricerca di diventare
qualcun’altro, allora desideriamo liberarci di qualcosa. A questo punto
fermiamoci a contemplare vibhava tanha, il desiderio di liberarsi da
qualcosa: “Voglio liberarmi dalle mie sofferenze. Voglio liberarmi dalla
mia rabbia. Ho tanta rabbia e me ne voglio liberare. Voglio liberarmi dalla
gelosia, dalla paura, dall’ansietà”. Prendetene nota di tutti questi
“voglio” come di una riflessione su vibhava tanha. La contempliamo
all’interno di noi, mentre vuole liberarsi da qualcosa: non cerchiamo di
liberarci da vibhava tanha, non stiamo prendendo posizione contro il
desiderio di liberarci dalle cose né incoraggiamo questo desiderio.
Cerchiamo solo di riflettere: “E’ così; questa è la sensazione che si prova
quando ci si vuol liberare da qualcosa o quando mi impongo di superare la
mia rabbia o uccidere il Diavolo o liberarmi dall’avidità – per potere
infine divenire… In questo modo, notiamo che ‘diventare’ e ‘liberarsi da’
sono modi di pensare molto simili.
Ricordatevi che le tre categorie di kama tanha, bhava tanha e vibhava tanha
sono solo dei modi di contemplare il desiderio. Non sono differenti forme
di desiderio, semplicemente diversi aspetti di esso.
La seconda intuizione sulla Seconda Nobile Verità è: “Il desiderio deve
essere lasciato andare”. Ecco come il ‘lasciare andare’ entra nella nostra
pratica. Avete l’intuizione che dovete lasciare andare, ma questa
intuizione non è un desiderio di lasciare qualcosa. Se non siete saggio e
veramente riflessivo di mente, tenderete ad avere il solito atteggiamento:
“voglio sbarazzarmi di, voglio lasciare andare tutti i miei desideri”, ma
questo è continuare a desiderare. Potete però fermarvi a riflettere: potete
osservare il desiderio di liberarvi di qualcosa, il desiderio di divenire o
il desiderio di piaceri sensuali; soltanto comprendendo questi tre tipi di
desiderio, potrete liberarvene.
La Seconda Nobile Verità non vi chiede di pensare “ho molti desideri
sensuali”, oppure “sono molto ambizioso, sono completamente immerso
nel*bhava tanha”,
oppure “sono un perfetto nichilista, non mi piace nulla, non vedo
che*vibhava tanha, ecco cosa sono!”.
No, la Seconda Nobile Verità non va presa così; ci
chiede di non identificarci con i desideri; solo di riconoscerli.
Avevo preso l’abitudine di passare molto tempo ad osservare quanta parte
della mia pratica fosse desiderio di diventare qualcosa. Per esempio,
quanta parte delle buone intenzioni della mia pratica meditativa di monaco
tendesse al fatto di venire apprezzato, quanta parte dei miei rapporti con
gli altri monaci o monache o con i laici avesse a che fare col fatto di
voler essere apprezzato ed approvato. Cioè quanta bhava tanha, quanto
desiderio di lode e di successo, ci fosse in me. Come monaci, si ha* bhava
tanha di volere che la gente comprenda e apprezzi pienamente il Dhamma.
Anche questi semplici, seppur nobili desideri, sono bhava tanha.
C’è poi bhava tanha anche nella vita spirituale ed è facile sentirsi
fieri di averla: ‘Voglio liberarmi da queste impurità, annullarle,
sterminarle”. Ascoltavo me stesso pensare: ‘Voglio liberarmi dal desiderio.
Voglio liberarmi dalla rabbia. Non voglio più provare paura o gelosia.
Voglio essere coraggioso. Nel mio cuore voglio che ci sia solo gioia e
serenità”.
Ma la pratica del Dhamma non significa odiare se stessi perché si hanno
simili pensieri, ma vederli come condizionamenti della mente. Sono
impermanenti. I desideri non sono noi, ma sono la via attraverso cui noi
tendiamo a reagire, per ignoranza, quando non abbiamo capito le Quattro
Nobili Verità nei loro tre aspetti. E tendiamo a reagire in questo modo in
ogni occasione. Sono normali reazioni dovute all’ignoranza.
Ma non dobbiamo continuare a soffrire. Non siamo inermi vittime del
desiderio; possiamo lasciare che il desiderio sia quello che è, cominciando
così a lasciarlo andare.
Il desiderio ha potere su di noi e ci trascina se ci attacchiamo ad esso,
se gli crediamo o se vi reagiamo contro.
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