da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
L’invasione ariana e la rivincita dei nuovi dei sul serpente
La rassomiglianza di questa vittoria di Zeus: contro Tifone, con quella di Indram re del Pantheon
vedico sul serpente cosmico Vritra è fuori discussione. I due miti sono delle varianti di un unico
archetipo.
La vittoria del principio della libera volontà, assieme al suo corollario morale della
responsabilità individuale, hanno definito la prima caratteristica distintiva del mito
specificamente occidentale, e qui mi riferisco non solo ai miti dell’Europa Ariana (Greci, Romani,
Celti e Tedeschi) ma anche a quelli delle popolazioni Semitiche ed Ariane del Levante: Accadici,
Semitici, Babilonesi, Fenici, Ebrei e Arabi, Persiani, Ariani, Armeni, Frigi, Traco
Illirici e Slavi. Perché sia che consideriamo le vittorie di Zeus e Apollo Teseo Perseo Giasone ecc.
sui draghi dell’Età dell’oro, sia che consideriamo la vittoria di Yahweh sul Leviatano; la lezione è
la stessa, quella cioè di una potenza semovente che soverchia qualsiasi forza del destino di
qualsiasi serpente legato alla terra. Tutti si ergono a contestare l’adorazione della Terra e dei
demoni della fertilità della Terra. Un’adorazione dei poteri della fertilità che comprende tutta la
vita vegetale ed animale è abbastanza ampia da essere solida e sana. Ma man mano che l’uomo pone
sempre più a1 centro della sua attenzione la sua umanità, una tale adorazione diventa un’ovvia fonte
di pericolo ed insanità.
L’albero dai pomi d’oro
Le pitture su di un altro vaso mostrano il mitico albero dei pomi d’oro nella terra del tramonto
delle Esperidi. Un immenso serpente cornuto è avvinto all’albero e da una caverna nella terra alle
sue radici sgorga una polla d’acqua con due bocche mentre le amabili Esperidi, una famiglia di ninfe
note nell’antichità per essere figlie nate senza padre della cosmica dea della Notte
stanno attorno. E tutto è esattamente come sarebbe rimasto nel Paradiso Terrestre, se il patriarca
di recente insediamento (che stava elaborando la sua verosimile pretesa alla priorità non solo
dell’avere ma anche dell’essere) non si fosse adombrato quando fu reso edotto di quanto stava
accadendo. Perché ora è perfettamente chiaro che prima del violento ingresso dai mandriani nomadi
ariani della tarda. Età del Bronzo e degli albori dell’Età del Ferro, provenienti dal nord, e dei
pastori semitici di capre e pecore, provenienti dal sud, nei vecchi siti di culto del mondo antico,
in tale mondo prevaleva una visione essenzialmente organica, vegetale, non eroica della natura e
delle necessità della vita, che ri pugnava assolutamente a quei coraggiosi per i quali non il duro
lavoro della terra ma la lancia e il saccheggio erano fonte di ricchezza ed appagamento.
Nei più antichi miti e riti della Madre gli aspetti luminosi e quelli più cupi di quella
cosa variegata che è la vita erano egualmente ed assieme onorati, mentre nei successivi e
“maschilisti” miti patriarcali, tutto ciò che è buono e nobile veniva attribuito ai nuovi padreterni
eroici, lasciando alla natura il solo carattere dell’oscurità, a cui inoltre ora si cominciava a
dare una connotazione moralmente negativa.
Il patriarcato soppianta il matriarcato
Ci sono moltissime prove del fatto che gli ordini sociali e mitici dei due modi di vita contrastanti
erano antagonisti. Dove la dea era stata venerata come datrice e sostenitrice della vita nonché
consumatrice della morte, alle donne, in quanto sue rappresentanti, era stata accordata una
posizione preminente sia nella società che nel culto. Tale ordinamento di costumi sociali e
religiosi dominato dalla figura femminile viene chiamato, in senso allargato e generale, l’ordine
del Diritto della Madre. E in opposizione ad esso, in una lotta senza quartiere, c’è l’ordine della
Patriarchia, con il suo ardore di focosa eloquenza e un furore di fuoco e di spada.
Ed ecco che le letterature. degli inizi dell’Età del Ferro sia delle ariane Grecia e Roma, sia del
vicino Oriente semitico, pullulano di leggende di conquiste di un eroe luminoso sull’oscuro e, per
una ragione o per un’altra, esecrato mostro appartenente ad un ordine di divinità precedenti, dalla
cui spire c’è da strappare qualche tesoro: una terra meraviglia, una fanciulla, un tesoro d’oro, o
semplicemente la libertà dalla tirannia del mostro stesso.
I1 principale esempio biblico è quello della vittoria di Yahweh sul serpente del mare cosmico, il
Leviatano; e di cui Yahweh si vanta con Giobbe.
Serpenti e draghi taoisti
di Carlo Moiraghi
Il suo volto è umano e mostra lineamenti decisi e sereni. Il suo corpo è spire di serpente avvolte e
riavvolte. E’ Spirito Anima Genio Presenza di natura unitaria e ancestrale, precedente la
separazione e la differenziazione propria dell’esistente. Esso riunisce e fa vivere in sé i due
principi complementari contemporanei concentrici coincidenti inscindibili e opposti, proprio non mi
è possibile depennare nemmeno uno di questi attributi in cui l’Unità si è differenziata
nell’Esistenza.
La tradizione taoista chiamò Yin e Yang questi inseparabili principi intrinseci al vivere.
In modo analogo il taoismo concepì l’antico genio dal corpo di serpe in forma duale e ne precisò
dualità di forme, caratteri, nomi.
Nella mitologia cosmogonica taoista due leggendari Augusti, Fuxi e Nugua avevano corpi di spire,
sovente intrecciati l’un l’altro.
Essi furono gli ordinatori del mondo. Più volte introdotti come fratello e sorella, come sposi o
come amanti, Fuxi e Nugua valgono nel mito la coppia primigenia da cui l’umanità discende. Erano
certo tempi diversi in cui uomini e animali vivevano in totale unione. Anche Yao e Shun, due degli
antichi primi Cinque Imperatori, precisa Lieh
tse il maestro taoista, avevano parti del corpo di forma animale e sudditi e truppe animali.
Nell’iconografia antica, il Genio primitivo dalla coda di serpente ha dunque due forme e due nomi.
Forse molti di più. Non vi è qui metamorfosi tra l’uno e l’altro aspetto. La metamorfosi, la
trasformazione ci insegna ancora Lieh
tse, è propria dell’esistente. Egli, il Genio Mostruoso, è principio e essenza e semplicemente vive,
assoluto e immutabile, contemporaneamente e senza contraddizione presente in differenti e
complementari espressioni.
Il Genio Mostruoso ha dunque due forme e due nomi ed entrambi i nomi introducono al Fuoco, il
movente del calore vitale.
Egli è Zhu Long, il Drago Fiammeggiante, e parimenti egli è Zhu Yin, l’Oscurità Fiammeggiante. Sono
queste le due forme in cui e da cui si esprimono le forze vitali del mondo, il principio e la
sorgente stessa di tutti i fenomeni e gli venti di natura.
Antichi testi taoisti ci introducono a questi misteri.
“Il Genio del Monte Zhong si chiama Zhu Yin, Oscurità Fiammeggiante.
Quando apre gli occhi, viene il giorno. Quando li chiude, viene la notte.
Quando espira viene l’inverno. Quando inspira, viene l’estate.
Non beve, non mangia, non respira.
Quando respira viene il vento.
Il suo corpo grande mille misure si trova ad est del paese di Senza Polpacci.
E’ un essere dal volto umano e dal corpo di serpente, è di colore rosso e abita ai piedi del monte
Zhong, il Monte della Campana.”
Shan Hai Jing. Cap. 8° – Trad. R. Mathieu
“Zhu Long il Drago Fiammeggiante vive a nord alla Porta delle oche Selvatiche.
Se ne sta chiusonei Monti Wei Yu, dove non si vede mai il sole.
Questo Spirito ha volto di uomo e corpo di drago. Non ha piedi.”
Huai Nan Zi Cap. 4° – Trad. E Rochat de la Vallée e C. Larre.
Il Genio dal corpo di serpente che si esprime in Zhu Long ed in Zhu Yin, diviene così il centro e il
movente di luce: e di calore dei luoghi santi del mistero e del sogno taoista.
“Il Giardino delle delizie sui Monti Kun Lun
dove si trova con esattezza?
I Nove Piani dei suoi bastioni a quale altezza giungono?
Le sue Porte, rivolte verso 1e Quattro Direzioni, chi ne garantisce la guardia? L’apertura che vi è
a Nord Ovest in che modo i Soffi la attraversano?
Vi è lì un luogo che il sole non raggiunge?
E in che modo Zhu Long il Drago Fiammeggiante lo illumina?”
Chu Ci. Tian Wen. – Trad. E.Rochat de la Vallée e C. Larre.
Quintessenza e protettore del principio naturale; Zhu Long lo Spirito Uomo e Serpente rappresenta il
capostipite della variegata ed immortale stirpe dei draghi cinesi, che da un passato remoto e
regale è giunta intatta fino ad oggi e tutt’oggi vive nel centro della tradizione e del culto
popolare cinese.
Come è carattere del pensiero taoista, la stirpe dei draghi si esprime secondo la polarità duale
delle presenze archetipiche di cui è discendenza.
Da Zhu Yin e Zhu Long derivano così due famiglie fra loro complementari dei draghi, depositarie e
matrici, l’una della valenza Yin delle forze e degli eventi di natura, l’altra della complementare
valenza Yang. Ne deriva l’esistenza di draghi di natura Yin e di draghi di natura Yang, sovente in
rapporto con la Luna e con il Sole che dei due principi Yin Yang sono le forme celesti, come per
altro con l’Acqua e con la Terra, con la pioggia e con la secchezza, con il vento, con le nuvole,
con il sereno.
“Cavalcando Fei Long il Drago Volante
formo il mio carro di molte e varie pietre preziose…
Conduco gli otto draghi che ondeggiano, tengo alto il mio stendardo di nuvole che si elevano in
spire…”
Chu Ci Li Sao. – Trad. E. Rochat de la Vallée e C. Larre.
Cavalcatura di saggi ed illuminati, il Drago Celeste è il destriero che giunge a testimoniare e
sancire la riuscita di una vita. E’ la via che rende possibile e realizza la grande ricerca del
mondo taoista, il raggiungimento dell’immortalità con il corpo.
Da intendersi non come simbolo ma come effettuale testimonianza di una raggiunta riunione con il
Principio, l’immortalità corporea è certo tema che merita più ampi spazi.
Antichi racconti ci regalano sprazzi di conoscenza in visioni di draghi volanti che discendono dalle
nuvole agli uomini meritevoli ed accolgono saggi imperatori insieme a tutte le loro corti sul dorso
e li conducono così nei cieli in galoppate eterne.
Il Cielo e la Terra, lo Spirito e il corpo riconoscono così la loro reale coincidenza,
al di là delle nostre altrettanto reali limitazioni e paure.
Tanto accadde a Huang Di, il mitico Imperatore Giallo, e a Ying Long, il leggendario drago suo
destriero.
Piccola orbita microcosmica e serpente (Vedi Medicina Olistica Respiro)
di Carto Moiraghi
Kundalini: il serpente del risveglio interiore (Vedi Medicina Olistica Energetica) – esperienze di
energia e crescita spirituale
di Kowalsky
Il mistero greco del serpente
di Sabina Salari
“Padre al serpente un toro e padre al toro un serpente, sopra il monte un bifolco è il suo nascosto
stimolo”
(Clemente Alessandrino, Protreptico, II 16.3)
“Consuetudine e vana credenza sono i misteri, e cioè un inganno teso dal serpente, inganno che gli
uomini venerano…”
(Clemente Alessandrino, Protreptico, II 24.3)
Phanes è il serpente figlio di serpente, nato dall’uovo primordiale in cui tutta la materia si
condensò, e in essa tutti gli elementi, principi contrapposti della vita raccolti in una forma
solida.
Per capire Phanes bisogna risalire indietro, poiché se egli fu il signore dell’apparire, qualcosa
già esisteva prima di lui. La Teogonia orfica pone all’origine del tutto l’acqua e la materia da cui
si condensò il fango. Da quest’orrida distesa scaturì il terzo principio: un dio. Sarebbe erroneo
definirlo un dragone poiché esso era questo e molto di più. Sul corpo di serpente ricoperto di
squame, ali immense e distese. Due teste aderenti, una di toro e una leone, mentre al centro una
testa di diversa natura mostrava cosa fosse il volto d’un dio. Il suo nome era Kronos, si chiamava
anche Eracle, il primo dio, il primo serpente. Unita indissolubilmente a lui, Adrastea
Ananke, l’incorporea Necessità, anch’ella serpente, anch’ella alata. Immobili e intrecciati, i
serpenti riempivano il Tutto, e giungevano dove il Tutto finiva. Il nodo eracleotico nascondeva il
loro coito incessante, causa generatrice di vita a cominciare dalla triplice generazione: l’umido
Etere, padre del kaos infinito e della Notte priva di stelle. ma l’universo era un infinito baratro
senza luce, e tutto doveva ancora essere creato. La copula degli immensi dei produsse un uovo che
conteneva le radici di ciò che doveva essere. Sia che prendesse forma di una nebbiolina densa come
una veste candida, sia che fosse d’argento e come tale solido e pesante, l’uovo sfavillava di luce.
Allorché Tempo, sciolto l’abbraccio, lo avvolse, l’uovo si spaccò: dalla sua metà superiore, posta
in alto, derivò la volta celeste; l’inferiore diede origine alla terra. L’uovo liberò così Phanes,
il rifulgente apparire.
Il suo nome era anche Fetonte, Protogonos, Splendente Primigenio, il primo, padre dell’esistente, da
cui l’universo prese luce.
Uno strano essere e tanti esseri, il primo figlio del dio, egli è dio e animale, e tutti gli animali
e tutti i principi sono in lui. Spaventose teste di serpente, di toro, di ariete, e di leone dagli
occhi di fuoco; egli sibila, muggisce, bela e ruggisce. Quattro corna e quattro occhi, immense ali
d’oro in un corpo divino emanante luce. Phanes, ermafrodito, copulando con sé stesso partorisce
subito Echidna, la donna serpente.
E’ detto che, benché potesse farne a meno, egli, dopo averla nuovamente creata, si unì alla Notte
perché l’atto creativo fosse totale. Solo Notte infatti poteva guardare verso di lui. Chiusi nella
grotta della dea, essi crearono tutti gli elementi, e la stirpe divina in essi, a cominciare da
gaia, la Madre terra, e Urano, il Cielo Stellato.
A lungo Phanes rimase nella grotta di notte, lasciando che fosse lei a regnare. Mentre ogni angolo
del mondo risplendeva di vita, lo scettro del potere passò ad Urano, e a Kronos dopo di lui.
Entrambi inghiottivano i propri figli. Ma solo a Zeus riuscì anche di rigettarli di propria volontà:
solo allora fu chiaro lo scopo creativo dell’orribile costume paterno.
Non appena prese il potere, l’ultimo re divino sentì impellente la necessità di ripetere il gesto
del padre, inghiottendo tutto ciò che Phanes aveva creato. E così fece, perché Phanes è l’unico
principio, mezzo e fine e tutti gli opposti sono in lui. Inghiottì l’esistente e con esso Phanes,
che già da tempo risiedeva lontano, nascondendosi ad ogni cosa.
Divenne invisibile, e comprese il segreto di Tempo – senza – vecchiaia, perché le forme del toro e
del serpente passarono in lui. Come per la nascita di Athena, un nuovo ordine si instaurò nel mondo
quando Zeus lo partorì nuovamente, splendido e luminoso. Fisicamente Phanes scompare a questo punto,
ma egli sopravvive nella luce, nel coito eracleotico di Hera e di suo figlio Zeus – serpente, in
Persephone, fanciulla serpente, ed in Zagreo, figlio dei medesimi padre e figlia serpenti. Dioniso
Zagreo, per i suoi iniziati è il toro, e nel mito è sposo di Arianna, colei che possiede il segrreto
del toro; come Persephone, senza saperlo, ereditò il segreto di Phanes, il primo dio del visibile,
serpente figlio del toro – serpente.
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